Kosovo, la battaglia delle "parole intelligenti" di Claudia Di Giorgio e Annalisa Usai
ROMA - "Nobody@replay.com" è l'indirizzo
di email di Peter Worhtington, uno dei duemila lettori che stanno intervendo al forum di Repubblica.it sulla guerra
in Kosovo. Il messaggio non arriva dall'indirizzo di posta elettronica di Peter, ma è "remailed"
automaticamente da un server che usa il software "Anonymous remailer", il sistema che nasconde l'identità
in Rete. "Anonymous remailer" è l'ultimo potente aiuto internazionale, in questo caso telematico,
che Internet ha lanciato ai kosovari e ai serbi, che siano dissidenti o ultra nazionalisti, che vivano a Belgrado,
a Pristina o in Canada, che con il "nobody" possono dire la loro liberamente, senza essere intercettati
dalla polizia di Milosevic.
La frase "Internet protagonista della guerra" è forse una frase fatta, ma certamente la Rete sta
mostrando, in queste ore, tutta la sua potenza. Che non sta nella "verità" delle immagini o delle
informazioni che si trovano in Rete - errore in cui sono caduti in tanti, quando la notizia dell'espulsione da
Belgrado dei giornalisti occidentali ha fatto dire che comunque le notizie sarebbero arrivate grazie a Internet,
e che sarebbero state anche "più vere". La potenza sta invece nella quantità e nella qualità
delle discussioni, dei messaggi, delle analisi che i naviganti si stanno scambiando. Dove Internet si conferma
ancora una volta uno straordinario strumento di democrazia.
Le immagini che arrivano da questa guerra mostrano montagne, sentieri, donne musulmane con il fazzoletto in testa
e tanti bambini accanto. Una realtà contadina, arretrata, arcaica, lontana dalle nostre vite occidentali.
Diversa la realtà che mostrano i computer collegati a Internet. Uomini e donne in Rete giorno e notte, che
siano militanti ultra nazionalisti, giovani pacifisti, monaci ortodossi, giornalisti improvvisati. Siti web molto
accurati, disegnati con grande sapienza. File audio e file video che arrivano da Pristina e da Belgrado e poi rimbalzano
in tutto il mondo.
La battaglia telematica viene combattuta da tutti, kosovari, serbi, governo jugoslavo, governi Nato. Radio B92,
chiusa dal regime serbo il 24 marzo, richiusa il 2 aprile, continua a trasmettere su Internet via email informazioni,
servizi e immagini, compreso il video del bombardamento sull'aeroporto di Batajnica della notte del 26, per molti
giorni unica anche se povera immagine di questa guerra. E per email arrivano anche le testimonianze degli abitanti
Pristina assediati dalle truppe jugoslave. "Domani alla stessa ora sarò qui, naturalmente se i telefoni
e l'elettricità lo permettono", scrive un kosovaro intervistato per email dal Kosovo crisis center.
Anche il monaco serbo ortodosso Sava Janjic combatte con le parole in Rete: dal sito del suo monastero parte ogni
giorno una newsletter, ripresa ormai da tutta la stampa internazionale, con cui Sava Janjic informa sulle menzogne
occidentali a proposito del Kosovo. "Avevano promesso che gli attacchi avrebbero colpito solo obiettivi militari",
scrive Sava Janjic, "ma molti civili sono stati uccisi".
Poi c'è la propaganda e la contro informazione del governo serbo, che già da tempo riversa su Internet
materiali e documenti in inglese sulla situazione del Kosovo. Il sito governativo spiega diffusamente il proprio
punto di vista sul terrorismo albanese e descrive la "guerra mediatica", "il complotto dei media
mondiali contro la Serbia" indicando quali, a suo avviso, sono i trucchi usati dai giornalisti anglosassoni
per ingannare il pubblico sulle condizioni degli albanesi. Ci sono poi numerosi siti nati dopo l'inizio dei bombardamenti:
dall'università di Belgrado arrivano una serie di pagine che compongono in un collage le immagini fornite
dalla televisione per paragonare Belgrado a Guernica, Coventry e Dresda; un altro sito suggerisce gli slogan da
scrivere sui cartelli durante le manifestazioni e riporta elenco e foto delle proteste anti Nato nei vari paesi
del mondo. Ed esiste già persino un "Web ring" dei siti impegnati per la campagna "Stop Nato",
e se l'elenco dei link per adesso non è lungo, è sufficiente a dimostrare che tutti gli strumenti
offerti dalla Rete sono in uso.
"Milosevic sta creando una terra desolata dove nè i serbi, nè gli albanesi possono vivere in
pace", è il messaggio in serbo-croato che il ministro degli Esteri britannico Robin Cook ha lanciato
via Internet a "quelli che un tempo erano vecchi amici e alleati contro i nazisti". Perché la
guerra dell'informazione non la combatte solo Milosevic ma anche il ministero della Difesa britannico, che ha tradotto
il proprio sito Internet in serbo-croato e vanta 150 mila visite in 24 ore, di cui 1.400 solo dalla Jugoslavia.
Poi c'è la battaglia sotterranea degli hacker: sul loro sito russo c'è un appello a tutti i naviganti
perchè si uniscano alla campagna di disturbo informatico contro i paesi Nato. La prima incursione l'hanno
fatta nel sito della Casa Bianca, bloccato domenica scorsa per tutto il giorno, poi è toccato al sito della
Nato, mandato in tilt da una valanga di email.
Infine ci sono migliaia e migliaia di persone che usano la Rete per aiutarsi, consolarsi, difendersi. Collegandosi
al sito "Disaster Message Service", creato in America per dare informazioni sulle vittime dei vari uragani
e disastri, ha aperto una sezione dedicata alla Jugoslavia. Dove la gente chiede e dà informazioni su familiari
e amici che si trovano nelle zone di guerra, ma discute anche dell'indipendenza del Kosovo e della necessità
che la Nato invii truppe di terra.