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L'albergo si chiama K+K Hotel
Maria Theresia (latitudine
48° 12’
21''
N e longitudine
16° 21’
10”
E) ed è un hotel a quattro stelle. Si trova in
Kirchberggasse 6, 1070 Wien. La camera prenotata mi viene
assegnata al quinto
piano e ha il numero 516.
Rimarrò qui quattro notti fino al 26 agosto. L'albergo mi piace. E' un buon
albergo. Ha tappeti rossi e l'interno ha pareti rosse con bordi
dorati. Offre una gradevole sensazione di raffinato ed elegante
ambiente alberghiero. Alla
Reception
mi accoglie la Direttrice, una signora dall'aria molto viennese
sia nel
portamento, sia nel modo di rivolgersi. Mi riceve con molta
professionalità. Si
ricorda di me a causa di una lettera che
ho inviato qualche settimana prima alla reception, nella quale
chiedevo un trattamento particolare. Ecco il testo della missiva:
Sehr geehrte Herren,
Ich heiße Vincenzo Calabro und unterrichte Physik in einem
neusprachlichen Gymnasium in Rom. Neulich habe ich bei Ihrem
ausgezeichneten Hotel ein Zimmer für eine Person für 4 Tage gebucht,
von 22 bis inklusive 26 August 2002 (GTA Tour Number LLYF016793).Ich
werde mit einem Flug von Rom am Wiener Flughafen "Schwechat" um
16.00 Uhr ankommen. Ich hoffe ins Hotel um 17.30 Uhr nachmittags zu
sein.
Ich bitte Sie ein sehr steifes Bett im Zimmer zu legen, weil ich an
Rückenschmerzen leide. Im Falle, daß Sie dieses steifes Bett nicht
hätten, können Sie ein Brett unter die Matraze stellen? Ich sage
Ihnen meinen Dank im voraus.
Viele Grüße |
L’albergo si
trova in centro, poco oltre il Ring, nella parte ovest della città.
Si trova a pochi metri dalla Burggasse, la quale interseca la
Museumstraße
che, proseguendo, cambia nome nella italianissima Bellariastraße
per arrivare dopo un centinaio di metri nel Ring all'altezza
del Parlamento austriaco. Non so se le autorità comunali di
Vienna abbiano scelto il nome "Bellaria" perchè ricorda la cittadina
romagnola in riva al mare Adriatico oppure perchè volevano indicare
un'aria salubre. In questa parte della città non
esistono case isolate ma magnifici palazzi, di rara bellezza, con
molti piani, quasi sempre formati da quattro livelli,
con la loro architettura perfetta, aristocratica e dalle pareti ben curate. Ciò
che mi colpisce di più è il Ring, l’anello stradale
pressappoco circolare,
ovvero una specie di circonvallazione dell'Innerstadt di Wien che circonda la parte
centrale della città, delimitando il centro in una parte che sta
dentro (Inner) e in un'altra parte che sta fuori. Nella parte
interna si trovano gran parte degli edifici
religiosi più antichi e importanti, compresi i luoghi simbolo della Wien asburgica
come l'Hoffburg, ma non quelli della attuale Repubblica
austriaca come il Parlament che si trovano all'esterno. Wien è una città
dove si parla il tedesco che è una lingua che mi ha sempre messo
soggezione per la difficoltà di imparare anche solo poche parole,
tant'è che il solo pensiero di andare nella capitale tedesca mi fa
venire i brividi. Wien è una città straordinariamente bella che merita attenzioni
e interesse. Il mio desiderio è riuscire a percorrere molte strade
del centro, osservando "palazzi e castelli" come si diceva
anni fa. Il fatto è che sono straordinariamente curioso di
mettere alla prova le poche cose che conosco del mondo mitteleuropeo
e l'avventura del viaggio a Wien me lo consente. |
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Il fatto che conosca molti luoghi e palazzi
importanti sulla mappa della mia cartina non basta a soddisfare la
curiosità di vederli e toccarli direttamente. Questa storia del Ring
è scritta su tutto ciò che riguarda Wien, come riviste turistiche,
manuali di viaggio, guide, cartine geografiche, mappe della città,
libri di letteratura (di viaggio e non), ma anche di storia e geografia
e tutti ne parlano. Vederlo direttamente è tutta un'altra cosa. Questa
"stranezza" viennese è decisamente uno dei piaceri della visita.
Tuttavia, rimane inteso che è viva in me la preoccupazione di essere
costretto a interloquire nella lingua locale mettendomi in
difficoltà. Aggiungiamo poi che a Wien di italiano c'è molto poco.
Gli stessi nomi delle strade che finiscono in gasse (via), straße (strada),
platz (piazza), brücke (ponte), markt (mercato)
ring (anello), gürtel (cintura) mi disorientano non
poco. Sono poche le vie che hanno a che vedere con il tricolore
italiano. Tranne Galileigasse, Salierigasse, Vivaldigasse,
Strozzigasse, Minciostraße, Gonzagagasse e
Bellariastraße
c'è veramente poco. Il tratto del Ring vicino a dove abito io si chiama Burgring al
quale segue, verso nord-nordest, il Dr Karl Renner Ring che è il tratto
davanti al quale si trova lo splendido edificio del Parlamento austriaco.
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Avremo modo di parlarne più
approfonditamente nei giorni successivi. Adesso mi interessa riferire
che l'arrivo in camera è veramente piacevole, perchè la stanza nella
quale dormirò per le prossime quattro notti è ampia, luminosa, ben
arredata e molto bella. Se non fosse per un certo "languorino" allo stomaco
che reclama
l'immediata urgenza di sedersi a tavola in qualche ristorantino
che proponga pietanze rigorosamente indigene, mi fermerei di più ad ammirare il panorama che
posso osservare dalla finestra della camera.
Pochi minuti dopo eccomi in strada, nella Kirchbergasse, in una
posizione dell'Europa che ci si trova, dal parallelo passante per Roma,
spostati più a nord di 6° circa di latitudine e più a est, dal meridiano di Roma, di circa 4°
di longitudine. Come dire, grosso modo, "più in
alto e a destra" della capitale italiana. Mi rendo perfettamente conto
che questo modo di individuare la mia posizione sulla faccia del pianeta
può sembrare noiosa e irritante a chi è digiuno di matematica e di coordinate geografiche ma,
credetemi, una volta compreso il concetto, il meccanismo delle coordinate
sferiche è di una
semplicità disarmante. In più è molto utile. Tra l'altro mi consente di avere sempre
a portata di mano un
riferimento certo e quantitativo del "dove" mi trovo in Europa con molta
precisione. Sono dell'avviso che ogni europeo, o meglio ogni
essere umano, vede la sua posizione sul globo terrestre relativamente al
«suo»
riferimento, che non coincide con quello degli altri e in questo caso col mio. Per esempio, mentre un cittadino
dell'Unione come me che sta nel sud Europa, a Roma tanto per intenderci, vede Vienna come "più in alto
a destra", per un altro cittadino dell'Unione che abita ad Helsinki
vede la stessa Vienna come "più in basso a sinistra".
Straordinario no? Come si vede la
relatività della propria posizione è un classico della geografia ma
anche della fisica e della cosmologia, per non parlare della politica.
Ognuno vede le cose dal proprio punto di vista. Orbene, latitudine e longitudine a parte, la scelta
di eliminare il languore cade su un localino
in una strada parallela alla Kirchbergasse, nella quale c'è un
piccolo ristorante tipicamente indigeno. Questa sera andare per le vie
viennesi è fuori luogo per la stanchezza che ho nelle gambe che
reclamano un po' di riposo anticipato. Ho già in mente cosa mangiare,
perchè anni di vita in Lombardia, ai confini con l'Austria, mi hanno fatto apprezzare una cucina
che per alcune pietanze è simile a quella viennese. Sull'importanza
della cucina nei miei viaggi voglio chiarire brevemente il mio pensiero
dicendo subito che la cucina è
un importante elemento da tenere presente nella cultura di ogni paese.
La cucina è legata indissolubilmente con la vita di tutti gli esseri
umani mediante il cibo. E il cibo è la vita stessa degli esseri umani.
Non esiste vita senza cibo e non esiste fame senza cucina. Le pietanze
e, più in generale, il cibo rimangono una delle tracce indelebili del
paesaggio storico della razza umana, della pace e delle guerre, delle
fortune e delle sfortune dell’uomo preso a sé ma anche come essere
sociale che interagisce col mondo, soprattutto, per soddisfare il
bisogno di vivere eliminando la fame. Cibi poveri e cibi ricchi, cucina
popolare e cucina cortense sono sempre state e saranno sempre uno degli
elementi più importanti della vita dell’intero genere umano e come tale
ci hanno raccontato e ci racconteranno sempre dell’uomo, dei suoi
interessi, delle sue paure, delle sue sfortune. Quanti grandi scrittori
e premi Nobel, quanti film e prodotti cinematografici hanno scritto
della fame e del cibo e del come si è sviluppata la vita degli esseri
umani nei secoli? Dunque, la cucina e le pietanze non sono frivolezze e
a tale proposito qui a Vienna in terra d'Austria voglio ricordare a titolo di esempio
che la "cotoletta alla milanese" è una copia
conforme della "wiener schnitzel", originale ed omonima pietanza di
quella italiana copiata dalla cucina viennese, consistente in
una sottile fetta di vitello impanata e fritta nel burro. Ritornando al
diario il ristorante
che ho scelto è piccolo. Forse si tratta di un Kellern, ovvero di una trattoria
"alla buona". Al cameriere dico
una delle pochissime parole in lingua locale che ho imparato, chiamandolo
Herr Ober. Una corrente di simpatia è il minimo che ottengo.
