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Zagabria
(28 Agosto - 31 Agosto 2013) |
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Il mio trentunesimo viaggio in Europa: Zagreb.
Il mio trentunesimo viaggio
nelle capitali d'Europa ha come destinazione la bella e
accattivante
Andautonia, antico nome romano della capitale croata, esistita
come tale dal I al IV
secolo e chiamata successivamente anche Agram. Oggi è semplicemente Zagreb (in italiano Zagabria), capitale della Republika Hrvatska, cioè della
Repubblica
di Croazia. Il 1° luglio di quest'anno la Republika Hrvatska
è diventata ufficialmente il 28° paese dell'Unione Europea.
Bernard Guetta, giornalista francese, il 28 giugno 2013 su
"Internazionale" scrisse il seguente incipit al suo articolo:
«Il
ventottesimo tassello del mosaico. Fondata da 6 paesi e arrivata a
contarne 27, da lunedì l’Unione europea accoglierà il ventottesimo stato
membro. Dopo la Slovenia, ammessa nel 2004, la Croazia sarà il secondo
paese dell’ex Jugoslavia ad entrare a far parte dell’Ue».
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Il cartello posto sulla vetrata interna dell'Ufficio turistico di
informazioni dell'aeroporto Zračna luka di Zagabria lo
dimostra adeguatamente. L'entrata nell'Unione Europea della giovane
e simpatica Repubblica Croata mi
«obbliga» a integrare il
progetto di visita delle ventisette capitali, già concluso nel 2010,
con questa ulteriore tappa che realizzo con piacere. Dopo avere
visitato l'altra perla balcanica Ljubljana, già nell'Unione
Europea dal 2008, e avere fatto visita anche alla magnifica Beograd,
purtroppo non ancora nell'UE ma spero possa entrarvi il più
presto possibile, mi accingo a compiere questo viaggio sempre più
convinto della bontà della mia scelta di conoscere direttamente
tutte le capitali dell'Unione Europea in onore al più grande
e spettacolare evento storico che l'Europa abbia mai realizzato da
sempre, che è l'integrazione degli Stati europei in una Unione
comune che li vede tutti concorrere alla pace, allo sviluppo
socio-economico e alla fratellanza comune. In precedenza non c'è mai
stato un lungo periodo di pace come quello che ci ha visti insieme
dopo la fine della 2ª guerra mondiale. |
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Naturalmente non
tralascio le altre nazioni del sud balcanico che desidero anche per loro un
futuro europeo sotto la bandiera blu dell'UE. Nel mio
immaginario Zagabria rappresenta la capitale di uno Stato da
prendere sul serio. Non solo perchè ha geograficamente la forma di
una bocca aperta di coccodrillo nell'intento di ingoiare una preda
ma, soprattutto, perchè è forte l'idea che essa sia una nazione in
cui il nazionalismo gioca un fattore importante di coesione
nazionale. Questo non toglie nulla al fatto che sia una
bella città, ospitale e per molti aspetti da invidiare. Ci sono anche altri motivi per cui
Zagreb è
una bella città, piacevole e apprezzabile.
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Qui desidero
introdurre soltanto un aspetto, che riguarda la considerevole
dotazione culturale che la Croazia ha prodotto e possiede in relazione al
rilevante numero di personaggi storici, letterari, scientifici e del
mondo dell'arte nati e vissuti qui che ne fanno una comunità
completa e adeguata sotto il profilo culturale anche a livello internazionale. Spiccano tanti nomi che meritano una citazione. Qui
non posso non ricordare: Josip Jelačić, Ivan Mažuranić,
Ljudevit Gaj, Antun Mihanović, August Šenoa, Miroslav Krleža, Ivo Andrić,
Dušan Vukotić, Dionis Sunko, Nikola Tesla e, perchè no, anche
Dražen Petrović, oltre
a tanti altri che qui sarebbe lungo elencare.
Ne parlerò di più e meglio in seguito. Adesso è importante
riconoscere che la città è una fucina di cultura, di arte e di eventi
turistici e artistici di alto livello proposti in tutto il paese che dire interessanti è certamente riduttivo. |
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Premessa.
La città è compatta e abbastanza convincente
nella sua struttura architettonica. La Sava divide a metà la
città in un nord e un
sud. A nord del fiume c'è il centro storico che ha come riferimento la bella e armonica Trg bana Josipa
Jelačića. A sud c'è la parte nuova della città. |
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Nonostante io sia già stato in Croazia è la prima volta che visito Zagabria. Non
ci sono dubbi che sia una bella città. Chiarisco subito che
non sono venuto qui per dare giudizi di merito ai suoi abitanti o
fare gli esami agli standard di vita dei cittadini della bella
capitale croata. No. Sono venuto qui perchè, dopo l'entrata nell'Unione Europea, la Croazia non è più, a mio parere, uno dei tanti paesi dell'ex
Jugoslavia ma uno Stato autenticamente europeo, che vuole e deve fare la sua
parte all'interno dell'Unione Europea. Sono venuto qui perchè
voglio essere testimone diretto dei progressi che la bella nazione dalla
"bandiera a scacchi" ha fatto in questi ultimi anni e che continuerà a
fare in futuro. Ne sono certo. Ben venga il suo contributo, che è
importante per tutti noi europei. Sono sicuro che l'amena capitale croata
con il suo contributo migliorerà il clima
e la politica dell'intera Unione. Ma la ragione più profonda riguarda il mio interesse e la mia curiosità a conoscere
direttamente e senza intermediazione alcuna aspetti di vita di cui invidio i zagabresi:
vita a misura d'uomo, molto verde in città e fuori, architettura, arte, società, teatro, lettere, musei,
senso civico,
cucina, ristorazione, pasticceria, caffè, enologia, e tanto altro. Basta solo questo
per essere decisamente soddisfatto della decisione di venire qui in visita
turistica e sono molto ottimista
sulla sua riuscita. |
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Primo giorno
Mercoledì 28 Agosto.
Iniziamo dalla partenza da Roma con l'autobus, vicino casa.
Sono le 7.15 quando mi avvio a
prendere l'autobus per la stazione Ostiense delle ex FF.SS., dalla quale
raggiungere Fiumicino Aeroporto. Di solito, in italiano, si dice al
contrario: Aeroporto di Fiumicino. Di norma, prima si dice aeroporto e poi Fiumicino.
Da qualche tempo in qua, sorprendentemente, si dice al contrario. Posso
citare altri esempi. Mi viene in mente il seguente: "Veneto banca"
e non "banca del Veneto". Gli inglesi scrivono prima l'aggettivo e poi
il sostantivo. Per noi dovrebbe essere al contrario. Invece siamo felici
di scopiazzare stupidamente dalla lingua inglese. Ma ritorniamo a noi.
L'autobus è già alla fermata. Il conducente dorme sprofondato sul sedile
di guida. Lo sveglio e gli faccio presente che le luccioline del quadrante del numero
luminoso del bus, poste nella parte posteriore, sono tutte accese e che
quindi è impossibile leggere correttamente il numero del bus. Mi guarda distratto, con
distacco, come se la cosa non lo riguardasse. Capisco che non vuole
essere disturbato. Strano modo di comportarsi il suo. In fondo in fondo
l'autobus lo conduce lui e non io e, peraltro, particolare di non poca
importanza, costituisce il suo strumento di
lavoro. Per lui dovrebbe essere una
informazione preziosa da segnalare a qualche ispettore dell'azienda dei
trasporti romana Atac. Vai a capire un
po' cosa passa per la sua mente. Guardo l'orologio e capisco di essere
in largo anticipo. Ma a Roma con i mezzi di trasporto non si sa mai come
finisce e non fidarsi degli orari e delle apparenze è cosa saggia. Oblitero il biglietto alla macchinetta e mi seggo
al primo posto. Dopo un po' il conducente mette in moto e parte stancamente.
Pochi minuti dopo l'autobus si ferma in una via un po' stretta. C'è una
macchina in doppia fila che impedisce di muoversi. Passano pochi minuti
che sembrano un'eternità. L'auto viene rimossa. Dopo un'altra manciata
di minuti il conducente si rende protagonista di un fatto increscioso.
Nell'affrontare una curva sfiora il marciapiede mentre il tetto
dell'autobus colpisce il ramo di un albero. Altra fermata per
controllare i danni. L'indolenza del conducente che ha girato lo sterzo
con lentezza esasperante ha prodotto una ulteriore perdita di tempo. Tutto sommato essere in anticipo
con autisti del genere rende tranquilli perchè una parte di questo
anticipo lo
annullano loro. Con questo conducente tutto
è possibile, anche che rompa il motore. Osservo il panorama. Il
paesaggio del parco dell'Appia Antica scorre attraverso i finestrini
nella sua straordinaria bellezza davanti a me. Sul lato destro della
strada c'è un cartello con la scritta : "Ancora in campo per l'Italia".
Mi chiedo se si tratta della pubblicità di una squadra di calcio o di un
partito politico che sfrutta l'immagine del gioco del calcio per
attrarre sostenitori. Strano paese questo dove si confonde calcio e
politica. Nel frattempo arrivo al capolinea della stazione ferroviaria
di Roma Ostiense, vicino alla Piramide. Entro in stazione, compro il
biglietto di andata e ritorno per Fiumicino aeroporto e attendo il treno
sulla banchina del binario 12. C'è poca gente che aspetta insieme a me. Il treno è
in orario.
Mi seggo e dopo
mezzora di viaggio arrivo all'aeroporto
Leonardo da Vinci, in anticipo sui tempi di marcia. La
partenza per Zagabria è oggi, 28 agosto 2013 a Roma Fiumicino, al Terminal
2, gate H18. Sulla pista più lontana mi aspetta un aereo della Croatia Airlines per
Split, volo OU 381 posto 6A. Si, per
Split, non per Zagabria. Purtroppo il volo non è diretto ma fa scalo a
Zračna luka Resnik di Split, per poi ripartire mezzora dopo per Zagabria. E' un
volo della Croatia Airlines da FCO (Roma Fiumicino) per SPU
(Split cioè Spalato) delle 11.10 e arrivo alle 12.25.
L'aereo è un Dehavilland Dash 8-400 Turboprop.
Si riparte da Split Resnik
per Zračna luka Zagreb
(ZAG) alle 13.00, gate 2 posto
4A con lo stesso aereo per arrivare alle 13.50 a Zagabria.
Il
titolo di viaggio l'ho acquistato molti mesi fa, in febbraio, all'agenzia
Oceanitis Viaggi di Roma. Il ritorno avverrà
il 31 agosto
da Zagreb (ZAG) per
Dubrovnik (DBV), volo
OU 384 della
Croatia Airlines gate 02 posto 9C. Partenza alle 14.15 e arrivo alle 15.15. Indi da Dubrovnik
per Roma Fiumicino, stesso volo OU384, gate 04 posto 9C delle 15.50
con arrivo a Roma FCO alle 17.10.
Le formalità al check-in di Roma Fiumicino non sono nè rapide, nè agevoli, per il
semplice motivo che la sala partenze (situata nella parte più lontana
e periferica dell'intero edificio) riunisce molti voli raggruppati
tutti insieme per aree geografiche omogenee. I cancelli d'imbarco sono ben
quattordici, dal gate H6 al gate H19, tutti in una sola sala,
ammucchiati uno vicino
all'altro. La sala per quanto grande possa essere non ce la fa a
contenere migliaia di persone. C'è tanto caos, perchè l'ora di partenza
è di mattina, che ovviamente risulta essere molto appetibile per
chi viaggia. Dunque, la sala è piena e non c'è nessun posto a sedere.
Mancano gli spazi e le comodità. Sembra di essere in un grande capannone
di un'azienda, in cui gli operai sono i viaggiatori. Per
soddisfare le esigenze alimentari di centinaia e centinaia di passeggeri
c'è un solo piccolo chiosco.
Troppo poco. Le
destinazioni comprendono molti paesi limitrofi del sud-est Europa e del
nord Africa. Oltre a Split, le partenze sono per Bucarest, Sofia, Tirana, Istanbul,
Podgorica, Belgrado, Skopje, Pristina, Algeri, Tripoli, Tunisi, e altre
periferiche destinazioni.
La gente è veramente tanta e variegata. Ci sono cristiani, musulmani,
europei, asiatici, africani, arabi, pakistani, gente vestita con short e
magliette ma anche con veli e chador. Mancano solo gli ebrei che, com'è
noto a Roma Fiumicino per ragioni di sicurezza hanno un terminal tutto per loro,
il T5, insieme agli statunitensi. Un intero universo di popolazione
multirazziale nella sala si muove, sta fermo, si incolonna, si ammucchia
e si siede anche per terra. Insomma c'è di che guardare e, tutto sommato, fa
piacere osservare la grande varietà della fauna umana soprattutto vista
realmente nella sua molteplicità ma anche nella più totale
confusione. C'è chi mangia e chi beve, chi legge e chi si assopisce, chi
telefona e chi è assorto, chi filma la gente con il suo smartphone
e chi trascina frotte di ragazzini che piangono. Insomma, una vera e
propria casbah multi variegata in tutto e per tutto. Trovo
un posto vicino a una signora anziana che è interessata a osservarmi.
Mi guarda con insistenza. E' troppo. Vado via. Trovo un altro posto e mi siedo dall'altra parte. L'attesa è lunga non
solo perchè sono arrivato in anticipo ma anche perchè c'è l'abitudine di
aprire il gate sempre in ritardo. Trascorro più di un'ora e mezza a passeggiare
stancamente nella grande sala. In fondo in fondo stare all'impiedi o
camminare è un fatto positivo, visto che sull'aereo non mi
potrò muovere dal posto per parecchie ore.
