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Praga
(22 Agosto - 26 Agosto 2005) |
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Il mio undicesimo viaggio nelle capitali dell'UE: Praha.
Il mio
undicesimo viaggio
nelle capitali dell'Unione Europea riguarda questa volta
la
magica e stupefacente
Praga Caput Regni, antico nome
medievale della capitale ceca. Oggi si chiama semplicemente
Praha (in italiano Praga), capitale (hlavním městě) della
České Republika, cioè
della Repubblica
Ceca.
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"Carneade!
Chi era costui?" Fu quasi la stessa domanda che mi posi da
studente quando incontrai per la prima volta il nome di Jan Hus.
Parodiando Don Abbondio mi permetto di dare la risposta
alla domanda, alla sua
maniera : “Jan Hus! questo nome mi par bene d'averlo letto o
sentito”. Fu così che introdussi dentro la mia mente il nome di
questo professore di teologia dell’Università di Praga che venne
bruciato al rogo per le sue idee che anticiparono le tesi della
Riforma protestante. Non ho mai dimenticato nè lo strano nome Hus
e il relativo aggettivo hussita, nè
la città di Praga che, stranamente, in lingua ceca si scrive Praha. Lo stesso nome l’ho incontrato più volte nel
corso della mia vita per ragioni sia di coscienza (non si può
dimenticare mai nella vita quando si viene a conoscenza del
fatto che un uomo viene bruciato al rogo per le sue idee), sia
di religione (ovviamente), sia di scienza. Lo cito qui perché
personalmente mi riconosco un debito di riconoscenza per
quest’uomo, boemo di nascita e praghese di vita. Oltre a Hus,
quando penso a Praga e alla sua storia tardo medievale mi viene
in mente che molti fatti della storia e della cultura praghese
si ripetono a coppia, col numero «2» per caratterizzare la città vltavina. Due
sono stati i grandi e potenti uomini di cultura che hanno
profondamente giovato alla costruzione dell’immagine di Praga
nel mondo: Carlo IV e Rodolfo II.
Due sono state
le “defenestrazioni” di emissari cattolici a Praga.
Due sono i Mĕsto, ovvero le piazze storiche, di Praga: Staré e
Nové. Due sono i paesi che costituivano l’ex nazione
Cecoslovacchia: la Repubblica Ceca e quella Slovacca.
Due sono gli angeli che affiancano S. Venceslao nella statua
trecentesca presente nella cattedrale praghese di S. Vito.
Due furono i fratelli che diedero lustro alla città: Boleslao
e Venceslao. Due sono le vecchie zone di influenza politica del paese:
Boemia e Moravia. Due sono gli elementi letterari che
definiscono Praga senza eccezioni: Kafka e Praga
(per Angelo Maria Ripellino "carne ed unghia").
Due
sono gli assistenti dell'agrimensore nel Castello e due
sono i guitti in rendigote che nel Processo accompagnano
Josef K. al supplizio. Due sono i punti in cui Kafka
avrebbe voluto appiccare il fuoco a Praga per liberarsi della
città una volta per tutte: a Vyšehrad e a Hdradschin.
Due furono gli oppositori politici del
regime comunista che negli anni '50 si opposero alla politica
stalinista: Rudolf Slánský
e Vladimir Clementis.
E l'elenco può continuare. Quello che, a mio
giudizio, deve essere chiaro è che anche qui questa città
è definita da due aggettivi superlativi assoluti, che da soli la
valorizzano come pochi: è bellissima per giudizio
universalmente condiviso e amatissima da chiunque vi
abbia messo piede. Le ragioni le vedremo successivamente nel
corso del mio diario di viaggio.
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Premessa.
Iniziamo subito a dire che
la Repubblica
Ceca è la terra di Comenio e
del compositore Antonín Dvořák. E' il luogo dove
nacquero gli scrittori Franz Kafka, Jaroslav Hašek e
Milan Kundera. È la città in cui operarono in politica
Alexander Dubček, Jan Masary, Jiři Pelikan e
Václav Havel. |
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Nello sport sono cechi il famoso maratoneta Emil
Zátopek e la
grande ginnasta Věra Čáslavská, mentre nel cinema il
regista Miloš Forman. Il pittore art nouveau Alfonse
Muchy e il genetista Gregor Johann Mendel lo sono
altrettanto. Nella narrativa Franz Kafka, Rainer Maria Rilke, Jaroslav
Hašek, Vladimir Holan. In questa cornice, il mio
interessante ed emozionante viaggio a Praga, l'undicesimo
nell'UE, è stato per me un viaggio denso di emozioni e di
piacevoli immagini. Ricordo, a puro
titolo storico, che nel XIV secolo Praga fu la terza città più grande
d'Europa, dopo Roma e Costantinopoli. Sto parlando, pertanto, di una
città che ha nel suo passato dei precedenti di straordinario valore storico e
di grande interesse artistico-letterario, nonché di
considerevole valenza culturale che meriterebbero una più
adeguata e attenta riflessione di quanto potrò proporre io, qui di
seguito, in questo breve e
per alcuni aspetti inadeguato resoconto di
viaggio. In ogni caso, c'è una locuzione latina che mi viene in
mente di proporla qui in modo differente e ironico allo stesso
tempo. |
E' quella
relativa all'errare humanum est, che io integrerei in questo modo:
«commettere
errori è umano, ma tentare è angelico».
Così, dopo Budapest e Varsavia, capitali di altri due paesi ex
comunisti appartenuti al roccioso "Patto di Varsavia" che ho
visitato ultimamente, affronto adesso il diario di viaggio
relativo alla mia visita alla splendida città del famoso
Castello praghese di Franz Kafka. Non so se sarò angelico ma so
che questa città merita una conoscenza approfondita dei fatti e
delle idee che la interessano per l'enorme serbatoio di cultura
di tutti i tipi che essa possiede. A me il compito di cercare di
coglierne l'atmosfera e alcuni aspetti della sua storia
in relazione al "mio viaggio" e alle piacevoli
sensazioni che ho provato nel visitarla. |
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Per riuscirci ho
deciso di rileggere una seconda volta lo stupendo saggio-romanzo della Einaudi dal felice nome
Praga magica dello scrittore siciliano, poeta, saggista, studioso
e professore universitario di letteratura russa e ceca Angelo Maria Ripellino.
Intendiamoci, Ripellino ha scritto anche altri libri su Praga
oltre questo del 1973, definito da alcuni un "libro-spettacolo",
mentre da altri "un viavai inesauribile di storie, leggende e
personaggi", che esplicito qui nelle sue coordinate
bibliografiche complete e consiglio vivamente di leggere a chi
fosse interessato a visitare la città del fiume
Vltava: Angelo
Maria Ripellino, Praga magica, Torino, Einaudi, 1991. Due
libri, oltre quello prima citato, mi vengono in mente quando penso a
Praga. Il primo è Arcimboldo
e il re malinconico. Il secondo è Cronache praghesi.
Poi ci sono delle raccolte di poesie, tra le quali ricordo
Notizie dal diluvio e La Fortezza d'Alvernia
che si occupano della città del Karlův Most (Ponte Carlo). Lo scopo
dichiarato è quello di possedere in mente, ancor prima di effettuare il viaggio, una
sicura fonte di conoscenze letterarie significative e un riferimento
certo di valore storico in grado di guidarmi adeguatamente nella visita. Non solo non mi pento di questa
scelta ma ne sono orgoglioso e rivendico il metodo, che utilizzerò di
nuovo quando affronterò il viaggio a Dublino col libro Ulysses
di James Joyce, uno dei romanzi letterariamente più importanti
della letteratura europea del '900. Proporre un resoconto di
viaggio non è fare una elencazione acritica di essere stato
qui e là, di avere visto questo e quell'altro e di avere
mangiato questa e quell'altra pietanza. E' molto di
più. |
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Non sono sicuro di riuscirvi. Almeno
tenterò. Per me significa fare delle
riflessioni, anche molto personali, che hanno a che fare col mio
vissuto, con la mia vita, quella passata ma anche quella che deve ancora
venire. Parlare di Praga dopo aver letto il sorprendente libro di Ripellino
è al tempo stesso una faccenda maledettamente delicata e difficile
perchè questo libro è insuperabile. Le librerie sono inondate da guide e
libri sulla bella capitale ceca. Si rischia quasi certamente la
banalizzazione. Cito solo un elemento, forse secondario, che può far
comprendere meglio, a mio giudizio, come stanno le cose. La città
vltavina viene definita con molti aggettivi
qualificativi che non hanno eguali al mondo. La stessa Roma che è
capitale di due Stati nazionali differenti è "città eterna" e "crocevia
della cristianità". Qualcun altro aggiunge che è anche "capoccia" ma non
altera per nulla il discorso. Anzi. Semmai lo svilisce. Con due
"richiami" su Roma è stato detto
quasi tutto. Su Praga no. Non è possibile sintetizzare tanto. Praga è
sfuggente, è inquietante, è fantasmagorica, è
affascinante, è molteplice come il gioco delle matrioske. E'
contraddittoria ma anche assurda e finanche trattenitrice di "atmosfere
sospese". Giuro che Praga è definita così da Italo Calvino nel libro
Città Invisibili. Per l'esattezza ecco il passo: "Sempre come un
Giano bifronte, quartieri come Malà Strana trattengono atmosfere
sospese da città dei morti, dove il presente è sepolto sotto un cumulo
di antichi segni". Bellissima immagine ma anche bellissimo libro quello
di Calvino. Senz'altro da leggere. E si potrebbe continuare. Non
parliamo poi della sua storia, della politica che l'ha vista diventare
in un certo periodo del passato "capitale culturale" dell'intera Europa.
Si, proprio così: Praga è stata capitale della cultura in moltissimi
campi. Si va dalla vita religiosa all'arte, dall'architettura alla
pittura, dalla scienza alle lettere, dalla cultura umanistica alla
musica, dal teatro a tanti altri aspetti che l'hanno resa
contemporaneamente unica e molteplice, celebre e dimenticata, piccola intorno al ponte ma
grande nella cultura. Che dire dunque di una città che nei secoli
passati ebbe una università e uno sviluppo culturale da fare invidia
alle più grandi città d'Europa come Parigi e Londra? Consapevole di questi illustri trascorsi
e dei titoli che vanta mi sono messo a tracciare un percorso di viaggio
in grado di far emergere alcuni di questi tratti da vedere e "toccare" con
mano. Ecco un breve elenco di ciò che voglio vedere. Piazza della città
Vecchia - il Castello - la Cattedrale di S. Vito - il Karlův most -
piazza Venceslao - Malá Strana - il Cimitero ebraico e le Sinagoghe
del quartiere ebraico - le Torri - la Chiesa di S. Nicola. Non mi interessano invece nè le discoteche, nè la vita
notturna. Li lascio a chi ha interessi completamente diversi dai miei.
Se proprio vogliamo dire per intero la verità posso affermare fin da ora che sono
interessato anche alla gastronomia ceca e ad assaggiare alcune delle più
importanti birre locali, ma nulla di più. D'altronde siamo in estate e col caldo ci si
disseta bene con le buone birre di questa giovane nazione alla quale
faccio molti auguri per essere entrata, finalmente e a pieno diritto, nell'Unione Europea. |
Il viaggio a Praga nella Repubblica Ceca è
un viaggio che ha a che vedere non solo col piacere di viaggiare e
conoscere ma anche, se non soprattutto, con la mia vita
di cittadino europeo che ha sempre creduto nel valore di un'Europa Unita e con i libri più di quanto
non si immagini. Sant'Agostino, a questo
proposito, ebbe a dire che “il mondo è un libro e chi non viaggia ne
conosce solo una pagina". Se poi vogliamo dirla tutta, capita a
proposito l'aforisma - guarda caso di Franz Kafka, praghese doc - che recita testualmente così: "i sentieri si costruiscono
viaggiando". Ed io, nel mio piccolo, voglio costruire un sentiero per
permettere a me e anche ad altri di percorrerlo per attraversare il
terreno sconfinato che è l'Europa piena di tanti tesori e di mille
testimonianze. Attraversare un campo seguendo un
percorso già effettuato è sempre una cosa buona e giusta. Qui, fuor di
metafora, il campo è Praga, la nostra Praga, città tanto amata e
desiderata di essere vista e conosciuta per intero nelle sue bellezze
come nelle sue stonature e le sue disarmonie che fanno parte integrante
dell'esperienza del mondo che ci circonda. Mi permetto qui di introdurre soltanto un aspetto che riguarda le
bellezze di una città come Praga che è riuscita a superare persino
mezzo secolo di dittatura comunista e alla fine rimanerne indenne in
tutto il suo splendore architettonico di vie, piazze, edifici,
chiese, «palazzi
e castelli».
Non si può dimenticare poi uno degli aspetti fondanti della vita
della città che, com'era prevedibile, riguarda il binomio Praga-Kafka.
Avremo modo di soffermarci in seguito su questa magnifica accoppiata. |
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Per adesso mi interessa introdurre il viaggio
sotto la duplice veste che riguarda le bellezze dell'architettura della città e
la straordinaria atmosfera che si può respirare per le sue strade in relazione a quanto ne hanno
parlato scrittori e poeti. Per parte mia aggiungerò anche aspetti
"meno culturali" e più grossolani, che comunque non guastano in un
viaggio che si presenta all'insegna di tante meraviglie: cucina e
ristorazione. Carla Pagani nel suo recente libro dell'anno scorso,
dal titolo Manuale del carnivoro, ricorda un antico proverbio
cinese che recita testualmente: "Mangiare è uno dei quattro scopi
della vita ... Quali siano gli altri tre, nessuno lo ha mai saputo".
Ad intenditor poche parole. Una visita a una città così importante non può non interessarsi
anche degli aspetti culinari. Bertolt Brecht soleva dire che "prima
viene il cibo e poi la morale". Ora, senza arrivare a questi
eccessi, peraltro solo provocatori, diciamo che il cibo in questi
viaggi aiuta a "sopportare" meglio la seriosità delle cose di cui
parleremo. |
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Introduzione.
Se la città di Roma è intesa frequentemente
con l'espressione latina Caput Mundi, che significa capitale del
mondo Praga, a giusta ragione, fin dal medioevo è chiamata con
l'attributo Caput Rei publicae cioè Caput Regni. Il
significato è chiaro: la meta ha molte risorse culturalmente valide e
vale la pena gioire per un viaggio che posso immaginare piacevole. Praga è una città splendida, attraversata
dal fiume Vltava, in italiano Moldava. La città vltavina viene definita da
Claudio Magris nel suo bel libro L'infinito viaggiare (nel
capitolo "Il paese senza nome" a pag. 157) come «una meravigliosa città
slavo-tedesco-ebraica irriducibile a ogni definizione univoca, la cui
letteratura, piena di incanti e di spettri, ha evocato soprattutto i
vuoti e le ombre della vita, la nostalgia per tutto ciò che a essa manca».
La bella definizione della città è ulteriormente arricchita
dall'osservazione che "lo sguardo è catturato di continuo, con una
seduzione imperiosa, dai particolari, soprattutto dai tetti e dagli
abbaini, dai coppi che si trasformano in ornamenti fantastici[...]". Se
l'osservazione di Magris non è fiabesca poco ci manca. In effetti i
manuali di viaggio accennano a questo mondo magico che caratterizza la
sua architettura e uno degli obiettivi del viaggio è proprio quello di
tentare di poter rubare nelle strade alcune di queste visioni che
abbondano nella letteratura che la riguarda. La città ha un centro
storico compatto e abbastanza
semplice. E' formata da 22 distretti amministrativi. I più interessanti
sono i primi sette che sono i più
rappresentativi perchè gravitano nel centro. Eccone alcuni: Staré Mesto (città vecchia), Josefov (ex
città
ebraica che oggi si trova tutta all'interno della città vecchia),
Nové Mesto (città nuova), Malá Strana (parte piccola),
Hradcany con il suo Pražský hrad (Castello di Praga) e la
Katedrála sveta Vita e, per ultimo, il quartiere di Vysehrad.
Lo dico subito senza equivoci che tutto il tempo che starò a Praga lo
dedicherò esclusivamente a questi quartieri dove, tra l'altro, si
trovano concentrati quasi tutti i monumenti storici, i musei e le
gallerie d'arte principali. Non ho alcuna intenzione di sottrarre del
tempo prezioso per visitare i dintorni di Praga o, peggio, assentarmi
un'intera giornata per andare in qualche altra città ceca. Non
dimentichiamo che il mio progetto di visita è centrato solo su visite
alle capitali degli Stati, altrimenti sarebbe ingestibile e costoso. Il
fiume Vltava divide grosso modo a metà la città, in una Praha
ovest e una Praha est. A ovest del fiume (Praha 5-6-7) c'è il
Castello, la cattedrale e Malá Strana mentre a est (Praha
1-4) si trova il centro storico con tutto il ben di Dio di tesori
dell'arte e della cultura che in esso gravitano. Il centro storico ha
come riferimento la Piazza vecchia e la piacevole Václavské námĕsti,
cioè piazza Venceslao, la famosa piazza luogo di memoria
nella quale nel 1968 si diede fuoco lo studente universitario
Jan Palach per protestare contro l'invasione militare e
l'oppressione comunista dell'allora URSS. Ma di questo avremo modo di
parlarne in seguito. |
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La mia visita
alla bella Praga vuole essere il tentativo di diventare per alcuni
giorni un testimone diretto dei luoghi della città che, da molti e in
modo trasversale, è definita una città stupefacente, strapiena di
un'architettura meravigliosa. Ma la ragione più profonda riguarda il mio
interesse per i fatti storici e culturali che hanno visto protagonista
la città di Praga, perchè è mia intenzione capire come in
realtà stiano veramente le cose dopo aver letto il libro Praga magica.