Ordino del manzo bollito, che qui si chiama Tafelspitz e che, a
pranzo concluso, si rivela essere stata una eccellente scelta, tra l'altro
accompagnato da buon vino rosso con uno strudel alle mele. Mi fermo
un attimo su questa pietanza per due buone ragioni. In primo luogo perchè l'Austria è
stata per secoli un paese modello di riferimento, anche in cucina. In
secondo luogo perchè parlare di pietanze e di cibo significa parlare di
tradizioni, di radici e, quindi, di cultura. Il piatto con
contorno di verdure, prevede due abbondanti fette di manzo bollito, forse
girello, guarnite da patate stufate, pezzi di carote, sedano,
cipolla tagliata e prezzemolo anch'essi bolliti. Il gusto è ottimo anche
se si sentono sapori aggiuntivi, segno che il piatto è stato cucinato anche con altri ingredienti, Probabilmente saranno stati aggiunte foglie di
alloro o rafano. La
pietanza in ogni caso è ottima. Il cameriere prima di ordinare, accortosi della mia
origine italiana, probabilmente è preoccupato che io potessi ordinare spaghetti alla
"amatriciana" e/o calamaretti alla "livornese" che
sicuramente non ha nel menù. Perchè
molti miei connazionali fanno proprio così. All'estero credono di essere
in una trattoria italiana e fanno richieste assurde che agli indigeni
meravigliano non poco, perchè impossibili da soddisfare. Io invece quando sono fuori
dall'Italia ordino sempre pietanze locali, nella più rigorosa tradizione
locale. Nell'attesa va via la luce. Panico. Nessuno se
l'aspettava. C'è molto imbarazzo da parte del cameriere il quale si
scusa e porta delle candele accese. Rimango molto sorpreso, perchè non mi sarei mai aspettato che nella
mitica, ordinata e precisa Wien ci potesse essere un black out di corrente
elettrica, come invece generalmente accade e frequentemente nei piccoli paesi
di montagna in
inverno. Mi ricordo nella mia infanzia in un paesino siciliano, nei
mesi invernali quando c'era cattivo tempo e il vento soffiava forte, ci si
trovava di sera quasi sempre senza corrente elettrica. Le candele, pertanto,
da giovane non
erano una novità ma una necessità o meglio
un'abitudine. Ma qui proprio non me lo aspettavo. Dopo
una decina di minuti, in un ambiente oserei dire romantico da fine
Ottocento, l'elettricità fa il suo ritorno trionfale come un piacevole
valzer viennese e la vita ritorna
ad essere normale. Rientro in hotel abbastanza stanco per addormentarmi
velocemente nelle braccia di Morfeo.
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Secondo giorno Venerdì 23 agosto.
Nella mia prima
mattinata di visita alla città vado innanzitutto nel cuore della
Wien più importante, per vedere e "toccare con mano" il Duomo di Santo Stefano, qui
chiamato Stephansdom o
Domkirche St.
Stephan, un capolavoro di rara architettura e di bellezza
unica. Prendo per la prima volta la metro, che qui si chiama U-Bahn,
alla fermata Volkstheather alla fine della Burgasse,
linea U3. Si tratta della linea Ottakring-Simmering. La fermata di
riferimento vicino all'albergo è, come ho già detto, la Volkstheater. Subito dopo c'è la
Herrengasse e, quindi, la visitatissima Stephansplatz. In
pratica sono solo due le fermate che separano quella "sottocasa"
di Volkstheater con quella centralissima di Stephansplatz.
Arrivo quasi subito e all'uscita
vedo davanti a me il Duomo nella sua magnifica bellezza. Sono senza
parole.
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L'edificio che si erge maestoso davanti a me è
una cattedrale in stile gotico che si trova nel centro della Piazza
Santo Stefano (Stephansplatz) con
le guglie che svettano verso il cielo e un campanile,
detto “Steffi”
(diminutivo di Stefano, ovvero Stefanino), sul
quale, se si vuole, si può salire. Da una parte c’è un campanile
che avrebbe dovuto averne un altro come coppia, ma che alla fine è
rimasto incompiuto e sul quale è stato costruito
un campanone detto “Pummerin” tipico dell'architettura austriaca.
Straordinario è poi il tetto dell’edificio, su un grigio di
piastrelle, che è spiovente, con lo stemma dell’Impero
austriaco-asburgico e della città.
La chiesa di San Marco a Zagabria, è simile al Duomo di vienna, che gli somiglia nella sola parte del tetto spiovente con
piastrelle policrome che formano i colori a scacchi della bandiera nazionale croata.
Adalbert Stifter il grande scrittore austriaco, nell'opera
«Vienna
e i Viennesi»,
a proposito della guglia di Vienna dice che quando guardava Wien dall'alto delle colline "immaginava che la guglia di Stephansdom
fosse una leva con la quale si potesse sollevare il grande disco
della città". Lo
Stephansdom è il centro di Wien in tutti i sensi. E’ un
riferimento privilegiato per tutti. E’ la meta più ambita delle
visite e delle visioni turistiche, costituisce una specie di origine
di un sistema cartesiano di misura delle distanze che si
irradiano su tutta la mappa della città e la sua presenza dà senso
alla pedonalizzazione delle strade limitrofe, che è il tipico
segnale municipale di edificio importante "a tre stelle" da
salvaguardare dal traffico.
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In verità si rimane affascinati dalla
bellezza di questa straordinaria costruzione religiosa. Per un italiano che è
abituato a tutt'altro stile architettonico questa costituisce una piacevole
e interessante attrattiva. La piazza limitrofa, per un
edificio così prestigioso, risulta limitata. Sembra quasi che gli
edifici circostanti la incalzino, la soffochino e questo produce
una sensazione di distacco e di rottura col resto degli edifici
circostanti. A questo riguardo ricordo che il filosofo e scrittore
francese Montesquieu, tre anni dopo la morte di Newton
nel 1728, arrivò a Vienna che era la prima di una serie di tappe di un
lungo viaggio in Europa, per scoprire vizi e virtù come si dice in
questi casi dei viennesi. Nella sua opera
«Oeuvres
Complétes»
(Opere Complete) scrisse pressappoco che "la città di Wien è piccola e
serrata dalle fortificazioni, con esigue dimensioni". Intendeva dire che
a causa delle fortificazioni e della ossessione della sicurezza si era sacrificato lo spazio tra gli
edifici più prestigiosi, come il duomo, e le altre case. Dunque, la mia
sensazione di claustrofobia nel vedere addossati eccessivamente i
palazzi al duomo non è una impressione ma un fatto che ha origine nella
storia della città che doveva difendersi passivamente con mura possenti che la
cingevano in una specie di fortino in cui lo spazio era di vitale
importanza. Non dimentichiamo che la cattolica Austria ha
vittoriosamente sostenuto due assedi dei turchi e riuscì a far battere
in ritirata le loro armate. Se non ci fosse stata Lei sarebbero stati
guai seri per difendere l'indipendenza dell'intero continente
dall'invasione turca. La piazza è delimitata da quattro vie che,
in senso orario, sono Brandstätte, Rotenturmstraße, la
Singerstraße, e la Blutgasse. |
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L’interno di
Stephansdom
è grandioso e bello. Il colore predominante delle pareti è il
grigio. Possiede tre navate e le colonne sono
ornate da grandi statue, che si possono vedere nella foto sulla
parte destra che ho scattato all'interno della navata laterale
sinistra. A metà c'è l'ascensore per andare alla campana "Pummerin". L'altare maggiore è in marmo impreziosito di quattro
piccole colonne ed è stato eretto un anno prima
della morte di Galileo, cioè nel 1641. Al centro c'è un grande
dipinto che presenta il martirio di Santo Stefano, patrono della
cattedrale. In fondo a destra c'è la scala per salire alla
torre meridionale. Qui si trova la tomba dell’Imperatore Federico
III costruita alla fine del quindicesimo secolo.
Bellissime sono anche le vetrate gotiche dell’abside. C'è infine un
organo che è unico nel suo genere perchè ha migliaia di canne. La
visita al Duomo è gradevole e interessante.
Il parroco del duomo si chiama Mag. Anton Faber mentre l'organista,
di cui ne ascolto la musica, è il prof. Peter Planyavsky.
Rimarrei di più se non ci fosse il desiderio di vedere fuori la
città. Tra tutte le quattro strade citate sopra, la
Rotenturmstraße è quella più importante, non foss'altro perchè
dalla estremità opposta al Donaukanal, cioè dall'intersezione
con la Singerstraße cambia nome e diventa Kämtner
Straße. Quest'ultima è una strada importante, una delle
principali, accanto al Graben, di Vienna, perchè è la via dello
shopping, pedonalizzata fin quasi al Ring. La
Kärtnerstraße è traboccante di vetrine e negozi ed è gradevole
percorrerla in su e in giù osservando l'interno dei negozi tra i
quali domina incontrastato il negozio di cristalli Swarovski. Rispetto ai
soliti negozi in Italia questo è enorme e pieno di oggetti di
cristallo che sono il desiderio di ogni donna. |
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A due passi da
Stephansplatz c'è Petersplatz nella quale si trova
la bellissima e barocca Peterskirche. All'esterno, nella
parte centrale, si eleva una grande cupola affiancata da due
torrette. La chiesa è la seconda più antica chiesa di Wien.
L'interno è spettacolare e fortemente barocco, con decorazioni
veramente efficaci. Se non fosse per le due
torrette in architettura religiosa tipicamente asburgica, questa bella chiesa si
potrebbe scambiare per una normale chiesa di Roma mentre qui ci troviamo
a più di mille chilometri di distanza nella estranea capitale della
Republik Österreich. Il tratto di
strada della Kärtnerstrasse, compresa tra la Singerstraße
e il KärtnerRing a fianco della Staatsoper, è veramente
bello ed è piacevole e lo percorro con l'intento di osservare le vetrine
e il loro contenuto. Si va da negozi di abbigliamento e da
gioiellerie a negozi d'arte e cioccolaterie, con i famosi cioccolatini
di Mozart a forma di piccole palline e l'immagine di un giovane Mozart.
Ciò che mi colpisce di più è però la Staatsoper, ovvero il Teatro Nazionale dell'Opera, che qui
viene chiamato Wiener Staatsoper : un vero e proprio gioiello di
costruzione che è a mio parere un grande capolavoro. Il palazzo
dell’Opera di Stato ricostruito per un incendio si trova lungo il viale del Ring. |
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E' un edificio
bellissimo, che mi emoziona per le sue linee eleganti e raffinate.