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Finalmente
arriva il momento dell'imbarco anche per me. In aereo al mio
fianco non si siede nessuno. L'aereo è piccolo e non è pieno.
C'è poco da dire e da notare. Mi metto così a sfogliare la
rivista della compagnia aerea croata del turismo. A Split si cambia. Nuovo check in e nuova
sistemazione nello stesso aereo. Passo dal posto 6A al 4A. Per il resto,
tutto uguale come prima. Questa volta però ho un compagno di viaggio
seduto vicino a me. E' un giovane cinese, rotondo e discreto. Si siede e senza
salutare si mette delle cuffie e con il suo smartphone Samsung
Galaxy S3 si chiude in sé per tutta la durata del volo. Con il suo
cellulare fa di tutto: scrive mail, prende appunti, guarda
album di foto e vede addirittura un intero film per quasi tutto il
tragitto. Non dice una sola parola. Riesco a parlare con lui solo dopo
l'atterraggio, per pochi istanti, quando in attesa di uscire
dalla carlinga gli chiedo di farmi una foto. Il trasferimento
nella sala uscite è immediato perchè non debbo aspettare
alcuna valigia al nastro trasportatore, in quanto viaggio solo
col bagaglio a mano. Ho imparato con l'esperienza che col solo
bagaglio a mano porto con me lo stretto indispensabile e
viaggiare diventa più facile e meno faticoso.
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Mi faccio subito
una buona idea dell'aeroporto perchè non vedo nessun tassista
abusivo, nè alcun molestatore di turno. Ottimo viatico. Questo
fatto è un buon biglietto da visita. A Zagabria la temperatura
è più bassa di quella di Roma. Indosso un pullover per
coprirmi un po'. |
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Se sarà necessario nel bagaglio
a mano ho un k-way.
Nella hall vedo un bancomat e prelevo
cinquanta euro in valuta croata, che è la kuna. Oggi il cambio è
1€=7,53 kune. Mi serviranno per pagare subito il viaggio in
autobus dall'aeroporto alla stazione degli autobus, chiamata Autobusni kolodvor situata in
Avenija Marina Držića 4, e successivamente il tram fino a Zagreb
Centar. Sul bus della Croatia Airlines mi metto al primo posto
dietro l'autista per vedere meglio la strada. Dopo una decina di minuti si parte. Il
conducente è un signore di mezza età, molto professionale. Guida bene e
il viaggio scivola via piacevolmente. Arrivo alla stazione degli autobus
che inizia a piovere leggermente. Il cielo è grigio e pieno di nuvole.
L'aria è umida. Nel Terminal compro alcuni biglietti del tram e
mi sposto alla fermata relativa, nel quartiere di Trnje.
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Ho il tempo di salire sul tram n. 6 che la pioggia
diventa più intensa e qualche rovescio di pioggia scroscia sul tetto del
mezzo. Il tram 6 parte da Sopot e va a Črnomerec. Le due
fermate più famose, oltre Glavni kolodvor, sono per
l'appunto Autobusni kolodvor (nella quale sto salendo)
e Trg bana Josipa
Jelačića (nella quale scenderò tra poco). Si tratta solo di cinque fermate. Oblitero il
biglietto di viaggio che ho acquistato all'interno della Stazione e mi
seggo. Il tram non è affollato e ci si può sedere comodamente. La gente
sembra assorta nei suoi pensieri mentre il tram scivola via abbastanza velocemente.
Ci sono più donne che uomini. Anzi, i soli uomini che vedo
sono o ragazzi o vecchi. Le donne sono di tutte le età. Provo
una strana e piacevole sensazione alla novità di trovarmi per
la trentunesima volta in una capitale europea che non
conosco diversa da tutte le altre. Forse il piacere di
viaggiare è proprio quando si provano queste sensazioni, che
sono rare e quasi mai percepite sul suolo nazionale. Forse il
sottile piacere e la piccola ansia da novità sono alla base
dell'eccitazione che si prova a viaggiare in paesi che parlano
una lingua differente. Nel frattempo il tram si ferma alla
stazione centrale, qui chiamata
Glavni kolodvor.
Che strano nome per una railway station. Letteralmente
significa "stazione principale". E in effetti lo è, sia per la
struttura architettonica imponente e pretenziosa, sia perchè
fermata importante per i tram e ancor di più per i treni. |
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C'è un via vai di ombrelli aperti e chiusi dalla gente che
sale e scende dal tram. Ma tutto è ordinato e nessuno
disturba gli altri. Prendo nota della bella facciata della
stazione perche la visiterò domani con attenzione. Penso che le
stazioni ferroviarie siano uno dei biglietti da visita
architettonici più
importanti per una città, soprattutto per una capitale. I
pochi minuti che mi separano dall'hotel sono probabilmente
tra i più ricchi e carichi di sensazioni che si possono
provare quando si arriva in una città straniera. Arrivarci
con un mezzo pubblico, tram o autobus è ancora più bello,
perchè si sta vicino alla gente comune, quasi ci si può
confondere. Non mi è mai piaciuto arrivare in albergo con
un taxi. Mi sa tanto di americanismo, di comodità, di
elite, di persona del mondo della finanza che si autoemargina dalla realtà locale. |
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Sono dell'avviso che si può percepire meglio e più
efficacemente la città viaggiando accanto all'operaio, all'impiegato,
alla massaia che va a fare la spesa al mercato e così via. Sto contando le fermate. A questo punto ne manca
una sola, Zrinjevac, prima dell'arrivo a destinazione, cioè a Trg bana Josipa
Jelačića. |
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Vedo abbastanza bene dai finestrini la prima delle tre piazze piene
di verde che si susseguono da
Glavni kolodvor
fino a Trg Josipa
Jelačića. Nella speranza che domani non piova e ritorni il
sole penso che il giorno successivo in questo luogo farò delle belle passeggiate. Dalla fermata del tram
al mio albergo ci sono più o meno trenta metri. Li faccio correndo,
per bagnarmi il meno possibile e mi presento alla reception. Un
signore anziano e serioso mi assegna la camera 215 (nella foto), al secondo
piano. Ringrazio e salgo su per rinfrescarmi. L'Hotel Dubrovnik
è uno degli alberghi più comodi e centrali di Zagabria. Ha
un'ala che si trova nella piazza Jelačića
mentre la parte moderna in cristallo si trova in una strada
laterale alla piazza chiamata Ulica Ljudevita
Gaja 1, dove peraltro c'è la reception. |
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In camera sistemo
biancheria e pantaloni nell'armadio. Mi rinfresco un tantino, mi
metto il k-way e, ombrello
alla mano, sono in strada per respirare l'aria balcanica di Zagreb. La
bellezza della piazza è davanti a me in uno spettacolo di stili e colori
dei palazzi che la circondano a dir poco spettacolare. |
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Piove e non so che
direzione prendere. Di solito ho le idee chiare su "cosa" e "come" fare. Ma la pioggia
mi mette in difficoltà. Ho già le scarpe e i pantaloni bagnati e il
tempo non accenna a cambiare. Nella piazza so per certo che c'è una
filiale della banca
PBZ ,
cioè
Privredna Banca Zagreb, che appartiene al gruppo italiano
Intesa San Paolo. La cerco e la trovo vicino a una pasticceria dalla
quale esce un profumo di pane e panini che fa venire l'acquolina in
bocca. Il cielo è pieno di pioggia e difficilmente migliorerà a
breve. Decido pertanto
di rientrare in hotel
per riposarmi e uscire più tardi per la cena. E' quasi buio quando
mi muovo verso la Katedrala. Voglio vederla di presenza. Di fronte
in
Bakačeva ulica 9
c'è il Restoran Katedralis.
Nella lista delle pietanze esposte fuori ce ne sono alcune di mio
gradimento. |
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Entro e mi seggo a un tavolo. Il cameriere è
molto gentile. Ci sono alcuni tavoli con gruppi di persone che mangiano
allegramente, senza fare chiasso. |
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In mezzo alla sala
c'è un separé che separa un tavolo dagli altri. Non sono molto
convinto della scelta ma il cattivo tempo mi impone di non aspettare
e soprattutto di mangiare subito qualcosa perchè ho fame. In pratica
è da questa mattina che non mangio adeguatamente. A parte qualche
crackers acquistato nella confusione della sala di attesa a
Fiumicino e alcuni grissini offerti durante il viaggio da Roma a
Split non ho mangiato nulla. E poi è noto che la cucina croata ha
una doppia personalità: "meso" e "riba", cioè carne e pesce. Le
prelibatezze sono variegate e molteplici. Con certezza prenderò
pietanze caratteristiche del posto. |
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Sebbene la lingua croata sia di difficile
interpretazione, mi sento abbastanza preparato a scegliere alcune
pietanze indigene perchè ho imparato i nomi dei piatti che mi
interessano di più. Un esempio? Eccolo: Per antipasto: una zagorska juha,
cioè una zuppa mista o una slavonska juha cioè piccante se piace
il peperoncino o, meglio ancora, una juha od
povrca, cioè alle patate. Come primo piatto: i famosi zepeceni strukli oppure
gli strukli v juhi cioè i primi al forno e i secondi in brodo. In
alternativa il pesce con un rizot od morskijh plodovima,
cioè un risotto di mare o crni rizot ovvero un risotto nero o un
brodet, cioè una zuppa di pesce. Va bene anche una topla predijela skoljke,
cioè un antipasto caldo con molluschi
e cozze, qui chiamate dagnje, mentre un secondo di
carne potrebbe essere la classica milanesissima becli odrezak
cioè una cotoletta alla milanese. Come vedete c'è da scegliere e
soprattutto da gustare. |
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Decido di
prendere una minestra calda, per l'esattezza la zagorska juha
(a sinistra nella foto) e un risottino caratteristico
della costa dalmata, chiamato crni rižot, ovvero un
risotto insaporito con l'inchiostro delle seppie di colore
nero. Un bicchiere di vino rosso Plavac e uno
strudel di mele della casa completano la lista delle
pietanze che ho appena ordinato. Ricordando la pesantezza dei
ćevapčić
alla griglia mangiati tre anni
fa a Belgrado non me la sono sentita di ordinare un piatto
di carne. E' meglio mantenersi leggeri e mangiare
più pesante, se necessario, domani a pranzo. Devo
dire che le pietanze sono tutte gustose e abbondanti. Il
servizio impeccabile e l'atmosfera decisamente calda in
grado, insieme all'ottima zuppa, di riscaldarmi un po' dal
freddo della pioggia che ancora si sento addosso. |
Una corsa sotto l'ombrello
attraverso l'intera piazza del bano Josip Jelačić mi fa rientrare in albergo
desideroso di un lungo e piacevole sonno ristoratore. |
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Secondo giorno Giovedì 29 agosto.
Dopo aver fatto colazione in
albergo mi presento in Trg bana Josipa
Jelačića deciso a camminare un po' per le strade zagabresi.
Con il k-way addosso e un ombrello tascabile sono pronto a tutto. Svolto l'angolo di
ulica Ljudevita
Gaja e mi trovo nella bellissima piazza centrale. Il monumento equestre
dedicato al bano Josip Jelačić è là, nel centro
della piazza, con la sua spada rivolta contro tutti a
ricordare che qui a Zagreb le cose
vanno fatte bene e sul serio, altrimenti sono guai per tutti.
Si dice che fosse questo il significato del gesto del bano
con la spada sfoderata e posta a mo' di carica della
cavalleria. Dunque, ecco muovermi verso Donji
grad, nella parte a sud di piazza Jelačić ma a nord di
Glavni kolodvor. Decido di scoprire prima la parte
nuova di Donji grad della Zagreb ottocentesca per
risalire poi alla parte più antica e preziosa della città,
lungo la linea passante per le due chiese più famose di Zagreb:
crkva Sv. Marka e la Katedrala, ovvero di S. Marco e della
Cattedrale. Svolto a destra, nella Paška ulica fino ad
incrociare ulica Nikole Tesle all'angolo dove c'è un
supermercato della Konzum. Parlerò dopo di Nikole Tesla.
Adesso mi interessa muovermi verso Glavni Kolodvor e
Trg Nikole Šubića Zrinkog e fare la prima fermata obbligatoria.
Che dire del
magnifico parco che c'è nel centro della piazza?
Stupendo. E' bellissimo. Platani magnifici e imponenti, panchine invitanti,
fontane circolari, edicole e prati verdi, piacevoli nella loro unicità. I
platani sono situati su quattro lunghe file. Gli alti e robusti
tronchi primeggiano per incanto e bellezza. Sul prato verde e
ben curato si vedono le prime foglie ancora non ingiallite cadute dagli alberi che
annunciano l'imminente arrivo dell'autunno. L'atmosfera è rilassante e
tutti i passanti con il loro modo discreto di camminare concorrono a questo beneficio. All'estremità
sud si vede il maestoso edificio dell'Accademia Jugoslava
delle Scienze e delle Arti con le bandiere svolazzanti della
Repubblica Croata e dell'Unione Europea. Dopo Trg Nikole Šubića Zrinkog
e l'inizio di ulica
Boškovićeva c'è
Tgr Josipa Jurja Strossmayera. Al n.19 di quest'ultima,
con la bella insegna di un pupazzo disegnato da linee
circolari e segmenti paralleli di diverso colore e due punti
blu nel centro, c'è la Kazalište Lutaka, ovvero la
prestigiosa sede del teatro delle marionette. Darei chissà che
cosa per poter assistere a un loro spettacolo. Lo meritano, ma
non è possibile perchè il primo spettacolo, dal titolo
Sretni Prink, sarà presentato al pubblico il 31 agosto
alle 18.00, giorno in cui io a quell'ora, purtroppo, sarò da poco atterrato
per il rientro all'aeroporto di Roma Fiumicino. Peccato. Un'altra delusione è
l'informazione ottenuta alla reception che il 5
settembre p.v., alle 21.00, i Leningrad Cowboys, con lo
spettacolo musicale Tvornica preporučuje, si esibiranno
a due passi da qui, nella Tvornica kulture in
Šubićeva 2. Mi dispiace di nuovo. Li avrei ascoltati con piacere.
