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"Pulizia etnica e spartizione uno scenario da incubo"
di Mario Tedeschini Lalli

ROMA - Le ultime notizie di massacri e deportazioni di popolazione dal Kosovo fanno apparire uno scenario da incubo per gli strateghi politici e militari della Nato. La massiccia operazione militare ingaggiata dalle truppe serbe contro gli albanesi kosovari potrebbe avere come obiettivo una "pulizia etnica" totale che miri a una spartizione di fatto della provincia.

Oggi il portavoce della Nato ha detto esplicitamente che "un numero crescente di informazioni fa pensare che sia in corso un'operazione di pulizia etnica". Ma già nei giorni immediatamente precedenti l'attacco della Nato esperti militari e politici occidentali avevano ventilato questa ipotesi. Il 22 marzo, un osservatore inKosovo dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa aveva esplicitamente parlato di uno "scenario plausibile" secondo il quale i serbi cercherebbero di "stabilire una linea di fatto che divida il Kosovo, ripulendo la parte occidentale e quella settentrionale di tutti gli abitanti albanesi". Il giorno dopo un'ipotesi simile l'ha fatta anche un diplomatico europeo consultato dall'agenzia France Presse.

D'altra parte sin dai giorni immediatamente precedenti l'attacco della Nato, le forze serbe avevano accumulato uomini e mezzi nella provincia e nelle sue immediate vicinanze, ignorando l'impegno sancito internazionalmente dall'Onu in settembre di mantenere nel Kosovo solo una presenza di polizia. A questo punto, secondo il ministro della Difesa tedesco Scharping, Milosevic può contare addirittura su 40.000 uomini e 300 carri armati impegnati nell'operazione contro gli albanesi. Operazioni facilitate dal fatto che, a causa dei bombardamenti, gli osservatori internazionali dell'Osce sono stati ritirati e i giornalisti sono stati espulsi.

In questo senso potrebbe essere interpretata la decisione del segretario generale della Nato, Javier Solana, di aprire immediate consultazioni con i governi dei 19 Paesi dell'Alleanza per passare alla cosiddetta "fase 2" dell'attaco, cioè prendere come obiettivi diretti le unità terrestri operanti nel Kosovo.

Chi pensa che Milosevic stia prefigurando una spartizione del Kosovo, indica le direttrici di marcia delle truppe, lungo gli assi Pristina-Kosvska Mitrovica e Pristina-Podujevo. L'idea sarebbe di "ripulire" la regione a nord di Pristina, dove sono concentrate le vie di comunicazione con la Serbia e quel po' di infrastrutture civili ed economiche (ferrovie, miniere) del Kosovo. La striscia occidentale, invece, verrebbe mantenuta perché sede dei più importanti monumenti religiosi degli ortodossi serbi, come la sede patriarcale di Pec, e luogo simbolico della nascita della consapevolezza nazionale serba.

Questo lascerebbe la parte sudorientale della provincia alla popolazione albanese cui - al limite - potrebbe anche essere consentito di aspirare a una "Grande Albania", destabilizzando in un colpo solo la vicina Macedonia (la cui popolazione è per il 25 per cento albanese) e poi tutta la regione. Uno scenario da incubo che gli occidentali vorrebbero in ogni modo evitare.


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