Sicuramente dovrà essere una città a misura d'uomo, con strade
caratteristiche e un'architettura magnifica, piena di fascino, di arte e
teatro, di lettere e musica, con musei e cucina boema che lasceranno il
segno. Le notizie storiche di Praga sono molto interessanti e
costituiscono un elemento particolarmente attraente di intreccio
storico, politico e artistico con tanti eventi e vicende della
cultura d'Europa. |
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Questo è tra l'altro
uno dei motivi che spiegano bene il perchè questa città è
apprezzata da molti visitatori. Intanto mi permetto di
sottolineare che accanto alle molte figure di rilievo della
cultura ceca ci sono anche molti accadimenti storici che
meritano altrettanta attenzione. Tre di questi mi hanno
colpito. Innanzitutto i Premyslidi,
di cui due loro discendenti sono diventati famosi per motivi
diversi ma attinenti allo stesso fatto. Si tratta dei due
fratelli Venceslao e Boleslao. Ebbene il primo, com'è
noto, fu assassinato per ordine del secondo, il quale
conseguentemente si impossessò
del potere. Ma come succede spesso in questi casi Venceslao
(l'ucciso) divenne il Santo patrono dei
cechi, venerato con devozione, mentre (l'uccisore) Boleslao dopo la sua
morte fu dimenticato. Praga dedicò al Santo una grande piazza, intitolata a suo nome e famosa
recentemente per il rogo del giovane
studente Jan Palach. La storia di Venceslao
è stata replicata prima altre volte nella storia dell'umanità.
Si parte dai due fratelli Caino e Abele all'inizio della vita
umana, nel Paradiso, e si arriva addirittura nella mia città, a
Roma, con Romolo e Remo. In un certo senso la similitudine
delle loro storie costituiscono quasi un paradigma universale, in cui un fratello
uccide l'altro per motivi di sete di potere. Mi vengono in mente altre
analogie fra le due città di Praga e Roma, alcune delle quali
possono effettivamente essere accostate per qualcosa che li
accomuna. Sia Praga sia Roma giacciono su sette colli e sono
attraversati da un fiume, la Vltava e il Tevere.
La più grande piazza di Praga è Piazza Venceslao (Václavské
námĕsti) che è una specie di piazzale rettangolare
molto lungo per l'appunto come lo è Piazza Navona a Roma che almeno
geometricamente le assomiglia. A Praga poi nel fiume e sotto
il ponte, chiamato Most Legiì, c'è un'isoletta (vicino
a Kampa) che rassomiglia molto all'Isola Tiberina
a Roma. Entrambe le città hanno ulteriormente un quartiere
ebraico di vecchissima data e comunque tra i primi quartieri a
essere stati destinati interamente alla comunità ebraica. A
Praga si chiama Josefov mentre a Roma si chiama
Ghetto di Porta d'Ottavia, alle spalle della Sinagoga.
E le similitudini potrebbero continuare come prova di elementi
comuni. Sia chiaro che non intendo qui proporre forzature
perchè in realtà tra le due città esistono altre analogie
molto più marcate sul piano artistico che li accomuna molto di
più dalle altre elencate sopra ma anche molte differenze. Una delle
analogie forti è l'incredibile
somiglianza del barocco religioso delle chiese cattoliche
delle due città. Certo nessuno
pretende di vedere un Colosseo a Praga come nessuno ha
la pretesa di dire che la Vltava e il Tevere
sono due fiumi uguali perchè magari si dimentica della differente portata d'acqua
tra i due. Il Tevere a paragone
della Vltava è più un fiumiciattolo che un fiume vero e
proprio. Riprenderemo questa
chiacchierata nel corso del diario. Stavamo parlando prima dei
Premyslidi. Dopo di loro
ricordiamo il grande Carlo IV,
Imperatore del
Sacro Romano Impero, uomo saggio e colto che nominò rettore
della prima università di Praga proprio Jan Hus riformatore ed eretico, nonché
primo condannato in assoluto al rogo da parte della chiesa cattolica.
Mi ricordo che a scuola quando l'insegnante parlava del
periodo storico relativo al XV secolo in Europa centrale, il
nome Hus e il suo aggettivo hussita mi colpirono
per l'alone di mistero che circondava questi fatti storici. Non
credo proprio che se si va in qualunque mercato di Roma e si
chiede al primo avventore chi fu Jan Hus e cosa
significa essere hussita si otterrà una risposta sicura
e corretta. Certo dopo alcuni decenni dalla fine della mia gioventù,
venire a Praga e vedere con i miei occhi la statua di Jan
Hus a Staromĕstské námĕsti, nella
Piazza Vecchia, fa impressione. A
seguire, c'è l'altro straordinario periodo d'oro di Rodolfo II,
imperatore della casa degli Asburgo, amante delle arti e delle
scienze. Diffuse a Praga lo spirito del Rinascimento.
Poi la città decadde per alterne vicende e non si risollevò
più se non quando all'inizio del '900 riconquistò la sua
autonomia come Stato per perderla di nuovo con la fine della
seconda guerra mondiale. Ma procediamo con ordine e ritorniamo a parlare di Praga come
meta del mio viaggio. Mi sento di poter dire che si può parlare,
nel tempo di un millennio circa, di una Praga dai tanti volti. C'è la Praga
dell'epoca d'oro, la Praga hussita, la Praga rinascimentale,
la Praga barocca, la Praga risorgimentale, la Praga dell'indipendenza, la Praga dell'invasione sovietica del 1968 e
la Praga della "rivoluzione di velluto" del 1993 quando si
separò dalla Slovacchia. Insomma,
la storia di questa città non finisce mai di stupire e di colpire
l'attenzione per la molteplicità e la poliedricità delle
sue facce. C'è una Praga che alcune volte si trasforma in
decine di Praghe, uguali e al tempo stesso
differenti; c'è una Praga spettrale e una luminosa; una
incantevole ma anche lugubre, una cattolica e un'altra ebraica. Insomma, i contrari qui spesso
dominano. Tante Praghe ma in fondo in fondo una sola città, una sola
capitale, un unicum di cultura di cui nessun europeo
può farne a meno di conoscerne i tesori. Certo queste Praghe
sarebbe bello poterle "vedere e sentire" tutte. Prevedo
purtroppo che sarà terribilmente difficile vederne solo
anche due a causa della brevità del mio soggiorno. Accanto alle tante
Praghe
ci sono anche le tante località dell'unica Praga che
costituiscono, lo si voglia o meno, lo scopo della mia visita,
una sintesi della quale potrebbe essere quella di dire che
sono venuto qui a visitare la città del Castello di Franz
Kafka. Sono sempre stato un ammiratore del grande scrittore
praghese e di tutti i tesori presenti in questa splendida
città che costituiranno la traccia delle mie giornate
praghesi. Per le implicazioni che i tesori di Praga esercitano su di me questi tesori bastano e avanzano per mettermi addosso una eccitazione a stento
dominata in una mattinata romana di agosto, stranamente fresca
e piovosa quando mi metto in viaggio per il nord boemo. Ma è tempo di iniziare il diario di viaggio
partendo dall'inizio, cioè da casa mia, a Roma, il 22 agosto del
2005 sotto un cielo nuvoloso che minaccia pioggia di mattina
presto. |
Primo giorno
Lunedì 22 Agosto. Parto
nella prima mattinata da Roma alle 5.50 con il bus per la stazione ferroviaria di Roma Ostiense dalla
quale, con il trenino che transita al binario 12 della
stazione ferroviaria, arrivo
all'aeroporto di Roma Fiumicino in orario. La
partenza per Praga è oggi, 22 agosto 2005 alle ore
8.50 con il volo Alitalia AZ 7512 e arrivo previsto a
Praga Ruzynĕ (PRG) alle
10.45 . Il
biglietto aereo, pomposamente chiamato "titolo di viaggio", l'ho acquistato due mesi fa, in giugno, all'agenzia
Sfogliaviaggi di Roma. Il ritorno avverrà
quattro giorni dopo, il 26 agosto,
da Praga
Ruzynĕ (PRG) per
Roma Fiumicino (FCO) con partenza alle 15.15 e arrivo previsto a
Roma FCO alle 17.10. Devo dire che
questa partenza mi emoziona un po'. Nonostante io abbia
già visitato ben nove capitali del mio progetto di viaggi
in tutte le capitali dell'Unione Europea (Roma,
Amsterdam, Londra, Parigi, Madrid, Lisbona, Vienna, Budapest e
Varsavia) questo decimo viaggio mi riporta alle emozioni delle
prime volte che sono partito per la visita alle prime capitali
europee. |
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Sono convinto che
vedrò sicuramente dei luoghi cari alla mia memoria, in
quanto mi richiamano alla mente sensazioni, fatti, idee e
figure che mi hanno segnato da studente. Uno per tutti è
Franz Kafka con il suo romanzo-capolavoro Il Castello
dai vari incipit che mi hanno sempre colpito come,
per esempio proponendo un paragone a mio parere calzante, l'inizio
de I Promessi Sposi, quando si cita il famoso
Quel ramo del lago di Como. «Era
sera tarda quando K. arrivò»
in italiano. «Es
war spät abends, als K. ankam»
in tedesco. «Bylo
už pozdě večer, když K. dorazil» in ceco. «К.
прибыл поздно вечером»
in russo.
«It was late in the
evening when K. arrived»
in inglese. E, infine
perchè no,
"كان الوقت ليلا
عندما وصل ك" in arabo. Sono questi i
pensieri che mi passano velocemente per la testa sul
trenino per l'aeroporto. Tra il via vai dei pendolari
nelle carrozze, che si muovono incessantemente salendo e
scendendo dalla scaletta e lo scorrere al finestrino di
immagini della campagna romana, penso a Kafka e alla sua
città e a come la troverò io un secolo dopo nella città
del Castello più famoso d'Europa. |
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Nella hall
dell'aeroporto di Fiumicino, Terminal C, alle 7,56 vedo un
cambia valuta della Travelex Italia Ltd. Nella
České Republika
l'unità
monetaria è la corona ceca (koruna) abbreviata in
Kč, con l'abbreviazione internazionale czk. Acquisto 1500 koruna al prezzo di 1euro=27,162
Kč per 55,22 € che,
combinate con una commissione di cambio del 7,24% fanno
complessivamente 59,20 €. Un vero e proprio salasso regalato
alla società Travelex dietro la quale si nasconderanno
probabilmente usurai e sfruttatori parassiti. Non ho mai
potuto soffrire queste società di cambio, che lucrano e vivono in modo
parassita sfruttando le operazioni di cambio in cui a perdere
sono sempre i clienti. Ma con l'entrata
dell'euro sono stati costretti a fare un passo indietro,
diminuendo notevolmente gli
incassi e spero tanto che in
futuro vengano spazzati via definitivamente. Questi soldi
in valuta ceca mi serviranno per pagare il viaggio in
autobus dall'aeroporto (in ceco Letiště) Ruzynĕ in centro
città. Le formalità al check-in di
Roma Fiumicino sono abbastanza rapide. Finalmente arriva il momento
dell'imbarco. Mi metto così a
sfogliare la rivista della compagnia aerea di bandiera e
ripassare il percorso che farò con il bus all'aeroporto.
L'aereo è pilotato da un pilota
molto bravo.
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Lodevole il fatto che in quasi due
ore di volo non ci ha fatto subire nè vuoti d'aria, nè turbolenze. Non so
se per fortuna o per bravura. La sensazione è che si siano
verificate entrambe le cose. Ma ho anche la consapevolezza che
i piloti cechi di aereo provengono tutti da una
bravissima scuola aeronautica che faceva parte del
novero di paesi del comunismo sovietico. Ragion per
cui mi sento rassicurato anche per questo.
L'aeroporto
Ruzynĕ
di Praga
si trova in Aviatická 161 che
è la strada che circonda l'intero perimetro
dell'edificio dell'aerostazione. La
compagnia aerea indigena è la Czech Airlines
dai prevedibili colori bianco, rosso e blu della
bandiera nazionale ceca. All'uscita dal Terminal Nord1 c'è il
piazzale dell'aeroporto. So per certo che esso è collegato al
centro della città da diverse linee, una di queste è
la linea numero 179 che collega il Letiště
Ruzynĕ fino a Nové Butovice dove c'è la
fermata della metro linea B gialla che collega il
capolinea di Zličín con l'altro capolinea
Černý Most. |
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Da Nové Butovice dopo
sette fermate si arriva a Křižíkova, che è una stazione di
corrispondenza. Qui cambiando linea e prendendo la linea
rossa, ovvero la linea C (da Nádraží Holešovice ad
Háje)
si arriva finalmente alla fermata metro di
Ivana Petroviče
Pavlova, che
sarà, lo anticipo subito, la mia fermata di riferimento
della metro in città
perchè vicinissima all'albergo dove alloggerò. |
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All'arrivo
svincolo la valigia al nastro trasportatore e nella hall cerco subito di
acquistare un biglietto per poter prendere l'autobus
all'uscita. Davanti alla possibilità di
comperare biglietti singoli o un abbonamento settimanale, fatti
in poco tempo i dovuti conti,
scelgo di comprare
un abbonamento settimanale da poter utilizzare su
tutti i mezzi pubblici in città per tutto il periodo
che rimarrò a Praga. Alla fermata attendo l'autobus 179 in una
grigia giornata, molto più fredda di quella di Roma tanto da
essere costretto a indossare il mio impermeabilizzato k-way. Sulla mia
destra vedo una torre con un parcheggio privato mentre alle
mie spalle c'è la pensilina dell'aeroporto dalla quale sono
appena uscito. La
sensazione che provo è di una Praga grigia, fredda e
incolore, quasi come se fosse una città estranea in cui io
ci sia capitato mio malgrado. Non c'è molto traffico nel
piazzale intorno a me. Attendo dieci minuti e all'arrivo
del bus salgo subito perchè si sta mettendo a
piovere. Come inizio non mi piace. |
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Mi aspettavo una giornata di sole
e invece il cielo è peggio di Roma e non fa prevedere nulla di
buono per l'intera giornata. La visibilità è pessima ma io non
sono preoccupato di dover individuare dove scendere perchè la
mia fermata è alla fine della corsa, ovvero al capolinea del
bus a Nové Butovice.
Dietro il vetro del finestrino del bus osservo la strada. Qui tutto è
grigio e incolore. La sensazione che si fa strada in me è
uguale a quella che ho provato il mese scorso quando sono
arrivato a Budapest, prima capitale di un paese ex
comunista visitata dopo la scorpacciata di viaggi nei paesi
dell'Europa occidentale. Arrivo all'uscita della metro a Pavlova
con il sorriso sulle labbra perchè qui non piove e non bagnerò
la valigia. L'albergo è vicino. Ci sono circa 200 metri di distanza
tra la fermata della metro e l'hotel che raggiungo
subito. |
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Mi presento alla reception.
Una gentile e cortese impiegata mi assegna la camera 401 al quarto
piano. Ringrazio e salgo in stanza per rinfrescarmi. L'Hotel Ibis Praha
City
è un buon albergo a tre stelle, comodo e centrale.
Si trova praticamente a due passi da
námĕstí Ivana Petroviče
Pavlova
e a duecento metri
dalla Karlovo námĕstí. Per l'esattezza è situato in
Kateřinská, 36, nella stessa strada dove si trova
sveta
Kateřinská. A duecento metri circa c'è la fermata della
Metro C
di stanice I.P.Pavlova dove c'è anche la fermata del
tram delle linee 4, 10, 22 e 23. Ricordo che il 22 è il bus che
porta al Castello. Il viale che collega le due piazze è
viale Ječná
un lungo e largo viale pieno di negozi e piccoli
supermercati dove comprare le bottigliette di acqua
minerale naturale. In termini di luoghi d'arte e di famosi posti letterari
posso proporre la localizzazione dell'hotel in un'altra
maniera, dicendo che è ubicato in Nové Mĕsto nel
punto medio della distanza tra il Národní muzeum,
cioè il Museo nazionale, a nord e l'osteria Ukalicha
in Na bojišti a sud, che è il luogo in cui viene
arrestato il famoso buon soldato Šveik protagonista
assoluto e straordinario del romanzo di Jaroslav Hašek.
In camera sistemo subito biancheria e pantaloni
nell'armadio. |
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Mi rinfresco
in bagno e vado subito in strada perchè ho il desiderio di
vedere luoghi, persone e anche di pranzare perchè ho fame.
Quasi sempre la localizzazione
dell'albergo è un punto importante del mio programma di
viaggio, ma immagino anche di tutti coloro che fanno viaggi.
Una posizione centrale mi aiuta ad avere un'idea semplice e
rassicurante della localizzazione della mia camera come
origine del sistema di riferimento dei luoghi della città e in
più mi permette, uscendo dall'hotel, di essere subito nei
luoghi turistici più interessanti della città. Un posizione
più decentrata mi farebbe sentire emarginato dal centro e dai
luoghi che più mi affascinano.
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Se fossi un turista straniero in
visita alla città di Roma preferirei alloggiare in un
mediocre hotel di bassa qualità ma situato a Piazza di
Spagna piuttosto che soggiornare in un albergo a cinque
stelle nel quartiere ghetto di Laurentino 38.