La loro musica mi ha sempre affascinato, peraltro sempre
presente nei film del regista Kaurismäki. |
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Il percorso per arrivare alla
stazione centrale di Glavni kolodvor è diritto e breve. Zagrebački Glavni
kolodvor si trova in Trg kralja Tomislava 12 ed
è una bella stazione dei treni con frontale in stile
neoclassico. Le quattro colonne della facciata, insieme a due
statue situate nelle due nicchie e ad altre due poste alla sommità danno una piacevole sensazione di
perfezione e di simmetria. L'interno è semplice e
completo. Con la presenza al centro di un
mercatino di
libri, sempre benvenuto. Una edicola di giornali, un box
di ristoro pulito e piacevole e il tabellone luminoso
degli arrivi e delle partenze completano un arredamento
spartano e semplice che invoglia a guardare con piacere
l'ambiente circostante. |
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Nei due secoli scorsi
dell'Ottocento e del Novecento, da quando cioè nacque la
ferrovia, viaggiare in treno era l’unica possibilità di
effettuare lunghi spostamenti fra città e città e,
addirittura, fra nazioni differenti. Basti ricordare l'Orient
Express, con il suo portato di mistero, raffinatezza e di
fascino che portava i viaggiatori dall'Europa atlantica
all'estremo Oriente si può avere un'idea dell'importanza dei
viaggi in treno. E dove si prendeva il treno? Nelle
stazioni ferroviarie, che non erano solo luoghi di transito ma
autentiche oasi di persone che andavano e venivano e uno
spaccato socio-culturale della vita della città. L'occhio
vedeva grandiosi e impressionanti edifici, decorati in modo
spesso eccelso per impressionare i viaggiatori e costituire al
tempo stesso luoghi e attrazioni di vero e proprio turismo.
L’esaltazione delle stazioni ferroviarie e il fascino della
ferrovia ha molte ragioni di essere considerate affascinanti.
Sui treni a lunga percorrenza, per esempio, c'erano
aspettative che non erano solo di spostamento nello spazio e
di accorciamento delle distanze ma anche di incontri tra
sconosciuti e di sicuri e spesso eccitanti
discussioni tra persone anche di sesso differente che prima
erano dei perfetti sconosciuti. Ma
il viaggio in treno non fu solo spostamento. Dietro a ogni
viaggio ci sono stati milioni di casi personali, di felicità e
di dolore che solo i protagonisti potrebbero confessare. Io
stesso, da ragazzo tredicenne, fui costretto a prendere il
treno per andare in un capoluogo di provincia della Sicilia
orientale per andare a studiare alle scuole medie superiori.
In alcuni di questi viaggi ero accompagnato da mio padre, che
mi insegnò all'inizio a guardare la stazione ferroviaria non
solo come un punto di partenza e di allontanamento dalla
famiglia ma, meglio, come punto di arrivo e di
ricongiungimento con i miei genitori. Fu questa la scintilla,
scoccata da bambino, che mi fece vedere con i miei occhi pieni
di lacrime i treni che partivano per andare lontano da casa.
Immagini struggenti che mi rimasero impressi per tutta la
vita. Ecco perchè in ogni città europea che visito, uno dei
luoghi che mi attira di più è proprio la stazione ferroviaria.
Quella di Zagreb è piacevole, sobria, ordinata e pulita
sebbene poco stimolante. In Europa ci sono bellissime stazioni
ferroviarie come la
Gare du Nord di Paris, la Central do Rossio di
Lisbona, la Stazione Sirkeci di Istanbul, la
Stazione Atocha di Madrid, la Centraal Station di
Amsterdam, la Hauptbanhof di Berlino, la Stazione
Centrale di Milano e anche la Keleti Station di
Budapest. |
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La stazione di Zagabria è più
piccola e più modesta. Tra l'altro è stata disegnata
dall'architetto ungherese Ferenc Pfaff, mentre le
sculture presenti sulla stazione sono state prodotte dallo
scultore, sempre ungherese, Vilim Marschenko.
Ricordo che Ungheria e Croazia hanno avuto profondi legami
e rapporti spesso burrascosi. In
effetti i frontali delle due stazioni di Budapest e di
Zagabria, a mio parere, sono molto simili. Hanno lo stesso
numero di colonne, di nicchie e di statue. Anche
l'architettura, la disposizione e le forme sono identiche.
Sono convinto che hanno anche altre cose in comune. Il
piazzale della Glavni kolodvor volge a nord e
mostra la statua equestre del leggendario re Tomislav
che nel secolo X divenne il primo re della Croazia con un
regno che si estese a nord fino alla Drava, a sud
fino alla Neretva e ad est fino alla Drina. |
Citare il fiume Drina
significa avere l'obbligo di ricordare il grande scrittore
balcanico, premio Nobel, Ivo Andrić, autore del
colossale romanzo Na Drina Ćuprija, cioè Il
"Ponte sulla Drina". Sono del parere che Andrić ha
poco di croato e molto di bosniaco. Infatti nacque a
Travnik, trascorse la sua infanzia a Višegrad
in Bosnia e si stabilì successivamente in Serbia. Ma il
suo romanzo è troppo importante per non dire qualcosa di
interessante che lo riguarda, anche perchè non solo l'ho
letto due volte ma Andrić ha un intenso
rapporto con
Zagreb che non posso non citare. Nel 1913 si
iscrisse alla facoltà di letterature slave all'Università
di Zagreg e successivamente nel 1917, dopo alcuni
anni di prigionia, ritornò sempre a Zagreb dove
fondò la rivista letteraria
«Književni
jug»,
cioè "Il Sud letterario". |
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L'opera
principale è senza ombra di dubbio Na Drina Ćuprija.
Si tratta del più grande ritratto storico della
cittadina, che si snoda lungo i quattro secoli che vanno
dal XVI al XX. In questo romanzo c'è di tutto.
Rappresenta, per certi aspetti, ciò che rappresentò in
Italia il romanzo I promessi Sposi di Alessandro
Manzoni. Due idee mi passano per la mente. La prima
riguarda il fatto che l'incipit del romanzo di
Andrić mi ricorda quello del Manzoni. Leggiamoli
insieme di seguito. Scrive Andrić: «Per la maggior parte
del suo corso il fiume Drina s'apre la strada
attraverso anguste gole tra scoscese montagne o attraverso
profondi cañon dai fianchi a picco. Soltanto in alcuni
tratti le sue sponde si allargano in aperte pianure per
formare, su una o entrambe le rive, distese solatie, in
parte piane, in parte ondulate, atte ad essere lavorate e
abitate». E confrontatelo con quest'altro di Manzoni:
«Quel ramo del lago di Como, che volge a
mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto
a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare
di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a
prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a
destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte,
che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più
sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il
punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia,
per ripigliar poi nome di lago dove le rive,
allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e
rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni». Nel primo
incipit il protagonista è un fiume, mentre nel secondo
è un lago. Tuttavia la "musica" non cambia e le due
descrizioni hanno molti tratti in comune. La scrittura di
Andrić dicono i critici è nello stesso tempo
"fluente e densa". Quella del Manzoni, per me che sono
un suo estimatore, "divina". |
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Considerato a suo tempo in
Jugoslavia alla stregua di un eroe nazionale riporto qui di
seguito le coordinate bibliografiche del suo bellissimo libro
che, da profondo narratore, "guarda con atteggiamento equanime
manifestando rispetto per il modo con cui ciascuno di essi -
cristiano o musulmano - affronta, come ogni uomo, le sue pene
o, come ogni uomo, coltiva le sue passioni". Ivo Andrić, Il
ponte sulla Drina, Milano, Mondadori, 1995. |
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La seconda
idea che mi passa per la mente è più che altro una
curiosità. E cioè che «ponte» in croato si dice «most». Lo
stesso si dice in serbo «мост», mentre in turco si dice «köprü».
Non sono un linguista ma sono dell'avviso che «köprü»
sia l'origine della parola Ćuprija, dal significato
di ponte. Dunque, Ćuprija è il ponte in
lingua turca. A voi qualunque considerazione. A me il compito
di riportare il passo di Bruno Meriggi della sua
celebre traduzione, che a mio parere sintetizza tutto: "il
ponte è anzitutto simbolo del dolore e della sofferenza.
Ma è anche simbolo della fusione dei due diversi mondi che
qui si sono contrapposti e succeduti, quello orientale e
quello occidentale". Alle spalle della statua di
re Tomislav si vede lo Umjetićni Paviljon
ovvero il Padiglione dell'Arte. Da Trg Kralja Tomislava mi
dirigo in tutt'altra parte della città. Vado adesso a
vedere il Museo della Tecnica di Zagreb. |
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Questa mattina ho da visitare
alcuni musei. Qui a Zagreb ci sono almeno una decina di
musei interessanti. Naturalmente, non posso visitarli tutti.
L'ordine di priorità prevede tre musei: quello della Tecnica,
quello dello Sport e quello dell'Arte. Cominciamo col primo. |
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Il
Tehcnički
Muzej di Zagreb
si trova in Savska cesta 18. Lo si raggiunge
facilmente da
Trg bana Josipa
Jelačića con il tram,
linea 12, direzione Ljubljanica. L'entrata è quasi
nascosta in un cortile un po' disordinato, lasciato in
disuso. Compro il biglietto e con grande curiosità vado
all'entrata. L'intero museo si trova in un grande
capannone con un pianterreno e un primo piano. E' un museo
interessante, a condizione che si vada a visitarlo con
idee ben chiare in mente. Il mio desiderio è quello di
vedere con attenzione la sezione dedicata al grande
scienziato croato Nikola Tesla. Ci sarebbe da dire molto
su questa visita durata un'ora nei locali del museo. Mi
limiterò a ricordare che nel mondo della scienza e
dell'elettromagnetismo classico il cognome Tesla è il nome
dell'unità di misura della importantissima
grandezza fisica
"induzione magnetica B" che caratterizza
quantitativamente intensità, direzione e verso del campo
magnetico in un punto dello spazio. L'unità, come è noto,
si chiama «tesla»
e viene indicata con l'abbreviazione maiuscola della prima
lettera del cognome di Nikola Tesla, cioè
«T».
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Come si vede nella foto, accanto
alla statua che rappresenta lo scienziato intento nella
riflessione con una sfera in mano, c'è un pannello con la
formula di definizione dell'unità di misura "tesla", definito
come il rapporto tra un weber di flusso magnetico e la
superficie unitaria di un metro quadrato. Nel mondo
dell'elettromagnetismo questa grandezza è la base di tutte le
idee che caratterizzano il campo magnetico. Ci sono vari
pannelli che descrivono il lavoro dello scienziato croato,
vissuto molti ani negli Stati Uniti d'America a New York.
Alcuni di questi pannelli entatizzano oltremodo le sue
scoperte che mi ricordano la tecnica della ricerca del sensazionalismo, cioè di immagini che lo
vedono immerso in improbabili ed intense scariche elettriche.
Capisco che sul piano dell'immagine e della popolarità tutte
queste dubbie rappresentazioni di scintille possano avere
effetti positivi nel numero di visite al museo e ricordare i
lavori di Nikola Tesla. Tuttavia sono fuorvianti. Più
interessanti sono invece gli strumenti elettrici,
elettrodinamici ed elettromagnetici disposti in alcuni armadi
di vetro e all'aperto nel museo. In genere quando si parla di
scienziati dei secoli passati si ha la sensazione che si stia
parlando di personaggi fuori dal mondo e inutili. Mi pongo la
domanda se le scoperte di Tesla siano ancora attuali. La
risposta è senz'altro positiva. Un solo esempio per tutti. Il
mio palmare S4 ha una app che permette di misurare
l'intensità del campo magnetico in tutti i punti dello spazio
in cui è possibile tenere il cellulare. Bene. Lancio l'app e
sul minuscolo quadrante misuro un valore dell'intensità del campo
magnetico di 60 μT, cioè 60 milionesimi di tesla. La vecchia
unità di misura del campo magnetico, ormai fuori sistema
internazionale, è il G (gauss) che è stata sostituita dal T (tesla).
Sicuramente il valore letto sul display è molto approssimativo perchè il programma
molto probabilmente lascia a desiderare come precisione.
Tuttavia è una sicura stima del "valore vero" che, com'è noto,
non può essere misurato da nessuno strumento di misura a causa
della presenza di errori sistematici e/o accidentali. Nella
foto si può vedere la formula di definizione dell'unità di
misura dell'intensità del campo magnetico B, definito
come il rapporto tra 1 weber di flusso magnetico per l'unità
di superficie metro quadrato. |
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Vedo
altresì grosse bobine di fili di rame, spinterometri,
sfere di rame elettrizzabili e, addirittura, si vede
concretamente come un uomo possa leggere un libro circondato da scariche
elettriche ad alta tensione senza che lui ne soffra.
