"L'Italia in armi" di Alberto Flores D'Arcais
"Quando si è in guerra ci si difende sparando". D'Alema
ha parlato ieri "forte e chiaro" facendo giustizia dei balletti di parole e delle distinzioni semantiche
dietro cui si nascondono coloro che non hanno il coraggio di accettare la realtà di questi giorni: che siamo
in guerra. Nel giro di poche ore è prontamente rientrata - grazie a una rassicurante formula, "difesa
integrata" - una "quasi crisi" di governo innescata nei palazzi romani da un dispaccio dell'Ansa
in cui si diceva che i nostri aerei avevano "bombardato", violando così, secondo alcuni, i compiti
e i limiti assegnatigli dal Parlamento.
Dopo tre settimane di attacchi Nato, sarebbe l'ora, una volta per tutte, di far cadere questo velo di ipocrisia,
questa finzione per cui l'Italia avrebbe nella guerra contro la Serbia una posizione defilata e ai nostri piloti
verrebbero affidati compiti di "serie B". In una democrazia è doveroso continuare a discutere
se quella che si combatte alle porte del nostro paese sia una guerra "giusta" o sbagliata, condotta male
o troppo tardi, inevitabile o imposta dall' "imperialismo americano", umanitaria o aggressiva; sono lecite
e legittime le critiche, i dubbi, l'angoscia.
Non si può però far finta, per calcoli di bottega e opportunismo politico, che la guerra non sia
una guerra. Nel conflitto in corso nei Balcani l'Italia è militarmente in prima fila, con un impegno che
è inferiore solo a quello degli Stati Uniti, e i nostri piloti già da giorni - esattamente come i
loro colleghi inglesi, francesi, tedeschi, belgi, olandesi e canadesi - bombardano obiettivi militari serbi nel
Kosovo. La politica ha inventato un termine, "difesa integrata", a cui si aggrappano coloro che nella
maggioranza di governo - verdi e cossuttiani in prima fila - fin dal primo giorno di raid aerei si sono schierati
contro l'intervento della Nato, mettendosi a posto la coscienza con l'assicurazione che ogni operazione militare
italiana ha uno scopo puramente "difensivo". Oltre alla difesa delle nostre frontiere, che è ovvia
e scontata, i compiti della "difesa integrata" sono altri, e nel linguaggio comune difficilmente potrebbero
essere definiti puramente "difensivi": i Tornado Ecr hanno il compito di sparare missili contro le postazioni
radar da cui vengono inquadrati, di neutralizzare i missili della contraerea nemica, di colpire aeroporti e installazioni
militari; i cacciabombardieri Amx e i Tornado Ids hanno un ruolo tattico, simile a quello dei più sofisticati
A10 americani: colpire le colonne corazzate nemiche, i carri armati, i bunker, i depositi di munizione, insomma
tutto l'apparato militare usato da Milosevic nella repressione contro gli albanesi in Kosovo. Inoltre, sempre tra
i compiti della "difesa integrata", c'è quello di difendere il personale italiano impegnato nei
Balcani. Siano essi in Bosnia, in Macedonia o in Albania.
Cosa significa tutto ciò? Basta l'esempio degli ultimi giorni: i mortai serbi bombardano i villaggi di confine
albanese e in Albania sono presenti i nostri soldati. Non c'è stato bisogno che le forze serbe minacciassero
direttamente i militari della Taurinense; i Tornado e gli Amx si sono alzati in volo e hanno bombardato le postazioni
nemiche. "Difesa integrata". Se non c'è chiarezza su questo, il rischio che qualcuno nei prossimi
giorni si alzi e gridi al "tradimento della Costituzione", mettendo di nuovo a rischio la maggioranza,
resta alto. L'escalation militare continua, Milosevic non dà segni apparenti di cedimento e sicuramente
non è disposto ad accettare né le condizioni della Nato né il piano di pace dell'Onu: Milosevic
non ha neanche risposto ad Annan. I bombardamenti non solo continueranno ma le possibilità di scontri sempre
più ravvicinati con le forze serbe aumentano di giorno in giorno. Con tutto il corollario di possibili errori
e di vittime civili che nessun missile "intelligente" è in grado di evitare.
Aumenterà di conseguenza anche il rischio per i nostri piloti: di compiere "errori", di causare
quelli che il freddo linguaggio militare chiama danni "collaterali" (cioè colpire civili), di
essere abbattuti o fatti prigionieri. Come aumenteranno i rischi per i soldati italiani impegnati nelle missione
umanitaria "Arcobaleno", che si trovano a poche decine di chilometri dai luoghi dove i serbi e le milizie
dell'Uck stanno combattendo, per i bersaglieri in Macedonia, per i parà della Folgore in missione in Bosnia.
Se a Cossutta e Manconi basta il fatto che tutto ciò sia riassunto nella magica formuletta "difesa
integrata" sarà un bene per la maggioranza e nessuno può criticarli per questo. A patto che
in un futuro non lontano non si alzino per dire "noi non sapevamo".