Qui in
Kateřinská, 36 sono
a
50° 04' 30'"
N (di
latitudine nord) e a 14° 25' 39'''
E ( di longitudine est)
mentre Roma si trova a
41° 50' 34'"
N e a
12° 30' 38'"
E. Come si vede la differenza è di 2° circa nella
longitudine, cioè Praga si trova più ad est di Roma rispetto
al meridiano passante per quest'ultima, mentre la differenza
di latitudine è maggiore di ben 9° circa. Ciò significa che
a Praga in questo momento mi trovo più spostato verso il
polo nord di di circa 9°. Una bella distanza angolare che
corrisponde a circa 923 km circa.
Dal viale
Ječná
mi sposto in Mezibranská, costeggio il Národni
muzeum e dopo alcune centinaia di metri sono in
Václavské náměstí, cioè nella bella piazza
Venceslao. La piazza è piena di gente indaffarata che
va e viene e lo spettacolo che mi appare è veramente
piacevole. Sono le 13.55
quando in un angolo della piazza mi presento al numero 55
dove c'è la sede della banca
ceca Obchodne Financhi Spol s.r.o. per cambiare
una banconota da 50 euro in corone ceche (czk). Il cambio è
purtroppo un
altro strozzinaggio, perchè col buy rate 1 euro=27,935
czk, cioè 1397 czk, mi vengono detratte ben 237
czk di commissioni (addirittura il 17%), ottenendo alla
fine soltanto 1160 corone. |
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Esco dalla banca e osservo la bella
"náměstí". La piazza è praticamente la stessa
da molti decenni e avrebbe bisogno di interventi di
restauro conservativo. Lungo i lati esterni, vicino ai palazzi,
ci sono due file di alberi molto folti che fa piacere vedere e
godere per l'ombra che fanno alle numerose persone presenti. La bellezza
della piazza, nonostante la vetustà degli edifici e delle loro
facciate, non è per niente sminuita. Se mi dicessero di scegliere tra una piazza Venceslao resa
nuovissima da un restauro curato e approfondito nei minimi
dettagli o vederla così com'è adesso, poco curata e con
qualche parete scrostata, dico subito che preferirei vederla così come
la vedo io in questo momento piuttosto che perfettamente "cementificata". |
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E' lo stesso
discorso che si può fare col vino, quando faccio osservare
di essere dell'idea che è meglio bere un vino fatto col
mosto dell'uva raccolta nel proprio podere piuttosto che
berlo da una bottiglia di vino commercializzato,
pastorizzato e depurato dai depositi perchè reso sterile con
una buona dose di solfiti. Ma ritorniamo a Václavské
náměstí. Questa lunga piazza è per Praga
molto di più di uno spiazzo nel centro della città. Qui ci sono stati eventi
storici cruciali che hanno segnato il destino del paese. A
un'estremità c'è il pomník sv. Václava, cioè il
monumento equestre a Venceslao che si vede nella foto
di spalle. Poco distante dalla statua in
primo piano c'è una croce di
bronzo incastonata sul pavimento nel punto preciso
in cui si è dato fuoco
Jan Palach. Questa croce mi fa venire alla mente due
fatti tragici. Il primo si riferisce all'esistenza a Berlino
di una piazza, molto più piccola di piazza Venceslao,
nella quale si verificò un altro falò. Ecco come ho
descritto l'evento nel mio report di Berlino. |
«Di
fronte all'Università Humboldt, dietro la
Staatopera, c'è Bebelplatz, il largo spiazzo nel
quale avvenne il rogo dei libri nel maggio del 1933 ad opera
dei nazisti. Nel centro della piazza sul pavimento c'è una
targa che ricorda il traumatico evento. La raggiungo e mi
metto con i piedi vicino ad essa e osservo la piazza. Mi
immagino come è stata la scena del rogo dei libri. L'ho
vista in televisione ricostruita con una scenografia che
incute paura. Che scena tremenda». Il
secondo mi ricorda il giorno in cui io, al tempo giovane
studente universitario, avendo appreso dai giornali e
dalla televisione il
tragico gesto di Jan Palach, polemizzai con un
mio ex-professore, comunista iscritto al PCI del mio paese, accusandolo di sostenere
una ideologia sostenitrice cinica di comportamenti
violenti che negavano la libertà delle idee dei cittadini
cecoslovacchi per vili ragioni di Stato. |
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Ricordo quel 19
gennaio 1969 con tanta tristezza nel cuore, che rinforzò
in me l'idea di non accettare mai l'ideologia marxista
imposta col ricatto dall'allora URSS, quell'Unione Sovietica
che realizzò il peggio della politica mondiale del tempo. Un po'
di raccoglimento è il minimo che posso fare in questo
momento. Rimane il fatto che il luttuoso evento mi colpì
terribilmente, perchè Jan Palach essendo nato a
Praga l'11 agosto 1948 aveva due anni meno di me. In
pratica, era un mio collega universitario che aveva dato
la vita come simbolo patriottico di resistenza
anti-sovietica del suo paese. Terribile. Sono molto
orgoglioso del fatto che la città di Roma, esattamente
un anno dopo, ha intitolato a Jan Palach una piazza
che si trova nell’area del villaggio olimpico a Roma,
vicino all'Auditorium Parco della musica di Roma,
a fianco di Corso Francia. Tra l'altro, l'allora
Sindaco di Roma Clelio Darida, che l’anno precedente
aveva fatto parte della delegazione romana al funerale
di Palach, fece collocare nel centro della piazza una
statua come monumento commemorativo al gesto di Jan
Palach. |
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Guardo attentamente il piccolo
rilievo fatto da cubetti di pietra rialzati di poco rispetto
alla superficie della strada. Penso agli operai che hanno
costruito la sporgenza a mo' di dosso e mi chiedo se qualcuno
di loro ha avvertito l'importanza del suo lavoro in questa
faccenda. Costruire
una gobba di cubetti di porfido non deve essere faticoso come
costruire un'intera strada o piazza. Eppure dietro a quella
piccola protuberanza di pietre c'è il simbolo di un gesto tanto forte quanto
doloroso. Spegnere la propria giovane vita per un sogno di
libertà è qualcosa di più di un atto di eroismo. Ma torniamo a
Piazza Venceslao. Nella námĕstí vedo
insegne di night club e casinò che, a mio parere e in
modo molto ingenuo,
stonano con la memoria patriottica e storico-politica del
luogo. Mi ricordo tuttavia che nella Kamzíková
nello stesso palazzo che ospita il ristorante U Červeného
a fine secolo c'era la più famosa casa chiusa di appuntamenti
di Praga. Ne fanno fede le pagine di molti romanzi di
scrittori come Wefel, Kish e Morgenstern che descrivono
«l'atmosfera
di incontri tra studenti, intellettuali e prostitute davanti
al mitico bricco di caffè».
Angelo Maria Ripellino è invece dell'opinione che la più celebre
"casa di gioia" fu il lussuoso Salón Goldschmied in via
Kamzíková. Tutto questo mi ricorda la mia "prima volta". Avevo quindici
anni quando inesperto e impacciato mi presentai in una di
queste case nel capoluogo della mia provincia per chiedere un po' d'amore mercenario. Ne uscii
insoddisfatto ma consapevole di avere effettuato il rito di
iniziazione all'età adulta. E a proposito dei segni di
decadenza nel passaggio da una società comunista all'altra
consumistica mi viene in mente la famosa frase che cinicamente
viene detta in questi casi, e cioè : "è la vita capitalistica
dell'Occidente, bellezza! Benvenuti nel mondo della teoria
economica del capitalismo liberista e della deregulation".
Fra i tanti palazzi presenti in entrambi i lati della piazza sono particolarmente interessato a quello del
numero 25. Vi chiederete perchè. Ebbene al n. 25 c'è il Grand Hotel Europa, in stile
secese, nella grande tradizione boema, molto famoso nei tempi andati.
Fu costruito nel 1872 originariamente in stile
rinascimentale. Successivamente, nei due anni a partire
dal 1903 è stato ricostruito in stile Art Nouveau e il
suo ristorante si chiamava Velkokavarna Grand Restaurant. Fu inaugurato
una seconda volta nel 1905, annus mirabilis in cui Albert Einstein a distanza di
alcune centinaia di
chilometri da qui pubblicò tre delle sue più famose scoperte:
i quanti di luce, la
relatività ristretta e spiegò il moto browniano. Questo hotel ristorante, tra l'altro,
vanta un caffè frequentato da Franz Kafka. Adesso non è più
quello che fu ai tempi d'oro, quando Praga fu il ritrovo
più importante per i viaggiatori ricchi e famosi dell'intera
Europa. In ogni caso rimane sempre magnifico
nelle sue linee architettoniche tipicamente boeme. Sono
affamato e pertanto entro subito nel ristorante a piano
terra, che adesso si chiama Grand Hotel Europa
Secesní
Restaurace.
A parte qualche
crackers presente nel mio bagaglio a mano e un caffè bevuto in
aereo è da stamattina presto che non mangio nulla. Un
cameriere mi fa sedere a un tavolo di una specie di Sala degli
Specchi,
dove tutto dovrebbe essere luminoso per la notevole presenza di specchi,
ottoni dorati e di lambris alle pareti, cioè di rivestimenti di
legno che coprono le pareti della sala fino all'altezza
di circa un metro. Osservo con attenzione la sala liberty
che più liberty di così non si può nemmeno immaginare.
L'intera sala è ornata di lampade, applique e lampadari
in stile classico. La sensazione è quella di
trovarsi precipitati in un ambiente di un secolo fa in cui
l'atmosfera che si respira è di tipo decadente. Per dare
un'idea di come è concretamente la sala ristorante e del valore del
suo arredamento posso dire che
essa è stata utilizzata come modello per realizzare la sala da
pranzo nel film Titanic. Manca
poco che si possa vedere una contessa col suo seguito. Tra
l'altro mi succede qualcosa del genere che adesso vi dirò. Devo
attendere un po' prima di avere la lista delle pietanze. Vado
sul sicuro perchè conosco già alcune pietanze della cucina
locale boema presenti nel menù. Ho letto nella mia
guida che la specialità della casa è
hovĕzi a
houskové knediky a brusinky
cioè manzo arrostito in casseruola servito con fette di
grossi gnocchi di patate e mirtilli in una salsa cremosa. Per
dessert un jablkový štrúdel cioè uno strudel di mele
avvolte in pasta sfoglia, mentre da bere ho ordinato sklenice červeného piva,
cioè un buon bicchiere di birra rossa ceca per un totale
di 600
Kč.
Nel mentre aspetto il dessert entra nella sala una signora
alta, bionda di età non proprio giovanile che si accomoda vicino
al mio tavolo. Non credo che fosse una contessa anche se lei
fa di tutto per imitarla e sono sicuro che lei
probabilmente avrebbe voluto essere considerata tale. L'ho
osservata con discrezione e devo dire che le movenze, i gesti
e gli atteggiamenti mostrati erano intenzionalmente mirati a
colpire l'attenzione di qualche interessato e maturo cliente del
ristorante. Chiedo il conto e ringrazio il cameriere. ll
pranzo dal punto di vista della digestione sarà impegnativo; è inutile che lo nascondo.
Ma io dovevo assolutamente assaggiare la specialità culinaria
del posto, costi quel che costi.
La città mi aspetta per una passeggiata digestiva ma anche di
scoperte. All'uscita dal ristorante
decido pertanto di visitare un'area ai bordi tra Nové Město
e Staré Město. Mi
conviene sfruttare la mia presenza in questo quartiere per ottimizzare i tempi della visita. Tra l'altro, in questo
zona della città si trova il mio albergo, nel quale rientrerò al
termine della passeggiata per andare a dormire per la
stanchezza accumulata.
E' ovvio che non cenerò di nuovo a ristorante. Probabilmente
mangerò un po' di frutta per cena. Stasera deciderò. Intanto mi
metto a camminare fino in fondo alla piazza dove c'è la
fermata metro di Mustek (in italiano "ponticello").
Questa fermata è importante perchè si intersecano due linee,
la A verde e la B gialla, e funge da stazione di scambio. Più
importante è invece il fatto che la forma urbana di questa
parte finale della piazza si presenta a forma di
«T», nel cui incrocio
si innestano due ampie strade pedonalizzate di passeggio,
che sono Na prikope e Národni. Sono in dubbio se
girare a sinistra in Národni verso il fiume e poi
risalire la Vltava per incontrare l'attrazione
turistica numero 1 di Praga, cioè ponte Carlo, oppure
svoltare a destra verso Staré Město
e fare una puntatina nella piazza vecchia col suo tesoro di
orologio. Non so decidermi. Mi guardo indietro e vedo la lunga
piazza, alla cui fine c'è il museo nazionale.
|
 |
Nové Město,
cioè Città Nuova, è come dicevo prima un quartiere nuovo,
ovvero un quartiere di Praga che per logica si
suppone essere stato costruito dopo Staré Město, che
infatti significa Città Vecchia. Attenti però che Nové Město
è "nuova" tanto per dire, cioè in modo molto relativo,
perchè è vero che è stata costruita dopo Staré Město
ma l'anno di costruzione è datato 1347, non certo un anno
recente! L'ha fatta costruire uno dei due personaggi storicamente famosi di Praga che l'hanno fatto
diventare grande e di cui abbiamo già
parlato in precedenza nella premessa. E' stato Carlo IV che in tre anni
appena l'ha fatta costruire sulla stessa sponda di Staré
Město mentre, sull'altra sponda della Vltava,
c'è il Castello che è il più vecchio di tutti. Tralascio
tutte le notizie storiche su questi eventi perchè le si
possono trovare benissimo in una qualsivoglia guida
turistica o nei libri di storia. Ciò che mi interessa qui
sottolineare sono però due aspetti. Il primo è di
carattere storico. Forse non è stato chiarito
adeguatamente, ma il 1347 ci informa che la costruzione
della parte nuova della città è avvenuta "appena" ventisei
anni dopo la morte di Dante Alighieri a Ravenna. |
|
Ci
rendiamo conto di questo non piccolo dettaglio? E se il
distretto praghese di Nové Město è stato costruito ai
tempi di Dante, il nucleo più antico è stato quello esistente
dall'altra parte del fiume intorno al Castello costruito
addirittura intorno al X secolo, mentre la vera Città vecchia di Staré
Město già esisteva da tempo e data
approssimativamente intorno al 1230 subito dopo la morte di
S. Francesco! Tralascio i particolari
che qui non ci interessano. Ecco perchè quando con enfasi
parlo dell'importanza di Praga mi riferisco al suo passato
storico che ha pochi eguali in Europa e che, a quei tempi,
coincideva con l'intero mondo conosciuto. Bisogna aspettare il
1492 con Colombo per scoprire l'America. Noi italiani
purtroppo siamo abituati a dare giudizi sulle città dell'Est
europeo nel migliore dei casi affrettati e superficiali,
mentre nel peggiore dei casi totalmente errati perchè
mostriamo di essere veramente ignoranti su questi fatti e
accadimenti di grande rilievo storico verificatisi nella parte
centro-orientale dell'Europa. Quando penso ad alcune città
europee che godono, come Praga, di requisiti fondati su radici
antiche e prestigiose, mi viene in mente come raffronto il
piccolo paese siciliano in cui sono nato, che è possibile
confrontare, sebbene in maniera un po' azzardata, con analogia
e come modello di struttura topologica in similitudine con Praga. In breve, nel confronto vedo gli
stessi segni che rappresentano le stesse forme, le medesime
caratteristiche e la stessa conformazione del paesaggio
dal punto di vista dell'insediamento umano. Al mio paese c'è una parte alta dove
ha sede la città vecchia, chiamata Matrice, e che si
sviluppa tutta intorno al Castello di Federico II con
la chiesa, chiamata appunto chiesa della Matrice
avente, dalla parte dell'entrata principale, uno slargo e alcune abitazioni signorili di vecchi casati
nobili, mentre all'interno del Castello sono rimasti i
segni specifici di una vita medievale che dovette a quel tempo
essere stata piacevole per il ricco proprietario. Per contro,
più in basso, si trova Nové Město, cioè la parte nuova del
paese che si sviluppa in una grande e spaziosa piazza
centrale con l'entrata della più recente chiesa del paese,
chiamata u Cunventu (perchè prima c'era un
Convento), meno grande della precedente ma sempre in perfetto
stile barocco. Nella parte nuova il paesaggio cambia perchè la
caratteristica è la spaziosità, sinonimo di novità, di 'modernità' e di cambiamento. A tale
riguardo mi vengono in mente alcune cose lette nella mia guida
che definiscono Nové Město come
«enclave
caratterizzata da un'operazione urbanistica per
l'articolazione 'moderna' in grandi spazi come piazza
Venceslao per il commercio di cavalli e piazza
Karlovo per i bovini e un lungo boulevard alla
parigina in cui le direttrici proseguono larghe e diritte
contrastando con i percorsi tortuosi di Staré Město».
