|
 |
Oslo
(1 settembre- 4 settembre
2012) |
|
Il mio trentesimo
viaggio in Europa: Oslo.
 |
Sono andato a Oslo,
antica capitale del
Kongeriket Norge, ovvero del Regno di Norvegia a visitare l’antica città di re Harald Hårdråde. All’epoca, le capitali
erano costituite da un piccolo villaggio, riunito intorno a un castello
o a una chiesa adiacente a un mercato con le pecore al pascolo. Oggi Oslo non è più quel minuscolo
villaggio che fu qualche decina di anni prima che re Harald morisse nel
1066, dopo aver prestato servizio nelle forze imperiali in Sicilia,
partecipando ad alcune battaglie sul suolo della più grande isola del
mediterraneo. Chi avrebbe mai potuto immaginare che, circa mille anni
fa, un futuro re scandinavo avesse potuto combattere nella lontanissima
“Trinacria” e decidere con la sua azione una parte dello sviluppo della
storia di quella terra lontana "mille miglia" dalla sua patria?
|
Non dimentichiamo
neanche che i primi re siciliani furono di origine norvegese. Il
periodo storico comprende gli anni che vanno dal 1061 a 1198.
Vennero chiamati i "costruttori della monarchia normanna", perchè
hanno cambiato la storia, l'arte, la letteratura e la politica della
Sicilia e dell'Italia meridionale. I Normanni, da "Norsemen"
ovvero "uomini del Nord", furono una bionda élite di forti soldati
che realizzarono grandi imprese militari e che portarono la Sicilia
a un passo dal diventare la vera madre della lingua e della cultura
italiana. Ricordiamo alcuni loro nomi: i due Ruggero I e II, padre e
figlio, lo zio di quest'ultimo, cioè Roberto il Guiscardo e suo
nonno Tancredi d'Altavilla. Le meravigliose due cattedrali di
Monreale e di Cefalù furono costruite da loro. |
|
Premessa. Ha
ancora senso scrivere un report di viaggio relativo a Oslo senza
cadere nella banalità o, peggio, nella imitazione acritica di altri
scontati diari di viaggio? Che senso ha poi un report su Oslo
quando in rete sono presenti e facilmente disponibili centinaia di diari
di visita alla città del Nobel per la Pace in tutte le lingue e in tutte
le salse? La risposta è positiva e mi sento di poter affermare che ha ancora senso "scrivere e descrivere" una
esperienza di viaggio effettuata nella bella e suggestiva Oslo (o in altre destinazioni) a condizione che si riesca a far
emergere con chiarezza "il senso" della visita e un programma adeguato e
coerente di cose da vedere che rendano interessante la lettura per la
sensibilità e la profondità delle cose narrate. Se così
non è, è meglio lasciar perdere. Dopo trenta viaggi nelle capitali
d'Europa effettuate circa in un decennio, mi accingo a parlare di questa perla scandinava che è la città
di Oslo per due semplici ordini di motivi. In primo luogo perchè
la città lo merita e, in secondo luogo, perchè lo meritano i suoi
abitanti. Ma andiamo per ordine e incominciamo dall'inizio presentando
il viaggio. La nota storica relativa alle radici storiche di Oslo
presente nell'incipit mi serve per ribadire come paesi e città
apparentemente lontani nello spazio e negli stili di vita europei, alla
fine mostrano di avere legami e relazioni che li vincolano più di quanto
possa apparire a un'analisi superficiale. In contesti del genere non è
insolito che appaiano comuni e diffuse radici storiche, politiche e
culturali tra paesi del profondo nord e del profondo sud dell'Europa. |
 |
Indubbiamente questo non
significa che a Oslo sia presente molta "italianità". In realtà,
togliendo una fermata della linea 6 «Bekkestua-Storo» della metropolitana, chiamata Montebello, le solite
boutique di moda e le abituali insegne di pizzerie e ristoranti con nomi
italiani che richiamano pietanze della cucina del Bel Paese e il
logo pubblicitario de La stampa presente in uno
dei centri commerciali, come By Porten Shopping, non c’è quasi nulla che faccia
apparire la capitale norvegese come molto legata al paese di Dante. Scordatevi
dunque una
Piazza Italia, una via Roma, un Caffè Napoli o cose
del genere. Oslo è "impermeabile" all'Italia e all'intera Unione Europea
e, molto probabilmente, rimarrà tale anche in futuro. I norvegesi
infatti hanno più volte sottolineato che non intendono aderire all’UE
per nessun motivo. Sono un paese sufficientemente ricco, con un'economia forte e hanno
anche un considerevole serbatoio di petrolio pregiato nel loro mare del
nord.
|
|
Dunque, non sono interessati al progetto di
unificazione europeo, probabilmente
perchè sono troppo pieni di orgoglio e di nazionalismo per parteciparvi. E’ una scelta,
sbagliata o giusta che sia, che si deve
rispettare. Ciò non toglie che per me Oslo e i norvegesi siano simpatici
e che meritano riguardo per la loro esclusiva valutazione della politica
internazionale europea. Dunque, perchè Oslo? La domanda non è retorica,
né banale. Alla base della risposta c'è l'esigenza di giustificare la decisione
da me presa di fare un viaggio nella lontana capitale scandinava,
qualche secolo fa chiamata Christiania. Devo dire a questo
proposito che finché non ho completato il progetto di visita a tutte e
ventisette le capitali dell'UE ero convinto
che tutto il resto che stesse fuori dall'Unione Europea era, se
non superfluo, sicuramente poco interessante. Mi sono sbagliato e faccio
ammenda di una dichiarazione che adesso devo smentire. Dopo la conclusione del
progetto che mi ha portato a visitare "paesi e castelli" di tutte e
ventisette le capitali
dell'Unione ho iniziato a capire che non potevo fermarmi là ed
escludere Oslo che è una capitale non certo meno interessante di Helsinki
o di decine di altre capitali dell'UE. C'è una doppia motivazione
per questa
scelta. In primo luogo senza una visita a Oslo la mia conoscenza della Scandinavia non sarebbe
stata completa. Essere stato a
Stockholm, a
Helsinki e
a København e non
a Oslo avrebbe avuto il sapore di
un cibo squisito insipido o, se preferite, avrebbe avuto il significato di
possedere un buco conoscitivo inaccettabile del continente Europa, soprattutto nella
parte nord che da giovane ho sempre amato per una serie di
elementi che vanno dalla cinematografia, alla letteratura, dal welfare
alla lezione di vita e di civiltà che i cittadini di queste terre hanno
sempre dato al mondo. In secondo luogo,
non conoscere Oslo sarebbe equivalso a riconoscere un deficit
conoscitivo di rilievo che a tutti i costi non mi sono sentito di
mostrare, adesso che posso girare l'Europa a mio piacimento. Henrik Ibsen, Knut Hamsun, Alfred Nobel, Bjørnstjerne
Bjøornson,
Sigrid Unset e altri, meritano
senz'altro il riconoscimento di avere come capitale del
Kongeriket Norge,
ovvero del
Regno
della Norvegia, una bella e ospitale città come Oslo che merita di essere
visitata.
Questa premessa è la base del mio trentesimo report di viaggio di una
capitale del meraviglioso continente Europa. Ne è passata di acqua sotto i ponti da
quando, decine di anni fa, decisi che era giunto il momento di passare dalla
geografia “del foglio stampato” alla geografia “del viaggio concreto”,
attraverso una reale visita turistica, vissuta in tutti i suoi elementi
di viaggio, fatta di passeggiate nelle strade
della capitale e di presenza discreta ma effettiva nella città. Nel frattempo,
nel mondo dei viaggi, è entrata a "gamba tesa" un’altra geografia, detta
“virtuale”, molto più efficace di quella del foglio illustrato dei libri
ma mai come quella che permette di leggere concretamente la
realtà della città visitata, con la presenza fisica del viaggiatore. Mi
riferisco a internet e a tutto il mondo della rete che può dare
l’illusione di essere stati viaggiatori senza essersi mossi di un
decametro dalla propria abitazione. Con Google Maps, Google
Street, Google Earth, GPS, navigatori di tutte le specie e tutte le
altre "google diavolerie" del mondo, si può conoscere le città come se si fosse stati
là effettivamente. Non é questa la sede di un dibattito
sull’importanza di internet nei viaggi turistici. Fatto sta che questa
risorsa esiste ed è potente, perché può aiutare molto il viaggiatore
connesso in rete. Io stesso, nei miei viaggi, ho approfittato
frequentemente delle
risorse presenti in rete per informarmi e programmare meglio le visite. Dunque, ben vengano internet e tutte le altre
utility che ruotano intorno alla rete. Dico subito che ancora non
sono soddisfatto del numero di viaggi effettuati in Europa e vorrei
farne di più. Trenta viaggi nelle capitali europee, cioè trenta storie
di scoperte e di visioni della vita nelle belle capitali del continente
della principessa fenicia Europa, figlia del re di Tiro
Agenore e di Telefassa,
possono sembrare molti o pochi. Tutto dipende dall’ottica con la quale
si guarda al viaggio come strumento di conoscenza del mondo e di se
stessi. Sant'Agostino disse che "la vita è un
libro. Chi non viaggia ne legge una sola pagina". Questa dichiarazione è
terribile per tutti coloro che non si muovono dal proprio paesello e non
viaggiano. Certo, con ventinove esperienze alle
spalle il trentesimo viaggio, quello attuale, non è più quello di una
volta. Non dico che è diventato routine ma poco ci manca e, soprattutto,
non devo commettere l’errore di rendermi "schiavo dell’abitudine",
cioè abbandonarmi a un cliché
preordinato e prefabbricato a priori, sempre lo stesso, immutabile che
ricopia stili di vita e di visita adoperati da sempre. Il viaggio è, e
sarà sempre, passione ed entusiasmo, sete di sapere e novità
(soprattutto nelle cose comuni), ammirazione per ciò che si vede di
nuovo ai nostri occhi e rispetto per gli indigeni che hanno saputo
costruire e produrre le bellezze delle loro città. Ma è anche
improvvisazione e cambiamento di rotta quando si rende necessario.
Chiara Merani nel suo ottimo lavoro "Senso del viaggio" del 2003,
afferma che deve essere «capace di meravigliarsi per le cose sconosciute
come un bambino, il viaggiatore non ha lo scopo di raggiungere una meta,
ma semplicemente di esporsi all’insolito. In questo senso egli non vede
il paese sconosciuto come un mondo estraneo, ma come un mondo nuovo. Ma
ancor prima di dare spazio alla ricettività, il viaggiatore deve essere
capace di adattamento: se l’adattamento agli eventi imprevisti avviene
con successo, si genera infatti una sensazione di piacere, altrimenti si
percepisce un senso di sconfitta. [...] La “liberazione della mente”
permette non solo di arricchirsi, essere ricettivi, sapersi adattare e
godere di conseguenza del piacere del viaggio. Permette anche di vedere
dal di fuori ciò che prima si vedeva dal di dentro». Il viaggio è in
sintesi piacere di essere in quel momento in quella realtà ed è novità e
gradevole avvenimento, perché viaggiando si conoscono sempre cose nuove
e interessanti. Quest’ultima riflessione è il presupposto di base per
definire un viaggio come un successo, piuttosto che come un fallimento.
