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Guerra astratta, immagini vere

Prima immagine: in primo piano, il viso roseo di un bel bambino. Potrebbe avere due anni o poco più. È felice, sorride e vuol giocare con qualsiasi oggetto. Sta in braccio a una donna e le dice "Papà". Questa donna non è sua madre. I suoi genitori sono scomparsi: morti, o gettati in un convoglio diretto in Albania. La donna ha trovato questo bimbo a Kukes, in Albania. Gli dà da mangiare e da bere come se fosse suo figlio.

Dice che è diventato il suo quarto bambino. Se i genitori sono ancora vivi, se vedono la televisione, verranno a riprenderselo. Purtroppo, ci dice un'altra donna, è probabile che i genitori siano stati uccisi. Il bambino sarà stato nascosto; così ha avuto salva la vita.

Seconda immagine: un altro bambino di una decina d'anni, sul lettino di un ospedale da campo, circondato dai volontari dell'associazione "Medici del mondo". Piange, rifiuta di prendere un medicinale. L'infermiera ci informa che i suoi sono stati tutti trucidati dai soldati serbi, con una pallottola nella nuca. Lui è fuggito, ma i soldati hanno sparato. È stato colpito a una spalla. Questo ragazzo è invecchiato all'improvviso. È passato brutalmente dall'infanzia all'età adulta, età gravosa e amara. Il suo dolore è immenso. È la strada del suo avvenire. Non dimenticherà mai i volti dei suoi, abbattuti sotto i suoi occhi.

Terza immagine: un cielo nero attraversato da un velivolo nero, con in coda una fiamma rossa appuntita. È un aereo della Nato che parte per bombardare. Un'immagine ormai familiare. Non c'è canale Tv che non la trasmetta. Immagine astratta. Immagine rapida, che però lascia tracce nel nostro immaginario. Ci ripete ogni sera che il mondo libero sta facendo di tutto per piegare Milosevic, l'aguzzino del suo popolo e dei popoli vicini. È un'immagine troppo pulita per essere onesta. Vorrebbe dire a noi, comodamente seduti sulle nostre poltrone, che la guerra contro la Serbia è una guerra pulita. Che ipocrisia! Che menzogna!

Quarta immagine: tante mani. Non si vede altro che mani. Mani tese verso un camion. Mani grandi, piccole, nervose. Tutte cercano di afferrare qualcosa: una razione di latte. Siamo a Blace, città di confine tra il Kosovo e la Macedonia. L'Acnur sta distribuendo latte. Tutte quelle mani ci dicono la fame e la disperazione. Quest'immagine riassume in sé la tragedia della guerra, perché essere espulsi dalla propria casa, dalla propria terra significa l'esodo, la fame e l'umiliazione. Ecco cos'è la guerra: mani che hanno fame; mani che devono portare un po' di latte ai bambini. Ma questa guerra innescata male è una guerra strana. La causa è giusta. Bisognava colpire l'esercito serbo. Ma che fare quando il capo di questo esercito non ha alcun rispetto per il suo popolo, ed è disposto a lasciare che tutto il suo paese venga distrutto, pur di far trionfare il fantasma di una Grande Serbia, pura, ripulita dai musulmani? Come nella guerra del Golfo, abbiamo a che fare con un uomo cinico, barbaro, senza scrupoli, nemico del diritto e delle leggi; un uomo dalla psiche sregolata, con un passato familiare segnato da vari suicidi e crisi di follia.

L'Occidente tratta Milosevic come tratta Saddam: pensando di avere di fronte un uomo sensato, un politico responsabile. Ma non è così. Da oltre un anno, Milosevic sta mettendo in pratica il suo piano di "pulizia etnica" nel modo più rigoroso, senza dare spazio ai sentimenti, alle emozioni, al senso morale. Come già in Bosnia e in Croazia, prosegue nel Kosovo la sua barbara impresa. E questo, gli occidentali non sembrano averlo bene assimilato. Non hanno tenuto conto della condizione patologica della personalità di Milosevic. In questa guerra mancano gli esperti di psichiatria, in grado di ricostruire il ritratto di un grande assassino, di un serial killer che non si accontenta di qualche vittima, poiché ha l'appetito dei grandi divoratori di popoli. Disgraziatamente, ci si fida troppo delle armi sofisticate e non abbastanza dell'analisi psicologica e umana.

Di questa guerra astratta, ciò che sussiste sono le immagini di profughi, di superstiti delle sistematiche esecuzioni. Immagini che ci lasciano profondamente sconcertati, poiché ogni sera ci dicono: Milosevic non è sconfitto. E persevera impunemente nei suoi crimini. (Traduzione di Elisabetta Horvat)


REALIZZATO DAL GRUPPO "COMUNICARE" DEL LICEO SCIENTIFICO KEPLERO DI ROMA