Basta cambiare i nomi e si può rappresentare bene il mio paese come segue:
«enclave
caratterizzata da un'operazione urbanistica per
l'articolazione 'moderna' in grandi spazi come u Chianu
per la presenza della chiesa u Cunventu e il quartiere
u Gattusu
per il commercio di muli, asini e mucche (i più nobili cavalli,
nell'economia del paese, non si usavano) e un lungo viale che
attraversa u Chianu per
il passeggio (lo struscio) della gente, in cui le direttrici
proseguono in maniera per quei tempi eccezionalmente larghe e
diritte, contrastando con i vicoli stretti e tortuosi della
Matrice e di u Serru». Pensate un po', sebbene con proporzioni diverse
e ambizioni culturali differenti esistono molte analogie tra la
splendida "Praga della Boemia" del tempo e il "mio piccolo
paese della Sicilia" orientale. Questa analogia è
suffragata dal fatto che in questo paesino siciliano c'è, nel
punto più alto dell'abitato, un Castello come qui a Praga che fu edificato e
fortificato dall'Imperatore Federico II di Aragona e non di
Svevia, intorno all'anno 1210. Mi rendo conto che mi sono preso la
libertà di accostare qualcosina di siciliano con tanta enorme
grazia praghese. Per questo abuso o, meglio, provocazione
potrei essere accusato di "plagio manipolatorio". Ma
attenzione! C'è un altro esempio di accostamento tra
sicilianità e praghesità che non teme critiche e confronti. Si
trova nella raccolta Autunnale barocco, scritta nel 1977
da Angelo Maria Ripellino, per i tipi di Guanda Editore,
come "tentativo struggente di incrociare barocco siciliano e
barocco praghese da lui spavaldamente mescolati". E visto che
in tema di richiamo alla sicilianità il palermitano Ripellino
non scherza, approfitto della sua colossale cultura per
esagerare. Dice Ripellino che ha avuto spesso la certezza di
aver abitato a Praga in altre epoche. E fa l'esempio preso dal
Racconto d'inverno di William Shakespeare (commedia
romantica tra la strana coppia di un re boemo e l'altro
siciliano) in cui immagina di essere arrivato a Praga "al
seguito della siciliana principessa Perdíta che va
sposa al principe Florizel, figlio di Polissene,
re di Boemia". Da notare la finezza dell'accento acuto alla ceca
sulla vocale i del nome della principessa. Una Praga
più siciliana di così è impossibile immaginarla. Il secondo
aspetto che desidero sottolineare è di carattere linguistico e
riguarda l'incredibile difficoltà di scrivere qui, in questo diario
di viaggio, le parole indigene nella lingua čeština dello scrittore praghese
Jaroslav Hašek che prevede, com'è noto, un larghissimo uso
(e forse abuso) di segni diacritici. Non ho citato il praghese
Kafka perchè Il Castello, il suo autore lo ha scritto direttamente in
tedesco come abbiamo visto sopra. Dunque, nella lingua ceca questi segni diacritici
sono presenti in numero
incontrollato: « á ą é ĕ í ú » per le sole vocali. Se si
aggiungono le consonanti il controllo diventa difficilissimo. Attenzione che gli
accenti presenti su tutte le vocali non sono quelli presenti
nelle nostre tastiere, ma sono orientati al contrario, cioè invece di essere
accenti gravi come
«è»
sono accenti acuti come
«é».
Per ottenere queste vocali accentate è necessario utilizzare la
"mappa caratteri",
disgraziatamente poco pratica da maneggiare. Non voglio fare la
figura dello sprovveduto, ma rimanendo in tema di lingua ceca
(in ceco čeština) ho potuto notare che molti nomi di
vie e di piazze contengono la lettera isolata
«u» o la
sillaba
«Na». Penso
(ma posso sbagliarmi) che la u
possa avere a che fare con la declinazione dei casi di stato
in luogo mediante il prepositivo ablativo di luogo. Nel
frattempo ho già svoltato in
Na prikope. In fondo vedo Prašná brána. Non
resisto alla tentazione di vedere subito questa bellissima e
famosa porta della città in stile tardo gotico chiamata
appunto Prašná brána (cioè Torre della polvere),
che è un vero e proprio gioiello artistico la cui
realizzazione si dovrebbe riconoscere più che a un architetto,
a un "artista dello scalpello" che l'ha decorata con ornamenti
straordinari. Ma si sa che in genere a quei tempi gli
scalpellini, nonostante fossero di una bravura mostruosa, non
sono stati quasi mai ricordati. Tranne uno. A Roma
Lorenzo de Simone Andreotti, scalpellino d'arte di marmo e
travertino costruì, scolpendoli uno a uno, più di un secolo
prima della costruzione di Prašná brána che data 1475,
i centoventicinque scalini dell'attuale scalinata
antistante la Basilica di Santa Maria in Ara Coeli al
Campidoglio. Ricordo che siamo a Roma nel 1348. Continuando in
Na prikope e prima di náměstí Republiky vedo
sulla sinistra il bellissimo edificio Obecní dům,
ovvero la Casa Municipale, un edificio in art
nouveau in stile liberty che mi fa rimanere
senza fiato a osservarlo. Osservo con interesse che a piano
terra c'è un vistoso caffè ristorante. Decido pertanto di
venire a mangiare qualcosa nei prossimi giorni per godere
della vista della sala interna che da fuori sembra bellissima.
Dall'entrata di Prašná brána imbocco in pieno
centro storico la Celetná che, in poche
centinaia di metri, mi porta a Staroměstské náměstí,
cioè nella spettacolare Piazza Vecchia della capitale. Che dire di tutto
quello che vedo intorno a me? Se non sogno non sono neanche
completamente desto, perchè una densità per metro quadro di
meraviglie di questo genere non è facile trovarle in un'altra
città. Stupore alla vista della piazza e di tutto ciò che ne
forma il perimetro. Questo straordinario e multicolore
perimetro interno della piazza offre una visione spettacolare
delle seguenti opere d'arte architettoniche: Chiesa di San
Nicola (Sveta Mikuláš), Monumento a Jan Hus (pomnik
Jana Husa), Palazzo Kinský (Palác Kinských),
Municipio della Città Vecchia (Staroměstská radnice)
con il suo famoso orologio astronomico (Staroměstský Orloj),
Chiesa di Santa Maria di Týn (Panna Maria před Týnem e
Týnský chrám) e di una serie di edifici in gotico che
lasciano semplicemente stupiti. Non voglio aggiungere altro
perchè come si suole dire in questi casi "non finisce qui".
Penso che ogni giorno verrò in questa piazza a godermela fino
in fondo. Piccola parentesi. Avevo sempre creduto che il solo
luogo dove sedersi sugli scalini o per terra di una piazza o
dai piedi di un obelisco per godere del paesaggio fosse
Piccadilly Circus a Londra. Migliaia di foto e centinaia
di filmati televisivi hanno fatto memorizzare nella mente di
tutti la scena di giovani con ragazzi e ragazze seduti per
terra, liberamente, come parte integrante delle bellezze della
piazza di Piccadilly a Londra. Mai avrei immaginato che
in un paese, in più ex-comunista, ci potesse essere di meglio.
Mi convinco sempre di più della ricchezza dell'Europa, dei
suoi tesori di architettura e del suo patrimonio di monumenti,
ben distribuiti in decine e decine di paesi e nazioni, piccoli
e grandi, al centro e alla periferia. Non mi meraviglierò più
se al termine delle mie visite vedrò capitali di piccoli Stati
europei in grado di suscitare in me emozioni e atmosfere di
grande gioia per la presenza di piccoli grandi tesori di arte
e cultura. Sono le 17 e in
Staroměstské náměstí, al numero 17 presso Interchange
cambio altre 50 euro a 1€=27,805 czk,
ottenendo 1390 czk. Mi serviranno al momento opportuno. Penso che sia il
momento di rientrare in hotel. La stanchezza si fa sentire e
le gambe si piegano facilmente. Nonostante mi trovi a un tiro
di schioppo dal ponte Carlo (mi separano solo alcune
centinaia di metri da percorrere nella Karlova)
rinvio a domani la visita. Per abbreviare i tempi prendo la
metro ed esco a Pavlova.
Alle 17.30 circa entro nel Supermarket MIDI
in Stepanska,1 Praha2. Compro: acqua minerale Mv aguila 1,5L
neperliva, una banana e uno yogurt DAN Jog Activ
che mi porto in camera dalla quale non uscirò più fino
all'indomani. Un po' di
televisione di qualche canale ceco e un sonno ristoratore mi
aspettano qui in
Kateřinská, 36.
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Secondo giorno Martedì 23 agosto.
Dopo aver fatto colazione in
albergo ho fretta di andare a vedere prima di tutto la Katedrála Sveta
Vita, cioè la Cattedrale di S. Vito e, a seguire,
Karlův most,
ovvero
il ponte
Carlo. Alla reception
mi hanno consigliato di arrivare per tempo nella piazza
antistante la cattedrale perchè ci sono molti turisti che desiderano vederla
e la coda può essere molto lunga. Pertanto prendo la Metro di
buon'ora da
Pavlova a Muzeum, lungo la linea rossa C per
Nádraží Holešovice. A Muzeum cambio e prendo la linea A per
Dejvická. Le fermate sono appena quattro: Mustek,
Staroměstská, Malostranská e Hradčanská. All'uscita
della Metro mi trovo vicino alla Cattedrale, sul viale
Milada Horáková, attraversato il quale arrivo all'entrata principale della cittadella.
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Sono emozionato come uno studente
alla sua prima gita fuori porta. Vedo dei turisti che come
me attraversano il verde del parco. L'atmosfera è molto
simile a quella che si prova quando si va allo stadio per
vedere giocare la propria squadra e si vuole arrivare
primi. E' chiaro che parlare del Castello, in ceco
hrad, significa sottintendere altri due nomi che non
possiamo evitare di rievocare perchè legati tra di loro in
maniera indissolubile e cioè il nome della città e il nome del
suo più grande scrittore. Pertanto avremo
«Castello=Praga=Kafka». Ma anche Il Processo non lo è
di meno.. Lo dico subito perchè la mia visita a Praga sarà
dominata da questi due "sinonimi" che non è assolutamente
possibile ignorare. L'itinerario della
cittadella è Cattedrale, Loreta, Strahov e Malá
Strana. Per la verità, molta cattedrale, unpo' Strahov e meno
Loreta. Ripellino, a
proposito della Cattedrale gotica di S. Vito, dice:
«coi
suoi archi rampanti, con le sue lingue di fiamma dei suoi
frastagliati pinnàcoli, con le sue finestre ogivali, con le
smorfie ghignanti dei suoi doccioni».
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La coda non è lunga ma il tempo è
sufficiente per farmi ricordare il passo succitato di Praga magica che mi accompagna
nell'attesa. Bastano una decina di minuti per essere ammesso,
secondo Ripellino, nel
«nembo
di insegne, reliquie, gioielli, patène, ostensori, che si
accumula nella cattedrale». |
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Compro il biglietto pagandolo 50
kč ed eccomi
entrato. Che dire dello
spettacolo che si gode all'interno guardando l'alta navata
centrale? La mia guida del Touring
dice tante cose interessanti. A me colpiscono alcuni particolari,
che poi tanto particolari non sono per niente. Le volte gotiche, l'altezza
del soffitto, le splendide vetrate di Alphonse Muchy e le
tante cappelle, soprattutto quella di S. Venceslao le
cui pareti sono abbellite da pietre preziose boeme incastonate
in una malta d'oro che Ripellino individua in «corniòle,
ametiste, calcedòni, diaspri, àgate, crisopàzi». |
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Non aggiungo altro. Qualunque
guida o manuale di viaggio, meglio ancora il libro Praga magica
di Ripellino, illustrano molto meglio di me tutte le caratteristiche
artistiche e architettoniche dell'edificio. Pago anche un altro
biglietto, sempre 50 kč questa volta però valido due
giorni. Mi serve per visitare il resto della
cittadella che comprende altre visite e musei interessanti.
Quali? La Galleria del Castello con il quadro Fanciulla
allo specchio di Tiziano, la Festa del rosario di Dürer, la Torre delle polveri, il
Palazzo reale con le tre meravigliose sale, una delle quali
famosa per la defenestrazione del 1618 e, ultimo ma non meno, il pittoresco
Vicolo
d'oro con le sue piccole casette dai vivaci colori che sembrano
le casette dei sette nani. Ricordo che in
una di queste casette per alcuni mesi visse anche Franz Kafka. |
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Circolano ancora
le notizie sugli alchimisti di Rodolfo II che vissero e
lavorarono nella via adiacente Vikářská. Per favore si
guardino i segni diacritici sulle lettere di questa parola ceca. Ce ne sono
ben tre e tutti di difficile individuazione. Insieme a me vedo
circolare centinaia di turisti di tutta Europa. L'atmosfera che si
respira è quella di turisti affamati di vedere tutto quello che
è possibile vedere e nel più breve tempo possibile. Purtroppo io non ho con me alcuna macchina
fotografica in grado di lasciare memoria di ciò che vedo. |
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Quando penso all'imperatore Rodolfo
II immediatamente mi viene in mente il suo straordinario
ritratto in veste di Verluno, dio dell'autunno, dipinto dal
grande milanese Arcimboldo. Cosa non c'è in questo quadro i cui
elementi della figura di Rodolfo II sono frutti,
ortaggi, foglie e fiori. Incredibile. Per quei tempi il quadro
dovette essere un'opera di una trasgressione inusuale.
Zucca, zucchine, piselli, rape, cipolle, spighe di grano,
carciofi, pannocchie di mais, grappoli d'uva bianca e nera, ribes,
ciliege, prugne, fichi, pere, mele, melograni, fiori e altro.
Insomma, in sintesi, il quadro dell'Arcimboldo è un trionfo di
avanguardia, un pizzico di follia e una spruzzata di policromia da
vero genio dell'arte pittorica. Nell'intera cittadella c'è un corri corri generale da una parte
all'altra di tutto lo spazio possibile per vedere di tutto e di più, che
è contagioso e fa sorridere. Eppure è così. Io vado fino in fondo al
"Vicolo d'oro" da Ripellino chiamata Viuzza d'oro e a questo
proposito a pag. 112 dice:
«una
lillipuziana stradina onirica alla periferia del sontuoso C.astello".
E aggiunge: una stretta tortuosa viuzza con balestriere, una traccia
di lumaca di una larghezza appena bastevole a lasciar passare le
spalle [...] Ero capitato nella Via degli Alchimisti, dove nel
medioevo gli adepti avevano arroventato la Pietra Filosofale e
avvelenato i raggi lunari».
La viuzza termina con un torrione cilindrico ovest, chiamato Daliborka, per
ammirare le bellezze del luogo e del panorama. Tra le tante cose nel
seminterrato ci sono alcune celle del carcere sotterraneo nel quale
i prigionieri non credo abbiano soggiornato con comodità. A pag. 113
di Praga magica, Ripellino spiega origine e storia di questa
torre-prigione con alcuni esempi di nomi di prigionieri che fecero
una brutta fine. Mi trasferisco
adesso nella
Loretanska che mi permette di accedere al Monastero di
Strahov, in ceco Strahovský klášter. |
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Di meraviglioso ci
sono molte cose ma la sala della Biblioteca di Strahov e
quella della Galleria sono eccelse. Devo pagare il biglietto
che costa 80 kč. La sala della Biblioteca
viene chiamata "Sala Teologica" con i suoi sei mappamondi e la
bellissima sala che contiene gli affreschi di Siardo Nosecký. La
sala teologica è collegata con la Sala Filosofica con ampie vetrate
piene di libri manoscritti di inestimabile valore. Qui si
possono ammirare sul soffitto a volta degli affreschi che illustrano
l'allegoria della conoscenza. Il colpo d'occhio è incredibile. Si
può passeggiare nella sala su un tappeto rosso lunghissimo con delle
sedie su un lato delle vetrine che tentano molto il visitatore per
immergersi in questo straordinario salone d'altri tempi. |
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Alle 13.40 mi trasferisco alla Strahov Gallery in
Strahovské nádvoří 1.
Anche qui devo pagare il biglietto che costa meno del precedente, appena 50 kč.
Ma ne vale ampiamente la spesa. Sono quasi le due del
pomeriggio quando esco dal monastero e mi metto alla ricerca di un posto
dove mangiare qualcosa. A due passi da qui e vicino alla chiesa di
Loreto c'è un piccolo ristorante molto alla mano in un ambiente
realizzato in legno che serve piatti della tradizione ceca e boema.
Svíčková na smetaně s houskovými knedlíky con un boccale di
birra rossa mi confermano la tradizione della cucina boema e delle birre
locali che mi ridanno
quella carica aggiuntiva per continuare con entusiasmo la visita.
La discesa dal Castello avviene in una atmosfera magica dovuta
contemporaneamente al fatto che sono soddisfatto della visita fatta
all'intero Hrad e alla piacevole passeggiata in discesa che sto facendo
scendendo verso il ponte Carlo. Sono proprio curioso di vedere
finalmente questo famoso ponte di cui tutti parlano. Ripellino in
Praga magica, relativamente alla mia discesa a Malá Strana
richiama un passo de Il Processo in cui descrive il protagonista
che sale e non scende per Malá Strana, a pag. 47 dice: «Al
supplizio Josef K. si reca, passando per un "ponte", che è il Ponte
Carlo, al di sopra di un'isoletta, che è Kampa. Le" strade in salita"
corrispondono a quelle di Malá Strana, l'arena dell'esecuzione
coincide con la cava di Strahov». |
Il percorso che faccio io invece è in
discesa perchè provengo dal Castello e vado al
Karlův most. Dalla Nerudova
a Malostranské náměstí, quindi la Mostecká
dalla quale si vede in fondo il ponte. Prima di attraversare il canale
Certovká noto sulla sinistra una stradina con un cartello che indica
un generico "museo Kafka". Incuriosito dalla novità controllo sulla mia guida
ma non trovo alcuna informazione circa l'esistenza di questo ipotetico
museo. Probabilmente la mia edizione (2002) è antecedente all'apertura
del museo e, quindi, non la prevede. Dopo pochi
passi eccomi in una piazzetta con l'entrata del museo.
|
Cominciamo col dire che il Franz
Kafka Museum di Praga si trova in Malá Strana sulla riva del fiume
Vltava in una posizione splendida e centrale tra
Karlův most,
ovvero il ponte Carlo e il ponte
successivo verso nord chiamato
Mánesův most. La
via si chiama Hergetova cihelna. Si trova in una
piazzetta fiancheggiante il fiume Vltava in cui si fa fatica a
comprendere che l'edificio, non essendo di quelli mastodontici e seriosi
come ci si dovrebbe aspettare, è proprio del Nuovo museo Kafka. Si
tratta di una specie di ex fattoria, a forma di
«L»
a due piani, rimessa a nuovo e completamente ricoperta di tegole rosse
con un torrione di legno laterale. Non ha proprio l'aria di uno di quei
musei austeri che incutono riverenza.
