Ci si aspettavano i campi di papaveri inondati dal sole, i ponti sul Tamigi immersi in una nebbia rosata, le spiagge della Costa Azzurra bagnata dal mare in tempesta, in altre parole tutti i più grandi capolavori del maestro dell'Impressionismo, Claude Monet, ma la mostra monografica "Monet. Il maestro della luce", inaugurata il 4 marzo ¢00 al Museo del Risorgimento nel complesso del Vittoriano, ha tradito tutte le buone attese che aveva creato intorno a sé. Si era parlato di circa 50 opere dell'artista francese, selezionate accuratamente dal curatore della rassegna Marc Castellini, giunte dai grandi musei di tutto il mondo tra i quali spiccavano i nomi del Museo di Denver, del Petit Palais di Parigi e del Metropolitan. Ma, tranne pochissime eccezioni (tra cui segnaliamo "Soleil couchant sur la Seine" e "Le Parlement, effect de brouillard"), la mostra si è rivelata come una selezione di opere di secondo piano che non rendono minimamente il valore dell'operato di Monet e che forse nessuna grande città europea e mondiale avrebbe deciso di promuovere o patrocinare. Erano stati anche stati annunciati prestiti dai Musei d'Orsay e Marmottan ma non v'è traccia di quei capolavori di proprietà pubblica e tanto meno del celebre dipinto "Impression, soleil levant" che diede il nome al famoso movimento artistico. Peccato che anche quest'anno, come è accaduto l'anno scorso in occasione della mostra di Renoir, il Comune di Roma, la Provincia e la Regione abbiano perso di nuovo la possibilità di essere ricordati come grandi patrocinatori d'eventi che avrebbero potuto segnare l'anno Giubilare non solo in campo religioso ma anche in ambito culturale.