Tuttavia, a mio parere, è anche vero che non esistono viaggi che sono un
fallimento. Qualunque viaggio, anche il meno interessante e noioso è,
viceversa, da considerarsi sempre un successo, moderato ma sempre una
riuscita, perché ogni esperienza, anche negativa, conta nella nostra
vita, ci fa crescere e ci insegna molte cose, soprattutto a non ripetere
più l'errore commesso. Non dimenticherò mai quando da giovane lessi un
libro di epistemologia in cui l’autore affermava che anche quando un
esperimento di laboratorio fallisce, esso costituisce sempre un fatto
positivo, una scoperta e un fatto di sapere altrettanto straordinario e non è da
considerare mai un errore. Com'è possibile, mi dicevo, che uno sbaglio
possa migliorare il nostro grado di conoscenza del mondo? Eppure è così,
perchè dopo un errore la conoscenza è aumentata, se non altro perchè non
commetteremmo più quello stesso errore due volte. Dunque, senza indugio
ad Oslo per toccare con mano una città splendida e accattivante,
ancorché con un clima inclemente. |
Primo giorno. E'
ancora buio quando arrivo all'aeroporto di Roma Ciampino in una calda
alba del mese di settembre. Oggi è sabato, 1 settembre 2012 ed io
ho in programma la visita all'ultima capitale scandinava del nostro
continente che ancora non ho visitato.
Al gate di imbarco con il volo Ryanair FR9654 da Roma
(Ciampino) delle 6.40 per Oslo (Rygge) con arrivo
previsto per le 9.55 e n. riferimento ICMGWC, sono l'unico
passeggero ad avere l'imbarco prioritario.
Il biglietto di andata e ritorno mi è costato in tutto 48,49 euro,
compresi i due imbarchi prioritari di A/R di cinque euro ciascuno e i
due check-in online di sei euro ciascuno e di 1,50 euro di
messaggio di testo telefonico. Il ritorno avverrà martedì il 4 settembre da Oslo
Rygge con volo FR9655, partenza alle 10.20 e arrivo a Roma Ciampino
alle13,35. Il fatto di essere il solo passeggero con imbarco prioritario mi mette a disagio e aspetto l'imminente
apertura del cancello per salire subito sul bus che mi porterà all'aereo per
primo. Ma non c'è nessun autobus ad aspettarmi. Piuttosto, per
risparmiare, il responsabile dell'aeroporto mi fa sedere vicino
all'autista del bus che accompagna all'aereo tutti gli altri passeggeri. Una
vera inaspettata novità. Mi devo però sorbire i discorsi disordinati e
sconclusionati dell'autista, un signore romano che parla e straparla in
continuazione, distraendosi dalle sue mansioni. A lui non sembra vero di avere un compagno di viaggio a
quell'ora, anche se da accompagnare per poche decine di metri fino
all'aereo e al quale raccontare le sue avventure-disavventure,
chiacchiere e pettegolezzi, relativi al suo lavoro in aeroporto.
|
 |
Alla scaletta dell'aereo, una autentica liberazione
per me, salgo immediatamente di corsa e
mi infilo nel corridoio, preoccupato che quell'uomo
mi insegua anche dentro l'aeromobile. Mi sistemo nella quinta
fila, vicino al finestrino, sul lato sinistro dell'aereo. Non avrò così
il sole ad abbagliarmi durante il volo e potrò osservare, senza luce
abbagliante negli occhi, il panorama e la bellissima sagoma
della linea dell'orizzonte sulla quale, a pochi gradi di ampiezza
angolare, scorgo una timida Luna che cala lentamente alla vista al di
sopra delle nuvole. In aereo c'è molta calma e tranquillità e vicino a
me i due posti sono rimasti liberi. Non c'è molta gente in aereo. Il
volo è piacevole e le attenzioni del personale rendono il volo
gradevole. Acquisto un quotidiano e mi immergo nella lettura. Il volo
sarà lungo e io desidero accorciarlo il più possibile con la tecnica
della lettura. Oggi sarà una giornata lunga e impegnativa. |
All'arrivo, all'aeroporto di
Oslo Rygge, non c'è il sole
ad aspettarmi e il cielo è nuvoloso.
La temperatura è bassina per i miei gusti e mi avvio all'uscita per
individuare il bus che mi porterà a
Oslo. All'uscita dal terminal dell'aeroporto, nella rientranza della
banchina e pronto alla partenza, trovo
subito il
Rygge
Ekspressen ad aspettare me e tutti gli altri viaggiatori
del volo FR9654 della RyanAir. Molto bene. In tutto ciò riconosco
l'organizzazione perfetta ed efficiente degli scandinavi. Per certi
versi mi ricorda quando da ragazzo vedevo circolare, raramente per la
verità, una macchina
Volvo nelle strade del mio paese che tutti riconoscevano come un'auto
scandinava dalla eccellente
meccanica e di un alto grado di affidabilità. Per tornare all'aeroporto, nulla a che vedere con la
disorganizzazione sistematica e la frequente confusione che si nota
all'aeroporto di Roma Fiumicino, nel quale non si trova un solo
straccio di informazione puntuale e sicura per i passeggeri che, in pratica,
sono abbandonati e indifesi dall'assalto di tassisti abusivi e di
persone inaffidabili. Non voglio fare polemiche ma le differenze tra i
due aeroporti sono visibili da anni luce di distanza e mi piacerebbe
chiedere al presidente della società che gestisce l'aeroporto di
Fiumicino perchè da anni non certifica il suo fallimento con le
dimissioni.
Ma questa è la solita storia della inaffidabilità e incapacità di molti
amministratori romani. Ritorniamo a noi. L'autista
dell'autobus è un signore rotondetto e gentile. Mi invita a depositare
il mio bagaglio a mano nella stiva del bus. Vedendo
altri prima di me che pagano con la carta di credito anch'io mi adeguo
e pago il biglietto. E' prodigo di consigli con tutti i viaggiatori e
mostra un alto senso di professionalità. Ricorda, con scandinava
precisione a tutti i viaggiatori, che il pagamento del biglietto di
viaggio non può essere
fatto in euro ma solo in korone norvegesi o, se si preferisce, con carta di credito.
A ognuno dà consigli e suggerimenti per una sistemazione migliore
del bagaglio. Molti viaggiatori
italiani credevano di poter pagare in euro. Sono così invitati
gentilmente a
ritornare nella hall dell'aeroporto per cambiare le
banconote in korone norvegesi (sola andata 160 nok, acronimo di
norvegian koron).
|
 |
Dopo una ventina di
minuti il bus parte e al suo posto parcheggia un altro bus che
aspetterà gli altri. Io mi sono sistemato nella prima fila e ho
pertanto la possibilità di osservare la strada senza alcun
impedimento. Il panorama che scorre sotto i miei occhi mi
ricorda le stesse cose viste nel viaggio che feci a Stoccolma
nel 2006, perchè identico nella flora e nella segnaletica
stradale. La differenza è che all'aeroporto di Stockholm Arlanda
presi il treno iperveloce Arlanda Express, mentre qui sto
prendendo il bus veloce Rygge Espressen. Noto una forte analogia
tra i due viaggi. Tutto è piacevole. Il tempo vola e dopo un'ora
di percorso
ci troviamo riposati e soddisfatti al Bussterminalen di Oslo. In
pochi minuti, seguo le indicazioni che mi portano alla
Sentralstasjon
(Stazione Centrale), dove cerco il deposito
bagagli per parcheggiare il mio trolley al sicuro per
alcune ore. |
|
La ragione riguarda
il fatto che è mezzogiorno e il check-in
hotel è previsto alle 14. Le due ore di attesa mi servono per
effettuare una serie di attività e di spostamenti importanti nella
città, e la valigia mi impedirebbe libertà di movimento. D'altronde, sono sicuro che se mi presentassi in
albergo a quest'ora, precisi e rigorosi come sono tutti gli scandinavi,
alla reception mi inviterebbero a ritornare più tardi, ed io
non ho intenzione di perdere tempo e concentrazione. La
stazione centrale di Oslo è bella, moderna e pulita. |
 |
Le indicazioni dei vari percorsi sono chiare e ordinate e
permettono a tutti di minimizzare sforzi e tempi di percorrenza. In
un angolo vedo un cambiavalute della Forex. Per tutte le
evenienze cambio cinquanta euro in korone (322 nok) e cerco
il deposito bagagli. Trovo la scala mobile che mi porta al piano
inferiore, dove ci sono gli armadietti di quattro dimensioni per
collocare le valigie di differente misura. Mi avvicino e cerco di comprendere quale sia
il principio di funzionamento. Osservo un signore e capisco che
prima è necessario digitare alcune coordinate sulla tastiera del
terminale (una specie di bancomat con monitor) e subito dopo
ritirare un tagliando con un codice che mi permetterà
successivamente di riprendere la valigia. Inserisco due monete, per
un totale di 30 korone (circa 4 euro) e ricevo uno scontrino.
Contemporaneamente si apre in automatico l'anta di un vano nel quale
colloco il mio trolley. Lo chiudo e conservo il prezioso
scontrino nel portafoglio. Bene. Adesso sono libero di muovermi a
mio piacimento e in tutta libertà. |
|
Esco dalla
Sentralstasjon nel piazzale antistante e osservo per la prima volta
gli edifici del centro città. Sono emozionato. Tutto ciò che mi circonda mi
sembra bello, nuovo e attraente. Mi trovo esattamente nel punto più strategico
della città, una specie di Piazza dei Cinquecento come se fossi
sul piazzale della
stazione centrale di Roma Termini. L'accostamento mi sembra
calzare bene. |
 |
La piazza della
Sentralstasjon si chiama Jernbanotorget e davanti a me
c'è la famosa torre d'acciaio
Trafikanten, sede dell'ufficio
informazione centrale della città. Devo dire la verità me la immaginavo più
alta. Certo non c'è alcun paragone tra la Torre della Televisione di
Berlino e questa strana torre di vetro e metallo. Alla mia destra la zona moderna del
quartiere Vaterland, dove svettano delle
costruzioni ultramoderne del centro commerciale
Oslo
City e del palazzetto degli spettacoli di
Oslo Spectrum.
Piccola nota storica: nel Vaterland, prima della sua scoperta come
scrittore, visse per un certo tempo il premio Nobel norvegese per la letteratura
Knut Hamsun che ho già citato nella premessa. Sulla
mia sinistra, in fondo, c'è l'inizio della Rådhusgata
che porta nel quartiere Kvadraturen di Christiania Torv, il nuovo e bianco teatro
dell'Opera e la Fortezza di Akershus. |
Di fronte vedo l'inizio della strada più
famosa di Oslo, la
Karl Johans gate, parallela alla Rådhusgata
e lunga circa un chilometro, nella quale si trovano gli edifici
storicamente più importanti della città. |
 |
Sempre di fronte a me vedo la sagoma
della cupola a cuspide della cattedrale evangelica luterana, la
Domkirke. Alle mie spalle la ferrovia, con i binari dei treni della stazione
centrale. Di tutto questo avremo modo di parlarne dopo.