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 |
E forse è meglio
così. Tutto sommato vedo bene questa scelta. Si intona alla
perfezione con la personalità di Kafka che tutto era tranne che un
esibizionista con manie di grandezza. Kafka fu un uomo semplice, di poche
pretese. Nel suo capolavoro Il Castello ci sono molti riferimenti
alla sua mancata eleganza. Ricordo che ll Castello
(titolo originale tedesco: Das Schloß), scritto
intorno al 1922 e pubblicato postumo nel 1926 è senza ombra di
dubbio l'opera
principale di Franz Kafka. Rappresenta
magistralmente la «alienazione e la frustrazione continua
dell'uomo che tenta di integrarsi in un sistema che mentre
lo invita, contemporaneamente lo allontana emarginandolo».
L'edizione che io posseggo è la VII edizione Medusa
di Arnoldo Mondadori dell'aprile 1968. Le coordinate
bibliografiche sono le seguenti: Franz Kafka, Il
Castello (Prefazione di Remo Cantoni e traduzione
di Anita Rho), Milano, Mondadori, 1968. E' un libro
che mi è sempre stato vicino dall'università ad oggi. Nel capitolo XX, che è l'ultimo
capitolo prima dell'Appendice (che contiene la variante
dell'inizio, i frammenti e i passi soppressi dall'Autore), K. subendo la
sfuriata dell'ostessa in relazione al suo abbigliamento riconosce di non
avere senso estetico perchè scrive a pag.338:
«D'altronde
di vestiti non se ne intendeva affatto. Nella situazione in cui si
trovava, qualunque abito pulito e non rattoppato gli sembrava magnifico». |
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C'è un piccolo bar nella piazzetta con
due statue al centro, alcune lettere K in grande stile in mostra e la
sua immagine, forse una delle migliori che si sia fatto fare. Non sembra
neanche brutto a parte le orecchie a sventola e uno sguardo veramente
inquietante. L'impressione è che la sede sia stata inaugurata da poco,
perchè è tutto nuovo e si vedono le pareti di un bianco come se fosse
stata dipinta di fresco. Sono curioso di vedere come l'hanno realizzato
all'interno. Spero che sia possibile vedere in qualche vetrina qualcosa
dei suoi scritti originali perchè il manoscritto originale de
Il Castello, la copia posseduta da Max Brod fu donata da
quest'ultimo all'Università di Oxford prima che lui morisse a Tel Aviv. |
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Sono passate da poco
le 15.00 quando pago il biglietto d'entrata di 120 kč
al Franz Kafka Museum in Hergetova cihelna 2b Praha 1
Malá Strana. Nonostante la prevalenza del bianco alle pareti l'atmosfera è un po'
cupa, tipica del personaggio. Detto tra noi, penso che un museo in
onore di Kafka sia in teoria una delle più tremende sfide che si
possano immaginare per gli organizzatori. Al di là dei pochi oggetti
superstiti che si possono mostrare nelle vetrine quello che è
difficile proporre è il contenuto dei temi proposti. Qui sembra che
vengano mostrati due temi relativi alla vita di Kafka, articolati sul
doppio fronte "spazio esistenziale" e "topografico immaginario".
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Non so se ci sono riusciti. Certo è che vale
la pena di vederla. Sono venuto fin qui appunto per questo. Mi viene in mente che
il famoso agrimensore Joseph K. chissà quante volte avrà fatto la mia
stessa strada, scendendo a valle dalla sommità della collina per andare
al centro storico attraverso il Karlův most.Tra le tante
cose il famoso "Albergo dei Signori" altro non è che una locanda vicino
a
Karlův most, proprio in questa zona il cui nome è per alcuni
Locanda del Ponte. Lascio Malá Strana con i suoi scorci
suggestivi alle spalle e mi immetto sul ponte. |
 |
Decine e decine di
statue di colore nero si presentano ai miei occhi come se mi
osservassero tutte contemporaneamente e in modo inquietante. Osservo la Vltava e prendo
atto che è un fiume da temere. Se un giorno ci sarà una esondazione sono
sicuro che sarà un dramma perchè la sua portata non è uguale a quella
del Tevere di Roma che, al suo confronto come ho già detto sembra un rigagnolo.
Qui l'acqua è tanta e pure minacciosa. Ho paura che il ponte con la sua
vetustà da un momento all'altro possa cedere e farmi cadere in acqua. Mi
rassicurano i tanti turisti che insieme a me passeggiano sulla
passerella guardando, osservando, fotografando e alcuni addirittura
strofinando con la mano misteriosamente qualche statua. Le statue sono
molte e di difficile individuazione. La mia guida mi dice che sono
trentuno. S. Venceslao è la terza venendo da Malá Strana
e andando verso la Karlova. S. Vito la quarta. La tredicesima
mi colpisce particolarmente perchè è la statua di S. Vincenzo
Ferreri e S. Procopio. Perbacco S. Vincenzo è il mio Santo!
|
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Cerco di trovare qualche aspetto gradevole e particolarmente espressivo
che me la possa far ricordare meglio ma, alla fine di una lunga
osservazione mi sembra la statua meno bella di tutte. La quattordicesima
è S. Antonio da Padova: il Grande S. Antonio che è forse
la statua che la gente strofina più di tutti. La si può vedere nella
foto cartolina che ho acquistato al Muchovo Muzeum. La ventiduesima
rappresenta i due santi Cirillo e Metodio. La ventisettesima è la
Pietà. Quando penso che questo ponte è stato costruito alla fine
del XIV secolo ed è ancora qui, intatto c'è di che rimanere stupiti sia
per grandiosità dell'opera costruita nella sua epoca, con la tecnologia
del tempo, sia per il miracolo che è alla portata di tutti quando si
pensa che con tutti i conflitti europei questo ponte è stato salvato da
qualunque tentativo di distruzione o di sabotaggio. Naturalmente mi
viene in mente un altro ponte europeo, anch'esso famoso per altri versi,
costruito sulla Drina il fiume bosniaco di cui il grande
scrittore Ivo Andrić pose al centro del tema del suo
straordinario romanzo Na Drini Ćuprija, in italiano Il
ponte sulla Drina. Diciamo la verità Karlův most
è più antico, più lungo, più grande e più spettacolare. Lascio il ponte
alle mie spalle convinto che lo vedrò di nuovo ogni giorno fino alla
partenza. Qui ogni breve distanza percorsa è motivo di meraviglia
per le tante cose belle che si vedono. C'è una concentrazione di
bellezze architettoniche per unità di superficie da fare invidia anche a
Roma. Certo che Praga è bellissima. E' incredibile poi la quantità
impressionante di guglie, cupole e pinnacoli che si vedono svettare
verso il cielo da tutte le parti si guardi il panorama. Ma devo andare:
"San Nicola" mi sta aspettando e voglio vederla prima che chiuda. Ho
letto da più parti che questa chiesa praghese, a due passi dalla piazza
vecchia, è unica per la bellezza del «suo» barocco e perchè dopo la
visita voglio provare a fare un confronto con le altre decine di chiese
barocche che esistono in Sicilia, compresa quella del mio piccolo paese
che ha lo stesso nome anche se pomposamente più lungo: Duomo di Santa
Maria Assunta e San Nicolò Vescovo o Matrice. Ci arrivo quasi
subito, dopo una breve camminata prima nella Karlova,
successivamente in Malé náměstí, infine in Staroměstské
náměstí e, girato l'angolo, ecco la bella facciata della Sveta
Mikuláš ora diventata, dopo vari passaggi di proprietà, sveta
husitska, cioè "chiesa hussita". Sia l'esterno e a maggior
ragione l'interno sono semplicemente spettacolari. In linguaggio di
storia dell'arte si direbbe che
«le
geometrie di curve tipiche dei Dientzenhofer sono armonizzate
quasi senza soluzione di continuità, creando raffinati dinamismi. [...]
L'insieme strabiliante di quadrature prospettiche e scorci
rimanda alla grande tradizione tiepolesca».
Belle parole vero? Non sono mie. Indipendentemente dal linguaggio raffinato e tecnico
quel molti "qualcuno" che materialmente l'hanno costruita meriterebbero
gratitudine eterna per avermi permesso di vedere questo incanto. Nomino
in sequenza cronologica questi personaggi dell'arte e della cultura,
alcuni cechi ma altri italiani. Sono: P. Bos, Giovanni Domenico Orsi,
Kryštof Dientzenhofer padre, Kilián Ignác Dientzenhofer figlio e Anselmo
Lurago. Forse ne ho trascurato qualcuno ma sicuramente dobbiamo ai
Dientzenhofer padre e figlio la maggiore responsabilità e bravura nella
costruzione di questo gioiello dell'arte barocca ceca. Sveta Mikuláš
rappresenta una robusta concezione di duomo che è impossibile scindere
dalla città di Praga. Visitandola più di una volta mi è corsa in mente
l'idea di smontarla pezzo per pezzo e trasportarla in Sicilia, come ha
fatto un riccone statunitense con il vecchio ponte inglese London
Bridge che dopo averlo pagato al governo inglese nel 1960 lo
ha accuratamente smontato, numerato tutte le pietre, trasportato negli
USA e riassemblato a Lake Havasu City , in Arizona. Adesso si
chiama ponte di Rennie. Quanto mi piacerebbe averla vicino casa e
andare a messa la domenica mattina respirando aria intrisa di funzioni
religiose gesuitiche, canti gregoriani in latino e odorare i fumi
dell'incenso. Io che mi sono sempre sentito pienamente laico e che
ho assunto sempre e costantemente un atteggiamento di opposizione
critica all'ingerenza del potere ecclesiastico nella vita politica e
sociale italiana provo tuttavia gratitudine per la religione per essere
riuscita a creare opere di una bellezza rara e alcune volte uniche e,
soprattutto, di averle preservate dalla folle ed egoistica fame del
potere politico italiano di fare scempio di così rara grazia artistica.
Più di una volta mi sono posto la domanda di che cosa sarebbe successo
ai grandi manufatti artistici di Roma se il comunismo avesse attecchito
in Italia e a Roma in particolare. Apro una parentesi polemica per dire
che sarebbe stato ancora peggio se le opere fossero state date in pasto
alle ciniche, indolenti e qualunquiste autorità municipali romane. Conoscendo
poi il sinistrismo dei miei
concittadini romani sono convinto che avrebbero, nella loro fobia
anticlericale, distrutto tutto ciò che più di bello è stato costruito
negli ultimi mille anni. Basta vedere in che condizioni terribili è
stata lasciata questa chiesa dal comunismo cecoslovacco e si avrà la
misura del debito di riconoscenza che abbiamo nei confronti del
cristianesimo tutto, compreso quello ortodosso e di tutte le chiese
della Riforma. Infatti la chiesa di svatý Mikuláš, all'interno, è in uno stato scadente.
Sembra essere una chiesa abbandonata. Molti altari delle varie cappelle
laterali sono pieni di polvere e si notano molte screpolature
nell'intonaco delle pareti. Gli intarsi di legno nelle loro linee
rotondeggianti avrebbero bisogno di essere riprese con cera liquida
rigeneratrice del legno. Riesco anche a salire i gradini che mi portano
in alto alla base di appoggio della cupola nella volta interna da dove faccio il
giro di un lato della balconata osservando uno spettacolo insolito nel
vedere le sculture ornamentali dall'alto. Penso adesso come confrontare
Sveta Mikuláš con altre chiese barocche siciliane. Sicuramente è
un bel "testa a testa" fra la ceca perfezione di Sveta Mikuláš
come primo termine di paragone e tanto per fare alcuni nomi la chiesa di S. Giorgio
a Modica (Ragusa), la chiesa S. Domenico a Noto (Siracusa) e, per
le forme esterne meno rotondeggianti, la cattedrale di Siracusa, la chiesa della
Santissima Annunziata a Messina, la chiesa madre a Palma di Montechiaro, la Chiesa di
Santa Teresa alla Kalsa di Palermo, le due
Basiliche della Collegiata di Santa Maria dell'Elemosina e
di Santa Maria Santissima dell'Elemosina, entrambe a Catania, la Chiesa Madre di
San Giorgio a Modica, il
Monastero di San Nicolò Arena a Catania, la chiesa di San
Giuseppe a Ragusa Iblea, la Chiesa di San Benedetto a Catania
e "last but not least" il Duomo di Santa Maria Assunta e San Nicolò
Vescovo o Matrice del mio paese. La Sicilia abbonda di chiese e
palazzi barocchi. Non faccio qui alcuna graduatoria.
Dico solo che la diversità è un valore e per essere più precisi affermo che
solo l'ultima non è all'altezza della prima. Certo ci sono più barocchi
perchè come dice Guido Piovene a pag. 605 nel suo bellissimo libro
Viaggio in Italia: il
«barocco
siciliano, quale lo si vede a Catania, ad Acireale, a Noto, per
dire solo i luoghi dove eccelle di più, è diverso da tutti gli altri, e
non si può confonderlo nè con quello spagnolo nè con quello chiamato
coloniale ».
Dunque, niente graduatorie ma, se si vuole, solo gerarchie di quantità per
l'alto numero di chiese barocche presenti in Sicilia, tutte di altissimo
valore artistico. |
Esco da Sveta Mikuláš più che soddisfatto. A
due passi c'è la bellissima Staroměstské náměstí con la statua a
Jan Hus. Sono tentato di fare anche qui un confronto con
l'analoga statua di Giordano Bruno in Campo de' Fiori a
Roma. Ma ci rinuncio subito perchè non mi riconosco le competenze
storico-filosofiche per
una attività così delicata e difficile. Rimane il fatto che i due
monumenti in bronzo rappresentano due eventi storici relativi alla
religione cattolica che li condannò entrambi al rogo. Tuttavia, mentre
nel caso di Campo dei Fiori a Roma Giordano Bruno è raffigurato solo e pensieroso sul piedistallo con in testa il cappuccio di
monaco e un libro in mano, mentre nel caso di Jan Hus ci troviamo,
viceversa, in presenza di un gruppo numeroso di statue, tra le quali
svetta quella di Hus che guarda verso la cattedrale. Dunque, se è vero
che ci sono delle somiglianze è altrettanto vero che ci sono anche delle
diversità. Per curiosità Ripellino ricorda a pag. 84 di Praga magica
che «nel 1588, due anni prima di essere gettato sul rogo, visitò Praga».
"Me partii ed andai a Praga, e stetti sei mesi" scrive Bruno
nei Documenti veneti IX. E' vero,
stette sei mesi ma ambiva a rimanere anni. E invece così non fu perchè
alla corte rodolfina viveva in quel periodo un altro italiano, il rancoroso Fabrizio
Mordente (di nome e di fatto), che si adoperò con l'Imperatore per non
farlo stare a Praga. Lo scrive Anacleto Verrecchia nel suo libro
Giordano Bruno: la falena dello spirito, a pag. 189, per i tipi di
Donzelli Editore. Non è una notizia da poco se è vero come è vero
che il cerchio inquisitorio nato con Hus nel 1415 si chiuse a
Roma con Bruno dopo che questi nondimeno visitò Praga. Faccio
notare che nelle parole di Ripellino c'è un errore che riguarda l'anno
della morte di Bruno a Roma. Dalle parole scritte nel libro
Praga magica appare che fu nel 1590, mentre al contrario Bruno fu ucciso
sul rogo nel 1600, cioè ben dodici anni dopo e non due anni dopo il suo
viaggio a Praga. Ricordo bene questi passaggi storici, perchè nel 1984
assistetti a Roma in una saletta del centro storico a una piacevole e interessante conferenza del prof.
Luigi Firpo, dal titolo "Il processo di Giordano Bruno". Sono quasi le
diciannove ed io scopro di avere bisogno di denaro contante in korone ceche
per le mie esigenze personali.
Questa necessità mi obbliga, nei pressi della Staroměstské náměstí,
a entrare in Eurochange,
un cambia valuta che a fronte di 50 euro da cambiare (1€=28,900 kč, con una
commissione di 75,00 kč) riscuoto 1370 kč. Evidentemente a Praga ognuno
ha il suo cambio personale. Capisco che mischiare roghi, personalità
religiose e fatti storici con le miserie umane inerenti al "vil denaro"
possa sembrare una grave mancanza di rispetto e di senso della
misura. Ricordo tuttavia che il turista ha un'altra visione durante i
suoi viaggi, in quanto deve conciliare esigenze
apparentemente diverse dalla cultura ma maledettamente importanti per la
sua esistenza. |
Mi incammino verso l'albergo perchè
desidero riposare un po'. Penso a Praga e alle sue molte chiese e faccio
qualche considerazione personale nella mia mente. A Praga oltre a via
Kateřinská (dovuta alla presenza della chiesa di S.