Interessanti sono anche alcuni modelli antelucani di
vecchi aeroplani, la ricostruzione fedele di una miniera e
molti originali di macchine e manufatti della tecnica e
della tecnologia, compresa una vecchia macchina da cucire
Singer. Durante la visita, incontro alcune classi
di giovani studenti il cui insegnante si mette a spiegare principi
di funzionamento e descrizione dei fenomeni fisici. E'
bello vedere docenti che fanno lezione in un museo.
Probabilmente si tratta di una delle modalità didattiche
più interessanti, in grado di far apprezzare ai giovani
l'importanza della tecnica e della tecnologia. |
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A due passi dal museo della
tecnica c'è l'altro museo, quello dello sport, che coltiva la memoria di un
Grande dello sport croato della pallacanestro. Girato l'angolo,
nel Košarkaški centar, c'è
il museo
Dražen Petrović che si trova in Trg Dražen Petrović 3
Zagreb. Qui non ci sono quadri, macchine o sculture da
apprezzare. Questo è un museo particolare, dedicato a un
campione dello sport indigeno che ha fatto letteralmente
innamorare i croati per l'eternità. E c'è da credere. |
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Al piano
terra del Košarkaški centar c'è
solo da prendere atto di chi fu e che cosa rappresentò Dražen Petrović nel mondo della pallacanestro jugoslava e
croata prima, europea e statunitense successivamente. Fu
sicuramente un "artista" del basket mondiale. Sintetizzo con le
poche parole di Wikipedia il suo curriculum. Dražen Petrović (Sebenico, 22
ottobre 1964 – Denkendorf, 7 giugno 1993)
«è
stato un cestista jugoslavo, dal 1991 croato.
Soprannominato "Il Mozart dei Canestri", è uno dei
migliori cestisti europei di tutti i tempi e tra i primi a
imporsi in NBA. Il suo stile di gioco era prettamente
individualista, ricco di "uno-contro-uno", con un tiro
perfetto e veloce. Giocava nel ruolo di guardia tiratrice,
ma spesso anche da playmaker».
Questo cestista mi ricorda qualcosa della mia vita che non
voglio tacere. Da giovane rifiutai di interessarmi di calcio perchè
compresi fin da allora gli eccessi, i risvolti violenti e i
disvalori che questo sport veicolava nei giovani. Rivolsi pertanto la mia attenzione e passione per lo sport
al mondo della pallacanestro italiana ed europea. Quella
statunitense era fuori dalla portata giornalistica dei
media del tempo. Più di
una volta vidi
giocare in televisione questo genio della pallacanestro
jugoslava, ed apprezzai subito la
sua serietà, sobrietà e modestia che mostrava sempre in
campo. Nonostante fosse un avversario preoccupante delle squadre
italiane (Snaidero, Ignis, Virtus, Simmenthal, Cantù) imparai ad apprezzarlo sempre di
più convincendomi che i veri campioni sono coloro che
parlano poco e fanno vedere molto.
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Memorabili alcuni incontri
che lo videro giganteggiare nelle prestazioni della sua
squadra. Fu un autentico trascinatore di squadra e
realizzatore di record. Il museo non è molto frequentato.
Durante la mia visita sono stato l'unico visitatore. L'impiegata alla cassa si mostra sorpresa nel darmi
l'ulaznica, cioè il
biglietto. Comprende subito che non sono un indigeno e,
incuriosita dalla mia presenza, mi chiede di che nazionalità
fossi. Si sorprende quando le dico che sono italiano e mi
mostra con fierezza alcune vetrine contenenti coppe, vinte da Dražen Petrović,
messe in palio da organizzazioni sportive e giornali italiani, quali "La
Gazzetta dello sport" per citarne una. La mostra è un
crescendo di lodi e di encomi alla grandezza del cestista
croato. Piano terra e primo piano sono interamente dedicati al
ricordo della figura in campo e nella vita di questo campione.
Scatto qualche foto e sono di nuovo in strada. Si è fatto
tardi e dal museo mi trasferisco nella parte nord di piazza Jelačić.
Adesso ho come meta alcune chiese cattoliche e la cattedrale
della città alta. Nella vecchia e incantevole città
barocca sulla collina si vede un panorama abbastanza completo
della città bassa.
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Mi dirigo a visitare un obiettivo scontato, dovuto e
"imposto" a tutti i turisti che vengono a Zagreb e cioè alla chiesa di
S. Marco in Trg Markov, chiamata crkva Sv. Marka.
Questa chiesa è un'autentica icona per i turisti. Molto
probabilmente è la preferita fra tutte. Persino la cattedrale
deve fare i conti con questa conosciutissima chiesa. Il
perchè è presto detto e riguarda il suo tetto che è, a tutt'oggi, il dettaglio più
conosciuto e guardato dell'intera cattolicità zagabrese.
Un sapiente e indovinato gioco dei colori delle tegole fa
si che il tetto, visto dalla piazza, rappresenti nitidamente
i tre colori nazionali bianco, rosso e blu disposti a
forma di scacchiera (Šahovnica) presenti, peraltro, nella
bandiera croata. E' come se in Italia, a Roma, esistesse
una chiesa con il tetto nel quale fossero rappresentati
non solo i tre colori bianco, rosso e verde della bandiera
italiana ma anche gli stemmi della città di Roma e
dell'Italia.
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Per il resto è una bella chiesa,
compatta, con interni interessanti che propongono arredi
neo-gotici. Nella mia guida c'è scritto che : "nell'abside è
custodita una delle sue opere più evocative, un grande
crocifisso che impone una profonda riflessione sulla
condizione umana". Già, la condizione umana. Qui non stiamo
parlando del titolo dell'opera della tela di René Magritte ma
della condizione umana di chi soffre nella vita e di chi ha
dato la vita per gli altri. Grande tema questo, che solo con
una profonda riflessione agevolata dall'essere in viaggio si può comprendere come la società di
oggi abbia smarrito il senso della vita stessa. Esco convinto
sempre più che chi viaggia ha la possibilità di sfogliare
molte pagine del libro della vita. Sant'Agostino scrisse che:
«La vita è un libro. Chi non viaggia ne legge una sola
pagina». Dunque, è necessario viaggiare per sfogliare il
libro. Ma questo è un altro discorso. Il mercato di Dolac
si trova a poca distanza da qui. Non posso non vederlo. Stazioni
ferroviarie e mercati rionali sono i luoghi che prediligo
di più visitare nelle mie sortite alle città capitali
dell'Europa. In questi luoghi si
vede il vero volto della città e si osserva la febbrile
umanità che vi transita. E poi si può
passeggiare e anche sostare.
D'altronde anche Socrate, oltre che frequentare l'Agora,
passeggiava per il mercato e ascoltava le chiacchiere in
piazza, osservando le merci e i beni materiali che venivano
venduti o scambiati. Faceva questo, diceva, perchè così scopriva tutte le cose di cui non
aveva di bisogno. Qui nella colorita piazza del mercato,
circondata da edifici pieni di bar, caffè e ristoranti si
vedono dettagli e particolari che sono un piacere osservare. Penso
che mi fermerò qualche oretta. Ho prima da vedere meso e
riba, un pekara, una slastičarnica e anche
una bife e poi pranzare. Cosa sono? La traduzione è "carne, pesce, panificio,
pasticceria e tavola calda". Il mio vocabolario della lingua
croata si amplia
sempre di più. Penso che sono arrivato a conoscere una
trentina di parole. Un vero record. Eccone alcune: "dobro dan, dobra večer, dovidenja,
otvoreno e zatvoreno, doručak, rijeka, hvala e molim,
oprostite, odično, da e ne, zabranjeno, račun, tržnica,
kolodvor, autobusni, koliko košta, zračna luka, ulaz e izlaz,
stanica" e altre riguardanti pietanze e pasti. Mi
rimane da confessare il fatto che per me le parole più
importanti che imparo per prima in un paese straniero sono quelle che indicano
luoghi e strade.
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Trg,
cesta, ulica, kneza, avenija. Piazza, strada, via,
strada principale, viale. Sono sicuro che ci sono ancora
altri termini e sinonimi che non conosco e probabilmente
non saprò mai. Ma una lingua è un sistema di una
complessità enorme e non è facile districarsi agevolmente.
Mi accontento di ciò che ho imparato finora. Poco,
essenziale e utile. I tavoli del
mercato sono molto vicini tra loro, disposti in modo
regolare e sono pieni di prodotti ortofrutticoli. La
frutta e i vegetali hanno dei prezzi al kg veramente
convenienti. Il prezzo più basso è 3 kune/kg, mentre
quello più alto 14 kune/kg. Grosso modo si va da 40 centesimi a
due euro al kilo. Provate ad andare in qualunque mercato
italiano e pretendere di pagare i fichi bianchi a 2 euro
al kilo. Impossibile. E le mele a 50 centesimi?
E le carote a 40 centesimi? Inottenibile. Insomma ottimi prezzi. |
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Grande varietà, abbondanza ma
pessima igiene. Ho visto un'anguria tagliata a
pezzi con almeno 50 vespe che ne succhiavano il succo in un
brulicare caotico da mettere paura. Una brutta visione.
L'ora del pranzo sta scadendo. Mi presento pertanto, sempre
nella piazza del mercato, da Kerempuh. Mi aspetto una
buona cucina tradizionale a prezzi accettabili. Il locale non
è grande anche se ha diverse sale. Si trova in Kaptol 3
affacciato nella piazza del mercato, al primo piano di una
terrazza con una ringhiera, con dei tavoli sotto degli
ombrelloni al sole. Fuori fa caldo. Decido pertanto di mangiare
all'interno di una delle sale. Mi seggo in quella meno
affollata e guardo la lista
delle pietanze. Intorno a me ci sono altri tavoli. In uno di
questi, di fronte, ci sono un gruppo di giovani impiegati di
qualche azienda vicina che parlano ad alta voce e ridono in
continuazione. All'altro tavolo vicino a me ci sono quattro
signori che, si vede da lontano, si sono incontrati per
mangiare molte prelibatezze della casa. Decido di
assaggiare come antipasto un'altra zuppa croata famosa che è un brodo di
carne con tagliolini. Si chiama govedska juha, ed è
un'alternativa alla zagorska juha. C'è
anche il piatto tipico degli štrukli che ordino
immediatamente, come primo, perchè non è possibile non assaggiare
questa importante pietanza tradizionale. |
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Per secondo prendo il piatto
del giorno, cioè delle fette di carne cucinate in salsa di
pomodoro, a mo' di carne "alla pizzaiola". Una buona e fresca
pivo, birra locale Pan, completa il
pranzo. Il cameriere è gentile e mi serve con grande
attenzione le tre portate. Rimango veramente ben impressionato dagli
štrukli cotti al forno. Si tratta di una felice
sintesi in cui si incontrano, delicatamente nel forno, una sottile pasta sfoglia,
del latte e del formaggio fresco a temperatura moderata di
180°C. Nascono dalla fusione della due cucine: l'ottomana
e quella balcanica. Hanno un sapore piacevole e vellutato
che lasciano la bocca saporita e la pancia piena perchè
saziano moltissimo. Inadeguata invece risulta la carne
"alla pizzaiola" che sembra cucinata da un disorientato
studente di un istituto professionale aspirante cuoco. |
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Esco dal ristorante deciso a
prendere un gelato. Devo cancellare dalla bocca il sapore poco
piacevole della carne al pomodoro. Una breve camminata mi porta nella
ulica Ilica, dove trovo una gelateria che fa un ottimo
gelato al pistacchio e alla nocciola. Il successivo obiettivo
sono due passeggiate da me scelte che partono entrambe dal
quartiere alto. La prima è da Sv. Marka alla
Cattedrala. Si parte dalla Freudenreichova ulica
fino alla Kamenita Vrata, la famosa porta di pietra
nell'ngolo della quale ci sono delle intensioni di voto come
in molte chiese cattoliche di Roma. Si
imbocca la Kamenita ulica fino alla Radićeva
ulica. Qui si prosegue in direzione di Trg Illirski
fino ad arrivare di fronte al Drzavni archivu Zagrebu
dove sulla destra c'è una scala in discesa di un centinaio di
gradini, chiamata Felbingerove stube odozgo. A
fianco della scalinata sulla sinistra c'è vinogradi, un
appezzamento di terreno in cui si coltiva la vite che mi
ricorda Rue Saint Vincent al Cimetiére Saint-Vincent
dove c'è una piccola stradina acciottolata, nel quale è
coltivata la vite come qui e a pochi e passi dalla
Basilique du Sacré-Cœur a Montmartre in piena
Paris. Alla base della ripida scalinata c'è l'altra famosa
e turistica via del passeggio tra i bar e i caffè della città
alta, chiamata Ulica bana Tkalčića.