Mi fermo ad ammirarlo. In un certo senso mi ricorda il Théâtre de l'Opéra di Parigi.
Ma qui l'atmosfera è diversa, più formale e seriosa e non si possono fare raffronti con
l'analogo parigino. Decido di visitarlo. La Staatsoper di
Vienna è riconosciuta come uno dei teatri più prestigiosi al
mondo, oltre che uno dei primi palcoscenici lirici d'Europa.
Comprende una magnifica scalinata d'onore e una grandiosa sala di
quasi duemila posti. La Wiener Staatsoper ospita tra l'altro
la più prestigiosa, più vista e più costosa sala da ballo di Wien.
Basta ricordare che il ballo delle debuttanti è una delle più
seguite operazioni televisive internazionale del glamour che
si svolgono nella altrettanto famosa Opernball alla presenza
di Capi di stato e monarchi vari. Prima di visitare l'edificio è
necessario fare la prenotazione della visita per essere inseriti in
un gruppo. All'ora convenuta entro. Nella foto sono con il gruppo di
turisti nel quale la biglietteria mi ha inserito. La visita dura
quasi tre quarti d'ora. La visita guidata inizia dal
padiglione dell’ingresso e permette di ammirare la scalinata
principale che di per se è uno spettacolo, la sala dei marmi, il
foyer, la sala di Gustav Mahler e l’auditorium. Come conclusione
ci viene proposto addirittura di "calcare le scene" del
palcoscenico. Si possono vedere tutti i dispositivi nascosti che permettono
di produrre
le varie scenografie. La visita è veramente interessante e,
soprattutto, permette di comprendere e avvicinarsi al mondo e
all'atmosfera dei grandi teatri di musica. Non a caso Vienna è la
patria della musica classica e sinfonica. Il gruppo nel quale mi
trovo è numeroso e i turisti come me provengono da diversi paesi
tutti accomunati dall'interesse nei confronti di questa magnifica
istituzione musicale. |
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A pranzo ritorno
in Stephansplatz
e vado
al Cafè
Do&Co che è un locale
moderno, posto all'angolo della piazza, ricoperto di vetri a specchio in parte
curvi di fronte al Duomo e dotato di ampie vetrate. Forse sarà utile ricordare che il Cafè
Do & Co a Wien è un
locale famoso e importante. E' cioè una autentica istituzione per il
turista che vuole accoppiare un pranzo veloce e un panorama mozzafiato
con vista su Stephansplatz a pochi passi da Stephansdom.
Ironia della sorte, laddove non riuscirono
le armate turche nei secoli passati di sottomettere Vienna, dopo quattro
secoli, c'è riuscito in una veste differente un altro Signore turco,
Christoph Demel, che con ingegno e grandi capacità imprenditoriali, ha
acquistato nel 1857 il locale Do&Co facendolo diventare il
gioiello che è oggi.
Il
Cafè,
come dicevo, si trova dirimpetto al Duomo, vicinissimo, tanto che dalle vetrate del
locale si ha la sensazione che se si sporgesse il braccio fuori dai
vetri si potrebbero "toccare con mano" le bellissime vetrate gotiche di
Stephansdom ed entrare in esso attraverso una finestra. La sensazione è veramente forte ed è frequente a mio
parere
l'idea che tutta questa vicinanza possa irritare qualche turista
esigente che potrebbe deplorare il mercimonio tra la sacralità
dell'edificio religioso con la volgarità della pratica commerciale della
tavola calda. Personalmente sono perplesso, comprendo l'affaire ma
rimango dell'idea che c'è poco riguardo nei confronti del Duomo. Nel locale c'è molta confusione
anche perchè non ci sono molti posti a sedere. C'è gente che sale e che
scende, le cameriere corrono da una parte all'altra sul parquet del
pavimento facendo rumore e cercando di
soddisfare la richiesta dei molti clienti presenti e di altri in attesa che chiedono se si sono liberati dei posti. Tutti vogliono sedersi ai
tavoli vicino alla vetrata e osservare il Duomo. Io non ci riesco e mi
sento comunque fortunato perchè riesco a trovare un piccolo tavolo dall'altro
lato della veduta panoramica. Posso comunque vedere attraverso i
vetri del Do & Co, e alla stessa altezza, le vetrate del Duomo
provando uno spettacolare e indimenticabile "effetto aereo". Piuttosto
che ordinare immangiabili tramezzini o indigeribili hamburger opto per
un piatto di prosciutto e melone e uno strudel di mele. Quello che conta
in questo momento non è ciò che mangio, ma ciò che vedo e ciò che sento
in questa magica capitale.
In città mi muovo bene perchè non solo ho studiato a fondo la mappa di
Wien ma anche perchè ho con me nel borsello un palmare, il Palm m515. Gli ho
installato un software, chiamato Sun Compass della OrbForms, che, in qualunque città del mondo,
permette di orientarmi con sicurezza,
individuando chiaramente sul display i quattro punti cardinali. Tra
l'altro, con un cavetto, posso collegare il Palm con il mio cellulare, un
Siemens S25, permettendomi di inviare e ricevere mail e
connettermi in Internet. Ne sono così geloso che ho paura di perderlo e
per tutte le eventualità mi cautelo inserendo una lunga password.
D'altronde gli strumenti "informatici" nel mio lavoro di insegnante di discipline
scientifiche sono importanti. Ritengo allo stesso modo che siano altrettanto importanti gli
strumenti della
"cultura umanistica" perchè, a mio parere, senza l'elemento classico dei
valori umani la scienza diventa pericolosa e vuota. Non basta la
sola competenza. Nella scienza è necessario attenuare alcune esasperazioni
della cultura neo-positivista e sforzarsi di recuperare la cultura della
completezza, che è complementarità dei due assi culturali
scientifico e letterario. Penso che sto uscendo fuori tema. Mi manca
solo di parlare di aspetti metafisici e spirituali e il diario di viaggio
diventa un impresentabile saggio filosofico. Eppure è nei viaggi e
davanti a magnifiche opere dell'ingegno umano, di cui l'Europa abbonda a
tutte le latitudini e longitudini, che riesco a trovare la possibilità
di meditare un po' su queste tematiche e togliere un po' di quella
patina di ruggine che la vita quotidiana di una
grande città come Roma mi impedisce di pensare e riflettere sul
trascendente. Sono sempre stato attento alla religiosità e irreligiosità degli altri e
disponibile a riflettere a domande del tipo "lei è religioso"? Risposte come "non
credo alle verità rivelate o il problema della fede è un problema di un Dio
onnipotente ed eterno che non si immischia troppo nelle faccende umane" non le ho mai considerate inutili. Accettare il
desiderio di maggiore spiritualità e rifiutare una vita totalmente
immersa nel relativismo o, peggio, quando è basata solo su fattori
economici e produttivi, è un obbligo e un passo importante da fare per
avvicinarsi al problema della trascendenza. Ma non divaghiamo e
ritorniamo a noi. |
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Venire a Vienna e conoscere meglio
arte, musica, letteratura, architettura e altro è un tassello
importante del grande mosaico della mia vita che, lo ricordo prevede
la visita di tutte le capitali dell'Unione Europea, e non
solo. Nella narrativa ci sono letture necessarie in entrambi i settori. In
questo periodo sto leggendo il libro di Alan Lightman, I sogni di
Einstein, Guanda Editore, 1993 che tratta aspetti fantastici
dovuti a sogni inquietanti che hanno come protagonista il tempo. E a
proposito di tempo adesso è pomeriggio e
dopo la visita al Do&Co, di proprietà di un signore turco, decido di continuare la visita.
Oltre alla
Kärtnerstraße
esiste un'altra strada pedonale nell'Innere Stadt. E' il
Graben, che significa "fossato", una via o meglio una piazza
rettangolare allungata, signorile e molto bella, altrettanto famosa quanto
la Kärtnerstraße
se non di più.
Il Graben è meno lungo della Kärtnerstraße
e si
snoda ortogonalmente a questa. Anzi, nell'intersezione tra
Stephansplatz e il
Graben
mi colpisce, per l'analogia romana, una specie di tronco di albero
facendomi ricordare che a Roma, sulla via Appia Nuova all'«Alberone»,
c'è una specie di albero antico che è una istituzione e che fu, nel tempo passato, un grande
albero ma che ormai è stato sostituito perchè nel frattempo era seccato.
In
realtà il Graben non è solo una via senza traffico
automobilistico. E' molto di più. Intanto è
una strada molto più larga della Kärtnerstraße
in un certo senso potrebbe essere chiamata piazza,
perchè è più un "largo" che una via, nella quale si trovano
negozi e caffè che la rendono bella alquanto, rendendo piacevole una
passeggiata. |
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E
poi ci sono due tesori fantastici che si fanno ammirare a metà della sua
lunghezza, alle mie spalle nella foto. Il primo è la
«Pestsäule», una
straordinaria colonna barocca che è stata eretta alla fine del Seicento
in ricordo della peste. E vicino a questa colonna c'è una statua
dedicata a San Leopoldo che mi ricorda la statua di Giordano Bruno a
Campo de' Fiori a Roma. In qualunque guida turistica di Vienna si
possono trovare interessanti considerazioni su questi tesori
dell'architettura viennese. Nella mia, a proposito del Graben, si
dice che Heimito von Doderer, un interessante scrittore austriaco del
Novecento, nel suo romanzo "La scalinata dello Strudelhof" dice:
«Passeggiavo per il Graben la bella strada di Wien dove le vetrine dei
più meravigliosi negozi si affacciano con il chiacchierio di mille cose
leggiadre. L'aria mi pareva soave e spumosa come saponata in fiocchi
[...] Il grande vessillo azzurro del cielo non proiettava calore
sull'asfalto; ma nastri dolcemente fluttuanti di mite tepore sfioravano
la fronte, le guance, le mani». Una vera e propria dichiarazione d'amore
per il Graben e per Wien . Non potrei definirla diversamente. |
Terzo
giorno Sabato 24 agosto.