Caterina) c'è anche una via Salvátorská (ovviamente anche qua
per la presenza di una chiesa, chiamata del S. Salvatore). Si trova
a meno di cento metri a nord di Staroměstské náměstí.
Mi rimane da trovare una eventuale via Serginska, o
qualcosa del genere, e avrei raccolto a Praga i nomi dell'intera mia
famiglia di nascita al completo di madre, padre e fratello.
Sfortunatamente qui a Praga non mi risulta una chiesa intestata a nessun
san Sergio anche se a Urbino esiste una chiesa intitolata a S. Sergio, fondata in epoca
bizantina rinascimentale, mentre in Russia a Novgorod c'è la chiesa
di San Sergio di Radonež (Церковь преподобного Сергия
Радонежского), senza dimenticare poi che alla fine del secolo VII
c'è stato il papa San Sergio I. Per rimanere in tema di soggetti
chiamati Sergej e aventi legami con Praga ci sarebbe da
ricordare il regista cinematografico russo Sergej Iosifovic
Jutkevic, tra l'altro "Leone d'oro" alla carriera alla Mostra
del cinema di Venezia di qualche decennio fa. Questo regista di nome
Sergej con la città di Praga ha in comune l'interesse per l'autore
del Buon soldato Švejk. Realizzò infatti alcuni film
che hanno come protagonista il personaggio letterario di Jaroslav
Hašek : "I nuovi racconti del bravo soldato Švejk" del 1941, "Švejk
si prepara per la guerra" del 1942 e "Le nuove avventure di Švejk"
del 1943. Non c'è che dire: a Praga storia, cinema e cultura sono di
casa. E' proprio una bella città. |
Terzo
giorno Mercoledì 24 agosto.
Oggi è una giornata importante perchè con
l'esperienza maturata nei due giorni precedenti dovrei completare la
maggior parte delle visite che mi rimangono da fare con maggiore
celerità ed efficacia dei giorni passati. Il programma prevede
di visitare prima la "parte ebraica" della città, nella parte nord di Staré Mesto
(ghetto ebraico, cimitero, sinagoghe e probabilmente anche ristorazione) e successivamente la parte
ovest di Staré Mesto, quella vicino al fiume Vltava,
tanto per intenderci. Una visita a Praga senza vedere il
cimitero ebraico di Josefov è impensabile. Eccomi dunque "gambe in spalla"
e scendere alla fermata della Metro della
linea A, colore blu, la più vicina alla meta che è Staroměstská. La zona
dell'acquartieramento ebraico di Josefov a Praga si trova
delimitata da alcune strade. Innanzitutto la
Široká, che interseca la Pařížská, oltre la quale
pressappoco prende il nome di
Vězeňská. La perpendicolare a questo asse orizzontale, rappresentato
dalla Dušní ad est e dalla Listopadu ad ovest. In
questo quadrante di Staré Mesto si trova quasi tutto ciò che
fa capo all'ebraismo antico di Praga. Per l'esattezza io mi trovo
al numero 25 della Široká. L'entrata
costa 300 kč. Faccio notare che il biglietto è cumulativo di
una serie di edifici di culto sebbene sia indicata l'ubicazione u Staré Školy 1 Praha1. La prima cosa che voglio vedere è lo Starý
židovský hřbitov, cioè il cimitero ebraico vero e
proprio di Praga che ai
tempi di Rodolfo II era l'unico giardino possibile e immaginabile
per una popolazione relegata nei suoi diritti di circolazione. Questo
piccolo tesoro di verde si trovava tra piccole
case primitive ammassate in viuzze strette e intricate. Su questa
questione dei ghetti ebraici nelle città europee avrei molto da dire a
tutti coloro che praticano l'antisemitismo. Il rischio è che gli
ebrei europei in generale, e quelli praghesi in particolare, dopo essere stati discriminati e aver vissuto in
condizioni di semi schiavitù per secoli, invece di essere riabilitati (e con le
scuse) hanno dovuto patire una seconda e più grave politica di
segregazione nel '900 con i progrom e le leggi razziali naziste di cui l'Italia
fascista si è resa protagonista in modo vergognoso e inaccettabile in
Europa. Mi
domando cosa sarebbe successo se ad essere
discriminati al posto degli ebrei fossero stati i biondi ariani del centro Europa o i
discendenti latini degli antichi romani. Ecco, suggerirei loro di pensare a questa
semplice idea per avere un quadro molto diverso di come vedono
deformata la questione ebraica in Europa. Purtroppo, la stupidità umana è così
copiosa e abbondante che certe volte si fa prendere la mano e si fa beffe
dell'intelligenza. Aggiungo che i nazisti raccolsero da tutte le
sinagoghe d'Europa molto materiale storico e religioso perchè era
loro intenzione fondare un incredibile "Museo della razza estinta" in memoria del
popolo che volevano sterminare. Ma ci si rende conto del significato di
questo progetto? Non credo che si possa immaginare un modo più distorto
dell'uso dell'intelligenza umana. Entro nel cimitero e rimango colpito
dall'alta concentrazione per unità di superficie di antiche lapidi in
pietra di tutte le dimensioni e forme. |
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Sembra un paesaggio da racconti di elfi
e templari,
un paesaggio di altri tempi, con l'aggiunta di un inquietante silenzio del luogo. L'abbondanza di
verde e la scarsa luce che filtra dagli alberi molto vicini tra di loro,
altresì, creano un paesaggio quasi spettrale da film di Alfred
Hitchcock. Nonostante il cimitero sia piccolo non si sentono i rumori
della città a latere. Mi sembra di essere al cinema e vedere da un momento
all'altro qualche drago che tra una tomba e un albero lancia fiamme su
noi poveri e ignari turisti che visitiamo il luogo.
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Evidentemente si è capito che non sono solo.
Ci sono frotte di turisti anziani del nord Europa con una buona schiera
di persone di lingua spagnola. La tomba più visitata e pubblicizzata di
tutte è
quella del Rabbino Jehuda Löw, che è stato colui che nel 1592
incontrò addirittura l'imperatore Rodolfo II per parlare con lui
delle condizioni del ghetto e, soprattutto, di mettere al corrente il
sovrano delle ricerche mistiche e cabalistiche da lui effettuate in
tanti anni di riflessioni e di lavoro. Entrambi non
scherzavano con questa storia della Cabala. Si sa che in quel periodo a
Praga fervevano lavori di ricerca alchemica per trovare la famosa
"pietra filosofale". Un progetto raro e ambizioso per quei
tempi, che permise alla città di Praga di
diventare in quel tempo l'attuale tempio della ricerca scientifica come
lo è attualmente il CERN di Ginevra. Tanto per richiamare viceversa una
coppia di uomini veri di scienza e astronomia e non dei furbacchioni di
astrologia, ricordo che Löw morì l'anno precedente in cui Galileo Galileo
(1610) pubblicò in latino il Sidereus Nuncius, trattato di
astronomia che significa "messaggio proveniente dalle stelle". Ed è un
vero messaggio quello che il cimitero propone a proposito del fatto
che esso rappresenta un luogo triste e angosciante, sebbene all'uscita
dal recinto ci si viene a trovare dopo un incrocio in una delle strade
più trafficate della capitale chiamata Pařížská, che com'è
noto è senza ombra di dubbio
una delle strade più eleganti e raffinate della capitale. Il
secondo astronomo, e non astrologo, è Giovanni Keplero il quale scoprì
empiricamente le leggi che regolano il movimento dei pianeti intorno al
Sole. Entrambi
non si interessavano ai segni zodiacali e agli ascendenti per
interpretare sogni o fantasie del genere, ma avevano a cuore la
conoscenza matematica dei meccanismi scientifici che stanno alla base
delle leggi dell'Universo. Quando penso che milioni di miei connazionali
di tutte le classi sociali, compresi i laureati, quando leggono il quotidiano la prima pagina che leggono è la pagina dell'oroscopo, capisco perchè l'Italia è un paese in cui molti
credono nella superstizione e disperdono il capitale di buon senso e di
razionalità. C'è di che vergognarsi ad avere connazionali così
superstiziosi, pieni di pregiudizi e di manie scaramantiche. |
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Dopo essere uscito dal cimitero e avere
visitato la sinagoga presente all'interno del recinto fa una certa impressione
vedere il contrasto tra il dentro e il fuori, come se
improvvisamente fossi passato dall'antico al moderno o dal
fantastico al reale in
pochi istanti di tempo. Mi sposto sulla Maiselova al numero 18
di Praha1 per vedere la Staronová Synagoga chiamata
"Vecchia-Nuova
Sinagoga". Il biglietto costa 200 kč. E' l'edificio più antico del
quartiere e rappresenta la "sinagoga madre", anche se qui
intorno ci sono alle altre cinque sinagoghe
facenti parte del circuito legato ai due poli museali
dello Židovské Museum V Praze e della Staronová Synagoga.
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Non ho l'intenzione di vistarle
tutte ma in questa sinagoga dal nome strano di "vecchia-nuova" si
può ammirare il famoso rotolo della Torah, oltre ad
altri simboli importanti dell'ebraismo, come una bandiera dono
dell'Imperatore Ferdinando II per il valore mostrato dagli
ebrei durante la battaglia contro gli svedesi nell'anno 1648,
sei anni dopo la morte di Galileo e la contemporanea nascita
di Isaac Newton. Fa impressione vedere il rotolo di pergamena
nella vetrina a pochi centimetri dal mio naso come oggetto di
culto antico. Si immagini un po' cosa vuol dire nella
religione ebraica per un ebreo la sua esistenza e lo si
confronti nelle altre religioni con qualcosa di analogo. La
Sinagoga mostra una impostazione a tre navate della sala
centrale, con un matroneo (balconata femminile) al piano
superiore. Le donne ebree,
discriminate come quelle mussulmane, durante la funzione religiosa
sono abbligate ad essere divise dagli uomini, e non hanno accesso
diretto nella sala della cerimonia religiosa. E' la
solita storia della discriminazione della donna in tutte le
religioni, compresa quella cattolica. Fermiamoci qui perchè ho desiderio di cambiare
argomento.
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Questi discorsi mi creano
inquietudine, perchè non ho mai accettato l'idea
stessa della discriminazione che, purtroppo, devo
ammettere si annida
anche in ambienti, come quelli religiosi, dai quali
non ci si aspetterebbe. Nella Maiselova mi
sposto di poco, dal n.18 al n.27 che è la casa dove
nacque Kafka il 3 luglio 1883. Ricordo che ci troviamo
nel quartiere ebraico, che il marciapiedi della Maiselova
è limitrofo al muro del cimitero ebraico e che il giovane Franz nacque in
una famiglia di ebrei askenaziti di madrelingua
tedesca proprio nell'edificio che sto attualmente guardando. I genitori stavano economicamente bene e
appartenevano alla borghesia praghese. Il padre
infatti era un agiato commerciante ebreo che aveva una
specie di emporio che gestiva insieme alla madre,
grande lavoratrice e acuta collaboratrice del marito
soprattutto dal punto di vista della tenuta dei conti.
Nella foto accanto Franz ha cinque anni. Aveva tre
sorelle di nome Elli, Valli e Ottla.
I suoi due fratelli invece morirono in età
giovanissima, quasi da neonati. La
foto lo ritrae cavallerizzo nello studio di un
fotografo vicino a una pecora piuttosto che a un
cavallo. La foto (originale Wikipedia a
questo link)
è un classico dei bambini che
venivano immortalati vicino a una sagoma che simula un
animale.
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La Maiselova è una strada anonima,
di breve lunghezza, senza particolari notevoli da
colpire la mia attenzione.
La lascio alle mie spalle e continuo la passeggiata
svoltando nella
liberty Pařížská. Questa bellissima strada mi
cambia completamente umore, facendomi ritornare sereno e
disteso. Staroměstské náměstí è a due
passi e merito di vedere di nuovo lo straordinario colpo
d'occhio che essa offre.
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Riprenderemo il discorso su
Kafka in un altro momento. Qui mi preme solo sottolineare
che sessantatrè anni dopo la nascita di Kafka avvenuta
nella mitteleuropea Praga, in un altro posto a sud
d'Europa, in Sicilia,
in un paesino alle falde dell'Etna, nacque un altro bambino che da grande si innamorò delle
opere di Franz Kafka e che da bambino si presentava molto simile al futuro famoso
scrittore. Lo si vede
nella seconda foto più in basso in una posa simile a quella precedente, nonostante i
2044 chilometri di distanza fra le due località, a
dispetto dei 63 anni di differenza temporale in cui sono
state scattate le due foto e sebbene
i soggetti interessati parlassero due lingue profondamente differenti.
Insomma, diversi ma simili. D'altronde si è sempre detto
che i bambini sono tutti uguali a tutte le latitudini e
longitudini del mondo, no? Mi si perdoni
l'accostamento irriverente tra me e Franz, ma in un diario di viaggio la
divagazione è lecita ed anche permessa, perchè fa parte delle riflessioni
personali che il viaggiatore ha diritto di fare a condizione che
alla fine, ciò che conta, è la stima e
l'ammirazione per il grande scrittore ceco siano veramente
tangibili e concrete. Quando si parla di casa natia, di
infanzia e di luoghi di famiglia è difficile non
ricordare il proprio passato e le condizioni in cui
abbiamo vissuto l'infanzia che ci abbracciò accogliendoci
alla vita in mezzo agli
affetti dei nostri genitori.
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Ma ritorniamo a Praga e alle
meraviglie della Staroměstské náměstí, interamente perimetrata da palazzi d'epoca. Certo che l'orologio
astronomico è di una bellezza più unica che rara. Si va dall'aquila
all'Arcangelo Gabriele e persino a una scimmia per colpire
l'attenzione di questo vero e proprio gioiello del 1400. Ci sono
lancette che si muovono sopra e tra i quadranti. Ci sono le
immancabili figure allegoriche che richiamano idee, filosofia e
cultura. C'è di tutto. Ci sono persino i vizi tipici del mondo e
degli uomini, con le loro paure; c'è la vanità, l'avarizia, la morte
e addirittura l'ottomano, simbolo dello scontro di civiltà fra il
mondo mussulmano e quello cristiano. Si arriva, per finire,
all'angelo, all'astronomo e al filosofo. Il tutto accompagnato da
un'animazione delle figure allegoriche che lascia senza fiato chi le
osserva. In Praga Magica Ripellino a pag. 20 a proposito dei suoi
ricordi relativi alle cose osservate da me sopra dice: «E la torre
del Municipio della Città Vecchia, col calendario dipinto da Josef
Mánes, "ciclo di dodici idilli sulla vita del contadino boemo", e
con l'orologio astrologico di Maestro Hanuš, sopra cui si anima, al
batter delle ore, un teatrino allegorico. Dietro due finestrine vedi
sfilare un gruppetto di piccole statue: gli Apostoli col
Salvatore, e la morte che alletta l'avaro e l'avaro che la respinge,
e il turco, ed altre figure, finché, al canto di un gallo, tutto
sparisce». Non mi stancherei di osservarlo. Purtroppo si è fatto tardi
e il mio stomaco reclama il pasto giornaliero. Decido di presentarmi
non molto lontano da qui, in u Obecního Domu 1, presso il
Restaurace
«Sarah Bernhardt»
di Praha. Il ristorante si trova a pianterreno nell'hotel
Părĭz, in un
edificio straordinariamente bello e affascinante. La scelta
tiene conto
che qui è molto probabile che le pietanze locali soddisfino il
criterio della tradizione e del gusto. Decido pertanto di
entrare dopo aver visto il menù posto all'esterno, vicino
l'entrata. Vengo subito avvicinato da un cameriere del
ristorante che mi invita a sedermi ad un tavolo di mio
gradimento. Scelgo un tavolo quadrato piccolo per due persone in fondo
alla sala, a destra all'entrata. Pochi istanti dopo si
presenta il direttore di sala che mi saluta. Vengo osservato
con molta attenzione. Probabilmente vuole
farsi un'idea della tipologia di cliente alla quale
appartengo. Ringrazio in inglese e inizia da parte sua una
sottile strategia di accalappiamento per indurmi ad ordinare delle
pietanze di suo gradimento. Vedo che non riesce a individuare la
mia nazionalità, perchè tenta un approccio linguistico prima in
francese, poi in spagnolo e, quindi, in tedesco. Nel
momento in cui cambia lingua lo vedo essere sempre più in difficoltà.
Ho con me la guida di Praga del Touring, appoggiata sul tavolo
con la parte scritta in italiano accuratamente nascosta, per evitare di
essere identificato. Frequentemente nei ristoranti "titolati",
applico quasi sempre questa strategia che mi mette di
buon umore per vedere se il cameriere riesce a riconoscere la
mia nazionalità.
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Alcuni ci
riescono subito, altri meno. Lui appartiene a questa
seconda categoria. Si assenta un attimo per permettere al
suo collega, specialista sommelier, di suggerirmi il
tipo di vino da abbinare al piatto. Naturalmente non
abbocco. La bottiglia di vino meno pregiata costa il
doppio del budget che ho stabilito per l'intero pranzo.
Pertanto, dopo aver fatto qualche smorfia di perplessità
mostrando, in modo un po' sfrontato delusione, faccio osservare che la lista non è completa e che dunque
ero costretto a scegliere della buona birra locale. Deluso
si ritira mentre arriva il direttore di sala col menù.