D'altronde tutte queste informazioni sono reperibili nelle centinaia di
guide della città in tutte le lingue del mondo. Quello che non viene
riportato in questi manuali di viaggio è lo stato d'animo che prova il
viaggiatore che arriva per la prima volta nella
piazza Jernbanotorget. Credo che ogni città sprigioni sensazioni
di piacevole sorpresa e di interessanti novità. Oslo non fa
eccezione. Semmai aggiunge ulteriore curiosità e un pizzico di
invidia nel vedere un centro città così bello, equilibrato e ben
organizzato, soprattutto nella rete dei trasporti. Tutto è perfetto. |
 |
Gli oslensi si muovono abbastanza
velocemente nella piazza ma nello stesso tempo non lo danno a vedere. Riescono a
coniugare contemporaneamente dinamismo e staticità in modo
impressionante. Si vede che sono persone riservate, che parlano
raramente e, comunque, senza gridare. Li ammiro. Nessuno corre, nessuno
fa i salti mortali per prendere il buss o il trikk
a qualunque costo. Segno di maturità e di civiltà. L'idea che mi faccio di
loro è di cittadini che sono riusciti a trovare una personale soluzione
al grande
problema che attanaglia le grandi metropoli. Mostrano una eccezionale
capacità di non essere presi dall'ansia di arrivare al più
presto a destinazione. Si muovono con movimenti lenti ma efficaci. Mi
ricordano alcuni passi del romanzo "la lentezza" di Milan Kundera. Forse
il paragone migliore è un altro e riguarda il libro di
divulgazione scientifica di
George Gamow, Le avventure di Mr. Tompkins |
|
|
. In questo libro
si descrive l'effetto della relatività di Einstein sulla vita di un
piccolo impiegato, Mr. Tompkins, che si trova in un mondo nel quale la fisica relativistica è
palese, a causa del fatto che la velocità massima della luce in questo
fantastico mondo non è trecentomila km/s ma molto molto di meno. Ebbene,
in questo fantastico racconto si descrivono fenomeni in cui si
verificano mutamenti nei concetti fondamentali di spazio, tempo e moto e
la lentezza della variazione del movimento di un ciclista, nonostante
pedali con forza, è una prova adeguata della originalità del rapporto tra lentezza e
sveltezza. Orbene, a poche decine di metri da me, alla
base della torre di vetro e acciaio Trafikanten, c'è l'ufficio informazioni. |
 |
Entro e
più che un piccolo locale mi sembra una vera sala di un ufficio per il
pubblico, in cui è obbligatorio prendere il numero elimina coda. Quando viene il mio
turno una gentilissima impiegata mi offre gratuitamente una mappa e la
cartina della metropolitana, che a Oslo si chiama
T-Bane. Poi, su mia richiesta, mi dà la Oslo Pass,
la card che mi permetterà di viaggiare su tutti i mezzi pubblici
gratuitamente e nello stesso tempo di poter visitare molti musei senza
pagare il biglietto d'ingresso. Scelgo la card di 72 ore, pago 69,37
euro e subito dopo
mi trasferisco a piedi dall'altra parte del marciapiede della piazza,
davanti all'ingresso del Clarion Hotel Royal Christiania, in
Biskof Gunnerus' gate. So che qui c'è una delle 15 fermate del
CitySightseeing bus che fa il
giro dell'intera città, fermandosi nei quindici posti più interessanti
della città. |
Alla
fermata c'è un controllore donna che aspetta il bus. Le chiedo un
biglietto con lo sconto del 20% dovuto al possesso della Oslo Pass. Lei mi
accontenta subito e mi dice che sul bus non esiste una macchinetta obliteratrice
della Oslo pass e che comunque
posso timbrare benissimo la card in un secondo momento. Prezzo
17,52 euro. |
 |
Dopo pochi minuti
passa un autobus Sightseeing
Oslo buss. Salgo e prima di sedermi il conducente mi dà una
cuffia per ascoltare le spiegazioni del percorso e la storia degli
edifici più importanti. Al piano superiore ci sono molti turisti
cosicché mi accontento di sedermi sul lato destro del veicolo. Fortunatamente il
selettore delle lingue prevede anche l'italiano e durante il tour prendo
nota con piacere delle informazioni. Sfilano davanti ai miei occhi il Grand Hotel,
Rådhuset (il Municipio), Stortinget (il Parlamento),
Det Kongelige Slott (il Castello
Reale), Ibsen Museet (il Museo Ibsen), Vigelandsparken
(il Parco di Vigeland), Vikingskipshuset (il Museo
delle navi vikinghe), Frammuseet (Museo Fram),
Kon Tiki Museet Museo Kon-tiki), Aker Brygge.
|
|
Il Castello Reale e l'Università sono
parzialmente ricoperti da un telo, perchè è in atto il rifacimento delle
facciate dei due edifici. Ogni fermata del bus propone a tutti i
visitatori la visione di una o più meraviglie architettoniche. Questo
genere di autobus è piacevole e sempre frequentato da turisti
interessati e rispettosi. Anche a Stoccolma e ad Helsinki ho preso il medesimo autobus per vedere in
maniera panoramica le bellezze delle città. Qui, al porto, dopo
più di un'ora e un quarto di giri per Oslo scendo di nuovo a Jernbanotorget. |
 |
E' l'ora di fare il check-in in
albergo. La stanchezza si fa sentire e io sento il bisogno di
rinfrescarmi in camera. Entro nella
Sentralstasjon e vado a ritirare la valigia al deposito bagagli
automatico e mi presento alla reception dell'hotel, che si trova
all'interno del Byporten Shopping cioè del Centro commerciale
Byporten di fronte al
ristorante Egon. Rapide formalità e subito dopo entro nella camera 507
al quinto piano per rinfrescarmi. Dalla finestra della mia camera vedo
il tetto della
Sentralstasjon, la piazza di
Jernbanotorget e la torre
Trafikanten. Vedo anche il via vai
degli oslensi che scendono e salgono sui tram (trikk) e gli autobus (buss)
che si fermano nella
Fred Olsens gate, la via che collega a sud la Prinsens gate
e a nord la Biskof Gunnerus' gate. Dall'alto della mia
posizione il piazzale della stazione centrale mi sembra rimpicciolito,
come se fosse la piazza di un paese in cui tutti si conoscono e si
salutano. |
Mi chiedo proprio questo: quali sono i
rapporti tra gli indigeni quando si incontrano, dato che la
capitale fa seicentomila abitanti circa?
E poi, è frequente incontrarsi tra amici a Oslo oppure è un evento molto
raro? A Roma dove abito è rarissimo incontrare per caso un amico. E a
Oslo? A mio giudizio la città è grande ma nello stesso tempo è piccola.
Dunque, l'evento di incontrarsi è probabile. Chiudo così il pensiero
curioso che
mi passa per la mente e dopo poco tempo eccomi di nuovo in strada a
godermi la mia prima passeggiata nella città. Mi trovo con precisione a
59.911815 gradi di latitudine nord e a 10.752869 gradi di longitudine
est. Un po' alta come latitudine, no? Infatti, qui si sente benissimo che la temperatura
non ha niente a che vedere con i 35°C che ho lasciato a Roma. Anzi, una settimana fa a Roma si sono
registrati ben 40° C in centro città. Terribile. Non vedevo l'ora di
venire a Oslo per respirare un po' d'aria fresca. E fresca l'ho trovata
perchè ho dovuto mettermi al collo una sciarpa di seta per evitare la
tracheite che ho preso a Stoccolma sette anni fa. Questa volta non mi
faccio fregare. A costo di sfiorare il ridicolo, il giaccone e la sciarpa
non li tolgo in nessun caso. Anzi quando c'è un po' di vento freddo con
la mano destra chiudo anche il colletto del giaccone per proteggere meglio la
gola. Non si sa mai. |
 |
Orbene, la prima strada che prendo è "la
madre di tutte le strade" di Oslo, ovvero la Karl Johans gate. La
ragione è che il primo tratto della strada, circa metà dell'intera
lunghezza, è pedonalizzata
e vedo una fiumana di gente che va e viene lungo l'arteria
pedonale. E' sabato, inizio del weekend, e la gente si sente in libera uscita. Dunque, ecco la
ragione della folla. Io sono a disagio perchè sono l'unico fra circa
duemila persone che si muovono nella strada ad indossare un giaccone
invernale. Giovani e meno giovani sono viceversa in maniche
corte. Ho dunque validi motivi per esser in imbarazzo. Sulla destra dopo
poche decine di metri c'è la cattedrale evangelica. E' per me un
obiettivo importante. In tutte le capitali d'Europa sono sempre stato a
visitare i luoghi di culto religiosi. Tutte le capitali hanno una
cattedrale e molte chiese, siano esse protestanti, cattoliche o ortodosse. Così
come tutte le capitali hanno anche almeno una sinagoga e più di una
moschea. |
Uno dei motivi per cui viaggio è capire
differenze e similitudini tra i popoli e i luoghi religiosi europei mi
aiutano a capire meglio. Anticipo dunque
che nei prossimi giorni proverò a visitare altre chiese di altre
religioni. Intanto mi accontento della bella
Domkirke. In verità avevo
visto in televisione la cerimonia religiosa in onore delle vittime
dell'attentato di quel pazzo razzista di destra che ha spietatamente
falciato la vita di quasi ottanta persone inermi. Dunque conosco gli
interni, ma esserci di persona è un'altra cosa.
 |
La sensazione che provo è che questa
chiesa io l'abbia già vista da qualche parte nelle mie "peregrinazioni"
per l'Europa del nord. Strano scherzo della memoria. Probabilmente sarà dovuto
alla pignola e certosina raccolta di informazioni in rete circa questo capolavoro
di architettura. In effetti la Cattedrale è essenziale nei suoi elementi
architettonici e semplice nella presenza di immagini e sculture.
Sicuramente siamo in sintonia con il quadro luterano della visione della
vita che hanno gli scandinavi. Molta importanza alla praticità e concretezza e pochi voli
pindarici sul resto. Apprezzo questa scelta anche se impoverisce il
luogo dal punto di vista artistico e iconico. Non si potrebbero scattare
fotografie. Il cartello all'entrata lo dice esplicitamente. Ma non c'è
alcun controllo nel farlo. Non credo che alla
Nasjonalgalleriet potrò
fotografare l'urlo di Edvard Munch con la stessa facilità con cui ho
fotografato qui la navata centrale della cattedrale. |
Mi sento come un bambino che ha rubato la
marmellata. Ma nessuno fortunatamente bada a me. Mi siedo e rimango assorto per un po'. Mi
piacciono questi momenti di rottura dalla vita quotidiana. Mi rilassano e
mi fanno meditare sui problemi più generali della vita. Ci
sono parecchi turisti che circolano tra i tre corridoi della navata
centrale, alcuni in modo disordinato, altri facendo sfrontatamente fotografie. Ci sono anche
due famiglie
con alcuni bambini al seguito. Per il resto c'è, si e
no, qualche isolato fedele in raccoglimento. Non so se sta pregando.