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Oggi è una giornata importante perchè è in
calendario la vista del "luogo simbolo" di
Wien, cioè l'Hofburg, ovvero la splendida dimora che fu di
Francesco Giuseppe I e di sua moglie Elisabetta Amalia Eugenia
di Wittelsbach, chiamata col diminutivo Sissi. Diciamo la
verità, sono molti i turisti che vengono a Vienna soprattutto per vedere
questo gioiello di ricordi di quel magnifico periodo che fu la vita dell'ultimo dei
grandi Imperatori d'Asburgo. Prima però desidero proporre una
personalissima riflessione in merito a questo particolare evento e in
generale relativo all'intero diario di viaggio. In un report, relativo a
qualsiasi visita turistica e culturale in un paese straniero, non
è possibile raccontare tutto. E questo per due semplici ragioni. In
primo luogo per la banalità di alcuni momenti di vita vissuti. In
secondo luogo per la inopportunità di raccontare alcuni fatti con le
relative riflessioni. Rimane il fatto che ogni viaggio nell'arco di ogni
giornata di visita lascia spazi notevoli alla acquisizione di momenti
più o meno piacevoli e più o meno sgradevoli. E' imbarazzante, per
esempio, parlare di alcune incomprensioni linguistiche che generalmente
accadono ai viaggiatori poco avvezzi alla lingua del luogo. Pertanto il
resoconto che qui propongo della visita riflette il particolare momento
vissuto e viene qui proposto più per motivi personali che lascino
traccia della mia presenza nel tempo e nella memoria che per ragioni di
"letteratura di viaggio". L'Hofburg è l'ex palazzo di corte
dei regnanti che
riesce a calamitare tutti: visitatori interessati e occasionali, turisti
di ogni genere e specialisti, studiosi e operatori dei media di
tutto il mondo.
Questa residenza di corte calamita tutti perchè ha tutto. E'
appartamento reale, museo, biblioteca, chiesa, cappella, stile
architetturale e persino scuola di equitazione. Ci sono palazzi,
cortili, giardini e statue in bronzo a volontà. Che volete di più?
Trovatemi per favore un altro posto che è tutte queste cose qui
messe insieme, se ci riuscite. Dunque, l'intera mattinata è messa a
disposizione per questa visita "regale" e niente distrazioni. Ho percorso
più di mille chilometri per venire qui e vedere,
non più al cinematografo o in televisione, ma, direttamente, cos'è in verità questo
Hofburg e come è fatto. Tra l'altro oggi è una bella mattinata
d'estate che mi invita al piacere
della visita. L'Hofburg ha molte facciate e due entrate: quella
ufficiale dai giardini e quella secondaria da Michaerplatz, la
bella ed elegante piazza circolare "sul retro" (si fa per dire).
All'uscita dall'albergo dove alloggio vorrei prendere a Volkstheatre la
U-Bahn, linea 3, e dopo appena una sola fermata arrivare a Herrengass. Da qui
a piedi è agevolissimo
arrivare a Volksgarten in poco tempo. Avrei preferito
prendere i mezzi pubblici, anche per poche fermate come in questo caso,
per vedere e "toccare con mano" la loro funzionalità e la loro precisione.
Tuttavia la bella giornata e tutta una serie di considerazioni mi
inducono a venire direttamente a piedi dall'albergo. Le poche strade che
percorro, la vista degli edifici che incontro nella Burgasse,
Bellariastraße e Volksgarten mi inducono a pensieri che
spesso faccio quando mi trovo all'estero in una realtà differente da
quella italiana. Riguardano spesso il come è funzionale il vivere civile
qui all'estero e come si vive male in Italia. |
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Mi colpiscono i
grandi spazi esterni tra gli edifici. A Roma tutto è compresso,
ammucchiato, con pochi spazi a disposizione come se una maledizione
divina avesse imposto ai cittadini romani di vivere in poco spazio,
con vie strette e piene di auto parcheggiato dove non si potrebbe,
con i caseggiati a ridosso e la privacy inesistente. Da questo
punto di vista non credo che gli Asburgo abbiano fatto economia.
Rimane il fatto che la città permette un grado di vivibilità
straordinario. C'è un così profondo senso dell'ordine, un
autocontrollo civico della popolazione così sentito, una capacità
organizzativa e una forte avversione per la sporcizia che mi dispone
bene per tutta la giornata. Per me che vengo da Roma, città famosa
per avere tutte le caratteristiche di Wien "al contrario", mi sento come
derubato da un gioiello che gli altri posseggono e che io non posso
avere. Vienna al contrario della capitale italiana è da considerare
silenziosa,
organizzata, efficiente, dall'aria pulita, con una capacità di
coordinazione degli interventi che
va oltre il comune senso dell'ordine. Perchè qui si e da noi no? |
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Ma eccomi arrivato a destinazione. L'entrata
al Palazzo è agevole. Dominano il barocco e il neoclassico. Il complesso
è grande tuttavia la parte visitabile è concentrata e la visita è
efficacemente preordinata dalle autorità museali. Lascio ai manuali la descrizione dei dettagli culturali
della visita. Il mio interesse è concentrarmi nelle sensazioni che
provo non certo per fare concorrenza agli autori delle guide che ne
sanno molto più di me e hanno mezzi e strumenti più adeguati di quelli
improvvisati e banali dei miei. Vengo indirizzato lungo un percorso
predisposto per i turisti. |
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Salgo delle scale da
teatro dell'Opera e attraverso molti saloni e ampi disimpegni. In un lungo corridoio
vedo dalle finestre un grande cortile che viene chiamato In der Burg
nel quale al centro si trova il monumento all'Imperatore Francesco
I circondato da quattro statue, alle spalle del quale c'è un
orologio e una meridiana sotto il torrione tutti visibili nella foto
che ho scattato. In fondo nella stessa ala, chiamata se non erro
Löwelstraße, si trova il museo dedicato a Elisabetta. In
ogni caso dopo un po' sono indirizzato con altri visitatori verso
l'appartamento-museo in cui abitarono Francesco Giuseppe I e
sua moglie. In pratica sono visitabili lungo il percorso museale sia
la sala delle udienze di Francesco Giuseppe I (Audienzsaal e
Audienzimmer), la sala delle riunioni ministeriali in
cui Francesco Giuseppe presiedeva il Consiglio dei ministri (Konferenzzimmer)
che il Grosser Salon e il Kleiner Salon con tanti
ritratti. Colpisce vedere la scrivania e la sedia autentica di
Francesco Giuseppe su cui
si sedeva logora e consunta. Da questa postazione l'Imperatore
esercitava il suo ruolo di capo della nazione austriaca, leggendo e
firmando ogni giorno atti legislativi, nomine e comunicazioni di
ogni genere. |
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Particolare interessante è il dipinto "I Tre
Sovrani a cavallo" che raffigura il ritratto dei tre grandi del tempo:
lo Zar Alessandro I, l'Imperatore d'Austria Francesco I e il Re di
Prussia Federico Guglielmo III. Questi tre Sovrani del tempo sono
dipinti con una maestria veramente notevole. A seguire ci sono la sala da pranzo, la sala
e la stanza (due camere differenti) da letto dell'Imperatrice con
attiguo bagno e camera ginnica con gli attrezzi della ginnastica
(anelli, spalliera, etc.) in cui faceva, diremmo oggi con linguaggio
americano, fitness. |
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A
proposito di Elisabetta, il cui vero volto è quello della foto
a fianco scattata nel 1855 a 18 anni, sono stati detti e scritti mille e
più giudizi su di lei, tutti all'insegna del "culto" della sua
personalità. Tutti ricordiamo il famoso film La principessa Sissi
del 1955 diretto da Ernst Marischka con Romy Schneider
protagonista nei panni di Elisabetta-Sissi. Ecco cosa è
possibile leggere in qualche guida distratta nell'attribuzione di
date: «Alta,
slanciata, le sue movenze nobili e naturali hanno grazia regale e al
contempo animale. Sotto la massa dei capelli castano chiaro, la
piccola testa potrebbe appartenere a una dea greca se non fosse per
l'intensa vitalità che anima la perfezione dei suoi tratti, e che
scintilla nei suoi occhi teneri e selvatici, nel suo sguardo
magnetico, in cui passano tutte le sfumature della dolcezza e
dell'ironia e l'audacia del pudore, del sogno, della gaiezza e della
pietà». |
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La citazione è del
Conte di Saint Aulaire, Ambasciatore di Francia a Wien
presente nella «Guida Oro» del
TCI Touring Club Italiano,
stampata a Milano dallo stesso Editore nell'Aprile del 2002 pochi mesi
prima che io facessi la mia visita a Wien. Sulla guida,
a pag.178, c'è scritto che il Conte di Saint-Aulaire è stato
Ambasciatore di Francia a Wien dal 1882 al 1891, quando lo stesso è
morto nel 1854 a Paris. Sono informazioni un po' incoerenti. Ritorniamo
a noi. L'uscita dall'Hofburg avviene attraverso l'In der Burg,
passaggio situato
nell'ordinato e laterale cortile interno della residenza imperiale, la
cui uscita è nella splendida Michaelerplatz. Questa piazza è
quella nella quale si incontrano la
Herrengasse che oltre la piazza cambia nome in Josefsplatz e
ortogonalmente alle due che parte da Michaelertrakt si trova la
Kohlmarkt che va a finire nel
Graben. La piazza è veramente gradevole da osservare.