Anche qui dopo vani suggerimenti, e sempre in
inglese, chiedo una pietanza della cucina ceca
tradizionale che, tra l'altro in modo non certo casuale
viene da me scelta perchè è quella che costa meno. In
pratica prendo un solo tipico piatto tradizionale di
carne. Esplicito la mia decisione di bere una birra e
mi godo i pochi minuti che precedono la succulenta portata
osservando gli interni. Con la coda dell'occhio vedo il
direttore che tenta un'altra volta di capire la lingua
della mia guida da me accuratamente celata sotto una
cartina di Praga. I tavoli sono curati nel dettaglio. Le
posate sono rigorosamente in argento con calici di
cristallo pulitissimi. La tovaglia è di un bianco che più
bianco non potrebbe essere e l'atmosfera è decisamente di
livello superiore. A lato, pubblico la ricevuta fiscale
del ristorante. |
All'uscita mi
dirigo verso la Vltava perchè desidero adesso visitare la parte ovest della città vecchia. Innanzitutto in
Mariánské náměstí il Clementinum da non confondere con il
Carolinum. L'abbondanza di tesori architettonici ed artistici
qui è straordinaria. Non ho tempo per visitarlo e devo accontentarmi
di vederne le facciate più importanti. Non si può vedere tutto. So
che all'interno c'è una biblioteca da fare invidia alle più famose
del continente. D'altronde dopo aver visto la collezione di libri a
Strahov c'è di che giurarci delle bellezze di questo gioiello
della cultura praghese. Prossima meta più a sud è il Národní divadlo, ovvero il Teatro
Nazionale. |
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Già la sola cupola fa capire di che pasta è fatta questo
ennesimo gioiello di Praga. Si tratta di un simbolo della
ricca tradizione artistica e musicale boema che fa onore al paese.
E' semplicemente spettacolare. La passeggiata continua ancora
muovendomi sempre verso sud sul lato del fiume. Il paesaggio è
interessante. Vedo prima la Kampa ostrov cioè l'isola di
Kampa che visiterò domani e di seguito la Slovanský
ostrov, cioè l'isola slava delle stesse dimensioni di quella di
Kampa. Percorrendo la Masarykovo nábřeží mi avvicino al
Jiráskův most che si affaccia nella Jiráskovo náměstí,
cioè la piazza Jiráskovo che mi permette di vedere la
"Casa danzante" più conosciuta sotto il nome di Ginger e Fred,
ovvero una costruzione che è stata concepita come un innesto tra i
corpi di due palazzine che evocano un abbraccio di ballerini come la
famosa coppia statunitense formata Ginger Rogers e Fred
Astair.
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All'interno una parte della costruzione (la parte di
Ginger) è una specie di museo provvisorio con la frase del suo
architetto canadese Frank Gehry che dice: "Quando tutti gli altri
sono pronti per la fine, io sono pronto solo per l'inizio". Come si
voglia giudicare questa costruzione è affare personale. Tuttavia non
c'è ombra di dubbio che è una caratteristica della città molto
ricercata dai turisti, me compreso. Il fatto che io sia qui è perchè
sono stato mosso da curiosità. Si sa che i gusti del turista non
possono e non devono essere mai giudicati negativamente. Sarebbe "turistically
incorrect".
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Dalla "palazzina danzante"
attraverso la Resslova mi porto in Karlovo náměstí
e da qui percorrendo la Spálená arrivo in
Národni il bel viale che termina al Teatro nazionale.
Osservo che nessuna strada è preceduta dal nome "via". La cosa
mi sembra strana. Qui a Praga non si vedono nè Boulevard,
e neanche ulice. Qui non si parla di Ulice
Národni o Boulevard Národni ma semplicemente di
Národni. Come mai? Rimango col dubbio che le strade
praghesi o addirittura dell'intera Repubblica Ceca non sono
precedute dal nome
«via».
Mi viene in mente che omettendo il nome via ci sarà da
qualche parte a Praha una
Římská ma non una
ulice Římská. A proposito c'è una via Roma a
Praga? A Roma c'è una via Praga. Si trova nel quartiere EUR. A
vedere la mia mappa c'è una Římská non lontano da
qui. Mi viene voglia di vederla ma prima desidero prendere una
tazza di thè o di caffè, al Louvre che è una
istituzione. Il Cafè Louvre non è lontano e poi è anche
famoso. In verità ho fatto questa strada proprio perchè mi
interessa questo Cafè inaugurato nel 1902. Allo Slavia,
Cafè diretto concorrente del Louvre, ci andrò
domani.
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Si trova in Národni 22 in un bell’edificio in
stile neorococò che avrebbe necessità di una ristrutturazione.
Nonostante l’entrata del Cafè si trovi a piano terra il Cafè
vero e proprio è
al primo piano, mentre nel sottoscala c’è un club di jazz. Salgo le scale e sul pianerottolo
nella parete intravvedo un quadro.
L’interno mostra uno stile ormai desueto e fuori moda che
ricorda i bei tempi andati. Qui a Praga i Cafè
letterari di pregio artistico come lo erano una volta non
si contano. Un breve elenco dei più importanti, oltre ai
due sopra citati, sono: Hotel Europa, Hotel Părĭz
(in entrambi ci sono stato), u Červeného Páva, Obecní
dům e altri che non ricordo. Prendo un cappuccino con uno
strudel
di mele caldo. I tavoli sono quasi tutti occupati e la gente
parla in tutta rilassatezza senza disturbare. E’ bello stare qui.
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Quando penso che in questo locale,
e anche negli altri, agli inizi del secolo scorso si
incontravano gli intellettuali tedeschi del tempo, compresi il
duo FranzKafka-Max Brod intenti a discutere di posizioni
filosofiche e psicologiche non credo ai miei occhi. Esco dal
Cafè rinfrancato e gambe in spalla mi metto in cammino.
Da Národni a Františkánská zahrada (una vera
osasi verde), da Vodičkova a Václavské námĕsti e
da qui alle spalle del Muzeum, ecco che appare la Římská.
Volendo avrei potuto prendere la metro a Můstek
e dopo una sola fermata della linea verde sarei arrivato
vicinissimo alla Římská, "Via Roma" a Praga è una
via secondaria. Mi ricorda tanto le strade del quartiere
Ottaviano a Roma, vicino al Vaticano. I palazzi hanno lo
stesso stile. La rassomiglianza è notevole. Ci sono anche gli
stessi tipi di portoni d'entrata in legno. Bene, vuol dire che
con una buona dose di immaginazione si può pensare che vivere
a Praga è lo stesso che vivere a Roma. E' ora di rientrare in
hotel. Mi dirigo verso la Stepanska al
Supermarket MIDI in Stepanska,1 Praha2. Compro: Cok
Milka100g orech drceny, syr leerdammer platky 150g, danone Yog
activ 125g fik, pm p rohlik 43g, cga 0,51 bonaqua
keperliva, vaha banany per un totale di 122 czk. Stasera
cenerò in camera e vedrò la tv. Sono stanco e mi voglio
riposare.
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Quarto giorno Giovedì 25 Agosto. |
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Oggi è
l'ultima giornata che precede la partenza. Al centro delle mie
attenzioni ci sono alcuni obiettivi di arte e storia dell'arte
che ho finora lasciato in disparte. D'altronde non si può
visitare tutto. Praga è così piena di tesori d'arte e di
cultura che è praticamente impossibile in quattro giorni
vedere tutto. Anzi. La cosa che mi colpisce di più è che ogni
edificio della città vecchia ha qualche tesoro d'arte al suo
interno: musei, saloni e decine di altri elementi
architettonici e artistici di per
se così interessanti da costituire potenziali centri museali. E se uno
di questi edifici è veramente anonimo, con nulla di
interessante da mostrare, allora vuol dire che l'interesse
si sposta nella piazza o
nella via in cui esso si trova. Questa caratteristica di Praga è
veramente straordinaria. Innanzitutto mi interessa vedere il
Museo Alfonse Muchy, cioè il Muchovo Muzeum che si trova
in Panska
7 nel palazzo barocco Kaunický palác. Il cognome in
ceco di
questo famoso pittore è Muchy ma è più conosciuto col
nome inglese di Mucha. Siamo a due passi da Piazza S. Venceslao. Sono quasi le 11
quando entro al Museo in cui sono rappresentate le opere del
più famoso pittore artista ceco di tutti i tempi. Si tratta di pannelli decorativi,
disegni, quadri e preziosi cartelloni parigini con al centro
della scena la rinomata attrice Sarah Bernhardt in grado di
impreziosire la grafica in maniera straordinaria. L'art
nouveau poneva l'accento principalmente sulla decorazione
pittorica (anche scultorea) che assumeva spesso le forme
aggraziate di una figura femminile. Sarah Bernardt fu
un'alta espressione di questa idea. Diciamo subito che il rapporto Muchy-Bernhardt risale al 1894 e riguarda la richiesta di
Sarah Bernhardt ad Alfons Muchy di disegnare i propri
manifesti pubblicitari secondo la moda fin-de-siècle di
Parigi. Muchy ovviamente accettò e per sei anni il rapporto fu
vicendevolmente fruttuoso per entrambi. Certo, vedere recitare
in quell'anno o, meglio, vedere oggi una sua foto di quando
recitò La Signora delle Camelie di Alexandre Dumas
figlio, nel ruolo di Marguerite Gautier nel 1896, e vedere poi i
disegni di Muchy in cui la rappresenta come un'icona del
liberty non c'è di che meravigliarsi. Ma è proprio questo rapporto di causalità
in cui a un'immagine della divina Sarah è associato uno o più
disegni si vede la grandezza dell'artista Muchy che ci deve
fare pensare a quanto grande sia stata la bravura di questo
genio dell'art nouveau.
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Mi piace
riportare qui una frase asciutta e sintetica che l'Enciclopedia
Treccani dedica a Sarah Bernardt:
«seppe
armonizzare, con prodigioso senso della scena, slancio
lirico, efficacia drammatica, plasticità di atteggiamenti». Sappiamo dunque chi fu la
Bernardt. Non per nulla il
ristorante dell''hotel Părĭz, dove ho pranzato io
ieri, è
dedicato proprio a lei, attrice francese nell'hotel che ha il
nome della sua città Parigi. Ma io sono qui per il maestro
dello Jugendstil, ovvero per quell'A. (A. sta
per Alfonse come K. sta per Kafka) che
realizzò la meravigliosa Vetrata alla Cattedrale di San
Vito. Anche per Muchy l'Enciclopedia Treccani dice
qualcosa di simile:
«coltivò
varie branche delle arti decorative, ma soprattutto
l'illustrazione di libri e riviste, cartelloni, manifesti e
programmi per teatri (celebri quelli per Sarah Bernhardt,
1894) secondo il gusto dello Jugendstil».
Nel negozio del museo compro
quattro cartoline postali di Praga, alcune delle quali
sono state inserite in questa pagina web e sei di Muchy
fra le quali ci sono i bellissimi disegni delle quattro
stagioni e di Sarah Bernardt. Rimango affascinato
quando guardo questi disegni. Prendiamone una, quella
intitolata Flowers prodotta nel 1897. Si rimarrebbe
ore intere ad ammirare la protagonista, disegnata con una
specifica tecnica talmente particolare che viene chiamata
"stile di Muchy". Se la si osserva attentamente si può
creare un effetto post-visivo in cui ci si sente
trasportati nel tempo a quando molti interni di case
nobiliari e borghesi erano dipinti con questa tecnica.
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Spesso erano pannelli decorativi
che facevano risaltare l'immagine di una casa intonata allo
stile liberty. La produzione è non solo rivoluzionaria
ma variegata in forme differenti. Si va infatti da
rappresentazioni teatrali come La dama delle Camelie, a
rappresentazioni liriche come Tosca, teatrali come Medea,
Gismonda e Teatro del Rinascimento, persino in una vecchia
banconota da 10 korone della Banca Centrale Cecoslovacca,
oltre che di intere serie di francobolli. Non c'è molta
gente nel museo. Passo in rassegna tutti i manifesti estasiato
da tanta bellezza. Esco salutato dall'impiegata del
museo che mi ha venduto diversi "gadget muchiani". |
Si è fatto tardi ed è l'ora del
pranzo. Parto dalla Panská e seguo la parte terminale
di Na příkopě trovandomi quasi subito alla
straordinaria Porta delle Polveri che è limitrofa alla Casa
Comunale del Municipio. Perchè la casa municipale? Perchè a
pianoterra di questo edificio straordinario, bellissimo
e unico c'è un ristorante che si chiama Restaurace Obecnim dom
e si trova in náměstí
Republiky, 5.
Il piccolo spiazzo che
caratterizza l'entrata del ristorante è il nodo d'intersezione
di ben sei strade: Celetná, u Prašná brána, Náměstí
Republiky, Hybernská, Senovážná e dulcis in fundo Na
příkopě. Cosa volete di più di un luogo posto al centro
dell'interesse di bel sei strade? La presenza poi della Torre
delle Polveri, del Divadlo Hybernia e della Obecnim dom
fanno il resto. Si immagini per un istante lo spettacolo
di tutti questi elelenti architettonici della piazza e si ha
l'esatta misura di quanto bello sia questo scorcio di Praga.
Aggiungo anche che ad appena cinquanta metri più in là c'è
l'intera Piazza della Repubblica con i suoi edifici
straordinari.
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La Obecnim dom,
ovvero la Casa del municipio, non è solo un bel
palazzo ma è soprattutto un monumento che, per le sue
dimensioni e la sua perfezione è uno dei più belli del
mondo. Questo luogo è un simbolo della qualità della vita
e della società ceca com'è stata nei decenni trascorsi. E'
talmente importante che nel 1989 qui fu organizzato il
primo incontro tra il futuro presidente della nuova
Repubblica ceca, Václav Havel, e i rappresentanti
del vecchio regime comunista che dopo gli anni della
caduta del muro di Berlino stava per crollare. Inoltre qui
ci sono settimanalmente delle esecuzioni musicali e dei
concerti di capolavori dei maestri della musica classica,
soprattutto del compositore ceco Dvořák ma
anche di Mozart, Händel, Bach, Vivaldi, etc. Questa sera alle 20.30
proprio qui nella sala grande
della casa Comunale, c'è un concerto con brani di Händel,
Bach e Vivaldi suonato dalla Vivaldi Orchestra di Praga. Spero
di esserci. Ma la Casa municipale è anche famosa per la sala
ristorante che è un buon giardino di delizie
gastronomiche. La sala nella quale mi seggo è bella,
ampia, luminosa e gradevole. |
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Scelgo un tavolo, in fondo a
destra dell'entrata. Il mobilio è in legno, per essere esatti
è mogano; i
lampadari sono bellissimi e lo stesso è la carta da parati con
quadri appesi alle pareti e statue ai bordi del perimetro
della sala che producono una atmosfera liberty amabile
che invoglia a rimanere seduti e osservare. Letto il menu
accetto il suggerimento del cameriere che mi promette che è
una buona scelta quella costituita da Svikova,
Pecena kachna, cioè filetto di manzo e anatra arrosto con gnocchi di cavolo e birra chiara.
Nulla di eccezionale sia chiaro ma il luogo, l'atmosfera e la
professionalità dei camerieri mette in moto un meccanismo
psicologico in grado di far diventare squisito un pranzo
normale e di renderlo gradevole al palato molto più di quanto
non appaia.
|
Con la pancia piena e il desiderio
di mangiare un gelato, come fresco dessert, con molta
determinazione mi lascio prendere dall'entusiasmo e mi
metto a camminare per le strade di Praga per seguire le
cosiddette "orme di Kafka". La definizione non è mia ma della
mia guida che informa i lettori della possibilità di ricalcare
i luoghi in cui Kafka visse e lavorò a Praga. In pratica
cercherò adesso di percorrere alcune strade e piazze per
vedere alcuni luoghi in cui visse Kafka e di ricalcare alcuni
percorsi che era solito fare per andare a lavorare o a
discutere con gli amici. So che frequentava l'Hotel Europa
dove sono già stato a pranzo il primo giorno. So anche che
lavorava in un ufficio di assicurazione in Na Poříčí
che è vicinissimo da qui dove mi trovo per poi visitare la
Celetná dove il nostro "agrimensore K." frequentava il
Tribunale Civile nel quale fece pratica di tirocinio. So
anche che frequentava il Louvre e anche il
Cafè Slavia, cioè locali che Ripellino chiama i "Kaffeehäuser"
ma anche "le cento osterie frequentate da Jaroslav Hašek".
Così in un primo pomeriggio assolato ma non eccessivamente
caldo mi lancio per la Celetná immaginando di camminare
davanti a Kafka che mi segue e a Ripellino che prende appunti
per scrivere il suo capolavoro. La Celetná
è una strada del centro storico, lastricata di sanpietrini che mi ricorda certe stradine della Padova
medievale. Ai bordi c'è di tutto. Negozietti di cianfrusaglie
varie, souvenir, negozi di abbigliamento e ci sono
persino in alcune vetrine decine di bambinelli con il
vestitino rosso. Ma l'aspetto più gradevole è quello che si
prova dopo
averla percorsa per intero quando improvvisamente si sbuca in Staroměstské náměstí
passando dalla sensazione di claustrofobia della Celetná
alla sensazione contraria dell'aerofobia nella Piazza
Vecchia, dovuta per l'appunto alla vastità della piazza.
In un certo senso ho provato la stessa sensazione che provò
Alberto Sordi a Roma quando da bambino, prima che il fascismo
sventrasse le case vicino a S. Pietro per costruire l'ampia
via della Conciliazione, accompagnato dal padre dopo avere
girato per viuzze strette e vicine l’una all’altra in un
dedalo di stradine all’improvviso usciva improvvisamente nella
Piazza della Basilica di S. Pietro vedendo davanti a sé
la "maestosità del cupolone", con effetti che gli rimasero per
sempre incollati nella sua mente. E' la medesima
sensazione che provo io, qui a Praga. Esattamente di fronte al Pražský orloj di Staroměstské náměstí
c'è una stradina, molto stretta che si chiama Melantrichova.