Questa strada a un certo punto
cambia nome e si chiama Medvedgradska ulica in fondo
alla quale si trova il cimitero di Mirogoj, che
visiterò domani mattina. Ne percorro una parte e subito dopo,
imboccando la salita della Mikloušićeva Ulica, si
arriva in un incrocio in cui appaiono in ordine prima una
piccola chiesa, dove si trova la piccola cappella al buon
ladrone,e successivamente Nova Ves che verso
destra cambia nome e
diventa Kaptol ulica. E' evidente che il nome "Kaptol"
mi richiama alla mente la Cattedrala di Zagreb. Infatti
è proprio là che sto andando. Lungo il percorso, vicino all'Obiteljski
Centar, vengo scambiato per un indigeno da una
signora, che mi chiede qualcosa in croato, probabilmente il
nome di un palazzo. Alla mia risposta "Ja ne
govore hrvatski", che non parlo croato lei,
disorientata, prima non
capisce poi si scusa dicendo Ok, Ok, Ok. Devo dire che
quando mi accadano situazioni del genere sono quasi sempre
contento, perchè non è facile per un turista essere scambiato
per un abitante del luogo. E' necessario avere
contemporaneamente abbigliamento, atteggiamento, espressione e
gesti tali tale da non apparire uno straniero. Di solito in
Italia riesco subito a capire se una persona che cammina nella
strada è italiano o meno. Ci sono decine di particolari che me
lo dicono in modo immediato e certo. A parte il colore della
pelle, dettagli come scarpe, pantaloni, giacca,
cappello, viso, capelli e tanti analoghi indicatori me lo
fanno intuire immediatamente. Non parliamo poi se l'interessato
apre bocca. A quel punto spesso riesco a individuare anche la
nazionalità. In molti anni di viaggi europei ho osservato
tante volte la gente di trentuno paesi e ci sono molti
particolari che generalmente mi fanno sbagliare raramente. La
risposta della donna con l'intonazione data è stata una forma
di scuse di cui non ne vedo la necessità. A tutti noi è
capitato qualche volta di sbagliare persona. Il suo imbarazzo
è testimone di una forma di discrezione che le fa onore e
merito. Nel frattempo arrivo nella piazza antistante la
cattedrale. Una parte dell'edificio, per l'esattezza la guglia
del campanile di destra è in ristrutturazione ed è
coperta da teloni. La parte visibile, già rimessa a nuovo è
bella ma ancor di più lo è l'intera facciata che dopo gli
interventi di ristrutturazione appare spettacolare e bellissima. Entro subito dentro perchè sono
curioso di vedere gli interni.
Non ho intenzione di commentare gli aspetti relativi
all'architettura della chiesa.
 |
Qualunque guida turistica è in grado di spiegarli
meglio di come potrei fare io. A me il compito
differente di testimoniare sensazioni personali che
possano giustificare ciò che si prova nel vedere
un capolavoro di storia, di architettura e di
cultura come questa cattedrale. La foto ritrae
l'abside con tre bellissime vetrate. Dico solo che
nella navata centrale ci sono alcuni banchi liberi. Mi
seggo e lascio libero sfogo ai miei pensieri. Davanti
a me si siedono una signora con le sue tre figlie. La
mamma nel centro, alla sua destra le figlie maggiori
di circa 10-12 anni e alla sua sinistra la figlia più
piccola di circa 6 anni. Quest'ultima ha un fiocchetto
dorato ai capelli biondi che le dà un'idea di soavità.
L'abbigliamento dell'intera famigliola è semplice e
modesto ma l'atmosfera che la circonda è
straordinariamente ricca di premure e di attenzioni
delle une rispetto alle altre. |
|
Guardano
tutte e quattro avanti, senza distrarsi e quando una delle
quattro deve comunicare qualcosa alle altre c'è una
dimostrazione affettuosa di delicatezza e di garbo per i
quali la comunicazione avviene sottovoce senza dilungarsi
e con uno sguardo pieno di rispetto. Rimango affascinato
da questo modo di comportarsi. E poi quando la mamma dice
qualcosa tutte e tre le ragazze sono attente ed educate,
quasi deferenti. Mai visto un comportamento del genere che
lascia supporre un grande affetto e un notevole rispetto
per il ruolo giocato da ognuna all'interno della famiglia.
Rimangono così quasi un quarto d'ora, ferme, in silenzio,
ubbidienti al protocollo suggerito dalla mamma. Che
piacere sapere che esistono ancora famiglie di questo
tipo. Dopo di loro esco anch'io dalla Cattedrale. Nella
piazza antistante l'entrata c'è una fontana con una
bellissima colonna, in cima alla quale c'è la statua
dorata della Vergine Maria.
Una piacevole e bella espressione di forte cattolicità
dell'intero complesso. Vicino l’entrata della cattedrale,
sulla destra, c’è la libreria e la sala delle vendite di oggetti
sacri. Entro per dare uno sguardo. Non c’è traccia di
turisti tranne una suora che gestisce il negozio. Mi viene
incontro e mi chiede di dove vengo. Quando le dico che
vengo da Roma il suo viso si illumina e mi chiede il
perché della visita. Parla benissimo l’italiano e facciamo
una chiacchierata più o meno formale fino a quando le
comunico la mia stima incondizionata per il nuovo Papa
Francesco. Al contrario di prima, vedo che il suo viso si
offusca e lei perde non poco il suo iniziale buonumore.
Viene confermato ciò che ho chiaramente intuito da tempo.
Papa Francesco dopo i famosi cento giorni di inizio del
suo papato, negli ambienti tradizionali e ortodossi viene
percepito poco come una risorsa e molto come un pericolo
imminente. Vista la piega che la discussione sta prendendo
capisco che è meglio salutare e andare via. Da Kaptol decido di fare una
capatina nella parte est del centro città. |
 |
Voglio
percorrere l'itinerario suggerito dalla mia guida, che
mi porterà a Trg Žrtava Fašizma, che è un'ampia
piazza dedicata alle vittime del fascismo. Sono
costretto a transitare ancora una volta da Trg bana Josipa
Jelačića. Nonostante io debba andare in una direzione
differente le mie gambe fanno di tutto per farmi
passare da questa piazza. Diciamo la verità: la piazza
intitolata al bano Jelačić è veramente bella. A
me piace molto. Faccio a me stesso delle scuse per passare
sempre da qua. Mi ritrovo pertanto a svoltare l'angolo
della Praška ulica dove c'è l'insegna della
Singer, la mitica macchina da cucire Singer.
Mia madre svolgeva la professione della sarta e ne
possedeva una, fin dagli anni '50. A casa mia questa
bellezza della tecnologia troneggiava nella sala di
lavoro e tutti la ammiravano estasiati. |
|
Qui, nella
foto, pubblico il modello presente al primo piano del
Tehcnički Muzej di Zagreb. Dunque, imbocco
la Nikole Jurišića ulica nella quale passano i
tram, supero Trg Hrvatskih Vedrana e dopo un po'
arrivo in questa piazza dedicata a una conseguenza della
politica italiana tra le due guerre mondiali: il fascismo.
Al centro della piazza si vede un edificio a pianta
circolare costruito durante il periodo fascista, a fine
anni '30, voluto da Ante Pavelić, chiamato il "Duce"
croato. Per alcuni aspetti mi ricorda l'architettura
fascista. L costruzione mostra di
privilegiare l’effetto di stupore e di grandezza. Ciò che
colpisce è la scenografia qui rappresentata
abbondantemente per l’utilizzo di proporzioni notevoli e
del travertino (o marmo) che sostituisce il classico e
semplice intonaco. |
 |
Si tratta del
Hrvatsko Društvo Likovnih Umjetnika. Adesso è
la sede dell'Associazione Croata degli Artisti.
In precedenza ha avuto altri nomi. Per esempio fu
chiamato Mestrovic Pavilion e fu anche una
moschea. E' evidente che si tratta di un nome
evocativo di una stagione storica che riporta alla mente
il periodo buio del fascismo e delle sue gravi
responsabilità. E' innegabile che l'Italia del tempo,
con una politica irresponsabile, tirannica e
dispotica, si assunse una responsabilità enorme nei
confronti del popolo slavo del tempo. La conseguenza è che
quella sciagurata decisione di invadere la Croazia produce
sempre in me vergogna e disonore per essere
connazionale di tutti quei politici che portarono
l'Italia in guerra. Nelle mie due precedenti visite
nei Balcani, e precisamente a Ljubliana e a Beograd
ho avuto modo di proporre qualche considerazione su questo
delicato aspetto. |
|
In
particolare, nel diario
di viaggio di Belgrado, ho addirittura introdotto un
evento di carattere personale che riguarda mio padre. Egli
fu protagonista a Spalato (Split), in Croazia, di un fatto
storico che avrebbe potuto costargli la vita. Nel lontano
biennio 1943-45, per quindici
lunghissimi mesi, mio padre Salvatore suo
malgrado, divenne "partigiano titino" nei boschi della
Bosnia i Hercegovina all'indomani dell'8 Settembre
1943, nella zona di Livno (Лиьно) a nord-est
di Spalato insieme a 250 commilitoni carabinieri di un battaglione della
Brigata "Garibaldi". Ebbene quei fatti mi sono rimasti
"dentro" perchè li ho appresi da vicino in famiglia e
"vissuti" attraverso il diretto racconto del protagonista-testimone
che fu mio padre, il quale l'8 settembre del 1943 si trovava a Split,
nella veste di carabiniere responsabile incaricato di "gestire l'ordine"
- come si diceva a quel tempo - nella pescheria della
bella città dalmata. |
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Nella
foto scattata nel luglio del 1990 si vede la
sala della pescheria (peškarija) di Spalato in
ulica Marmontova, sorvegliata da mio
padre, 47 anni dopo l'8 settembre 1943. Nella parete
di fronte, accanto all'orologio, si vede appeso il
quadro contenente la foto di Josip Broz
(Јосип Броз) detto Tito
(Тито),
Presidente e Capo supremo della Repubblica Socialista
Federale di Jugoslavia morto nel 1980. In breve le
cose andarono così. In quella pescheria mio padre più
di una volta difese delle persone anziane dai
tentativi di truffa sul peso da parte di pescivendoli
poco corretti. Nonostante nessuno dei suoi superiori
gli avesse chiesto di tutelare le vecchiette che
andavano a comprare il pesce, mio padre intervenne
molte volte, con rigore e senso di giustizia, a favore
della gente indifesa, povera e anziana. Il fatto fu
notato da alcuni presenti che si trovavano in quei
momenti in pescheria. |
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All'indomani dell'8 Settembre 1943,
nel più totale sbandamento delle truppe italiane in
Dalmazia, circolavano voci incontrollabili. Si
veniva confusamente a conoscenza di notizie contrastanti relative a un
possibile armistizio. Tutti i militari italiani presenti
nella zona furono soggetti a un comprensibile
disorientamento e sconcerto per la mancanza di coordinamento degli ordini che il Comando
Generale non diede mai. Mio padre, posto drammaticamente davanti al
dilemma preoccupante di rimanere fedele alla consegna di
considerare i militari tedeschi alleati o di abbandonare
tutto e unirsi alla resistenza partigiana, era confuso e
smarrito. Non capiva nulla di ciò che gli stava succedendo
intorno. Nella settimana successiva all'8
Settembre il comando tedesco lanciò dagli aerei dei
volantini in lingua italiana in cui consigliava alle truppe italiane
presenti nella zona di
rimanere chiusi nelle caserme, nelle quali sarebbero stati
consegnati viveri, vettovagliamento e vestiario adeguato, nella prospettiva di un
pronto rientro in aereo in Italia. In realtà si trattò di un gigantesco
imbroglio dei tedeschi. Mio padre, indeciso sul da farsi, fece la
scelta, inconsapevole ma fortunata , di seguire il consiglio del suo comandante,
un giovane capitano, che propose a lui e agli altri di
abbandonare immediatamente Split e unirsi sui monti
circostanti alla resistenza partigiana jugoslava per combattere le
truppe di occupazione tedesca. Ben per lui che fece quella
scelta perchè circa una settimana dopo il lancio dei
manifestini in lingua italiana su Split l'aviazione
tedesca, con i suoi pericolosi aerei da combattimento "Stukas",
una notte concentrò dei bombardamenti mirati e ripetuti alla
caserma dove alloggiavano i militari italiani che avevano
accettato di concentrarsi in quella struttura. Fu una
carneficina. Mio padre, al seguito di un battaglione della "Brigata
Garibaldi", in croato Divizija Garibaldi u
Hrvatskoj, dovette sostituire il suo cappello di
carabiniere con la cosiddetta "bustina", contenente la
stella rossa dell'Armata Rossa Jugoslava e mettersi al
collo il fazzoletto rosso dei partigiani jugoslavi. Il
comandante italiano dovette seguire gli ordini che un
interprete croato dell'esercito popolare di
liberazione della Jugoslavia dava quotidianamente. Fu così
che, insieme ai partigiani jugoslavi di Tito, dovette
vivere per oltre quindici mesi nei boschi prima della Croazia e
successivamente della Bosnia, in condizioni igieniche
disastrose, mangiando radici e dormendo nelle stalle.
Durante gli spostamenti notturni i militari italiani
camminavano vicino ai partigiani di Tito e fu li che un
partigiano slavo, tra una canzone dell'Armata Rossa e
l'altra, lo riconobbe come il "carabiniere
buono" che aveva aiutato delle donne anziane nella
pescheria di Spalato. Mio padre rientrò in Italia nel
marzo 1945, alla fine della
guerra, a Bari, con una nave italiana, deperito a tal punto che
pesava appena trentotto chili. Non è irrilevante dire che
lo Stato Maggiore dei Carabinieri della Repubblica
Italiana non gli riconobbe mai lo status di partigiano.