Decido così di sedermi all'aperto, sotto la tenda rossa, su una sedia a
un tavolo del Cafè Griensteidl. |
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Nella foto si vede la
facciata dell'Hofburg nella aristocratica
Michaelerplatz vista dal Cafè Griensteidl. Nel
centro della foto si vedono la neobarocca Michaelertor e
l'entrata secondaria all'Hofburg. Il Cafè è anche un
ristorante. Questo
Café è un punto di riferimento nel panorama storico della
città. Qui si può mangiare un ottimo cappuccino e cornetto che
è meglio però chiamare "caffè wiener melange und croissant". Il
Griensteidl Cafè, pensate è stato inaugurato a metà Ottocento da
Heinrich Griensteidl. In breve tempo divenne un luogo di
incontro per uomini di cultura. Qui trascorsero molte delle loro
giornate personalità come gli scrittori Hugo von Hofmannsthal
(autore di
Der Schwierige,
cioè l'Uomo difficile)
e Arthur Schnitzler (autore dell'artificio narrativo
conosciuto come "monologo interiore"), il musicista compositore
viennese Arnold Schoenberg, e anche politici come
Victor Adler e
Theodor Herzl. |
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A proposito di Arthur Schnitzler,
studioso dell'inconscio e doppione letterario di Freud, è interessante
ricordare un passo del suo libro "Vienna al crepuscolo" ambientato
proprio in questa piazza, nel quale dice:
«Suonavano
le nove al campanile della Michaelekirche quando George si fermò
davanti al caffè. A una finestra non schermata della tenda vide seduto
il critico Rapp, con una pila di giornali davanti. Di fronte a lui
gesticolava nel vuoto il poeta Gleisser, seduto nel fulgore di una falsa
eleganza. George che senza sentirli vedeva solo le labbra dei due
personaggi muoversi e i loro sguardi incrociarsi, faticava a capire come
potessero rimanere un quarto d'ora, l'uno davanti all'altro, in
quell'atmosfera di odio. Che aveva in comune lui con quelle persone? Lo
colse un una sorta di spavento, si voltò e decise di andare via da loro».
Il suo fu uno sguardo impietoso sull'animo umano che focalizzò una
società in cui, come scrisse Claudio Magris, "l'austriacità è arte della
fuga, amore della sosta nell'attesa di una patria che è sempre cercata,
presagita e mai conosciuta". Ritornando a noi e al locale in cui mi
trovo, che tra l'altro serve uno squisito caffè viennese alla panna, devo dire che
purtroppo questo Café non è l'originale, perchè alla
fine dell'Ottocento l'Imperatore Francesco Giuseppe I per riqualificare la
piazza fece demolire l'edificio che fu successivamente ricostruito, e il Cafè fu
inaugurato nuovamente appena una dozzina di anni fa. Dall'altro lato
della piazza c'è la Michaelerkirche, cioè la chiesa color bianco col
campanile appuntito dove l'Imperatore e consorte andavano a messa la
domenica. Le pietanze del ristorante non sono leggere.
Si trova gulasch viennese, salsicce sacher, uova strapazzate viennesi,
manzo bollito con verdure, salsa di radice di rafano e patate arrosto.
Non c'è che da scegliere. |
La visita alle sedi istituzionali non
termina qui con l'Hofburg, edificio del potere politico
dell'Imperatore Francesco Giuseppe I di antica memoria. Il
mio interesse si sposta adesso agli edifici del potere polittico e
amministrativo della città in una zona vicina all'Hofburg, nel
Ring, anzi nella parte di Ring chiamato Doktor Karl Renner
Ring dove si trovano, in un colpo solo, Parlamento, Municipio,
Università e Chiesa votiva. ma andiamo per ordine. Cominciamo dal
Parlamento austriaco. |
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Delimitato da
Schmerlingplatz, Reichsratsstraße, Rathausplatz e D.Karl Renner Ring
il bellissimo edificio del Österreichisches Parlament è
davvero imponente e nello stesso tempo equilibrato e armonioso. E'
stato costruito in stile architettonico greco e ciò me lo
rende familiare, di casa, come se l'avessi sempre vista. L'entrata,
cioè l'attico dell'edificio, è spettacolare. Ha sedici colonne in
doppia fila di otto, ha una fontana nella quale si trova la
statua alta cinque metri della dea della saggezza Pallade-Atena
costituisce a mio avviso una straordinaria e magnifica immagine di
perfezione. Ogni volta che visito una capitale europea e vedo la
sede del Parlamento sono sempre preso da emozione perchè il semplice
pensiero che in quel luogo si trova la sede del popolo e della
democrazia dell'intera nazione mi mette i brividi. |
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Pensare che in quelle aule si dibattono i
grandi temi della nazione e i problemi di tutti i cittadini e che si
prendono decisioni con il sistema democratico delle maggioranze,
rappresenta per me a tutti gli effetti uno dei più esaltanti momenti
della vita degli esseri umani. Dunque, nutro grande rispetto nei
confronti di tutti i
Parlamenti, simbolo di democrazia dell'intero continente europeo. Qui, poi, l'effetto è
ampliato perchè il nome della città è associato a grandi eventi storici
che si sono verificati a Wien e fanno capolino nella mia mente
ricordando quando ero un giovane studente che studiava storia nella scuola
media.
Ne ricordo solo due: Congresso di Vienna del 1814-1815 e Pace di Vienna
tra Italia e Austria nell'ottobre del 1866, Di fronte al Parlament
c'è il Volksgarten, bellissimo parco pubblico con il Tempio
di Teseo, piccola copia del Theseion di Atene. Provo a
visitare il Parlamento ma non mi è consentito entrare, probabilmente
perchè siamo in un periodo dell'anno di vacanze che non prevede visite. Un
centinaio di metri dopo l'edificio del Parlamento il Ring cambia
nome e si chiama Universitätsring e si trova il municipio, ovvero
Rathaus, con la sua spettacolare facciata e con una piazzetta
semicircolare di fronte al quale c'è il Rathauspark, il parco che
vede in estate una serie di manifestazioni teatrali e cinematografiche.
Quando arrivo qui davanti al Municipio trovo una piacevole atmosfera
familiare, di paese, che si produce per le numerose bancarelle che si trovano ai
bordi del viale che collega il piazzale con l'Universitätsring
e per la
atmosfera di cordialità che si respira.
Ci sono centinaia di sedie che serviranno a vedere, dopo il tramonto,
la proiezione di un film in programmazione e ci sono, soprattutto, una serie di piccole
tavole calde che sfornano invitanti piatti di tipica cucina austriaca. Il
profumo dei cibi serviti e gli odori tipici di questi piccoli chioschi
mi ricordano le feste di paese o addirittura i "festival dell'Unità" in
Italia. In verità
cambiano le pietanze e gli odori ma l'atmosfera è la stessa e la gente è
piacevolmente distesa. L'intera area è a disposizione di bambini e
famiglie che passeggiano nel parco vicino. Vedo un po' di gente che
va a spasso, e più trascorre il tempo e più aumenta il loro numero,
segno che
l'avvicinarsi della sera porta qui parecchie persone desiderose di aria
pulita, verde, tranquillità e grandi spazi. C'è anche qualche gruppo musicale
che suona e canta arie d'opera. La facciata del Rathaus domina
l'intera area sottostante e la slanciata Torre centrale è alta
circa cento metri. Dico tra me che questo non sembra per niente un Municipio.
Piuttosto, mi ricorda l'omologo Municipio Hôtel de Ville di
Bruxelles. Qui è tutto bello e piacevole.
Mi passa per la mente l'idea che se vivessi qui a Vienna verrei spesso
in questo piazzale a passeggiare la sera e a prendere il fresco in
estate come sto facendo adesso. Poi quando penso che avrei dovuto parlare la
difficilissima lingua tedesca e subito la mente mi riporta alla dura
realtà di un impossibile sogno. Altri cento metri più in là, oltre il
Rathaus, sulla sinistra e prima dello Schottentor, c'è l'Universität
di Wien. Non per niente il Ring si chiama qui Universitätsring.
Subito dopo l'edificio dell'Università si nota una bellissima chiesa. E' la
Votivkirche (Chiesa Votiva) perchè è dedicata al Divino Redentore. La chiesa
da lontano sembra troppo bella
per non farle una visita. E così mi avvicino ad essa con curiosità. E' ispirata alla Cattedrale di Colonia.
Anche perchè un sesto senso mi dice che all'interno deve proporre qualche cosa di interessante.
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La mia guida mi riferisce che la costruzione è nata come ringraziamento per
un attentato fallito all’imperatore Francesco Giuseppe I. Si tratta di un
edificio neogotico - nella foto alle mie spalle - finito di costruire nel 1879,
nello stesso anno in cui morì James Clerk Maxwell e nacque
Albert Einstein. Fu progettato dall'architetto Heinrich
von Ferstel e fu inaugurato in occasione delle nozze d'argento di
Francesco Giuseppe I. Ha due guglie alte e slanciate e all’interno
si trovano importanti opere d’arte. La piazza antistante, chiamata
Rooselveltplatz, invita ad entrarvi. Sorvolo su molti
aspetti bellissimi presenti all'interno della chiesa per concentrare la mia attenzione su un dettaglio
che mi colpisce. Si tratta di una lapide nella quale compaiono delle
parole italiane che mi fanno intuire che si possa trattare di una iscrizione in
memoria dei caduti austriaci nella 1a guerra mondiale, in alcune località al confine con
l'Italia. In particolare leggo:
«Valmorbia, Ortigara, Zugna Torta,
Meletta, Mantello, Tonale»
tutte località che furono teatro di scontri sanguinosi nel periodo
1915-18, con molti soldati caduti. Purtroppo. Il Tonale poi
lo conosco bene perchè ho abitato a poche decine di chilometri per
una decina di anni. Una stretta al cuore mi prende nel momento in
cui comprendo la tragedia avvenuta quasi un secolo fa e che accomuna
tutti i caduti delle guerre dei due paesi.
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Dopo i nomi nelle due
lingue delle località italiane l'iscrizione, tutta in rigoroso in
carattere maiuscolo, continua solo in lingua tedesca e dice: DIE LETZTEN
KAISERSCHÜTZEN AUS DEM
VÖLKERRINGEN 1914-1918 IHREN TOTEN
KAMERADEN DER KAISERSCHÜTZEN RGT.