Quando entro nelle chiese protestanti dell'Europa del nord rimango quasi
sempre colpito dalla diversità di stile architettonico con quelle
italiane. In verità c'è un abisso di differenza tra chiese barocche e
chiese gotiche, non solo sul piano della struttura e della costruzione ma,
soprattutto, sul piano della spiritualità mostrata dai presenti. Dopo
aver visitato e partecipato a messe domenicali e a visite più o meno
approfondite a Londra, Stoccolma, Copenhagen, Helsinki , etc. devo
rilevare che è difficile vedere molte persone presenti che pregano,
oppure trovare un organo che suona musica. Ho sentito più musica
all'organo della chiesa protestante di S. Paolo dentro le mura a Roma
che in tutte le capitali dell'Europa del nord. Nella cattedrale di Oslo
c'è poca luce e le maggiori sorgenti luminose (lampadario centrale,
lampadari laterali e luci singole) sono spente.
Predomina il colore dorato e a parte il soffitto domina un insolito bianco spento
alle pareti. Esco per fare il giro della chiesa e del
rist (il Recinto), costituito da una serie di gallerie che
abbracciano e circondano la struttura alle spalle della cattedrale.
|
 |
A fianco, a est della
piazzetta d'entrata della cattedrale, nel piccolo parco verde dove un
tempo pascolavano le pecore, sono state montate delle tende che
fungono da locali di ristorazione. C'è in atto la saga del cibo italiano.
Si sentono gli odori e si vedono le pietanze tricolori che girano
nelle mani di solerti camerieri. Ci sono lasagne, tortellini, spaghetti,
fettuccine
e anche pizze. Allineati su una fila si vedono barattoli di conserve di
tutti i tipi, come nelle saghe paesane, bottiglie di vino e di olio
e persino costate fiorentine alla brace per una specie di festival
culinario per gli indigeni. Mancano solo il baccalà alla vicentina e
il pescestocco "a ghiotta" alla messinese (che qui, in
Norvegia, le due pietanze si chiamano rispettivamente klippfisk
e tørrfisk e che gli indigeni sono i maggiori
produttori al mondo di merluzzo essiccato) e poi siamo al completo
per la gioia di golosi e di estimatori del cibo made in Italy.
|
|
Se fossi un nemico della cucina italiana parlerei malissimo di
questa orgia di cibo che viene proposta in modo quasi volgare,
all'insegna del più becero materialismo. Ma da italiano comprendo che è
inevitabile accostare al tricolore le immagini di pietanze a base di
pasta e moda. Strano modo di pubblicizzare l'italianità. D'altronde
sarebbe difficile far comprendere agli europei che l'Italia ha altro di
interessante da mostrare nella cultura, nell'arte, nella musica, etc.
Spesso però i pregiudizi degli europei sono certe volte più forti della
volgarità del cibo italiano. ll festival è pieno di persone che circolano
per gli stand nei quali ci sono i tavoli apparecchiati per
mangiare. Vengono proposte anche specialità regionali: da barattoli di
peperoncino calabrese alla bresaola valtellinese e da altre
decine di prodotti culinari. Nonostante abbia un po' fame scappo via
infastidito da tutte quelle proposte tipicamente commerciali. Ho fretta di
vedere cose norvegesi e non italiane. Non sono venuto qui per perdere
tempo presso una saga di paese laziale che vive di porchetta e abbacchio
a scottadito. Continuo a passeggiare nella Karl Johan gate fino
al Grand Hotel, dopo lo Stortinget, la sede del Parlamento
norvegese. All'angolo della Rosenkrantz' gate davanti al Rock
Cafè, vedo fermo un altro Sightseeing Oslo buss in attesa di
far salire alcuni passeggeri. Ne approfitto ed salgo anch'io per la
seconda volta.
Voglio andare direttamente all'Ibsen Museet in
Ibsen gate. Prima però
pubblico qui due foto che ho preso a distanza di pochi giorni. Entrambe
rappresentano una strada intitolata al grande drammaturgo Henrik Ibsen. La
differenza è che la prima si trova ad Oslo vicino al
Kongelige Slott, mentre la seconda si trova a
Roma vicino casa mia. Una vera originalità che
merita di essere comunicata. La prima differenza
che colpisce chi vede i due cartelli è che a Oslo il cognome Ibsen è
completo anche del nome Henrik, mentre a Roma c'è solo il cognome e
basta. Nella targa oslense c'è anche il sottotitolo *1828 †1906
Dikter og dramatiker, che significa «nato nel 1826 morto nel 1906
Poeta e drammaturgo». Nella analoga targa presente nel Municipio XI
di Roma, non c'è nulla di tutto questo. A proposito del solo cognome c'è
semmai tutta una interessante sintesi romana che è una
minispiegazione di buona parte dell'antropologia della città della Lupa. Il romano
doc non ama
perdere tempo nella comunicazione. Egli è un tipo pratico e concreto,
che riesce sempre nel suo dialetto a sintetizzare anche ciò che difficilmente si può
immaginare di ridurre,
come per esempio quando egli chiama per nome un amico dal nome Francesco. Ebbene il processo di minimizzazione della fatica e degli
sforzi lo porta a chiamarlo a 'Fra! Straordinario. Desidero
ricordare altresì che nel 1866 Ibsen visitò Roma dove scrisse il dramma,
intitolato Brand. |
 |
|
 |
Scendo nella Henrik Ibsens gate a due
passi dal museo. Entro nel museo e con la mia Oslo pass l'entrata è
gratuita. Mi metto subito a guardare i vari cimeli, le foto, i suoi
oggetti personali, i suoi appunti originali. Insomma tutto ciò che
caratterizzò la vita di questo grande della letteratura. In un
pianerottolo in cima alle scale del primo piano vedo una locandina che
mi ha fatto piacere trovare. E' la locandina che pubblicizza il dramma
in tre atti di Enrico Ibsen, Spettri, recitata al teatro Argentina di
Roma, Venerdì 8 marzo 1940 alle ore 21 precise. Da notare
l'italianizzazione del nome di battesimo Enrico al posto dell'originale Henrik. Io
non ero ancora nato e il 1940 è stato un anno in cui in Italia dominava il
fascismo. La Compagnia Drammatica italiana fu diretta da Ermete
Zacconi. A fianco l'altra locandina con il nome svedese Vildanden
(l'anatra selvatica). Il suo studio conserva a tutt'oggi l'arredamento
originale del tempo. |
 |
|
 |
Non ci sono molti turisti all'interno del
museo. Incrocio quattro persone in tutto, tra i quali due studenti. Sono
rimasto quasi un'ora a vedere tutti i cimeli presenti nelle varie
stanze. Ho visto anche un filmato sulla vita di Ibsen e addirittura un
adattamento televisivo in bianco e nero di una sua opera in lingua
norvegese. Ne valeva la pena. Esco dal museo e a piedi percorro la parte
iniziale della Stortingsgata. Su questa bella strada, sulla
mia sinistra andando verso est, c'è il
Nationaltheatret (il Museo nazionale), edificio
imponente con quattro bianche e belle colonne. La Stortingsgata è
una strada centrale di Oslo strategica, perchè viene percorsa per intero
dai mezzi pubblici e quindi per me che abito a
Jernbanotorget vuol dire che in questi giorni la frequenterò molto
sia con autobus, sia con il tram. Rientro in hotel per risposarmi un po'
e poi uscire per la cena. Ho scelto di soddisfare i morsi della
fame in un ristorante vicinissimo all'albergo: l'Egon
Byporten, proprio in
Jernbanotorget all'interno del centro commerciale. Il locale è pieno
di clienti e c'è la fila. Mi metto ordinatamente in coda e dopo una
mezz'oretta d'attesa il cameriere mi trova un tavolo. Mi chiede la
nazionalità perchè il menù è in molte lingue, compreso l'italiano. Però,
questi norvegesi. Guardate che è difficilissimo trovare all'estero posti
e luoghi nei quali si ha la sensibilità di utilizzare la lingua
italiana per i turisti. Di solito ci si ferma alle quattro lingue veicolari: inglese,
francese, tedesco e spagnolo. Ultimamente si sono aggiunte il portoghese
e il polacco. Nei paesi del nord si trova anche lo svedese. Ma
l'italiano no. L'italiano è come se non esistesse. |
 |
Questa mattina sono rimasto sorpreso dal
fatto che sul Sightseeing Oslo buss ci fosse, nel selettore delle
lingue, anche l'italiano. Adesso c'è anche un intero menù nella lingua
del Bel Paese. Cosa dire: bene e bravi. Affamato e desideroso di
mangiare una pietanza nutriente ma anche digeribile scelgo un tris di
pesci (salmone branzino e scampi) alla piastra. Per evitare poi
l'intruglio di salsine con accostamenti francamente inaccettabili chiedo
che vengano sostituiti da patate bollite o al forno. Il cameriere mi
invita a prendere il bicchiere di birra Heineken che ho ordinato al
bancone, dove sono costretto a confermare e pagare in anticipo la cena.
Scopro, a cose fatte, che la pietanza non è altro che un tortino di
salmone, branzino e scampi con funghi al forno e non alla piastra. In
ogni caso è pesce fresco, ben cucinato e veramente gustoso. Capperi
questi norvegesi: si dimostrano sempre più affidabili e bravi. |
Esco dal locale sazio e satollo. Una
passeggiata in
Jernbanotorget a vedere la gente che arriva e parte alle fermate del
tram e degli autobus è doverosa prima di trascorrere un sonno ristoratore. |
Secondo giorno.
Oggi è la giornata più importante di tutto il viaggio per il denso
programma di visite che ho in calendario. Di solito, dopo un sonno
ristoratore in albergo e una buona colazione si è nelle condizioni
fisiche e di spirito ideali per visitare la maggior parte di posti. Iniziamo dalla colazione. Raramente mi è capitato di mangiare
così bene in un paese scandinavo. L'hotel è uno
Scandic, sinonimo
di qualità alberghiera in tutti i paesi del nord Europa. Ricordo
perfettamente, ma è una coincidenza, che sia a Stoccolma, sia ad
Helsinki ho pernottato sempre, senza volerlo, in un hotel Scandic. E
devo riconoscere che mi sono trovato sempre bene. Nonostante un pessimo
e molle cuscino e la presenza di un piumino al posto della solita
coperta mediterranea ho dormito bene. All'entrata della sala ristorante
scopro con sorpresa che i tavoli per la colazione si trovano nello stesso ristorante
dove ho cenato la sera precedente, cioè all'Egon Restaurant. Non
lo avevo capito per niente! Ma la sorpresa continua perchè sull'uscio
trovo la ragazza che mi ha servito nel ristorante il bicchiere di birra
Heineken. Lei mi riconosce, sorpresa nel vedermi. Sono dell'avviso che
non sapesse che fossi un cliente dell'albergo. La saluto con un god
morgen (buona mattinata)e le dico il numero della camera scandendo i
tre numeri fem null sju, cioè cinque, zero, sette. Col sorriso
sulle labbra mi fa un cenno d'intesa e mi risponde col classico grazie
in norvegese, cioè takk. Credo che sia stato un successo farla
parlare in norvegese con me straniero al 100%. Di solito rispondono
sempre in inglese. Se aggiungiamo al glossario le parole god dag
(buon giorno), god aften (buona sera), ja (si), nei
(no) e unnskyld (scusi), ho esaurito tutto il lessico norvegese
che ho imparato in quasi un mese di studio e di programmazione. Sono
dell'idea che nella lingua indigena un minimo di parole deve essere
conosciuto e adoperato da un buon turista che si ritiene tale. Denota
attenzione e sensibilità alle esigenze della gente del luogo. E poi
introduce sempre un pizzico di simpatia per la felice scelta di
considerare giustamente importante la lingua del luogo. Io mi sono
trovato sempre bene a fare così e lo consiglio vivamente a tutti. |
 |
Ai banchi del buffet c'è di tutto e
l'offerta è completa. Fermo restando che io faccio sempre una colazione
di tipo mediterraneo - dunque niente uova fritte con bacon, wurstel,
salami e cose del genere - la mia colazione standard è costituita da
panini con burro e marmellata, una tazza di latte caldo
zuccherato con miele, un caffè espresso macchiato e alcune brioche o
dolcini del luogo. Null'altro. Il resto non mi interessa. Devo
riconoscere che raramente ho trovato un latte fresco così gustoso, vari
tipi di marmellate che sono un vero nettare, briochine che sono
una rara squisitezza e il caffè che è un vero caffè espresso
all'italiana. Cosa si vuole di più? Nella foto sono riconoscibile da una
grande sorriso con alle mie spalle l'entrata della Sentralstasjon.