Lui, per colpa di altri e per salvare la sua vita, dovette
fare il partigiano insieme alle truppe jugoslave nella
difficile e dura terra della Bosnia, mentre altri, per molto meno, si ritrovarono senza meriti una pensione di
guerra. Mio padre scrisse molte lettere ai vari
Presidenti della Repubblica Italiana chiedendo loro di
perorare il
riconoscimento dovutogli e ricevendo in cambio solo il
silenzio. Nessun
postino bussò alla porta di casa della mia famiglia.
Tristi e angoscianti furono quei periodi della storia in
Europa. |
 |
Vergognosi e vili furono i comportamenti dei
vertici militari e politici italiani del tempo, sui quali
la storia ha dato un giudizio impietoso e implacabile
di incapacità e di codardia. Guardo la perfezione
circolare dell'architettura della
HDLU Hrvatsko društvo likovnih umjetnika al
centro di Trg Žrtava Fašizma,
consapevole di avvertire una doppia e contrapposta
sensazione. Da un lato provo la sensazione di fatti
personali che mi bruciano dentro per l'ingiustizia
subita da mio padre in quegli anni e dall'altra penso
alle vittime croate (all'epoca jugoslave) del fascismo italiano che procurò
agli indigeni lutti e tragedie. Osservando però
il traffico sostenuto delle auto intorno alla piazza e
l'andatura veloce della gente, mi rendo conto che i miei pensieri sono sicuramente
estranei a quelli delle persone che incontro e che si
spostano nelle auto o a piedi davanti a me. |
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Nel mentre
io sto pensando a fatti accaduti esattamente settant'anni fa, ai giovani di oggi
questi fatti interessano quasi nulla. Penso a come
venne vissuta dagli italiani del tempo la sconfitta della
guerra fascista e penso, nello stesso tempo, a come venne
vissuta dagli jugoslavi la vittoria della guerra
partigiana contro nazismo e fascismo. Due mondi differenti:
catastrofe la prima e lieto evento la seconda. Disastro
politico-militare il
primo e successo straordinario della politica titina
l'altro. Per decenni ci si guardò in
cagnesco, da nemici. Trieste venne considerata da Tito una
preda mentre il
filo spinato faceva l'ingresso ufficiale nella vita dei
cittadini di entrambi i fronti dei due paesi. Fu
installato alla frontiera dei due paesi e la
fece da padrone come simbolo di sconfitta o di vittoria a
seconda del punto di vista usato per definire l'evento. Addirittura nella piazza della
stazione ferroviaria di Gorizia il filo spinato divenne la
separazione per eccellenza fra i due paesi confinanti dell'Italia e
della Jugoslavia. Adesso invece, con l'Unione Europea, tutti
questi approcci differenti e parziali, soggettivi e di
parte, sono stati unificati
e sintetizzati nell'unica maniera corretta e adeguata di
divenire tutti insieme, ex vincitori e vinti, popoli amici che collaborano sotto la stessa
bandiera sovranazionale dell'Unione Europa. Stupefacente e
bellissimo finale di partita e ... scacco matto alla
guerra!. Adesso siamo tutti in pace e
ci visitiamo vicendevolmente e reciprocamente. Osserviamo i luoghi della tragedia, dei fatti e della
storia con rispetto reciproco e come se fossero solo un ricordo. Osservo la
targa della piazza. E' dedicata esplicitamente alle
Vittime del fascismo. Dall'architettura dell'edificio si
potrebbe pensare che fosse stato costruito secondo lo
stile fascista italiano. Le colonne quadrate in
travertino, il bordo semplice della sommità del tetto, le
vetrate con vetri traslucidi, i gradini di colore chiaro e
le forme eleganti e simmetriche, tipiche dell'architettura
fascista, potrebbero indurre a dire che ci troviamo a
Roma. Rimanga come monito a tutti gli
estremismi guerraioli di rimanere sempre come oggi, in pace,
in cui un italiano come me è felice di essere qui, a
passeggiare allegramente per le vie della città. Nessuno si accorge di me.
Qui non ci sono steccati o ponti da attraversare. C'è solo
da gustare il piacere di vedere una bella città, animata
da gente per bene che è innamorata della propria nazione.
Lijepa naša domovino, Oj junačka zemljo mila, Stare
slave djedovino, Da bi vazda sretna bila! recita un passo
dell'inno nazionale croato recita un verso dell'inno
nazionale croato. Il poeta Antun Mihanovi per il testo e Josip Runjanin per la musica,
non c'è che dire,
sono stati veramente bravi a produrre un inno veramente
ben fatto. Da
Trg Žrtava Fašizma imbocco la Ulica kralja
Držislava, quindi la Bošcovićeva ulica, la
ulica Andrije Hebranga e, finalmente, mi trovo in Trg
Maršala Tita. Quest'ultima è intitolata al Presidente
Tito. Certamente la lingua croata sarà bella e musicale.
Non ho le competenze linguistiche per giudicare. Tuttavia
rilevo che faccio una fatica ciclopica a scrivere le
parole con i segni diacritici giusti, al
posto giusto. Tra ž,š,č,ć e le rispettive maiuscole
Ž,Š,Č,Ć e altre ancora è necessario adoperare la tastiera
estesa del computer che è, com'è noto, molto scomoda da
usare. Dicevo che la piazza è intitolata al maresciallo Tito. Mi sembra
giusto. E' stato l'artefice della guerra di liberazione,
l'unificatore di ben cinque stati (Serbia, Croazia,
Slovenia, Bosnia Hercegovina e Montenegro) che adesso si
sono separati e il condottiero di una visione del mondo
che vide la ex Jugoslavia come Stato di riferimento per
tutti i paesi cosiddetti "non allineati". Certo, adesso è
facile affermare che tutto ciò appartiene al passato.
Nessuno lo contesta. Ma allora l'atmosfera politica che si
respirava in Europa non era proprio così idilliaca come lo
è oggi. La piazza è ampia e bella, con edifici maestosi e
imponenti. Ci sono il Museo Mimara, il Teatro Nazionale
Croato, il Museo Etnografico, il Museo delle Arti e
dell'Artigianato e la sede dell'Università di Zagabria.
Sono del parere che è abbastanza per garantire almeno una
settimana di scoperte e di studio che purtroppo io, per la
brevità della visita, non posso permettermi. Osservo gradevolmente la forma degli edifici e
dei palazzi. Non credo che potrò ritornarci un'altra
volta. Tra problemi familiari, età e precedenze
nell'elenco delle visite ad altre capitali europee sarà molto difficile
che io ritorni nella bella Zagreb. Anche in altre capitali
ho pensato la stessa cosa.
Anzi ora che ci penso bene in tutte e trentuno le capitali
visitate ho pensato la stessa cosa e solo in una si è
verificato. L'unica città nella quale sono ritornato una seconda volta
è stata Praga, prima ancora
di vistare altre capitali europee ancora non viste. Ma è
stato per motivi di famiglia in cui mi si è chiesto di
essere il Cicerone per tutti. E
poi qui, a due passi dall'Italia e dalla Croazia, ci sono
ancora ben sei paesi, le cui capitali "sollecitano" una mia visita. Sono Sarajevo, Podgorica, Tirana,
Pristina, Skopje e, un po' più lontano, Chișinău. E non dimentichiamo, altresì
che, sebbene in tutt'altro luogo, c'è anche l'ultima
capitale del "profondo nord" dell'Europa, cioè Reykjavik, che mi
attende. Ma
torniamo a noi. Continuo il mio giro pomeridiano
alla scoperta della zona sud-ovest del centro. Qui la vita
è frenetica. Nella Masarykova ulica vedo la statua
dedicata a Nikola Tesla (1856-1943). L'iscrizione
in basso dice: «U povodu 150, celjetnice rodenja grad
Zagreb, 10 srpnja 2006», che significa: "in occasione del
150° anno della nascita da parte della città di Zagabria
(10 luglio 2006)". Dalla Masarykova percorro
ulica Mirka Bogovićeva per finire in Trg Petra
Preradovića. Queste vie, insieme alle limitrofe
costituiscono un unicum di allegria e di socialità
veramente intenso e straordinario.
La piazza poi è bella. Ci sono delle panchine e molti bar
all'aperto che danno sullo spiazzo limitrofo alla
bellissima chiesa ortodossa. La mia guida dice che trg
Petra Preradovića è comunemente chiamata "piazza
dei fiori" per i numerosi chioschi di fiorai presenti. In
effetti è così. La zona della piazza antistante il
monumento a Petar Preradović è piena di vasi di
fiori ed è tutto un fiorire di piacevole allegria
contagiosa che si
fa notare con un rumoroso vociare delle persone sedute ai
vari bar. |
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La
piccola piazza è di una rara bellezza. Potrei
azzardare un paragone del tipo che questa piazza sta a
Zagabria come Piazza di Spagna sta a Roma. Il
monumento rappresenta una figura che mi ricorda
Giuseppe Garibaldi. Sul basamento c'è scritto
Hrvatski pjesnik 1896, ovvero "poeta croato". Alle
sue spalle la bella chiesetta ortodossa della
Trasfigurazione (Crkva Sv. Preobraženja).
Improvvisamente vedo delle persone vestite
elegantemente che escono dalla porta della chiesa e si
fermano ad aspettare una giovane coppia di sposi.
Siamo nella Preobraženska ulica.
Fotografi e cineamatori immortalano a ripetizione la
scena. Tutti fanno delle foto e anch'io mi lascio
prendere dall'entusiasmo e scatto la foto qui a lato.
Mostra una giovane e leggiadra sposa che, insieme a
parenti e amici, si mette a ballare una ballo
tradizionale croato tra gli applausi dei curiosi
presenti. La musica che si sente è prodotta da tre
musicisti che suonano in un angolo vicino all'entrata
della chiesa (a sinistra nella foto) rispettivamente
una fisarmonica, un violoncello e un violino. |
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Un'autentica scorpacciata di volti lieti e sorridenti segue la
scena. Se non è una piacevole sagra paesana poco ci manca.
Qualcuno commenta la scena e molti, credo, augurano agli
sposi una vita di felicità. Mi vengono in mente alcuni
proverbi sul matrimonio che dicono: "Gallo magro e gallina
grassa fan buon matrimonio". Qui però sembra che la sposa
sia magra, con il nasino all'insù alla francese. Le auguro pertanto
di ingrassare quanto basta, in modo tale che "marito e
moglie d'accordo, matrimonio felice". In ogni caso che
entrambi tengano presente che "il matrimonio è il primo
passo verso il divorzio". Mai dimenticarlo! Dopo un po' sposi e invitati
abbandonano la scena e spariscono mentre io entro nella chiesa. Si, è una
chiesa ortodossa. Lo si vede dal fatto che all'entrata i
fedeli si fanno il segno della croce al contrario di
quello cattolico e l'altare è nascosto dalla solita porta,
piena zeppa di icone e dipinti in oro che mostrano Gesù in
tanti momenti della sua vita di predicazione. La
chiesa è piccola ma capace di polarizzare l'attenzione dei
fedeli con una intensità che raramente si vede nelle
chiese cattoliche. Esco dopo pochi minuti e risalgo per poche decine di metri
verso nord trovandomi nella ulica Illica,
all'altezza dell'Hotel Jägerhorn. Nel centro della
via c'è un venditore di pannocchie di mais bollito e/o
arrostito. Fa un certo effetto vedere le pannocchie, di un
giallo intensissimo, ordinate sul banchetto e pronte per
essere gustate. Se ripasserò da qui domani forse ne
mangerò una. A due passi si trova la salita della Torre
Lotršćak. La osservo da lontano. A fianco c'è una
chicca turistica che trova convinti sostenitori ma che mi
convince sempre più che si tratti più di una trovata
turistico-commerciale che una vera esigenza. Si tratta della Zet
uspinjača, cioè Funiculare dell'azienda trasporti.
Ritorno sui miei passi in Trg Petra
Preradovića perchè all'angolo della piazza c'è il
cosiddetto Octagon, cioè un passante cittadino molto
elegante che permette di attraversare alcuni palazzi in un
passaggio interno in cui si trova una grande cupola di vetro
ottagonale. La
passeggiata continua per la Vlaška ulica che
è una strada in grado di raccontare, dice la mia guida,
"la storia degli ultimi tre secoli della città".
Ricordiamo che secoli fa l'attuale centro storico era "la
città" di Zagabria, cioè l'intera città e non solo "un
quartiere" di Zagabria come è attualmente. |
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Terzo
giorno Venerdì 30 agosto.
Oggi è una giornata importante perchè è
l'ultima giornata che precede la partenza e che ho a disposizione per completare la visita
dei luoghi più importanti di Zagreb. Certo
non potrò vedere tutto. Ma non importa. Mai mi sono posto l'obiettivo di
vedere il 100%. Sarebbe da matti. Mi bastano poche e mirate visite ai
bersagli più rinomati e soprattutto mi interessa mischiarmi tra la folla
in forma anonima per sentirmi uno dei tanti passanti che cammina per le
strade della città, osservando la realtà circostante. Dunque, oggi voglio
fare una sintesi delle cose viste. Come? Non ci crederete ma con un
viaggio di un'ora con il bus Sightseeing, che qui si chiama
Zet sigtseeing Crvena Linija, cioè "linea rossa". Rossa perchè c'è
anche una Zelena Linija, cioè una "linea verde",
più lunga della precedente e più articolata nel percorso. La linea rossa
fa il tour nella zona centro nord mentre la linea verde lo
percorre nella parte sud est, oltrepassando il fiume Sava.