NILI TRIENT. NR.II BOZEN NR.III INNICHEN
GETREU IHREM WAHLSPRUCH
SIEG ODER TOD IM ALPENROT
STARBEN 502 OFFIZIERE UND UBER 15.500 MANN
FÜR DAS VATERLAND. La traduzione afferma: «Gli ultimi
difensori del Kaiser degli scaglioni 1914-1918 ai loro Camerati dei
Reggimenti Trentino e Bolzano che, fedeli al giuramento di Vittoria
o morte sulle Alpi arrossate, sono caduti per la Patria in 502
ufficiali e 15.000 soldati». Tragico e angosciante. |
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In quel momento mi
viene in mente il "Bollettino della Vittoria" del 4 novembre 1918
del Capo di Stato maggiore dell'Esercito, Generale Armando Diaz, scritto sulla lapide commemorativa apposta a Roma nella Sala
Consiliare del Campidoglio, ma anche in tante altre città d'Italia
che ricorda lo stesso evento ma con spirito diverso. Dice l'ultimo
periodo: "I
resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo
risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso
con orgogliosa sicurezza".
Confesso di essermi commosso nel momento in cui ho accostato le due
scritte con due significati diversi allo stesso evento storico
legato alla conclusione della 1a guerra mondiale.
Probabilmente l'analogia è un po' forzata, ma la ritengo utile
perchè emerge in tutta la sua forza l'orrore della guerra che ha
segnato i destini delle due nazioni.
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Tante vite umane, soprattutto di giovani, distrutte nel conflitto.
Anni di letture di libri e materiali
storici legati alla "Grande Guerra" e al coraggio di tutti i
soldati, di qualunque parte essi siano stati, mi avevano indotto a
pensare che c'erano profonde e robuste ragioni per motivare la
vittoria dell'esercito italiano su quello austriaco nel 1915-18. Non
avevo mai immaginato di mettermi "dall'altra parte".
Nonostante le mie conoscenze di meccanica della relatività di
Galileo e di Einstein in tutta la mia vita non avevo mai pensato
all'eventualità di immaginare il conflitto mettendomi nei panni
dell'Austria piuttosto che dell'Italia. Solo adesso riesco a farlo e
provo un'inquietudine che mi fa comprendere per la prima volta che
durante una guerra non c'è solo il "nostro" esercito ma c'è anche
"l'altro" esercito, che merita dignità e onore. Qui, in questa
chiesa dalle guglie straordinariamente appuntite, in un pomeriggio
di fine estate viennese e davanti alle
parole che ricalcano il linguaggio del nazionalismo patriottico,
sento mie le parole lette in alcuni libri di rievocazione storica
della tragedia di quella guerra, ormai lontana nel tempo, che
parlano di solidarietà e di fratellanza. |
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Uno dei tanti libri italiani sulla
Grande Guerra è quello di Paolo Monelli Le scarpe al sole:
cronaca di gaie e di tristi avventure d'alpini di muli e di vino,
edito da Mondadori.
Un libro scritto subito dopo la fine della 1a guerra mondiale che
racconta la storia degli Alpini italiani in guerra, in cui esce fuori
l'universo della vita di alta montagna e della trincea nella
sua cruda realtà: l'orrore della prima linea e la nostalgia dei
propri cari. Altro libro interessante è Orme di guerra. lettere e
cartoline dal fronte (1912-1919), a cura di Laura delle Cave,
dove Mario Morelli, Capitano Medico del 178° Reparto
Someggiato, 23° Corpo d’Armata, e poi nel 16° Gruppo Alpini, invia
dal fronte lettere, cartoline e fotografie alla famiglia. Per non parlare anche di alcune lettere scritte dal fronte da
fanti sgrammaticati, tra i pochi non analfabeti, come per esempio
nelle "Lettere dal fronte del soldato Barberis Giletti Claudino" dal
titolo Carissima moglie. In una di queste dice: "“Ti
raccomando di stare tranquilla, di mangiare e bere stare allegra che
tutto passa”.
Anche la cinematografia ha contribuito a denunciare
l'assurdità e la violenza del conflitto e le condizioni di vita
miserevoli della gente e dei militari.
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Unico nel suo genere è il film di Mario Monicelli
La grande guerra,
interpretato da Alberto Sordi e Vittorio Gassman che è
considerato uno dei migliori film italiani sulla guerra e uno dei
capolavori della storia del cinema, nel quale si rimane colpiti dai
forti legami di amicizia che nacquero tra i fanti nonostante le
differenze di estrazione culturale e geografica. Lo dico con grande
sensibilità: mi piacerebbe poter leggere, in italiano, delle
analoghe lettere dal fronte dei militari austriaci per giustificare
una volta di più che la guerra non fa differenze e che la guerra è
comunque sempre da evitare. Esco dalla Votivkirche depresso,
col morale a pezzi. Le riflessioni effettuate davanti a quella
lapide mi hanno distrutto. Adesso, a parte la mia
simpatia per Vienna, rimane il fatto che mi sento profondamente
scosso dalla rievocazione di tutto quel mondo che regge la storia
fra i due paesi di quel periodo. E l'unica conclusione che mi viene
in mente in questo momento è che in questi casi è necessario
rispetto e dignità per tutti i soldati protagonisti delle
guerre. Ho bisogno di svagarmi un po' e di
pensare ad altro. Tra me e me penso alla possibilità di visitare
anche alcuni luoghi e monumenti relativi non più alla 1a ma alla 2a
guerra mondiale. Esempi? In primo luogo il Sowjetisches Ehrenmal,
cioè il Monumento alle truppe sovietiche che si trova in
Schwarzenbergplatz vicino alla stazione U-Bahn di Karlsplatz;
poi l'Holocaust Memorial, cioè il Monumento alle vittime
ebraiche austriache della Shoah che si trova in Judenplatz;
quindi il Mahnmal Gegen Krieg Und Faschismus,
cioè il Monumento contro la guerra e il fascismo che si trova in
AlbertinaPlatz; in più il Museo Ebraico e la Sinagoga; etc.. Non
se ne parla nemmeno. Non sono nelle condizioni psicologiche migliori
di vedere nulla di tutto
questo. Voglio solo andare via da lì. Decido pertanto di
percorrere il largo viale alberato Schottenring fino in fondo al
Donaukanal. Voglio vedere qualcosa di moderno, di gaio che mi
faccia cambiare umore e virare per note ottimistiche. Un buon caffè
con una fetta di torta viennese mi può agevolare in questo e lo
faccio nel primo Café che incontro. Ci sono molti edifici di proprietà di banche e
assicurazioni. L'edificio della Borsa (Börse) e tutti gli altri
dell'intero viale sono molto belli perchè mostrano, come al solito, una architettura
perfetta di linee geometriche straordinariamente armoniche e pulite.
Questa dello Schottenring è una bella passeggiata, un po'
lunghetta, per la verità, ma interessante, che mi permette tra l'altro di
vedere un altro pezzo della città lungo il canale Donau. In realtà
l'ultimo tratto è un lungofiume. A Roma lo chiamiamo "lungo Tevere". Per
analogia si dovrebbe chiamare "lungo Canale Donau". Invece
no. L'aspetto sorprendente è che il
nome "lungofiume" in tedesco si chiama Kai e quello
che sto percorrendo in questo momento è il Franz Josefs Kai. La
sorpresa è che trovo una forte coincidenza fra il nome
austriaco
«kai» con il nome
francese
«qais»
per i lungo Senna. Pensandoci
bene a Wien, nei secoli passati, quasi tutti parlavano bene il
francese e si potrebbe spiegare così l'assonanza dei due nomi per lo
stesso concetto. Il lungofiume è un pezzo di Ringstrasse e
conclude il viale ad anello costeggiando il Donaukanal. Il
mio obiettivo è arrivare in Schwedenplatz e qui prendere la
metro per ritornare in hotel. Prima però devo attraversare un'altra
piazza Morzinplatz che funge da terminal degli autobus
provenienti dall'aeroporto. In questa piazza si trova quella che fu
la sede della Gestapo durante gli anni bui della dittatura nazista. |
Quarto giorno Domenica 25 agosto. |
Oggi è il penultimo giorno di permanenza a
Wien. Domani si ritorna a Roma. Decido pertanto di visitare
un altro tesoro viennese che è il Belvedere (in tedesco
Schloss Belvedere), ovvero la seconda altra residenza privata degli
Asburgo, appartenuta prima al Principe Eugenio di Savoia e poi
acquistata dall'Imperatore. |
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Il complesso si trova nel quartiere Landstraße,
a sud del centro, e consiste di due costruzioni, le cui
facciate si trovano una di fronte all'altra, separate da giardini e
vasche d'acqua. All'interno del complesso ci sono dei musei d'arte
interessanti che conservano, tra le molte e differenti figure di spicco
dell'arte pittorica, quadri dei secessionisti come Klimt, Schiele,
Gerstl e Loos. Lo Schloss Belvedere si trova in Prinz-Eugen-Straße,27
(Belvedere Superiore) a fianco del Palais Schwarenberg e lo
si raggiunge facilmente prendendo a Stephanplatz la metro linea
U1 Kagran-Reumannplatz per Südtiroler Platz e da qui a piedi per dare uno sguardo a
quest'altra parte della città, oltre il Ring. Mi fa un certo
effetto vedere una piazza chiamata Piazza Südtirolo. Attenzione che la u
abbia la dieresi. In verità, in Italia non ne esiste nessuna,
neanche in Alto Adige regione dove si parla il tedesco come prima
lingua.
|
|
Ne esistono invece a Innsbruck, Salzburg, Graz, Schwaz,
Spittal, Lienz,
Jenbach,
Kuffstein, e chissà in quanti altri posti dell'Austria. Ne esiste
persino una, a Rosenheim, in Germania. Pertanto, la mia curiosità è
giustificata dalla rarità dell'evento. Intendiamoci, io sono molto
contento che l'Italia abbia nella sua Repubblica la bella Regione
dell'Alto Adige. Mi dispiace, altresì, che i sudtirolesi non abbiano un
loro Stato autonomo, dal nome evocativo di
Südtirol, che comprenda l'Alto Adige. In linea di
principio non sarei contrario neanche all'unione con
l'Austria. In effetti riconosco che la popolazione dell'Alto Adige è di
lingua tedesca da sempre e come tale non assimilabile a quella italiana.