Nella piazza della stazione, sulla mia sinistra, si riconosce un tendone
verde che copre i molti tavoli all'aperto del ristorante Egon. Un
gentile cliente che sta facendo colazione alle mie spalle si è premurato
di farmi la foto. |
E adesso in moto
per la città. Devo andare a vedere i quadri di Munch tra i
quali sono interessato anche alla «Madonna» oltre che all'«Urlo». La sede è alla
Galleria nazionale in Universitetsgata 13. Devo fare attenzione a
non confondere negli indirizzi «gate» con «gata». E visto che ci siamo,
ho osservato attentamente la questione dei nomi delle strade. La cosa è
un po' impegnativa perchè ho scoperto che oltre a «gate» e «gata» ci
sono anche «stredet» (come Pilestredet), «stien» (come Bergstien),
«plassen» (come Bankplassen), «plass» (come Grev WedelsPlass),
«gata» e «gate» le abbiamo già dette (come Kongens gate e Rådhussgata),
«Allè» (come Bygdoy Allé), «veien» (come Uranienborgveien)
e anche «bakken» (come Akersbakken). E forse ci saranno anche
altri segni diacritici in forma di suffisso o apposizione che io non
conosco. Ritengo importante conoscere bene le questioni topografiche di
una città e i nomi corretti delle strade, dei viali e delle piazze. Si
tratta di una questione cruciale che ogni turista dovrebbe conoscere.
Per esempio, non c'è peggiore scelta di scrivere le parole
disinteressandosi dei segni diacritici come quando si scrive Radhussgata
invece di Rådhussgata, senza l'anello sulla vocale a, oppure
scrivere bispedomme invece di
bispedømme senza la O con la sbarra obliqua. Nella scienza c'è un
fisico, Anders Jonas Ångström, che ha dato l'iniziale del suo
cognome come unità di misura atomica delle lunghezze. In pratica 1 Å
equivale a 10-10 m, cioè a un decimo di miliardesimo di
metro. Il cognome di questo grande fisico ha ben due segni: il primo è
l'anello sulla vocale iniziale a e il secondo è una dieresi sulla vocale
o. Nei paesi scandinavi questo cognome è come il cognome Rossi
in Italia. E per concludere aggiungiamo che dal norvegese femten
(quindici) si ottiene il prefisso del sottomultiplo 10-15
chiamato semplicemente «femto» e da atten (diciotto) si ottiene
il prefisso del sottomultiplo 10-18 chiamato «atto». Io mi
diverto a scorrere il lungo elenco dell'indice delle strade in ogni
mappa di città. Si vedono cose interessanti e originali. Per esempio si
nota che ai nomi di personalità straniera si possono abbinare importanti
vicende storiche, politiche e culturali. Un esempio
per tutti. A Sofia c'è una strada chiamata via Garibaldi. E'
intitolata all'eroe dei due mondi, artefice dell'Unità d'Italia. Ebbene,
perchè esiste una strada del genere a Sofia in una lingua che adopera i
caratteri cirillici e non ci sono viceversa altri nomi italiani? La
risposta ha motivazioni storiche e politiche, perchè la Bulgaria
dell'Ottocento amava coloro che facevano le rivoluzioni per la libertà
dagli invasori che in Italia era l'Austria e in Bulgaria erano gli
Ottomani. Così Garibaldi era visto come un modello di comportamento per
la libertà della loro nazione. Almeno, io l'ho intesa in questo senso. E
ritorniamo a Munch e alla Galleria nazionale. Per arrivarci prendo il Sightseeing buss,
visto che il biglietto giornaliero è ancora valido, in quanto non sono trascorse le 24 ore previste.
Chiedo conferma davanti al solito Hotel Clarion al controllore di turno,
che è sempre una donna ma diversa dal giorno precedente. Scendo in Karl
Johans gate, sul marciapiede del Rock Cafè. All'apertura
domenicale delle undici del museo mancano ancora quindici minuti. Ci sono qualche
decina di turisti in attesa di entrare insieme a me. Ci guardiamo
reciprocamente negli occhi, come per confermare a noi stessi e agli
altri che abbiamo tutti un obiettivo comune. Ci sono turisti di tutte le
facce, compresi due giovani che chiacchierano esageratamente. Sono
italiani (figurati) e io faccio finta di nulla. A me l'attesa non preoccupa molto
perchè i turisti sono quasi sempre gente con i quali ti accomuna l'amore per i
musei e per le cose belle della cultura del luogo. |
 |
Aggiungo che l'entrata è
gratuita per tutti. Pochi minuti prima dell'apertura del portone di
ingresso arriva il solito pullman, pieno zeppo di anziani turisti
giapponesi che, con fare sfrontato, ci superano nelle scale ed entrano per
primi, perchè visita di gruppo. Entro anch'io e cerco di trovare subito
la sala delle tele di Munch. Mi sembra che sia la sala T. Perdo tempo a
trovarla perchè la sequenza delle lettere delle sale
M,N,O,P,Q,R,S,T non è lineare. Manca proprio
la sala T che trovo con
difficoltà, Inutile dire che è presente tutto il gruppo dei cinquanta giapponesi
davanti al quadro che immortala l'urlo del disperato. Devo aspettare che la donna
capogruppo termini le sue spiegazioni per osservarlo da vicino. A due passi c'è
un custode che impedisce a chiunque di fotografare. L'unica foto che ho
potuto fare è stata nella sala attigua di entrata che precede. Le tele sono
interessanti e originali. |
E' evidente che tutti i visitatori sono
interessati di più all'Urlo che al resto. La tela per eccellenza
di Munch, dipinta nel 1885, è coperta da una protezione di vetro
trasparente. «Nella pittura di
Munch troviamo anticipati tutti i grandi temi del successivo
espressionismo: dall’angoscia esistenziale alla crisi dei valori etici e
religiosi, dalla solitudine umana all’incombere della morte, dalla
incertezza del futuro alla disumanizzazione di una società borghese e
militarista». A me che lo sto osservando attentamente viene in mente che
nel soggetto traspare tutta l'angoscia dell'uomo unita a una punta
di terrore. Infatti, quando si ha paura, il viso mostra sempre gli occhi
dilatati, la bocca aperta e le guance ristrette come se fossero
sgonfiate. Raffaele Mantegazza nel
suo libro Pedagogia della morte afferma che "le tele di Munch
sono uno tra i più grandi avvicinamenti all'asintoto della materialità
della morte". E non sbaglia, perchè il quadro è terribile nella sua
semplicità. Completo il giro delle stanze ed esco
facendo un giretto nei pressi della galleria. Mi colpiscono una coppia
di edifici che hanno il nome di Ibsen. Non me l'aspettavo. Si trovano
in
CJ Hamros Plass, 4
vicino a Pilestredet e sono probabilmente la coppia di edifici
più famosa di Oslo. Il motivo riguarda il fatto che gli spazi di questi
edifici sono stati usati in una serie televisiva norvegese di telefilm
famosi, dal nome Hotel Cæsar. |
 |
Mi sposto in Rosenkrantz' gate, quasi a
fianco del ristorante Kaffistova. Nella foto si vede l'entrata del teatro Oslo
NYE. In programmazione c'è Scener fra et ekteskap, ovvero
"Scene da un matrimonio", di Ingmar Bergman. Il celeberrimo film del 1973
(annus mirabilis per me) scritto e diretto dallo stesso Bergman col
quale rappresentò l'istituto del matrimonio con "palese pessimismo
(dovuto al fatto che lo stesso Bergman stava per divorziare dalla moglie
Liv Ulmann) e moralismo realistico". Mi piacerebbe vederlo ma non credo
che sia possibile per via delle prenotazioni e della programmazione. Mi
ricorda la mia visita a Stoccolma quando in programmazione c'era lo
stesso pezzo teatrale che non potei vedere per tutt'altri motivi
relativi al mio pessimo stato di salute nella città di Gamla Stan
a causa di una infreddatura presa al mio arrivo dall'aeroporto Arlanda.
Ritorno nella Karl Johans gate dove mi interesso ai vari gioielli
architettonici presenti nella strada principale di Oslo. |
 |
La giornata presenta un timido sole. L'aria
è freddina e tira anche un po' di vento. Faccio alcune foto nello
Studenterlunden il bel parco che si trova là a due passi e mi
avvicino allo Stortinget (il parlamento). Una strana costruzione, di
colore giallo, ma bella e soprattutto artistica. Sembra, a parte
l'altezza dovuta al fatto che è stata eretta a un solo piano, una
struttura a forma di torre circolare come si usava nel medioevo al
centro di un castello. Comunque è originale. Dall'altra parte della
Karl Johans gate c'è il bellissimo Grand Hotel tutto
lastricato da una specie di travertino bianco. Completo il giro
del palazzo del Parlamento percorrendo in senso orario prima il
tratto della Karl Johans gate, poi Akersgata, quindi
Wessels plass (fermata importante del tram) in Prinsens gate
e, l'ultimo lato del quadrilatero, l'Eidsvolls plass che è il
passaggio all'interno del parco. |
Ci sono pochi turisti in circolazione. A un
certo punto ne vedo due che si fotografano a vicenda. Parlano italiano.
Ne approfitto chiedendo loro di farmi una foto. |
 |
A due passi c'è il Rådhus il famoso
municipio di Oslo. Entro e osservo le pareti dove sono
dipinte le enormi figure che rappresentano il lavoro e i lavoratori.
Trovo un gentile signore mongolo che mi fa una foto con sorrisi
interminabili. La sala è enorme. C'è una confusione
indescrivibile. Turisti di tutte le nazioni e di tutte le razze che
fotografano a 360° tutto e tutti. In pratica il centro della sala è pieno
di fotografi in erba che scattano foto in continuazione.