La vedo mentre le passo davanti andando per la
Karlova. |
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Ripellino a
questo proposito in Praga magica
scrive alcuni periodi, a mio giudizio, memorabili: «Ancor oggi, ogni notte,
alle cinque, Franz Kafka ritorna a via Celetná, a casa
sua, con bombetta, in abito nero. Ritorna dalla taverna
Monmartre, dove, sempre assetato come gli ebrei nel
deserto, Jaroslav Hašek trinca ed impazza. Ancor oggi, ogni
notte, alle cinque, dalla taverna Montmartre Egon Erwin
Kish ritorna a casa sua, [...] all'angolo tra via
Melantrichova e via Kožná
(pag.32)». La taverna Montmartre si trovava in via
Řetězová a sud della Karlova. Passo oltre e raggiungo
proprio la Karlova, nella quale si fa risentire la sensazione
claustrofobica di prima, finchè non arrivo al Karlův Most. Mentre
cammino sull'acciottolato penso a Ripellino che a questo
proposito dice che certe stradine : «permettono di
attraversare il centro di Praga senza uscire all'aperto, nella
fitta rete di piccole strade furtive, nascoste all'interno di
blocchi di case vecchissime. Nella Città Vecchia ci
imbrogliava questo ordìto di ànditi oscuri (notate gli accenti
gravi
n.d.a.) e comunicazioni infernali, che per ogni verso si
spandono e la ricercano tutta. Straduzze bambocce, infilate di
androni, cammini di ronda dove si penetra a stento, cunícoli
che ancora odorano di medioevo, trasandate strettoie
impacciatissime, in cui mi sentivo come dentro la gola di una
bottiglia (pag.22)».
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Decido di spostarmi adesso
all'isola di
Kampa. Sull'altra sponda della Vltava lascio Karlův Most
e svolto a sinistra nella Na Kampĕ che mi porta
direttamente nella parte verde della Ostrov Kampa.
Inutile dire che è un'oasi di pace e di tranquillità. Quasi
quasi mi viene in mente l'idea di come potrei vivere qui se mi
trasferissi definitivamente a Praga. Anche in altre città mi è
passata per la mente questa idea. In fondo in fondo sarebbe
una cosa normale vivere e lavorare all'estero in un paese
europeo. Il problema è che ci sono di mezzo alcune cosette la
più importante delle quali è la lingua. Impossibile impararla.
Prima credevo che il tedesco fosse la lingua più difficile ma
venuto a conoscenza dell'esistenza di lingue agglutinanti come
il finlandese e adesso di quella ceca dico subito come il
bravo di Manzoni: "questo matrimonio non si ha da
fare". E poi diciamo la verità uno straniero è sempre uno
straniero e tale rimarrà per sempre in un paese non suo. Lo
stesso Ripellino a questo proposito in Praga magica a
pag. 61 dice: «Ricordate quel che dice l'ostessa
all'Agrimensore? "Lei non è del Castello, lei non è del paese,
lei non è nulla. Eppure anche lei è qualcosa, sventuratamente,
è un forestiero, uno che è sempre di troppo e sempre tra i
piedi». Dunque niente trasferimento nella Repubblica ceca ma
tanta simpatia e un po' di invidia per gli amici cechi che
hanno una capitale così bella. Nel mezzo del verde della
sponda di Malá Strana c'è un albergo e due ristoranti. Il
paesaggio mi sembra conosciuto. Mi sembra di essere nella
stradina che porta alle Tre Fontane, nella Laurentina
all'Eur di Roma. Fa un po' caldo e decido di sedermi su
una panchina sotto un albero. Si è fatto tardi ed ho desiderio
di una fetta di torta o qualcosa del genere. Da qui alla
Vítězná ci sono cento metri circa. La percorro fino al
ponte Most legií oltrepassato il quale sono di nuovo in
Narodní. All'angolo in
Národní třída
1
di
Nové
Město
c'è
Kavárna Slavia,
ovvero il
Cafè Slavia.
Lo
Slavia
è se non il più famoso sicuramente uno dei migliori e antichi
caffè di Praga. E' ispirato all’eleganza dell’art
decó.
Dispone di tavolini e finestre dai quali si vede il lungo
fiume. Anche questo
Cafè
come altri è stato un punto di riferimento di incontri
letterari. Celebri quelli di Rainer Maria Rilke, Vladimir
Holan e Franz Kafka.
Mi seggo a un tavolo vicino a una finestra che dà sulla
Vltava
e ordino il solito cappuccino con una fetta di
strudel
alle mele. Qui lo
strudel
non mi è servito caldo come al
Cafè
Louvre
ma è buono lo stesso. E poi qui è più centrale. Tra l'altro,
si trova ad essere dirimpettaio del
Národní Divadlo.
Se fissiamo il Karlův Most
come origine di un sistema di riferimento qui siamo a
coordinate (0;-1) mentre il Louvre sarebbe
pressappoco (+1;-1), dunque, meno centrale. Scherzi a parte,
comincio a pensare che il mio viaggio stia per finire. Per la
prima volta da quando sono a Praga il mio pensiero va alla
partenza. Domani si ritorna a Roma. "Partire è come morire" si
diceva una volta. Ma non c'è una sola partenza senza un
analogo ritorno. Solo la morte interrompe questa regola. Ma noi siamo
ancora giovani ed abbiamo tanto desiderio di viaggiare per il
nostro magnifica Continente. |
Quinto e ultimo giorno Venerdì 26 Agosto. Oggi è il giorno della
partenza per Roma. Si ritorna a casa. Il volo è previsto alle 15.15.
Il protocollo dell’ultimo giorno di permanenza in città prevede ancora
una passeggiata per le strade della città vltavina alla ricerca di
ultime emozioni, che poche città finora sono riuscite a farmi provare
intensamente e ripetutamente.
La passeggiata però si rivela una delusione perchè "qualcosa di
irreparabile si è abbattuto in un agosto già lontano sulla capitale
boema". Sono parole di Ripellino. E' la partenza da questa città che mi
produce incapacità di riprovare emozioni. Al trascorrere dei
giorni in cui l'ho conosciuta sempre meglio, la sto amando sempre di più
di un amore che è costruito non sulla sabbia delle impressioni ma sul
cemento di fondamenta solide e maestose che è il libro di Angelo Maria
Ripellino che mi ha insegnato ad amarla. La passeggiata fa nascere in me
il desiderio di tornare in questa città. E' la prima volta che penso di
ritornare in una capitale già visitata. Sebbene Praga sia una città
inquietante, in cui la morte e la vita si avvolgono ineluttabilmente,
penso alla immortalità dell'uomo rodolfino che con la pietra filosofale
avrebbe voluto essere in grado di appagare il desiderio di abbracciare
il suo Castello e la sua città per secoli o più. Ripellino
a pag. 134 invece scrive: «La
gioia di vivere nasce dalla coscienza della brevità della vita. Una vita
troppo lunga ingenera tedio e disgusto. [...] Nel grande dilemma
ontologico che lacera il mondo è necessaria la morte perchè la vita sia
bella».
Siamo condannati dunque a non potere godere per sempre del gusto della
bellezza di questa città perchè mortali. Purtroppo. Ciao Praga. Noi ci
si vede al prossimo viaggio a Stoccolma. |
Postfazione. "Mai
visto nulla di simile". Avrebbe potuto essere questo un
altro incipit del diario di viaggio su esposto.
Sentire parlare bene di Praga, la città vltavina di Angelo
Maria Ripellino, non è frequente in Italia. E per parecchi
motivi. Il primo: "è una città comunista": Il secondo: "è
una città fredda e senza calore". Il terzo: "è una città
in cui si parla una lingua ostrogota". Il quarto: "a parte
un ponte vecchio e un castello non c'è nient'altro". Il
quinto: "non si mangia all'italiana e la gente beve solo
birra". E si potrebbe continuare. Praticamente solo
Ripellino ne parla bene. Tanto bene che nel suo fantastico
libro Praga magica, Ripellino ne fa una descrizione
a dir poco affascinante. In verità Mozart, Beethoven, Apollinaire, Cajkovskij, Dostojevskij, Rodin, Kokoschka e tanti altri
grandi della musica, della letteratura, dell'arte ne hanno
parlato tanto bene che lo stesso Apollinaire, con il suo Il
passante di Praga, meritò di essere ricordato per
sempre nella vita praghese per il nome di Apollinarska,
dato dalle autorità municipali a una strada in
Nové Mesto,
vicino all'albergo dove ho alloggiato. Scopro con sorpresa
l’assenza di una Ripellinorska, magari posta in una
zona più decentrata della via dedicata al grande scrittore
siciliano di nascita. E alla vecchia turista francese che
all'aeroporto Letiště Ruskine della città vltavina,
che scopre con meraviglia che nessuno parla francese nella
sala accettazione, mi è venuto da dirle perché non ha
letto prima il libro di Ripellino, nella ottima traduzione
francese? Avrebbe sicuramente evitato guai nella
comprensione delle informazioni. Ah! Angelo Maria
Ripellino. Ricordo raramente il piacere della lettura del
suo, per me, prezioso romanzo-saggio. In Staré Mesto,
c’è un’agenzia di viaggi ceca che ha preso il nome del suo
straordinario libro. Chissà, forse il proprietario del
negozio aveva visto o letto il libro di Ripellino e ha
voluto fare omaggio allo scrittore siciliano della
riconoscenza che in questi casi si ravvisa essere
doverosa. Quanto mi sarebbe piaciuto incontrare il
professore di Storia e Letteratura russa dell’Università
di Roma per farmi da guida nell’incanto della sua amata
città. Il massimo sarebbe stato seguire Franz Kafka nel
sua quotidiano itinerario per andare al lavoro
nell'istituto di assicurazione mentre Ripellino accanto a
me faceva delle riflessioni con la forza della sua
sintassi. Dopo aver letto due volte questo capolavoro
letterario penso che Ripellino non si considerasse solo un
italiano. La mia idea è che egli desiderasse avere la
doppia cittadinanza: italiana e ceca. D’altronde, è stato
lui stesso a scrivere nel suo libro che si sentiva un
triangolo, non quello del cantante Renato Zero, ma quello
geometrico, di trina perfezione, come i nomi delle tre
città che lo hanno visto vivere interamente la sua vita e
sviluppare i suoi molteplici interessi culturali e
linguistici ai tre vertici di un triangolo: Palermo, Roma,
Praga. Mi ricordo di un mio vecchio collega, insegnante
come me in una cittadina lungo l’Adda, che nella sua vita
aveva avuto un solo desiderio: poter passeggiare sulle
rive del fiume con il Provveditore della città nella quale
insegnava dandogli del tu al provveditore e parlando del più e del meno.
Alla stessa maniera io avrei voluto tanto seguire
Ripellino in una delle sue passeggiate di vita praghesi.
In ogni caso, Praga è una città splendida perché chi l’ha
visitata con attenzione ha sicuramente scoperto che ha
qualcosa di veramente magico. Ha un capitale di bellezze
architettoniche, artistiche e stradali da fare invidia a
qualunque altra città del mondo. Lo so. Lo so, che molti
direbbero la stessa cosa della loro città. Roma è
bellissima. Firenze e Venezia altrettanto. Ma sono belle
anche Vienna, Parigi, Budapest, Londra, Berlino, Madrid,
Lisbona, ecc.. Anche Castelgandolfo è bella e non solo
perché è la città estiva del Papa. Ma Praga ha qualcosina
di più. E poi, mi sono stancato di fare antipatiche
graduatorie di bellezze tra le città. Il fatto è che Praga
suscita emozioni a non finire. E questo basta per
nominarla adeguatamente. E vale molto. Ricordo la mattina
quando sono andato di buonora al castello, ad Hradcany.
Bene. Alle nove del mattino vi era già la fila per entrare
nella Cattedrale di S. Vito. La coda non era lunghissima
ma c'era. Incredibile. Sono entrato e sono stato più di
un'ora all’interno. Quando sono uscito la fila si era
ingigantita a dismisura, tanto che i responsabili sono
stati costretti a bloccare il flusso di visitatori.
Dunque, c’è da rimanere stupiti da una serie di incanti
unici: la Cattedrale di S. Vito e il Monastero di
Strahov. Aggiungo che non sono da considerare
secondari né la Basilica di Loreto, nè la Chiesa di S.
Nicola. Tutt'altro. C’è semplicemente da rimanere
sbalorditi, con la bocca aperta. Quanti ricordi mi vengono
in mente su Praga. Ogni minuto di tempo trascorso in
questa meravigliosa città meriterebbe una pagina di
racconti “ripelliniani”. Un'ora di visita per le strade
praghesi uguale a sessanta pagine di libro scritto con
prosa "ripelliniana". In realtà, più si conosce Praga e
più ci si rende conto che tutto quello che ci sarebbe da
dire è stato detto egregiamente dal grande scrittore
palermitano nelle sue ricche e intense descrizioni.
La parte ebraica della città vltavina, a nord di Staré
Mesto, sembra tagliata su misura per un film di
Hitchcook. Le sinagoghe, il cimitero ebraico, lo stupendo
Municipio e la tomba di Maestro Jehuda Löw ben Bezaleel
con il suo inquietante Golem-schem possono
essere considerati altrettanto importanti come il resto
delle bellezze di Praga e nei vicoli dell’ex ghetto si
respira una eccitante sensazione di mistero. Al Caffè
Louvre si mangia bene e si trascorre qualche buona ora
di relax pomeridiano. Ma quello che colpisce di più è
l’atmosfera letteraria del locale. Si rischia, credendo
nella immaginazione e leggendo approfonditamente le pagine
di Ripellino sui caffè letterari di Praga, di incontrare
Franz Kafka, Karel Capek o Max Brod al tavolo vicino al
nostro. In ogni caso, al billiard (il ristorante
della casa) viene esibita una locandina degli anni `30
della italianissima Campari, che non è niente male dal
punto di vista della fantasia per poter fantasticare sulla
bellezza della vita dei primi decenni del secolo scorso.
Umberto Eco, nel suo ultimo libro l’avrebbe potuta
inserire benissimo nelle pagine interne accanto agli altri
disegni del libro La misteriosa fiamma della regina
Loana. E ancora, come non andare in Via Cihelna,
2b in Malá
Strana dove sorge
il nuovo Museum Kafka che io ho scoperto
casualmente senza saperne l'esistenza? Nella piazzetta, al’uscita
del museo un piccolo bar con dei tavoli di vetro
all'aperto ci si può distendere al fresco di una pivo
ceca Urquell e guardare una statua che fa la pipì come
a Bruxelles, mentre all’ora di pranzo si può
scegliere addirittura un eccellente ristorante di lusso
come il Sara Bernard Restaurant presso l’Hotel
Paritz, vicino alla Torre delle polveri (Prašná brána).
Sono stato al Museo Alfons Muchy. Straordinario.
C’è lo splendido lavoro parigino eseguito dall’artista
ceco Muchy che ha ritratto Sara Bernardt.
Che delicatezza. All’uscita volevo fare una visita al
Caffè Arco che è un locale presente in tutte le guide
relative al giro letterario dei caffè. Questa questione
degli itinerari di famose caffetterie, a mio giudizio,
costituisce una piacevole guida e un magnifico filo
conduttore per provare piacere nelle visite turistiche. E
poi si vuole nascondere il piacere di gustare gli arredi e
la piacevole atmosfera fra un dolcino e un arredo retrò
della bella epoque? In questo Caffè, aperto fin
dagli inizi del 1800, si dice che fu luogo di incontro
dell`intellighenzia praghese fino al 1939 (frequentatori
furono Brod, Kafka, Werfel ecc.. Ma sono dovuto scappare
via perchè come si è ridotto adesso sembra un volgare
self service. Strano ma vero. Un piacevole e insolito
incontro l’ho fatto alla Casa municipale (Obecni Dum).
Si respira una certa atmosfera felliniana. Lì, vicino a
me, una giovane ragazza italiana mi ha chiesto dove fosse
il Museo del Comunismo che era suggerito dalla sua
guida. Non è comune un fatto del genere. Giuro che non mi
era mai capitata una situazione insolita del genere. Io
non sapevo dove fosse. Con il mio no, l’ho delusa. Ma mi è
sembrato che lei non avesse intenzione di mollare le teste
marxiste dei generali dell'ex Partito comunista ceco.
Sono sicuro che quella mattina l’avrà trovato in qualche
via secondaria. Vicino all’Hotel Paritz c’è il
Lapidarium, una specie di museo privato con statue in
pietra del 1700 e 1800 che ricordano le più vecchie statue
presenti ai bordi del ponte Carlo. Ebbene, ho fatto un bel
pò di chiacchiere con il custode al quale ho detto che
Praga era "magica", così, per provocazione, chissà
conoscesse Ripellino. Non ha capito la provocazione ma il
complimento si, e mi ha dato un bigliettino per andare a
mangiare in un ristorante afgano. Vedete voi se questa
città non presenta fatti e aspetti curiosi e misteriosi.
Un ristorante afgano, suggeritomi da un custode ceco, a me
visitatore italiano. In questo inadeguato diario di
viaggio praghese mi fermo qui. Se ritorno a Praga,
certamente rileggerò per la terza volta “Praga magica” di
Ripellino e rispolvererò questa mia paginetta di ricordi
praghesi. |
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Manuali
e guide di viaggio adoperate.
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