E' perfettamente giustificato, dunque, l'anelito di riunificazione
altoatesino con il Tirolo. Purtroppo, sappiamo come sono andate le cose
alla fine della 2a guerra mondiale, in cui le potenze vincitrici hanno
deciso giustamente di punire l'Italia per le sue gravi colpe
dovute al fascismo di Mussolini e premiare la Yugoslavia assegnandole l'italianissima
Istria e contemporaneamente di penalizzare l'Austria non riconoscendole
il diritto di avere di nuovo con sè, come ai tempi di Francesco Giuseppe
I, il Südtirol. Vero è che lo Statuto
della Regione Autonoma Speciale permette all'Alto Adige di avere
una autonomia straordinaria e unica al mondo. Tra l'altro, con l'Unione
Europea oggi tutti questi aspetti nazionalistici non hanno più significato. L'importante è vivere in pace all'interno dell'UE e dare il
massimo di autonomia agli altoatesini. Ma ritorniamo a noi. I due
edifici di cui è costituito il Belvedere sono in verità messi di
fronte ma distanti fra di loro da un giardino eccezionalmente lungo e
straordinariamente perfetto. A rigore ci sarebbe anche l'altra
eccezionale residenza privata
che è
lo Schönbrunn, in Schönbrunner Schloßstraße,47. Si tratta
anche qui di un'altra residenza estiva dell'Imperatore, la più grande,
che è contemporaneamente tante cose messe insieme: imponenti serie di edifici ma anche
un parco e dei giardini. Purtroppo però come spesso accade nei miei
viaggi non posso vedere tutto e, dunque, sono costretto a fare delle
scelte. La ragione per cui ho deciso di visitare il Belvedere,
piuttosto che lo Schönbrunn, è che nel primo si trovano esposti
dipinti e opere dei secessionisti che a me interessano non poco.
Qui ci sono "belle cosine" da vedere. Intanto stiamo parlando del
Belvedere Superiore, e non di quello Inferiore, dove si
possono ammirare una completa raccolta di dipinti del viennese Gustav Klimt in
particolare i due famosi quadri "Il bacio" e "Giuditta". Ci sono anche
opere di Schiele e di Kokoschka oltre a capolavori
del Biedermeier viennese di cui non ne ho mai approfondito
l'esistenza. Ricordo a questo proposito che la Secessione, in tedesco
Sezessionstil, fu una associazione di 19 artisti tra i quali vi
erano pittori e architetti. Sul Bacio di Klimt naturalmente ognuno ha le sue
idee e le mie non coincidono con gli estimatori di quest'opera. Di baci
ce ne sono molti in giro. Oltre a quello di Klimt ci esistono quelli
di Hayez, di Piccasso, di Munch, di Giuda,
di Rodin con la sua scultura, le foto di Doisneau e di
Times Square, per non parlare del più recente e
celebre bacio (vero) fra
Leonid Breznev
ed
Erich Honecker
del 1979. Io preferisco
Il
Bacio
di
Heyes ma ognuno è libero di
scegliere quello che più gli interessa. La visita è piacevole ma impegnativa.
C'è da camminare un bel po'. Dopo due ore di straordinarie visioni di
sale e di opere secessioniste da una parte all'altra del complesso
decido di approfondire lo studio di questa importante corrente artistica
di fine Ottocento andando subito a vedere il Palazzo della
Wiener Secession,
ovvero la
Palazzina della Secessione. |
 |
Si trova in
Wienerstraße, a due passi da Karlplatz e vicino la Staatsoper.
Eccola alle mie spalle nella foto. Sede di quel movimento di Art
Noveau, in tedesco chiamato Jugendstil, propone opere
d'arte caratterizzate da linee ondulate e da un forte senso del
decorativismo. Lascio alle guide e ai manuali di Storia dell'Arte
gli approfondimenti. A me interessa qui osservare lo stile di questo
particolare movimento di cultura artistica che è pittorico ma anche
scultoreo, architettonico e di arti applicate. Alla fine degli
scalini sopra la porta d'entrata, c'è scritto il motto della
secessione: Der ٠ Zeit ٠ ihre ٠ Kunst ٠ der ٠ Kunst ٠ ihre ٠
Freiheit ٠, cioè "Al tempo la sua arte, all’arte la sua
libertà”. Dentro ci sono molti dipinti esposti. Mi piace
ricordare qui di Klimt uno dei pannelli raffiguranti i teatri
dell'antichità che decorano il Burgtheater di Vienna e
che è intitolato
«Il Teatro Antico di Taormina».
Questo dipinto immagina un teatro antico in marmo con colonne
marmoree che non esistono nella realtà. Lo dico perchè in gioventù
frequentavo spesso il Teatro greco di Taormina in quanto ho vissuto
lì vicino alle falde dell'Etna tutta intera la mia gioventù da studente. Il pannello ha
la forma di un'anfora e sullo sfondo fa vedere il golfo di Giardini
con un monumento che ricorda l'Altare della Patria di Roma.
All'interno fra i dipinti meravigliosi c'è una parte della sala
centrale nella quale si può vedere il film della vita di Gustav
Klimt. |
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Cosa dire di queste due visite
"secessioniste"? Alla base di tutto c'è un aspetto di sintesi che
caratterizza l'intero piacere di visita viennese: il desiderio di vedere
in originale e nella loro sede naturale tutto quel complesso di idee, di
sensazioni e di emozioni che solo questa città può dare più di tutte le
altre, per quanto riguarda il piacere storico del secolo d'oro viennese
dell'800. Una sola riflessione per tutte. Ciò che più mi colpisce della
visita alla bella capitale austriaca è la possibilità di confrontare
concretamente le foto presenti nella guida di come era Wien a
cavallo dei due secoli dell'Ottocento e del Novecento, e anche oltre,
con quelle di come è adesso dal punto di vista architettonico e
monumentale. Vedere strade, monumenti, palazzi e altro nelle foto di più
di un secolo fa e confrontarli con quelli di adesso fa vedere e "toccare
con mano" il cambiamento avvenuto dalla società nel tempo. Poter
confrontare oggi come erano il Graben, la Wiener Opernhaus,
nelle foto ingiallite dal tempo un secolo fa e come sono adesso
davanti a me, riconosciamolo fa una certa impressione. Un mondo che non
c'è più ma che c'è stato è la meravigliosa possibilità che si offre a
tutti coloro che visitano ciò che non avevano mai visto di presenza ma
immaginato in anni di letture appropriate di libri di narrativa,
letteratura, storia, politica, arte, musica, filosofia, scienza e
psicanalisi.
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A proposito di
psicanalisi, il programma di oggi prevede adesso di andare a vedere il Sigmund
Freud Museum ovvero la Casa museo di Sigmund Freud. Prima però a
pranzo. Il locale scelto è un ristorante vicino al Graben e il
menù è più viennese che non si può: cotoletta "alla viennese", ovvero
schnitzel autentica e doc con patate fritte. Non si può venire a
Wien e non mangiare questa autentica pietanza tante volte ricordata nei
ristoranti italiani. E subito dopo nel Cafè Sacher una fetta di "sachertorte"
per completare la viennesità del pasto completo. Manca solo di entrare
in una sala da ballo e ballare il valzer. Con lo stomaco pieno si va al
museo Freud che qui si chiama Casa museo. Anni di studi e
di letture di libri della collana Boringhieri, ma anche di altri
editori come Il Saggiatore etc., relativi alla scienza in
generale ma anche alla storia e all'epistemologia della scienza mi hanno
portato a imbattermi con una certa regolarità con Freud e la psicanalisi
ma anche con la psicologia. Basta sfogliare il catalogo della
"Universale scientifica Boringhieri" e fra centinaia di titoli di libri
di questa collana si trovano opere di Sigmund Freud ma anche di sua
figlia Anna, di Jung e altri. Titoli come Psicopatologia della vita
quotidiana, Psicanalisi infantile, Totem e tabù, Introduzione alla
psicoanalisi, La vita sessuale, L'interpretazione dei sogni, Il motto di
spirito, etc. sono alcuni di questi titoli che mi ponevano interesse
e curiosità verso questo settore della cultura. Su questa
minibibliografia freudiana avrei tante cose da dire. Mi limito solo ad
osservare che il possesso di libri della collana “Universale Scientifica
Boringhieri” era per me studente degli anni ’60, con pochi soldi in
tasca, uno dei miei più grandi desideri. E quando mi era possibile
acquistarne qualcuno, anche sacrificando un pasto della mia modesta
paghetta settimanale, lo facevo con grande piacere. D’altronde quella
era una delle rare possibilità che avevo di acquistare libri di valore
di alto livello culturale. E dopo averne acquistato uno non vedevo l’ora
che arrivasse la domenica, a scuola chiusa, per divorarne il contenuto.
Di buon’ora andavo nella piazzetta vicino alla pensione dove abitavo o
lungo “la passeggiata a mare” e, seduto su una panchina, leggevo
piacevolmente per ore. E adesso che mi trovo a
Wien non posso non fare una visita al padre della Psicanalisi e con
curiosità e spirito di avventura mi accingo ad andare a "toccare con mano" nella casa
museo le sue cose. Esco così alla fermata della linea U2 di
Schottentor per arrivare a Berggasse 19 dove si trova la casa
di Freud in un edificio al solito a quattro piani. Attenzione non
Burggasse ma Berggasse, nel 9° Bezirk. Tra l'altro, una parte
della Berggasse mostra una forte pendenza che mi colpisce perchè
non me l'aspettavo. Fu in questo edificio che a
cavallo dei due secoli, l'Ottocento e il Novecento, Sigmund Freud
esercitò la sua terapia psicoanalitica. Mi presento alla casa museo al
primo piano che visito con interesse. Lo studio è stato
ricostruito fedelmente con un lettino che però non è l'originale. Rimane il
fatto che la casa si presenta come una abitazione adeguata e spaziosa.