Quasi nessuno che si ferma ad ammirare. L'importante è fotografare.
Questo è il motto che contraddistingue tutta questa gente. Io mi siedo
su un cuscino posto su una panca che costeggia l'intera parete di
sinistra nella foto e ammiro le composizioni artistiche dipinte in
perfetto stile norvegese. Immagino l'atmosfera quando ogni anno viene
consegnato in questa sala il
premio Nobel per la Pace. |
All'uscita riprendo il Sightseeing buss che trovo
fermo là ad aspettare altri turisti per andare nella Biskop Gunnerus' gate da
dove passa il bus 37 che mi porterà in una località fuori circuito
turistico. Indovinate dove, se ci riuscite. Ebbene andrò adesso in
Ullevålsveien. A fare cosa? Diciamo che il progetto di visita
domenicale di questa tarda mattinata prevede un tour di tipo
religioso. |
 |
Ho in mente di vedere direttamente le
chiese più importanti delle principali religioni monoteiste. Quali? In primo luogo la
cattedrale cattolica di Oslo, che si chiama
St. Olav Domkirke, con annesso Oslo katolske
Bispedømme, cioè la Diocesi di Oslo. In successione, poi vedrò la Chiesa
ortodossa russa, la Sinagoga ebraica di Oslo e, infine, la Moschea
musulmana centrale. La Cattedrale evangelica l'ho visitata ieri. Ma
andiamo per ordine. Sant'Olav è la chiesa cattolica per
eccellenza. Nelle poche decine di metri che la fermata del bus 37
dista dalla chiesa vedo alcune famiglie norvegesi vestite con l'abito
tradizionale e vedo anche di spalle dei giovani asiatici che si dirigono
lungo la mia strada alla cattedrale. Il gruppo di indigeni ad un certo
punto sparisce nel nulla mentre io, insieme ai giovani, entriamo nella
chiesa. |
La chiesa è piccola e l'architettura e le
immagini sono parecchio diverse da quelle italiane. Qui lo stile è
gotico con le finestre a punta e non barocche. |
 |
Vedo seduti ai banchi molti fedeli in attesa
della messa. Ma c'è qualcosa di strano nell'aria che non percepisco
subito. Poi capisco. I fedeli sono tutti, dico tutti, filippini.
L'immagine mi richiama alla mente la stessa scena vista diverse volte in
differenti capitali europee. Dove? Ad Atene e a Nicosia. In pratica
l'intera comunità cattolica di Oslo, come di Atene e Nicosia, è costituita da immigrati cattolici filippini. Sono da considerare a mio parere una risorsa straordinaria
per la chiesa cattolica norvegese perchè assicurano, con la loro
costante presenza, una comunità viva e partecipe. Senza di essi le
chiese cattoliche sparse in tutto il nord Europa avrebbero dovuto
chiudere da tempo. Certo, cambiando registro, si vede qui in tutta la
sua gravità la crisi delle chiese cristiane (cattolici, protestanti,
ortodossi, etc.) che nelle società scandinave non sono mai riuscite a
creare quelle comunità di credenti vitali come nel sud d'Europa. |
Sarebbe interessante dibattere questo tema
perchè apre prospettive in parte condivisibili e in parte inaccettabili.
Non è possibile che il cattolicesimo viva in questi paesi perchè
esistono gli immigrati asiatici, i quali sono i soli in grado di
riempire i vuoti creati dai credenti indigeni che mostrano totale
indifferenza per la teologia della chiesa di Roma. Ma questo è un tema
che non è possibile approfondire qui. Dall'uscita laterale destra della
chiesa mi sposto sulla Akersveien e qui incontro di nuovo alcune
coppie con il vestito tradizionale norvegese, tutto rosso norge e
bianco. Da qualche parte ci deve essere qualche cerimonia tradizionale
ma non capisco dove.
Dopo aver oltrepassato alcune case contigue con l'edificio della
Diocesi, riesco a vedere la parte sud del
Vår Frelsers gravlund, cioè il
cimitero più antico e famoso di Oslo. |
 |
A circa cento metri, sul lato sinistro, vedo
la prima delle tre entrate del cimitero: due sono nella
Akersveien e una che è l'entrata principale nella Akersbakken. So per certo che lì c'è
una chiesa ortodossa russa. La trovo subito. Si tratta della
Hellige Holga menighet-den Russieske Ortodokse Kirke, cioè la
Chiesa di Santa Olga della chiesa ortodossa russa. E' piccolina ma
raccolta. Entro e vedo in atto una cerimonia religiosa con un prete
ortodosso che recita insieme a dei credenti preghiere ed esortazioni.
Assisto per alcuni minuti osservando l'interno in perfetto stile
ortodosso. All'uscita trovo un gruppo di persone, uomini e donne, che
conversano tra di loro. Sono quasi tutti di immigrazione russa,
eleganti, ben curati, soprattutto le donne. Chiedo in inglese se
conoscono dove è
seppellito Henrik Ibsen. Dopo una iniziale sorpresa per la inusuale
domanda, una gentile signora di chiare origini russe mi accompagna a un
cartello contenente la
mappa del cimitero. |
Riconosco la piantina perchè l'avevo vista
in internet. Ringrazio e mi dirigo lungo un vialetto verso il centro,
nel verde dei prati ben curati. Sto cercando il "boschetto onorario",
cioè la zona centrale del cimitero nel quale si
trova la tomba. La ricerca è difficile perchè non c'è alcuna indicazione
e a tratti mi sembra di cercare un ago nel pagliaio. La visione del
prato verde, ordinato e armonioso, è molto bella. Non avevo mai visto un
cimitero così bello. Anche perchè i cimiteri nordici sono molto più
curati di quelli mediterranei. Tra una tomba e l'altra prevale il verde
dei prati ben rasati. Il granito delle tombe, il verde dell'erba e il
rosso dei fiori produce una visione cromatica fuori dall'ordinario. |
 |
Giro per più di mezz'ora in mezzo a marmi
bruni e tombe accurate, piene di steli e fiori rossi e se non fosse stato per una gentile signora che mi indica la
direzione giusta non sarei riuscito a trovare la tomba. Qui, dunque, giacciono le
spoglie del grande drammaturgo e poeta norvegese. Un minuto di
raccoglimento lo merita ed è il minimo che io possa fare. La scena che vede me davanti alla tomba
di un estraneo non di famiglia, mi ricorda quella analoga
avvenuta alcune decine di anni fa quando a Roma, in un momento di forte
desiderio di ricordare la figura di mio padre morto da poco e tumulato
in un piccolo paese, andai al
cimitero "Verano" per portare un fiore a un estinto qualsiasi, che
avesse il solo requisito di avere in comune con mio padre la stessa data di nascita. Penso ai suoi libri presenti nella mia
libreria e alle emozioni provare durante la loro lettura. |
Di Henrik Ibsen posseggo diverse opere. Dalla Casa di
bambola agli Spettri, da Hedda Gabler a
L'anitra selvatica. Ho letto anche La donna del mare ma il
dramma che avrei desiderato leggere è un libro introvabile, cioè
Kejser og Galilaer (Cesare e Galileo). Pochi ne parlano perchè è un
testo raro e quasi mai è stato rappresentato a teatro. Ibsen mi sembra
una figura mitologica, in grado di mettere soggezione a tutti. Basta
vedere al museo la sua immagine con gli occhialini, la barba incredibile
senza soluzione di continuità con i capelli e lo sfondo dell'immagine
rosso Norvegia. Un'icona unica e irripetibile. Esco dal cimitero e mi dirigo verso nord,
sempre lungo la Akersveien, fino ad arrivare alla Akersbakken
sul lato nord del cimitero, dove al numero 32 come ho già detto
prima c'è l'entrata principale del cimitero. Al bivio inizia la Bergstien che è la
strada dove al numero 13 c'è la
Synagogen Bergstien. |
 |
La sinagoga
si trova nella parte finale della strada, in salita sulla destra, in una
via che sembra più una caserma militare - difesa da distanziatori di
sicurezza in mezzo alla strada (che si intravvedono nella foto) - che un
edificio religioso. Ci sono cancelli e telecamere a bizzeffe. Il tutto
dà un'idea di repulsione che contrasta con St.Olav. Lì è tutto
aperto, alla luce del sole, con i fedeli che sorridono compiaciuti di
essere insieme in compagnia. Qui è tutto chiuso, sbarrato, con
telecamere di sicurezza che danno un'immagine di vita in completa
segretezza. Sul lato sinistro della sinagoga c'è una anziana signora
davanti alla sua porta di casa alla quale chiedo se è possibile
visitarla. Mi invita a suonare il campanello del custode. Ma dopo alcuni
tentativi infruttuosi desisto e ritorno indietro. Non sono sciocco e
comprendo benissimo che dopo gli episodi di razzismo antireligioso
contro moschee e sinagoghe è giusto che ci sia una difesa adeguata. |
Peccato che questo fatto introduca elementi
di disturbo alla visita turistica. Alla fermata successiva
riprendo il bus 37 in senso inverso
che mi riporta velocemente di nuovo in Biskop Gunnerus'. Da qui
mi sposto ad Akerbrygge con il tram 12 per il pranzo. Mi aspetta un ristorantino
sul molo che propone ottimi piatti a base di pesce, vicino
all'orologio, lungo la passeggiata a mare. La zona di Akerbrygge
è moderna e rappresenta in modo egregio il passeggio sul molo. Ci
rimarrei volentieri alcune ore, andando a zonzo per vicoli e stradine
interne. |
 |
Il posto lo merita ma .... è l'ora di pranzo e mi seggo subito a un
tavolo all'interno di una vetrata sulla banchina del porto protetto da
pannelli di vetro scorrevoli al
ristorante Lofoten. Nella foto si vede una signora anziana
seduta a un tavolo. Mi siedo di fronte a lei al tavolo vicino. Fuori le
persone hanno al solito le maniche corte mentre io, prima di entrare nel
ristorante, ho sentito freddo, anche perchè c'è un vento fastidioso e
certamente non si tratta di scirocco africano. Una non giovane
cameriera mi propone senza mezzi termini la specialità del giorno. Non
mi fido nè della specialità, nè del prezzo che essa inevitabilmente
associa. Ho tutto programmato e conosco a memoria quali sono le portate
più accessibili. Le dico di portarmi il menu e facendo finta di scorrere
i nomi delle pietanze individuo il nome: Lofoten kremet fishsuppe -
Med smak av frisk basilikum. Gaenert med dagens fangst av fisk og skjell. |
Avete capito qualcosa? Io si perchè a casa,
in internet, ho tradotto in precedenza la frase con google translate.
Si tratta di una "zuppa cremosa di pesce della casa (Lofoten) con
del basilico fresco, guarnito con pesci e crostacei". Prezzo 125 korone
per la porzione piccola. Da bere una piccola bottiglia di birra chiara. |
 |
La signora rimane di sasso. Stupita della
mia scelta economica non si aspettava il mio cinismo e la maniera
elegante di essermi tolto dai guai alla sua pericolosa domanda di
accettare la pietanza del giorno. Dopo un
po' un giovane cameriere mi porta il piatto e, su mia richiesta, accetta
di farmi la foto che vedete a fianco. La pietanza è veramente originale.
