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e ne rimettono nuovi. Per questo, vicino ai ruscelli di montagna,
nelle anse fra le pietre dilavate, spesso si vedono questi "ponti" precedenti: stanno lì abbandonati
a marcire insieme all'altra legna arrivata per caso. Ma questi tronchi di alberi lavorati, condannati a bruciare
o a marcire, si differenziano comunque dal resto e ricordano sempre l'obiettivo per il quale sono serviti.
Diventano tutti uno solo e tutti degni della nostra attenzione, perché indicano il posto in cui l'uomo ha
incontrato l'ostacolo e non si è arrestato, lo ha superato e scavalcato come meglio ha potuto, secondo le
sue concezioni, il suo gusto e le condizioni circostanti.
Quando penso ai ponti, mi vengono in mente non quelli che ho traversato più spesso, ma quelli su cui
mi sono soffermato più a lungo, che hanno attirato la mia attenzione e fatto spiccare il volo alla mia fantasia.
I ponti di Sarajevo, prima di tutto. Sul fiume Milijacka, il cui letto è una sorta di sua spina dorsale,.
rappresentano vertebre di pietra. Li vedo e li posso contare uno a uno. Conosco le loro arcate, ricordo i loro
parapetti. Fra di loro ce n'è anche uno che porta il nome fatale di un ragazzo*, un ponte minuscolo ma eterno
che sembra ritiratosi in se stesso, una |
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piccola e accogliente fortezza che non conosce né resa
né tradimento.
Poi i ponti visti nei viaggi, di notte, dai finestrini dei treni, sottili e bianchi come fantasmi. I ponti di pietra
in Spagna, ricoperti dall'edera e come impensieriti della propria immagine riflessa nell'acqua scura. I ponti di
legno in Svizzera, ricoperti da un tetto che li difende dalle abbondanti nevicate, assomigliano a lunghi silos
e sono ornati all'interno da immagini di santi o di avvenimenti miracolosi come fossero cappelle. I ponti fantastici
della Turchia, poggiati lì per caso, custoditi e protetti dal destino. I ponti di Roma, dell'Italia meridionale,
fatti di pietra candida, da cui Il tempo ha preso tutto quello che ha potuto e accanto ai quali da cent'anni ne
vengono costruiti di nuovi, ma che restano come sentinelle ossificate.
Così, ovunque nel mondo, in qualsiasi posto il mio pensiero vada e si arresti, trova fedeli e operosi ponti,
come eterno e mai soddisfatto desiderio dell'uomo di collegare, pacificare e unire insieme tutto ciò che
appare davanti al nostro spirito, ai nostri occhi, ai nostri piedi, perché non ci siano divisioni, contrasti,
distacchi…
Così anche nei sogni e nel libero gioco della fantasia, |
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ascoltando la musica più bella e più amara che
abbia mai sentito, mi appare all'improvviso davanti il ponte di pietra tagliato a metà, mentre le parti
spezzate dell'arco interrotto dolorosamente si protendono l'una verso l'altra e con un ultimo sforzo fanno vedere
l'unica linea possibile dell'arcata scomparsa. È la fedeltà e l'estrema ostinazione della bellezza,
che permette accanto a sé un unica possibilità: la non esistenza.
E infine, tutto ciò che questa nostra vita esprime - pensieri, sforzi, sguardi, sorrisi, parole, sospiri
- tutto tende verso l'altra sponda, come verso una meta, e solo con questa acquista il suo vero senso. Tutto ci
porta a superare qualcosa, a oltrepassare: il disordine, la morte o l'assurdo. Poiché tutto è passaggio,
è un ponte le cui estremità si perdono nell'infinito e al cui confronto tutti i ponti di questa terra
sono solo giocattoli da bambini, pallidi simboli. Mentre la nostra speranza è su quell'altra sponda.
* Gavrilo Princip, che nel 1914 uccise in un attentato il granduca d'Austria Francesco Ferdinando. La tragedia
fu l'occasione immediata della prima guerra mondiale. |
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