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Intervista alla prof.ssa Ceccarelli
-Professoressa, a una settimana dall'inizio della sperimentazione,cosa ci può dire alla luce della grande
confusione che l'ha caratterizzata?
-Si è trattato di una grossa operazione, e i problemi di organizzazione sono plausibili: sono stati
inseriti centinaia di dati nei computer, i quali non avendo dei programmi in grado di organizzarli compatibilmente
con le richieste degli studenti e le esigenze di orario, non ci sono venuti incontro. E' stato un lavoro
enorme, nel quale ci hanno aiutato attivamente anche molti alunni. In realtà era un impresa da gestione
aziendale, e in principio si era addirittura pensato di chiedere l'intervento di un esperto in questo campo. Spero
che questa prima settimana di assestamento ci dia la possibilità di proseguire meglio,anche se credo che
già in questi primi giorni, nonostante tutto, ci sia stato di cui essere soddisfatti: per esempio le classi
aperte hanno fatto sì che si creassero nuovi rapporti fra gli studenti e gli insegnanti di classi diverse
e questo è positivo, se ci proiettiamo verso una scuola più aperta alla vita, ai rapporti umani,
un riflesso del mondo.
-Quindi gli obiettivi iniziali restano sempre gli stessi?
-Certo, una scuola che si arricchisca di opzioni alternative, più sensibile alle esigenze degli adolescenti,
e credo che in queste tre settimane si possano venire a creare le premesse per un futuro di questo tipo. Questo
d'altronde non è altro che un esperimento, e come tale va trattato: siamo partiti da un'ipotesi, ne stiamo
sperimentando la consistenza, solo alla fine potremo esprimere un giudizio.
Eliana Mennillo
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Ad una settimana dal suo inizio ci siamo proposti di analizzare gli aspetti
positivi e negativi (nostro malgrado ben più numerosi), della sperimentazione. Come aspetti positivi abbiamo
rilevato la flessibilità gruppo classe che permette una maggiore "socializzazione" fra gli alunni
e la creazione di molti corsi educativi, primi fra tutti il laboratorio giornalistico e teatrale. Gli aspetti negativi
appaiono molto più numerosi: prima di tutto i corsi di recupero ci sembrano fallimentari, poiché
ci appare molto dubbio il fatto che i ragazzi che presentano delle lacune in alcune materie, possano colmarle con
un professore che non conosce il ragazzo e le sue carenze. Inoltre la didattica viene interrotta per la "bellezza"
di tre settimane che si vanno ad aggiungere alle quattro dell'autogestione, formando così un notevole "buco"
che difficilmente verrà colmato nei tre mesi restanti. A questo punto c'è da chiedersi se i numerosi
compiti in classe che si dovrebbero svolgere in un quadrimestre si succederanno con ritmi molto stretti, e come
i prof. intendono finire il programma se non "saltando" parti importanti del programma correndo e penalizzando
l'apprendimento. C'è da difendere e da apprezzare, comunque, l'impegno posto da tutti i professori nell'iniziativa
che tutto sommato può essere considerata un'esperienza positiva se non degenera in una "americanata
scolastica" caratterizzata da una falsa specializzazione, che lascerà parecchie lacune d'ignoranza
nell'individuo. Noi, pionieri dell'autonomia, ci auguriamo che i disagi e i limiti di questa neonata autonomia
scolastica, vengano risolti e che si gettino le basi per una scuola migliore.
Anonimo
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E se l'atteggiamento
di noi studenti
oscilla dal tragico
al disperato,
la grande maggioranza dei professori
(che non sono da meno) cerca di sopravvivere indenne
a questa diffusa
sensazione
di smarrimento generale e continua
imperterrita
il suo programma,
camuffando
la consueta lezione
da "approfondimento sperimentale".
Ma d'altronde
immaginateli,
"nel mezzo del cammin… di lor programma",
costretti a deviare
il percorso
per assecondare
le esigenze
di un sistema
al quale si sentono
completamente
estranei:
anche voi fareste
di tutto per giungere
al traguardo,
no?
Irene Baiocchi
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