Per me, italiano doc, amante delle pietanze a base di pesce, fino all'altro giorno era
decisamente impossibile immaginare di poter mangiare una zuppa di pesce
senza pomodoro. Le mie zuppe di pesce sono sempre state impregnate da
buon pomodoro. Dunque, zuppe di pesce rosse. Qui invece il colore rosso è
inesistente. In un denso e cremoso liquido color pisello, nel
quale si trovano sottili bastoncini di carote, ci sono pezzi di pesce
veramente squisiti. Ottima pietanza. Non si finisce mai di imparare la
varietà possibile e inimmaginabile delle ricette di una pietanza nel
mondo. |
Il menu prevede anche un piatto di cozze che
ho rifiutato, perchè in programma domani in un altro ristorante.
Esco dal ristorante Lofoten soddisfatto dall'avere assaggiato un
piatto che in Italia è sconosciuto. Mi metto a gironzolare sul molo e
nelle stradine dietro il centro commerciale di Akerbrygge. La
passeggiata è piacevole, nonostante un vento impietoso si faccia notare
con sistematica e implacabile ripetitività. Mi pongo la domanda: ma che
sensazione termica si potrà provare qui tra alcuni mesi in pieno inverno
a -20 °C? E' la stessa e identica domanda che mi sono posto a Stoccolma
ed Helsinki. Stranamente il problema non me lo sono posto quando ho
visitato Copenhagen, forse perchè la Danimarca, non essendo agganciata
geograficamente alla penisola scandinava, produce psicologicamente
temperature più miti. Io non potrei vivere in inverno a queste latitudini. Svoltato l'angolo dell'ultimo edificio lungo
Akerbrygge in direzione della penisola Bygdøy si sbuca in una piazzetta modernissima chiamata
Bryggetorget. |
 |
Tutti i palazzi hanno le facciate in vetro, in uno dei
quali spicca il logo DNB di una banca. Qui si trova il ristorante
italiano Eataly. Nulla a che vedere con quello presente a Roma,
che è un gigantesco e pantagruelico luogo dove si ingurgitano tonnellate
di cibo per gente che "vive per mangiare". Comunque, tanto di chapeau
al patron di Eataly, Oscar Farinetti, che da buon
imprenditore italiano ha fiutato l'affare di esportare in tutto il mondo
il cibo italiano e il valore della cucina italiana, inventandosi questo
nuovo e strano modo di pronunciare il nome dell'Italia (Eataly).
Mi dispiace ma io all'estero non frequento nessun ristorante italiano e
alla larga da spaghetti, fettuccine e lasagne. Raramente mangio una
pizza qualora le condizioni del mio stomaco la richiedessero. In realtà se si pensa un po' è da sciocchi mangiare all'italiana quando si va in
un paese straniero per visitarlo. |
Che senso ha mangiare gli spaghetti e
perdere la possibilità di conoscere qualche piatto della cucina locale?
Illogico. Al contrario, confesso che spesso vado al ristorante svedese
di Ikea a Roma per assaporare pietanze della cucina svedese.
Peccato che non ci sia una Ikea norvegese. Sfilano davanti a me
gradevoli immagini della Oslo marina. C'è lo Shopping Center di
Akerbrygge, le due belle fermate del tram 12 che collegano
incessantemente in entrambe le direzioni questa bellissima passeggiata
al mare con Jernbanotorget, la maestosa presenza del
Rådhus
e della Rådhusplassen, sotto la quale scorre un intenso traffico
automobilistico nel Festningstunnelen, il Nobels Fredsenter
e tanto altro. Non prendo alcun il vaporetto per Bygdøy perchè mi
sento "a rischio tracheite". D'altronde, nella penisola di Bygdøy
ci sono stato già stato col Sightseeing. |
 |
Preferisco rientrare in hotel per riposarmi.
Sono stanco ed ho voglia di navigare in internet per leggere le notizie
sui giornali online italiani. La hall dell'albergo è
calda e accogliente. Ci sono tutti gli ingredienti per rilassarmi. Più
tardi esco di nuovo per visitare i due centri commerciali di Oslo
City e Byporten. Lo scopo è di confrontare ciò che vedo con
quelli analoghi italiani e provare a individuare differenze. E di
differenze se ne trovano molte. Non perchè qui c'è una struttura
edilizia differente. No. Perchè è diverso l'approccio stesso col centro
commerciale. Vediamone qualcuna. In primo luogo non si sente il forte
rumore di fondo che si avverte nei centri commerciali della capitale
italiana.
Qui si parla sottovoce, non si parla affatto; a Roma si parla ad alta
voce quando non si grida. Poi qui i bar sono più numerosi e soprattutto
hanno molte sedie sulle quali sedersi. E poi l'offerta di comodità per
il cliente è maggiore. |
Una novità assoluta è un aggeggio posto in
un angolo del Centro commerciale di Oslo City che, a prima vista, non
capisco cosa sia. Sembra una specie di bancomat per prelevare qualcosa,
come bottiglie o pacchetti. |
 |
In realtà è un dispositivo per
depositare plastica, lattine e oggetti del genere. In poche parole, è un
cestino dei rifiuti differenziale delle bottiglie di plastica. Si
infilano le bottiglie vuote a perdere nella bocca circolare del pannello
frontale e si acquisiscono frazioni di korone a seconda delle
dimensioni delle bottiglie. Un vero e proprio cassonetto dell'immondizia
che realizza al 100% il sogno di differenziare la spazzatura. E in più
si recuperano soldi. Intelligente e pratico. Mi ricorda la dichiarazione
che fece il grande epistemologo viennese Karl Popper quando intervistato
da un giornalista alla domanda se si sentiva realizzato per i suoi
importanti lavori di filosofia ed epistemologia rispose: «Io nella vita
ho saputo fare solo il filosofo. E per giunta mi hanno pagato». Ecco.
Non solo ti disfai intelligentemente della spazzatura, ma anche ti
pagano. Curioso no? E in Italia? Meglio tacere, per carità di Patria. |
Terzo giorno. Oggi è il penultimo giorno di permanenza a Oslo e di buon'ora esco in strada per prendere la
T-bane. In genere nei miei viaggi uso la metro solo alla fine della
visita. Nei primi
giorni preferisco bus e tram, perchè muovendomi in superficie mi
permettono di osservare la città in modo esplicito e visibile. In metro
non è possibile. Il programma di oggi prevede in mattinata di completare il percorso tra
i luoghi delle
religioni di Oslo, visitando la moschea centrale. Dopo la
pioggia di ieri sera e della notte, la giornata di oggi è forse la
migliore perchè il cielo è terso e la temperatura si è alzata con
convinzione. A Jernbanetorget scendo le
scale ed entro nella metropolitana, che qui si chiama Oslo T-bane. La prima sorpresa è che l'entrata
non è presidiata né da personale di sorveglianza, né da impiegati ai
tornelli. |
 |
Anzi. Oltre ai tornelli normali, dove per entrare è necessario
timbrare un biglietto, ci sono anche dei varchi liberi che non obbligano
il viaggiatore a mostrare alcun biglietto. Io utilizzo la Oslo pass e
dunque non timbro nulla. Per alcuni aspetti questo fatto mi ricorda il
mio viaggio a
Berlino
nel 2003 quando
notai la stessa mancanza di controlli nella metro, alla fermata di
Alexanderplatz. La scelta di una delle due banchine all'inizio non è
facile, perchè non ho ancora preso abitudine con le direzioni di marcia
dei treni sulla cartina della T-bane. Tra le tante cose il fatto
che tutte e sei le linee ferroviarie passano per le tre stazioni
centrali di Jernbanetorget, di Stortinget e
Nationaltheatret paradossalmente invece di semplificare complica
l'individuazione del percorso giusto. Io devo prendere la linea 5 da
Storo per Vesti. Il fatto è che ci sono altre due linee, che
si sovrappongono perchè percorrono il Ring, cioè il percorso ad
anello. |
Dopo un po' di osservazione penso di avere
capito come stanno le cose. Nel frattempo ho avuto modo di vedere il
modo in cui i viaggiatori si dispongono sulla banchina. Guardo un paio
di treni che passano e decido di prendere il prossimo. Le carrozze sono
pulite e la gente sta in rigoroso silenzio. Non c'è affollamento come a
Roma. Non ci sono né i fastidiosi rumori di fondo della metro romana, né
i molesti suonatori di chitarra che, con la scusa di allietare i
viaggiatori, chiedono un obolo per sbarcare il lunario. Non ci sono
neanche gli sporchi graffiti che imbrattano le pareti interne ed esterne
dei treni delle due linee del metro a Roma. |
 |
Devo fare attenzione perchè il tratto
comprende due sole fermate. Dopo Grønland c'è Tøyen
dove devo scendere. L'indirizzo della moschea è Åkebergveien 28B.
All'uscita, della T-bane trovo un piccolo centro commerciale, chiamato
Toyen senter, nel quale mi fermerò al ritorno per comprare
una piccola bottiglietta di acqua minerale. La fermata di Tøyen è
importante perchè permette di andare anche al Munch Museet.
Imbocco la Kolstadgata, quindi a destra la Sigurdisgata
e in fondo, svoltando a sinistra, mi trovo a cinquanta metri dalla
moschea centrale, nella Åkebergveien. In realtà a Oslo ci sono
più moschee. Quella che ho in mente di visitare è quella più importante,
chiamata letteralmente Prima
centrale Centro studi e Moschea. Questo nome può apparire strano. In realtà è
la traduzione letterale del nome impresso sulla parete centrale tra i
due minareti. Sarebbe la «Prima moschea e centro studi islamici» di
Oslo. Dopo l'esperienza della mia mancata visita alla sinagoga ebraica temo che
potrebbe verificarsi la stessa cosa con la moschea dei musulmani. Sono ottimista ma non vorrei
fare un altro viaggio a vuoto. In ogni caso è una esperienza che mi
serve per due motivi. Inaugurare per la prima volta un viaggio in T-Bane
e visitare la parte est della città oltre Grønland. |
Davanti alla moschea suono al citofono.
Suono di nuovo e dopo un po' mi risponde qualcuno parlando in norvegese.
Gli chiedo in inglese se è possibile visitare la moschea. Per tutta
risposta mi grida arrabbiato che è chiusa e che devo andarmene. Non c'è
niente da fare. Certe volte gli islamici sono peggio dei tedeschi:
nein, nein, nein. Ritorno sui miei passi e decido di cambiare
completamente luogo di visita. |
Adesso spostiamo il tiro e passiamo dai
fatti religiosi a quelli politici e militari. E' giunta l'ora di andare
in collina e non solo per ammirare il panorama sul porto di Oslo. Dove?