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Io prendo
la linea rossa perchè devo andare a Mirogoj, il
cimitero centrale di Zagabria. Dicono che sia una tappa
obbligatoria e che non si può non vederlo. Dunque a Mirogoj.
In verità c'è un autobus, il 106, che parte da Kaptol
davanti alla cattedrale e arriva a
Mirogoj come capolinea e poi ritorna a Kaptol. Approfitterò
della visita guidata per ascoltare in cuffia i "segreti"
di Zagabria. La partenza è fissata per le 12.00 ma fino a
dieci minuti prima non c'è traccia del bus. In verità c'è
anche un po' di confusione nella individuazione del punto
esatto di partenza del bus. Infatti vedo là vicino
un'anziana coppia australiana che aspetta il bus nel posto
sbagliato. Glielo faccio notare e li invito a seguirmi
nella piazza della cattedrale a pochi metri dalla
bellissima kip blažene Djevice Marije na Kaptolu, cioè
della statua benedetta della Vergine Maria posta alla
sommità della colonna di pietra all'interno della fontana
davanti alla cattedrale.. |
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Qualche parolina in inglese per
ringraziarmi ed eccomi alcuni minuti dopo a bordo, fotografato
dal padre del bambino imbronciato che si vede sulla destra in
prima fila per avere perduto alcuni minuti delle attenzioni
del padre per scattarmi la fotografia. Ah, questi bambini
moderni. Non hanno nessuna sensibilità per le esigenze di un
turista straniero. Dopo che il padre è ritornato a
sedersi vicino a lui mi ha ignorato per tutto il tragitto ed è
ritornato ad essere felice e contento. Benedetta gioventù. I
due coniugi australiani si seggono in fondo sulla sinistra.
Siamo in tutto in tredici ed io sono l'unico che viaggia da
solo, non in coppia. Il prezzo del biglietto è 70 hrk e lo
pago al conducente direttamente sul bus che mi fornisce anche
una cuffia per ascoltare la guida e mi invita a premere il
canale 9 o 10 che è in italiano. Se si vuole si può fare il
biglietto o in Petriceva 4 oppure in Trg
Mažuranića o addirittura nella sede della ZET in
Oraljska 105. |
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Il percorso prevede i seguenti
passaggi: partenza da Kaptol, Zrinjevac, Glavni kolodvor,
Trg Mažuranića, Katarinin trg (con fermata), Illirski
trg, Mirogoj (con fermata) e di nuovo Kaptol. Alla
fine eccomi al Groblje
Mirogoj, ovvero al Cimitero di Mirogoj. «Costruito
nel 1876, il
Cimitero centrale di
Mirogoj è veramente "monumentale" nel senso forte
del termine: la rassicurante e materna imponenza di cupole che
evocano l'accogliente protezione di un grembo, il decoro di
sepolcri e cappelle, la saldezza di colonne che oppongono alla
morte un ordine compatto, le tombe che riassumono, attraverso
tanti nomi illustri, la storia croata e ribadiscono un'epica
continuità contro l'annientamento e l'oblio, le sculture e le
statue che innalzano la forma sull'informe e sul disfacimento,
gli alberi e la terra. Qui la morte appare ancora classica, momento del
ciclo delle generazioni». E' la più bella e sintetica
descrizione che sia mai stata scritta su che cos'è e cosa
rappresenta Mirogoj
a Zagreb. Le parole sono di Claudio Magris e il testo, nel quale
esse si trovano è il suo straordinario libro di
letteratura di viaggio, cioè L'infinito viaggiare,
Milano, Mondadori, 2008. Per Zagreb e i zagabresi questo
cimitero, veramente monumentale, è un altro tassello del grande
mosaico di amore patrio, di rispetto e di sentimento nazionalistico che la
Croazia può a ragione mostrare al pubblico internazionale.
L'entrata della porta principale è nella chiesa. Il tutto dà
la sensazione di essere in un monastero con un giardino.
Non sembra per niente un cimitero. Sul frontale che sormonta
le quattro colonne all'entrata si legge la scritta
Kralju Vjekova Kojemu Sve Živi, ovvero "Re dei secoli,
dove tutto vive". |
La frase è stata presa dalla
Bibbia, Antico Testamento, Tobia, 13,2. «Benedetto Dio
che vive in eterno il suo regno dura per tutti i secoli; Egli
castiga e usa misericordia, fa scendere negli abissi della
terra, fa risalire dalla Grande Perdizione e nulla sfugge alla
sua mano». |
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Riflette l'atmosfera del periodo
storico durante il quale il cimitero è stato costruito. E'
evidente che il
1876 non si può paragonare nè al 1968, nè ai giorni nostri. Eppure
è stato costruito. Il cimitero
è veramente bello. Anche il cimitero del Verano, a Roma, è bello.
O meglio,
«fu» bello. Peccato che mentre qui a Mirogoj tutto è rispettato, pulito
e tenuto in grande co0nsiderazione al
Verano di Roma ladri, tombaroli, predoni e maleducati asportano,
razziano e saccheggiano quotidianamente tombe e monumenti anche nel mondo del riposo eterno in
cui si dovrebbe avere sensatamente il massimo rispetto. Si
tratta dell'ennesima prova della decadenza della società italiana
e in quella romana in particolare in questi
ultimi venti anni che mostra la caduta di tensione
culturale nella quale la città, cosiddetta "eterna", drammaticamente si
trova.
|
|
Quando visito una
città che non conosco cerco sempre luoghi ed eventi che mi
permettano di vedere e trovare fattori di senso tipici di
quella realtà. E questo non solo per capire meglio il mondo
che mi circonda ma anche, se non soprattutto, me stesso.
Questo cimitero monumentale, per esempio, produce
sensazioni di grande serenità che mi fa pensare non solo alla
morte ma, soprattutto, alla vita; alla vita che fu e che sarà.
Non saprei dire chiaramente perchè, ma io ho sempre
privilegiato il passato e il futuro ma non il presente.
Marcel Proust disse che "un vero viaggio di scoperta non
consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi".
Luogo comune ma grande verità. Sia comunque chiaro che gli occhi
diventano "nuovi" solo a patto che essi siano in grado di
aprirsi adeguatamente e, più di ogni altra cosa, quando si frequentano
"terre
nuove". Ecco perchè secondo John Steinbeck "le persone non
fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone". Si
potrebbe ridere su questi aforismi. Eppure riescono a cogliere
il fattore di senso che è l'oggetto del viaggiare all'estero. Risalgo sul bus
convinto sempre di più della ricchezza che apportano i viaggi
nella mia vita. Ritorno a Kaptol alle 13.00 e improvvisamente gli stimoli della fame si fanno sentire. |
 |
Decido di andare in un ristorante che propone pietanze
della cucina locale. Si tratta del ristorante
Stari Fijaker 900, situato in Mesnička 6 a
pochi passi dalla ulica Illica, tra Trg Josip
Jelačić e Trg Britanski. E' un ristorante antico
e rinomato. La lista delle pietanze che ho scelto dal menù
consiste in una zagorska juha
(vado matto per questa zuppa vegetale), sir paški e dom,
žganci sa vrhnj e pogačice i crno vino plavec.
Traduco: minestra zagrebina, formaggio locale di Pag
con
polenta, focaccine e vino rosso, per un totale di 118
kune. Una sagra di pietanze tipicamente locali con gusti
forti e decisamente impegnativi ma fedele alla tradizione.
Il locale è molto frequentato. Il cameriere prima mi
snobba e quando si accorge che chiedo pietanze locali si
rende molto disponibile perchè probabilmente apprezza le mie richieste
relative alla tradizione della cultura gastronomica croata. |
|
ll pranzo è stato impegnativo.
Decido pertanto di assaggiare un gelato per favorire la
digestione. Subito dopo farò una lunga passeggiata per sedermi
in qualche parco del centro e respirare aria pura sotto gli
alberi. In ulica Illica c'è visto una gelateria che fa al caso mio.
|
 |
All'incrocio con la Preobraženska ulica vedo un
venditore di pannocchie. Avevo promesso a me stesso che
avrei assaggiato del mais arrostito sulla brace, più per
curiosità che per desiderio vero e proprio. E poi sono
curioso di vedere se il gusto del mais balcanico è uguale
a quello che provavo da ragazzo quando ne mangiavo con
avidità. Quindi, niente gelato e largo ai prodotti locali.
Costa 10 kune. C'è anche la versione bollita che evito
perchè meno gustosa dell'altra. Dopo pochi morsi rimango
deluso perchè non ritrovo il gusto del mais dei miei
tempi. Ma anche a Roma oggi queste pannocchie proposte da
fruttivendoli più o meno corretti risultano immangiabili.
Sanno di gomma e il piacere di mangiarle si azzera.
Sgranocchio solo una parte della pannocchia. |
|
Claudio Magris, a proposito della
vita difficile del conte Ivan Gerersdorfer nella sua Zagreb, a
pag.115 del suo libro afferma che per molti: "la vita è una
strategia della ritirata [...]". Con ironia, posso applicarla
alla disillusione che ognuno di noi spesso subisce in molti
casi della vita. Per esperienza dico che quasi tutti i
tentativi di riprovare gusti e sensazioni che mi ricordano
quando ero piccolo si estinguono a causa dell'onda del tempo
che inesorabilmente affoga tutto ciò che desidero in una
marmellata di indistinto e di genericità. E le cose sono anche
destinate a peggiorare. Parlare oggi di qualità nella vita
significa fare discorsi fuori dal mondo. Tutti pensano in
termini quantitativi, a guadagnare il tot per cento in più, ad
aumentare i fatturati e le vendite, infischiandosene del
piacere di proporre merce di qualità, di alto livello a prezzi
contenuti. Personalmente mi vergognerei di vendere merce
scadente e, peggio, di spacciarla per merce di qualità. Tra una
riflessione e l'altra mi trovo alla stazione meteo di Trg
Nikole Šubića Zrinkog. E' carina e ben fatta.
Immagino quanti pensionati ogni giorno guardano i valori della
temperatura, pressione e umidità per fare previsioni sul
tempo. All'interno del pannello di vetro c'è scritto Ruža
Vjetar. Probabilmente significa "rosa dei venti" o
qualcosa del genere. In basso c'è il diagramma delle
temperature chiamato Temperatura Zraka. Mi
colpisce il fatto che nonostante la vetustà della costruzione
non c'è un solo graffito o sporcizia sulle quattro pareti. Bene. Complimenti alla
cittadinanza che mostra un alto grado di civiltà. Trovo sempre nei miei viaggi la
possibilità di dedicare un pomeriggio, o una mattinata a
fermarmi qualche ora a riflettere ed evitare che le giornate diventino incalzanti, in
cui la corsa da un luogo ad un altro, da un museo a una
galleria o a un
monumento, non vengano da me vissute come "mordi e fuggi" rapido,
guardando e subito dopo correndo in un altro luogo. No. Io ho bisogno di vedere
e camminare lentamente, con un mio ritmo e con i miei tempi.
Sono d'accordo con Claudio Magris quando nel suo bellissimo
libro L'infinito viaggiare, afferma: «quando
viaggiavo nei vasti paesi danubiani o nei periferici
microcosmi, avviandomi in una certa direzione, sempre
disponibile a digressioni, soste e deviazioni improvvise,
vivevo persuaso, come davanti al mare; vivevo immerso nel
presente, in quella sospensione del tempo che si verifica
quando ci si abbandona al suo scorrere lieve e a ciò che reca
la vita [...] In un viaggio vissuto in tal modo i luoghi
diventano insieme tappe e dimore del cammino della vita, soste
fugaci e radici che inducono a sentirsi a casa nel mondo
[...]. Nel viaggio, ignoti fra gente ignota, si impara in
senso forte a essere Nessuno, si capisce concretamente di
essere nessuno». |
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Questo signore disteso sulla
panchina, che in questo momento osservo con interesse a
pochi metri da me, mi dà la sensazione di un essere libero
dai condizionamenti della vita moderna. Sembra che intorno
a lui non ci sia nessuno e che niente lo riguardi.
L'impressione è che viva la vita con lo sguardo o il sonno
di colui che non vuole correre ma rallentare tutto.
Potrebbe essere chiunque, un filosofo o un poeta, un
barbone o uno sportivo. Per lui è come se il tempo si
fosse fermato. Per me è come se il presente si fosse
impossessato della mia vita. Mark Twain disse: "Ogni viaggio
ti regala grandi ricordi e intense emozioni. Quando si parte
si visitano posti lontani
da casa, si incontrano persone diverse per cultura e stile di
vita, si possono scoprire lingue differenti, abitudini
curiose, tradizioni insolite; viaggiare apre la mente e
l'anima". |
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E' già mezz'ora che sto seduto su
questa panchina e il mio dirimpettaio continua a dormire senza
dare alcun segnale di volersi svegliare. Mi sono riposato
abbastanza. A pochi metri da me c'è la bella fontana e un
padiglione adibito probabilmente a manifestazioni artistiche e
musicali. Ma non si vede quasi nulla. Decido pertanto di fare
un'ultima visita alle tre piazze Trg Maršala Tita, Trg
Braće Mažuranić e Trg Marulićev speculari alle altre tre
Trg Nikole Šubića Zrinkog, Tgr Josipa Jurja Strossmayer e
Trg kralja Tomislav. Sei piazze a gruppi di tre. Una più
bella delle altre. |
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In Trg Maršala Tita
splende più di tutti il teatro nazionale. L'Hrvatsko
Narodno Kazaliste è un bellissimo edificio,
spettacolare e artisticamente perfetto. E' un unicum
elegante ed equilibrato in tutte le sue componenti. Anche
il colore giallo lo rende ancor più piacevole. Tra l'altro
è in ghingheri perchè all'entrata si pubblicizza la Upis
Pretplate e una mostra michelangiolesca a cura della
italianissima Banca Intesa S.Paolo. Da qualunque parte si
osserva, il teatro nazionale si presenta sempre perfetto.
