Solana e Clark destini incrociati
È difficile sapere se i due uomini che il 24 marzo si sono assunti
il compito barbaro di bombardare il Kosovo abbiano capito di essere vittime dei loro destini incrociati. L'uno
è madrileno, Javier Solana Madariaga, segretario generale dell'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico
(Nato), un umanista di cinquantasette anni, accademico di fisica, sopravvissuto illeso a tre ministeri omicidi:
Cultura, Istruzione e Affari Esteri. Con i suoi numerosi amici si mostra sempre com'è: un intellettuale,
non con la barba lunga, ma rasato male a causa della fretta dell'insonnia, che conosce a fondo la magia della conversazione
e che ha letto bene e davvero tutti i libri che devono essere letti, e molti altri ancora. Ciò che è
strano è che non ne abbia mai scritto uno, né confessato di scrivere versi d'amore. Gode della fama
mondiale molto ben meritata di essere l'uomo più prodigo di sorrisi e abbracci, al punto che un suo amico
ha detto che è capace di abbracciare persino un palo dell'energia elettrica. Eppure, le poche volte che
abbassa la guardia, i suoi occhi tradiscono il poeta triste e propenso alla solitudine.
Nell'ambito della vita politica, sa mantenere le distanze con ogni persona secondo il proprio criterio e sempre
con la cortesia seducente del prozio don Salvador de Madariaga. Ma ha anche fama di essere collerico quando il
motivo lo richiede e di dire quello che pensa senza guardare in faccia chicchessia. La sua contraddizione più
grave è quella di aver manifestato a gran voce contro l'ingresso della Spagna nella Nato e di essere, oggi,
il suo fiammante segretario generale sul piede di guerra. Insomma: un civile per niente comune, che sembrava incapace
di uccidere una mosca e che ciononostante ha dato senza esitare l'ordine militare più azzardato di questo
secolo. L'unica consolazione che resta a noi amici è quella di credere che quell'atto brutale non sia stato
un disegno del suo cuore, ma una canagliata della sua cattiva sorte.
L'altro uomo, il responsabile dell'esecuzione tecnica dell'avventura, è il generale statunitense Wesley
K. Clark, il militare con più uomini al proprio comando del mondo, prima nel Comando Sud degli Stati Uniti
fino al 1997, con sede a Panama, e d'allora nel Supremo Comando Alleato dell'Europa, con sede a Bruxelles. È
nato cinquantacinque anni fa a Little Rock, Arkansas, dov'è nato anche il suo amico, il presidente Clinton.
È stato promosso primo del suo corso presso l'Accademia Militare di West Point nel 1966, e ha conseguito
un magistero cum laude in filosofia, politica ed economia presso l'università di Oxford in Inghilterra.
È un bell'uomo ed è alquanto formale, i suoi compagni d'armi lo considerano un militare integro,
all'antica, che divide il pane e il sale con i suoi uomini e che non può vivere senza sapere cosa pensano
di lui. Ciò che proprio pochi sospettano è che dietro alle sue quattro stellette e alla sua torta
di decorazioni si nasconda il sogno irresistibile di essere riconosciuto come un intellettuale della politica e
un ideologo della felicità sociale.
La mia amicizia con Javier Solana, buona e fruttifera per più di vent'anni, è nata per opera e per
grazia della forza di gravità. Il modo in cui ho conosciuto il generale Clark, invece, è stato uno
degli episodi più insoliti e sorprendenti della mia vita. È successo tre anni fa a Panama, quando
alcuni amici panamensi guidati dal cancelliere Jorge Ritter, mi invitarono a conoscere il gigantesco giocattolo
di corda delle chiuse del canale e quel che restava della base Howard nella zona ancora occupata dagli Stati Uniti.
Avevamo appena passato i posti di controllo quando il passo ci venne sbarrato da un gruppo di ufficiali del Comando
Sud. Soltanto una volta scesi dall'autobus, quasi mani in alto, ci spiegarono che il generale Clark ci aspettava
nel suo ufficio. Non abbiamo mai saputo per via di quale arte delle carte o dell'intelligence militare avesse appreso
che saremmo passati davanti a casa sua. Ma eccolo là, in fondo a un tavolo da Stato Maggiore coperto da
ogni sorta di squisitezze da mangiare e da bere, con indosso l'uniforme tropicale dei comandanti coloniali dei
film.
Si sarebbe potuto credere che non della sua persona si trattava, ma di Robert Redford, perfetto nel ruolo del generale
Clark. Il suo proposito - espresso con retorica oxfordiana e con i modi diretti dei nipoti dei bis- bisnipoti di
Scarlet O'Hara - era quello di scambiare con noi le sue idee sul mondo. Quasi senza preamboli cominciò a
parlare delle sue esperienze nelle numerose cariche militari e politiche che aveva svolto dal Vietnam alla Bosnia
e grazie alle quali riteneva di aver affinato la sua coscienza sociale.
Ma in nessun momento sembrò rendersi conto che - almeno nel mio caso - aveva sbagliato interlocutore. Sono
assolutamente carente di talento, di cultura e di vocazione per le idee astratte, e osai appena spiegargli che
le intuizioni e i presagi dei romanzieri sono a volte altrettanto utili per disincantare la realtà quanto
le scienze accademiche. Il generale, da parte sua, ci dimostrò di conoscerli bene, anche se forse rarefatti
dalla sua formazione militare. Di ritorno al bus, il cancelliere Ritter fece l'unica sintesi possibile di quella
ora e mezza indecifrabile: "È stata la somma di due monologhi divergenti".
Per fortuna il generale comprese bene quanto noi, i nostri inciampi culturali e le nostre distanze politiche, e
così abbiamo continuato a scambiarci ricordi e messaggi - e ogni tanto dei libri - tramite amici comuni.
Quello che non ci è mai venuto in mente è che uno di questi sarebbe stato Javier Solana.
Devo confessare, tuttavia, che quando ho saputo che lavoravano fianco a fianco alla Nato ho pensato a una di quelle
combinazioni misteriose che turbano il sonno a noi romanzieri. Oggi è chiaro: il Kosovo non è una
qualsiasi parte del mondo, ma uno dei suoi centri nevralgici e l'aggressione della quale è vittima ha possibilità
di espansione imprevedibili e paurose. Una cattiva notizia per un uomo di lettere che mai pensò di essere
un militare e per un militare che sogna di essere un uomo di lettere, uniti nel rischio tremendo di essere i precursori
della terza guerra mondiale.
(Copyright Gabriel Garcia Marquez/CAMBIO; traduzione di Guiomar Parada)