Al primo piano si ha la possibilità di vedere diversi documenti, foto,
cimeli (penna stilografica, lettere, etc.) e oggetti antichi che gli
sono appartenuti in vita e che lui catalogava con attenzione. Lo studio
in cui esercitava si presenta disadorno ed essenziale e su tutto domina una specie di
fredda ambientazione che lo rende estraneo a qualunque tentativo di
coinvolgimento. Almeno questa è la sensazione che provo durante la
visita. Freud ci abitò per cinquanta anni fino al momento in cui il
nazismo prese il potere e lui di origine ebrea dovette fuggire a Londra.
All'uscita del museo c'è una tavola calda e un pasto leggero è il minimo
che possa fare. La signora che gestisce il Café mi serve un thè e
uno strudel andato a male, dal gusto spiacevole. tento di farle capire
che avrebbe dovuto cambiarmelo ma non è facile comunicare il due lingue
differenti. E poi "non c'è peggior sordo di colui che non vuole
sentire". Non accetta la critica e da gran furbacchiona si fa pagare per
intero la consumazione.
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Altro "oggetto del desiderio", simbolo della
città, è il Prater, la parte moderna di Vienna, situata al di là
del Donaukanal e prima del Donau. Essendo oggi giornata
festiva, approfitto della possibilità di visitare una porzione del
famoso parco di divertimento viennese. Com'è noto il Prater contiene tra le tante cose un
luna-park, nel quale si erge la famosa ed enorme ruota di Vienna con
appese, a forma di casette, gli spazi per provare sensazioni fuori dal
normale ad altezze proibitive. Dunque, prendo la U-Bahn linea 1,
la più frequentata, da Stephanplatz per Kragan. Le
fermate sono appena tre: Schwedenplatz, Nestroyplatz e
Praterstern. Quindi il viaggio è breve. C'è folla nella vettura ed io devo subire la pressione
di alcuni passeggeri che mi spingono verso la parete della carrozza. Ho
in mano un sacchetto contenente la guida, alcuni depliant e una
bottiglietta di acqua minerale. Con l'altra mi sorreggo in alto alla
sbarra di sostegno ed ho il borsello davanti alla pancia. Due donne
dall'età e dall'abbigliamento poco elegante e un uomo con un vistoso
braccio ingessato mi comprimono, dandomi un po' di fastidio. Alla
fermata di Praterstern i tre velocemente escono dalla vettura e
alcuni istanti prima che il convoglio riparta mi accorgo con meraviglia
che la zip del mio borsello è aperta e manca il palmare.
Immediatamente capisco che l'allegra combriccola dei tre me lo ha
rubato. Riesco a scendere dalla vettura velocemente prima che le porte
si chiudano davanti a me e mi metto alla ricerca dei tre fuggitivi.
Purtroppo c'è molta confusione. La folla eccitata dalla vicinanza del
luogo di divertimento forma una specie di
barriera tra me e l'uscita mentre molte persone si muovono
disordinatamente davanti a me. Conclusione: non riesco a localizzare i
tre mariuoli. In pratica non ho più il palmare perchè sono stato
derubato. Risulta evidente che non ho mai letto il Manuale di come
difendersi da un artista della truffa. Anzi da tre artisti della
truffa perchè gli artisti sono tre: due donne e un uomo, quest'ultimo
finto ingessato. Ho sempre saputo che esistono dei professionisti del
furto con destrezza. Il fatto è che almeno in questa occasione non sono
stato in grado di sconfiggerli. La sensazione non è delle migliori e immediatamente cerco una
stazione di polizia per denunciare il furto. Ma le complicazioni sono
molte. Trovo un piccolo posto di polizia nella U-Bahn al quale mi rivolgo per
denunciare il furto. Fra difficoltà di comunicazione insormontabili
riesco a far capire a una giovane poliziotta che mi serve copia della
denuncia. Perdo più di un'ora di tempo per tutte le operazioni di
denuncia ed esco
dalla stazione per prendere una boccata d'aria. Fortunatamente avevo
inserito la password e dunque mi sento sicuro che chi mi ha rubato il
palmare non lo potrà utilizzare. Rimane il rischio, sebbene sia molto
improbabile, che venga ceduto a qualche hacker di turno. Ma sono
ottimista perchè si tratterebbe di operazioni di alta competenza
impossibili da conciliare con l'esigenza di trarre un vantaggio
immediato ai tre ladruncoli. E' ovvio che la visita al Prater
salta e mesto, con la coda fra le gambe, ritorno in albergo. La serata è
irrimediabilmente rovinata. Fortuna che domani rientro. |
Quinto giorno Lunedì 26 Agosto.
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Oggi è l'ultimo giorno di permanenza a Wien.
La partenza per Roma è prevista alle 18,25. Dunque, la mattinata è
ancora disponibile per qualche altra visita non ancora effettuata e per
l'acquisto di qualche souvenir caratteristico di Wien.
Il
programma di oggi prevede di
fare un'ultima
passeggiata nell'Innerstadt. Prima però, col tram n. 1, desidero vedere l'intero Ring comodamente seduto
su un mezzo pubblico e osservare
le strade e i palazzi col via vai della gente. Non sarà romantico come la
passeggiata con il Fiaker, che è la carrozzella viennese
consigliata dalle guide proprio per il Ring, ma sarà piacevole,
economico e
utile lo stesso. A un certo punto scendo dal tram e mi
appare un mondo completamente diverso da quello intravisto in precedenza. Ci sono
molte persone, mal vestite e sporche, che parlano tra loro. Sono gente dell'Est
europeo, forse russi, non lo so, che mi fanno l'effetto di barboni che vivono ai
margini della città anche se in zona centrale. Si tratta di una
geografia di lerciume che evidenzia in modo palese un universo di
miseria. Mi chiedo come sia
possibile che possano coesistere da un lato tanto lusso certificato
dalle vetrine dell'Innerstadt e poi vicino tanta povertà. Qui nel
Ring c'è il rischio di vedere gli estremi possibili e immaginabili, il
paradiso e l'inferno, la finezza e la rozzezza, la ricchezza e la
povertà. E si potrebbe andare oltre. Per certi aspetti mi ricorda il
romanzo di Albert Camus, La mort heureuse (La morte felice) nel quale
il protagonista Mersault dopo essere
arrivato in treno a Vienna dice: «Vienna è una città riposante: non
c'era niente da visitare. La Cattedrale di Santo Stefano, troppo
grande, lo annoiava. Preferì i caffè che le stavano di fronte e, per la
sera, una piccola sala da ballo vicino alle rive del canale. Durante la
giornata passeggiava lungo il Ring, nella profusione delle belle
vetrine e delle donne eleganti. Godeva un po' di quella scenografia
frivola e lussuosa che astrae l'uomo da se stesso nella città meno
naturale del mondo. Ma le donne erano belle, i fiori turgidi e splendidi
nei giardini e, sul Ring, al cader della sera, tra la folla
serena e brillante che vi circolava, Mersault contemplava in cima ai
monumenti l'impeto vano dei cavalli di pietra nella rossa sera. [...] Vi
scrivo da Vienna [...] Qui la bellezza ha fatto posto alla civiltà. E'
riposante. Non visito chiese o cose antiche. Passeggio sul Ring».
Questo passo mi ha colpito parecchio e accostato alla mia passeggiata sul
Ring "calza a pennello". Nei pochi periodi della prosa di
Camus si trova la sintesi della mia visita e l'essenza della vita nella
bella ed elegante capitale austriaca. Il ballo (cioè l'amore dei
viennesi per la musica e il valzer), i fiori (cioè l'amore degli
stessi per l'ordine e la bellezza dei giardini), la città meno
naturale del mondo (cioè l'amore per l'architettura dei
palazzi che non hanno avuto eguali), i monumenti (cioè l'amore dei viennesi
per la bellezza scultorea che orna qualunque monumento), etc. è
possibile tirare le somme e definire Vienna una città d'amore e d'arte. Ed è con
questo anelito di grande compiacimento per aver potuto gustare le
bellezze di questa straordinaria e unica città che concludo un viaggio che oso definire
indimenticabile. Heinrich Heine, a proposito di un suo
resoconto di viaggio in Italia, disse: "Su questa terra non c'è cosa più
noiosa della lettura di un racconto di viaggio in Italia, salvo forse
scrivere il racconto stesso". Sono d'accordo. Tuttavia devo anche
ricordare che tutti i miei diari di viaggio hanno anche un altro scopo
che è quello di essere letti per ricordare che si tratta di un omaggio,
anzi di quindici omaggi,
che io faccio alla straordinaria avventura dell'Unione Europea.
Se dovessi individuare un solo fatto prodotto dagli europei di alto
profilo valoriale, culturale e soprattutto politico ed economico che
merita di condensare in una sola parola la sintesi delle virtù direi
senza esitazione che la costruzione dell'Unione Europea è la più grande
conquista che gli europei abbiano mai fatto nei millenni di storia
passata. E per conoscere un po' chi sono questi straordinari uomini e
donne che abitano il continente europeo è necessario fare dei viaggi a
"casa loro" per conoscerli meglio nel senso di imparare dalle grandi
cose prodotte da tutti i popoli d'Europa. A questo proposito, il bravo
Stegan Zweig, scrittore austriaco, giornalista, drammaturgo e poeta
della Vienna a cavallo dei due secoli dell'Otto-Novecento, dice che
"l'essenziale dell'educazione morale si apprende meglio attraverso
l'occhio vigile e l'immediatezza viva del sentire" e, in estrema
sintesi, che "l'apporto culturale dei popoli europei, nonché il loro
aspetto positivo e creativo, lo si può capire meglio in modo immediato,
personale, de visu", se lo si verifica in loco, con i viaggi,
sebbene i soli viaggi non bastano. Scrivendo questo report di
visita mi propongo anche l'obiettivo non secondario di permettermi in
futuro la possibilità di poter attingere dalla memoria ricordi
estremamente piacevoli che sicuramente non dimenticherò mai. Ritorno a
Roma consapevole più che mai della bontà del mio progetto di "vedere e
toccare con mano" la realtà di questo grande sogno che è l'Unione
Europea. Arrivederci e al prossimo viaggio a Madrid.
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