Sul lato opposto c'è il Museo Mimara che, come il teatro
nazionale, pubblicizza una mostra su Caravaggio. Purtroppo
sono fuori orario per visitarlo. Le mie gambe al corrente
che questa sarà l'ultima serata zagrebina reclamano di
muoversi verso le altre due piazze verso sud. |
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La passeggiata, l'ultima, prosegue
prima per Trg Braće Mažuranić, quindi per Trg Marka
Marulića e infine lungo la Mihanovićeva ulica
arrivo a Glavni kolodvor. |
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A cena ho
deciso di visitare un ristorante di pesce. Sono curioso di
assaggiare qualche pietanza di riba e non di
meso. Il ristorante scelto è la Gostionina Tip-Top.
Il nome non mi convince. Mi sembra un nome americano
forse per l'assonanza che ha con il ballo del tip
tap. Si trova a Donj Grad in Gundulićeva ulica,
18. Sembra che il proprietario abbia origini dalmate,
che iniziò l'attività gastronomica nell'isola di
Korčula. Mi aspetto un ambiente chic e
raffinato. Invece nulla di tutto questo. Trovo una anonima
sala centrale e una piccola saletta laterale. Entrambe
danno sulla strada. L'ambiente mi ricorda gli anni '70
perchè i tavoli mostrano delle tovaglie a quadretti rosso
e bianco come si usavano in quei lontani tempi.
Non ho molta fame. Scelgo così solo un secondo piatto con
contorno. Cromaris orada con una sezonska salada
e un bicchiere di malvazija. Prezzo 78 kune. |
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Devo dire che si tratta di una
delle più gustose e fresche orate che io abbia mai mangiato.
Francamente se avessi saputo che qui, a due passi dal mio
hotel, si mangiava così bene sarei venuto ogni giorno. Da
mettere in evidenza poi la gentilezza del cameriere. Insomma,
una bella conclusione culinaria che mi appaga non solo per la
sensazione di freschezza del pesce ma soprattutto per la
leggerezza del tutto. Complimenti allo chef. Il rientro in
albergo mi mette tristezza. Siamo alle solite. Partire è come
morire e domani mattina si ritorna a casa. |
Quarto e ultimo giorno Sabato 31 Agosto. Oggi è il giorno della
partenza per Roma. Si ritorna a casa. Il volo è previsto alle 14.15 .
Il protocollo dell’ultimo giorno di permanenza in città prevede che io
arrivi all’aeroporto Zračna luka di Zagabria almeno due ore prima
del decollo, all’incirca alle 12.00. Se aggiungiamo mezz’oretta di
viaggio in autobus dal Terminal Autobusni Kolodvor Zagreb
all’aeroporto posso ritenermi libero di girovagare per Zagabria come
voglio, grosso modo, fino alle 11.30. Il check out dall’albergo è
alle 11.00. Dunque, fino a quell’ora posso permettermi un ulteriore
intervallo di tempo da aggiungere ai precedenti e godermi le ultime ore
zagabresi di questa mia interessante e piacevole visita alla bella
capitale della Republika Hrvatska.
Prendo la decisione di muovermi con calma, lentamente, senza premura,
con un forte senso di piacevole rilassatezza a favore delle ultime
osservazioni di «palazzi e castelli» della città. Trg bana Josipa
Jelačića è, come al solito, bella e splendente nella sua veste di
salotto buono della città. Ancor di più lo è oggi. Questa
mattina è l’inizio di una magnifica giornata di sole, luminosa e
seducente. In tasca mi sono rimasti ancora due biglietti del tram. Uno
dei due non lo potrò utilizzare. L’altro mi serve per raggiungere il
Terminal Autobusni Kolodvor con il tram 6 per Sopot. A
questo punto i nomi delle stazioni capolinea dei tram e degli autobus mi
sono familiari. Succede sempre così quando vivo alcuni giorni di vacanza
in una città all’estero che all’inizio non conosco. In principio tutto
è sconosciuto. Nomi, architettura, toponomastica, colori, mezzi di
trasporto e altro, sono diversi e spesso poco chiari. Poi, lentamente,
tutto si ricompone come in un mosaico e l’intera città sembra diventare una
specie di cittadina dove si ha una seconda casa, al mare o in montagna
frequentata con continuità.
Questo è uno degli elementi più piacevoli di chi viaggia. All’inizio si
prova una sensazione di estraneità e forse anche di esclusione. Poi,
lentamente, tutto diventa naturale, facile, familiare, e qualunque
aspetto di vita diventa consuetudine. Lo stesso si è verificato qui, a Zagreb. Osservo le persone che vanno e vengono dall’unica edicola della
piazza per comprare giornali e biglietti del tram. Stessi gesti, stessi
movimenti, stesso modo di comportarsi a tutte le latitudini. La gente mi
appare simpatica, amica, come se fosse da me conosciuta da anni. E tutto
questo tra poche ore svanirà di colpo e diventerà solo
un ricordo della memoria. Un capitale di conoscenze e di prassi di vita
costruiti con uno sforzo di sintesi considerevole, con il ritorno a casa,
diventeranno solo memoria storica personale. Queste singolari
considerazioni mi fanno apparire i viaggi come un toccasana per lo
spirito, dove i pensieri possono volare alto rispetto alla quotidianità
e consentono un modo drastico di conciliarsi con il mondo e con tutto
ciò che ci circonda nella vita di ogni giorno. A Roma l'idea stessa di pensare qualcosa
del genere è inconcepibile e, praticamente, impossibile. Nella "città
eterna" il traffico della città, il rumore delle auto che ti sfrecciano
a decine di chilometri oltre i limiti di velocità, la maleducazione
della gente, eternamente interessata all'egoismo più sfrenato, ti circondano,
ti braccano e ti
condizionano terribilmente impedendoti di pensare e costringendoti
all'autodifesa. D'altronde, basta vedere il film La grande bellezza
di Paolo Sorrentino, interpretato dallo straordinario Toni Servillo
nei panni di
Jep Gambardella,
e si avrà un quadro abbastanza vicino alla realtà di che cosa è
diventata Roma nell'ultimo ventennio.
Quello che più mi colpisce di Zagreb è la
gente che vedo passare davanti a me. Estranei di tutti i tipi mi
appaiono in questo momento come vecchi conoscenti che so che non vedrò mai più in futuro. Vorrei fermare il tempo, magari velocizzandolo in un
altro momento. Quante volte abbiamo pensato al sogno di dilatare il
tempo nei momenti in cui siamo felici e accorciarlo nei momenti in cui
proviamo dolore. Sarebbe bello. I miei pensieri ingenui e banali mi
fanno apparire infantile agli occhi della mia coscienza. Sono le 10.00.
Ho da poco salutato alla reception l’impiegata dell’albergo e mi
trovo nella piazza del bano Josipa Jelačića con il mio vecchio
bagaglio a mano. Devo fare attenzione a questa piccola valigia con le
rotelle perché ho scoperto che la zip
di chiusura nella parte bassa è strappata. Non vorrei rimanere in
viaggio con una valigia aperta sballottolata nel vano bagagli della
carlinga, anche in considerazione del fatto che dovrò cambiare di nuovo
aereo, questa volta a Dubrovnik e non più a Split. Tento
di guardare le belle facciate dei palazzi della piazza e osservare la
gente che cammina con lo stesso spirito dei giorni precedenti, ma non ci
riesco. La partenza oltre a mettermi un po’ d’ansia non mi fa gustare,
con la serenità dello spirito, le bellezze che mi stanno intorno. Decido
pertanto di prendere subito il tram e di fermarmi un’oretta alla
stazione degli autobus. Forse cambiare luogo e prospettiva mi farà
riacquistare il mio solito self control. Dal tram la città mi
appare incantevole. Praška ulica, Trg Nikole Šubica Zrinskog
con i suoi maestosi platani dalle foglie color verdino, Trg Josipa
Jurja Strossmayera, Trg Kralja Tomislava con il suo meraviglioso
Pavillion, Glavni kolodvor con la sua bella piazza della stazione
centrale dei treni e i bei palazzi che si ergono maestosamente dinnanzi
mi rapiscono il cuore e mi fanno provare malinconia nel lasciare questi
posti incantevoli. Tutto mi sembra un palcoscenico nel quale ognuno
recita la sua parte. Io come spettatore, unico e autorizzato, vedo tutto
ciò che mi circonda mentre la tristezza del momento della partenza mi
prende. Tutti gli altri sono solo attori, che esistono perché fanno
parte dello spettacolo che mi sono guadagnato venendo qui nella bella
capitale croata. Se questa è la piacevole sensazione che ci si guadagna
quando si viaggia credo che non finirei mai di stupirmi per l’interesse
che questi viaggi provocano in me. A volte distratto, altre volte acuto
osservatore percorro le strade che adesso conosco bene come le mie
tasche con un pensiero fisso: l’Europa deve essere e rimanere sempre
così, differente nelle lingue e nelle tradizioni oppure c’è un’altra
Europa che potrebbe prendere il posto di questa, con una sola lingua
comune e con nuove e rinnovate relazioni umane, migliorate nella logica
di una Unione Europea veramente comune? Consapevole dello iato
che esiste tra desiderio di unità europea e consapevolezza di tradizioni
che fanno a pugni con questa idea arrivo in Aveniija Marina Držića
alla fermata di Autobusni kolodvor. |
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La corsa del tram
continua verso Sopot, oltre la Sava. Io invece mi fermo alla stazione degli
autobus. La mattinata è semplicemente fantastica. Il sole è dappertutto:
caldo, piacevole, luminoso. Con il mio fedele trolley attraverso i binari del tram e salgo nel salone
centrale del Terminal al primo piano. C’è un bancomat dal quale prelevo 100 kune per pagarmi il
viaggio in autobus della Croatia Airlines e comprare una piccola
bottiglietta di acqua minerale. Esco in strada e mi seggo a un tavolino
circolare di uno dei due
caffè
presenti all’esterno, lungo il bordo del terminal che fiancheggia Aveniija Marina Držića,
al n.4.
Si chiama Caffe Bar "Bakuš". Il nome mi sa di turco,
invece è croato. Sul
tavolinetto c’è una lista cellofanata delle consumazioni, con accanto
il prezzo. Scelgo di ordinare un kava espresso. |
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Pago 9 kune e sorseggio il caffè lentamente.
Mi guardo in giro e vedo molte persone sedute in entrambi i Caffè
che fanno le mie stesse cose. E' piacevole vedere di essere in sintonia
con la gente. Estranei che guardo di sfuggita e che non vedrò mai più
nella vita. Ho abbastanza tempo a mia disposizione. Sebbene io sia
straniero, qui mi sento come se fossi parte del panorama. Sono le 10.30.
Il tempo sembra come sospeso e vivo questi minuti nel presente con
pensieri rivolti al futuro. Fino alle 11 e ¼ circa non mi schioderò da
qui neanche a cannonate. Si sta troppo bene per andare via. |
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A pochi metri, davanti a me a piano terra,
c'è l’entrata del Terminal degli autobus della Croatia Airlines.
Penso a questo mio trentunesimo viaggio nelle capitali d’Europa e al
ruolo che esso potrà
avere nel
capitale di conoscenze che ho acquisito in questi lunghi anni di
viaggi. Non mi aspettavo una Zagreb bella come quella che ho visto in
questi giorni di fine estate. Se
devo essere sincero mi ha favorevolmente stupito. Sono già stato in
Croazia un'altra volta, nell'estate del 1990 per l'esattezza. Non a Zagabria ma sulla costa adriatica, a
Dubrovnik. Altri tempi, altra località, altri spazi, altro mondo.
Ancora c'era "il muro di Berlino" ed io non avevo preso la decisione
di visitare tutte le capitali dell'UE. |
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Non dimenticherò mai la
sciocca dimostrazione di muscoli che mostrarono alcuni militari
jugoslavi del
tempo quando a Medjugorie in cielo volteggiavano
provocatoriamente due elicotteri dell’esercito jugoslavo, disturbando
con il rumore fastidioso delle eliche e del motore la messa nella chiesa
locale. Adesso è tutta un’altra musica. Potenza delle 15 stelle dell’Unione Europea. Alle 11.20
salgo sul bus della Croatia Airlines che mi porterà
all’aeroporto. All'arrivo nel piazzale scendo dal bus in una splendida
giornata di sole. Sono un po' triste. Le partenze lasciano sempre un po'
di amaro in bocca. Davanti all'aeroporto trovo altri autobus della
compagnia aerea croata che aspettano i viaggiatori per trasportarli a
Zagabria. Purtroppo io non ci sarò. Prendo atto comunque dell'efficienza
della ZET, ovvero dell'azienda dei trasporti cittadina. Mi aspettano in successione continua
e impegnativa due voli aerei senza soluzione di continuità per
rientrare a Roma. Se si potesse comandare al tempo di ritornare indietro
nel passato rifarei la stessa vacanza. Ma non si può. E' ora di
pensare al futuro, ovvero è tempo di pensare al prossimo viaggio. Ci
vediamo a Reykjavik. Ciao. |
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Manuali
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