Mi aspetta un museo, il museo della Resistenza norvegese al nazismo che
si trova in Akershus Festning, nello stesso luogo dove c'è
Akershus Slott, sotto ai quali passa il Festningstunnelen,
cioè la Fortezza, il Castello e il Tunnel di
Akershus, cioè della «casa di Aker». A proposito di nomi composti
che usano il tema «Aker», avete sicuramente intuito che ci sono
ancora tanti altri «Aker». Per esempio, c'è una Gamle Aker
kirke (la più antica chiesa in pietra della capitale), una Østre Aker, Nordre Aker, Vestre Aker, un
Akerselva, uno Store Aker e una Lille Aker e poi Torsåker,
Ullensaker and Ringsaker oltre alla bellissima Aker Brygge e
persino una contea di Akershus. Il nome «Aker»
originariamente apparteneva ad una fattoria che si trovava nei pressi di
una chiesa. La chiesa, a sua volta divenne la fonte dei nomi del comune
e della contea. E tutti ne hanno approfittato. Persino il Premio Nobel
per la letteratura Knut Hamsun ha adoperato a piene mani in un suo
romanzo il nome Aker e più in generale molti nomi della città. Nel Cap.I
del suo romanzo, pubblicato nel 1890, dal titolo «Fame», Knut Hamsun
descrive la vita grama e solitaria di un giovane scrittore senza soldi
che è costretto a vivere per strada e a dormire in un bosco. Il
protagonista di cui non si conosce il nome si muove nelle medesime
strade oslensi che io ho già percorso in questi giorni nella capitale
norvegese. Hamsun storpia un po' i veri nomi delle località di Oslo nei
quali si muove il protagonista. Si va dalla Pilestradet (che lui storpia
in Pilestraede) allo Slotparken sul colle dove c'è Det Kongelige Slott,
ovvero il Castello Reale; dalla Cattedrale di St. Olav (che lui chiama
Sankt Olav) alla Bernt Ankers gate , dalla Akersgate alla Karl Johan
gate (le due famose e conosciutissime strade del centro della capitale),
dallo Studenterlunden (che chiama giardino dello studente) allo Stortorv
(alle spalle della Domkirke), dal Rådhuset (Municipio) alla Kirkegate,
dalla Ullevaalsvei alla St. Hanshaugen (St. Hansgaug), dalla
Tordenskiolds (chiamata da lui Tordenskjoldgate) al bosco di
Bogstadveien (chiamato Bogstade), dal piazzale della Stazione alla
Møllergata e altre ancora. Insomma, una cascata di nomi che abbiamo
letto in questo diario di viaggio lungo i miei spostamenti per
soddisfare un progetto di visita originale. Orbene, se faccio mente
locale e mi pongo la domanda dove si trovano nella città questi luoghi e
vie citate da Hamsun? La risposta è che gli spostamenti a Christiania
del protagonistra del romanzo sono tutti vicini al cimitero di Vår
Frelsers gravlund, dove è seppellito Henrik Ibsen. Curioso no? Penso sia
una piacevole coincidenza . A questo punto mi sento di poter fare un
accostamento letterario tra Knut Hamsun con il suo romanzo «Fame» e
James Joyce con il suo capolavoro «Ulisse». In entrambi i romanzi si
descrivono i cari luoghi della loro città. Vediamo perchè voglio
andare in questa parte panoramica della capitale norvegese. Nei miei
viaggi c'è sempre stata l'idea di visitare i luoghi della storia,
relativi al passato recente e antico. In particolare mi sono sempre
interessato ai luoghi relativi alle due guerre mondiali, di più la seconda. Io sono nato con la Repubblica e quindi ho avuto la fortuna
di nascere e di vivere non durante il fascismo ma in piena democrazia.
Ciò non toglie che sono interessato a conoscere luoghi e cause della più
dolorosa esperienza che l'Europa abbia mai fatto con il nazi-fascismo.
C'è da parte mia un genuino interesse per i fatti storici della 2a
guerra mondiale e per le tragiche conseguenze che essa ebbe ai danni
degli ebrei e dei partigiani di tutti i paesi che si opposero
all'invasione nazista. Pertanto, l'esistenza ad Oslo di un museo della
resistenza mi attira molto. Con la Oslo Pass l'ingresso è
gratuito e così eccomi qua, appena sceso dal tram 12 preso a
Jernbanotorget per Christiania Torv. Proseguo nella
Akersgata ai bordi del prato verde della salita verso Akerhus
Festning. Mi lascio alle spalle il porto che è ancora in fermento
perchè i militari stanno smobilitando aerei e mezzi militari presentati
ieri alla parata dell'esercito norvegese. Gli aerei con pattuglia
acrobatica hanno fatto un baccano infernale e l'intera area del porto
fino alla Akersgata è rimasta bloccata perchè una marea di folla
ha partecipato all'iniziativa. |
 |
Entro all'interno della Fortezza trecentesca
di Akershus, dall'ingresso principale e mi avvio verso il
Norges
Hjemmefrontmuseum. Si tratta di una vecchia casa in mattoni rossi
che conserva la memoria storica dell'intera resistenza al nazismo da
parte del paese. All'entrata faccio vedere al personale la mia
Oslo pass ed entro nel museo. L'atmosfera è tetra e
l'illuminazione è volutamente a bassa intensità per dare maggiore
risalto al luogo. Prevalgono i contrasti tra rosso e nero degli sfondi
delle pareti. C'è una musica da sottofondo che simula i rumori di un
aereo , lo scoppio di una bomba e di altri fatti militari. Nei vari
corridoi del museo sono esposti cimeli rari e originali del tempo: una
vecchia radio, una vecchia macchina da scrivere Smith Premier,
molte foto degli anni 1942-45 con gruppi di partigiani, etc. E poi uniformi, fucili originali, persino due completi da
carcerato a strisce. Insomma c'è di tutto. |
Nel museo circolano alcuni turisti più
anziani di me, interessati anche ai dettagli più minuziosi. In realtà ci
sono molti cimeli di tutti i tipi e con molteplici usi. |
 |
Molto completi sono anche alcuni pannelli con le
foto delle prime pagine di giornali novegesi del tempo, come il
Morgenposten, e l'Aftenposten. Sul Morgenpladet, per
esempio nella prima pagina, risaltano titoli e articoli sull'Italia.
"Italia besetter Albania (l'Italia occupa l'Albania) o Italia har lukket
inn gangen til adriaterhavet" (L'Italia ha chiuso il corridoio per
l'Adriatico). Esempi di pessima storia fascista che ancora oggi mi
fa vergognare. Esco un po'
rabbuiato e mi sposto lungo le mura della fortezza dal quale si vede un
panorama mozzafiato. Dalle mura ovest che danno direttamente sul porto
di Oslo si vede una delle più belle visioni della città, osservata da
sud, lato mare. In pratica si vede tutto ciò che riguarda la parte
meridionale del centro città: il municipio, gli imbarcaderi dei
vaporetti, Aker Brygge e l'intero inizio del fiordo di Oslo.
Nella foto si vede il veliero ancorata nel porto e presenza fissa alla
base della fortezza. Bello, veramente bello. |
Affronto adesso la parte sud della città, quella
vicino al porto che tocca la elegante e moderna struttura del nuovo teatro dell'Opera
per inoltrarmi successivamente verso il quartiere
Kvadraturen. |
 |
La zona del porto vicino al nuovo teatro dell'Opera è
in costruzione. Gru, ruspe e operai stanno modificando radicalmente la
struttura delle strade dell'enorme piazzale. Il cantiere blocca il
passaggio in superficie e la gente, me compreso, per andare a Opera
si sposta su un lungo passante metallico che collega direttamente la
bianca e modernissima struttura del nuovo teatro con i treni della
stazione centrale. L'estremità destra di Opera "pesca"
direttamente nel mare e c'è il pericolo che avvicinandosi troppo si
possa scivolare nelle fredde acque. Una bella passeggiata al sole che
non scalda mi riconcilia con i luoghi freddi del nord Europa. Ho un po' di fame e prendo il tram 12
per rientrare in hotel. Mi sposto a Oslo City per mangiare un
muffin e bere un bel bicchiere di latte e caffè caldo. Proprio buono. |
Sono circa le 18 quando esco dall'hotel per fare una passeggiata, con un
sole ancora pallido nonostante la bella giornata. Mi sposto a piedi
dalla Bispekaia alla Rådshugata. Le strade sono
tutte parallele e ortogonali tra di loro, come a New York. Non c'è possibilità di
sbagliare o di perdersi. Ormai Oslo la conosco bene ed ho imparato a
sapermi muovere abbastanza velocemente, nonostante siano trascorsi solo
due giorni dal mio arrivo. Penso che
Oslo non abbia più segreti. Dopo aver imparato i tragitti urbani di buss, trikk e
T-bane, la città si è talmente svelata che tutto mi è
chiaro. Dunque Christiania Torv, ovvero il piccolo angolo più a la page di Oslo. Nella piazza del vecchio municipio
ci sono due ristoranti. Uno, il
gamla Raadhus, è al numero 32 della
Rådhusgata. Ha scritto sulla facciata del palazzo la scritta
italiana "ANNO 1641". Ricordando un po' di storia nel 1641
siamo l'anno prima che morisse Galileo Galileo e che nascesse
Isaac Newton e che Rembrandt dipingesse la celeberrima Ronda di
notte. Il Portogallo riacquista l'indipendenza dalla Spagna,
in Italia muore Papa Urbano e in Francia Mazzarino si prepara a
succedere al cardinale Richelieu. E qui, nella lontana Oslo viene
costruito l'attuale vecchio municipio. E chissà quante altre cose sono
successe nel resto del mondo. Come siamo piccoli davanti all'immensità
dello spazio e del tempo. Einstein, con un aforisma elegante,
disse: «Non
tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può
essere contato». L'elenco di eventi che ho proposto, dunque, è
sicuramente parziale perchè molti altri accadimenti non possono
essere ricordati, oppure perchè nonostante possano essere ricordati non
possono essere considerati significativi. Un modo di dire di stare attenti con le
certezze della vita: alla fine possono diventare incerte e insicure.
|
 |
Nella piazza del vecchio municipio c'è un
altro ristorante chiamato Caffè Celsius. Servono delle eccellenti pietanze. Pensate che
oltre ai piatti di pesce e molluschi servono anche una pietanza, che
loro chiamano vegetariana, ma che se avesse la pasta sarebbe la classica
pasta e fagioli alla toscana, cioè con l'aggiunta di lenticchie. E poi il
Caffè si chiama Celsius, vecchio conoscente che "ho frequentato" spesso
durante la mia attività professionale ricordandolo tutte le volte che si
parlava di aspetti termici. Qualche parolina su questo sig. Celsius si
rende necessario. Celsius è stato un grande fisico svedese. I suoi studi
hanno portato tanti benefici alla termologia prima e termodinamica dopo.
In poche parole il grado celsius (°C) è la vecchia
unità di misura della temperatura. Il sistema internazionale l'ha
esclusa, perchè adopera il kelvin (K) ma in verità 1 grado celsius equivale,
in tutto e per tutto, a 1 kelvin. |
Ricordo che non si può dire 1 grado kelvin
perchè è un errore grave. Si deve dire 1 kelvin o se volete abbreviare
1K, con la kappa maiuscola però. Dunque, stasera cenerò al
caffè Celsius. Sono indeciso
se scegliere un piatto di cozze oppure una zuppa di pesce. Prenderò la prima.
Non vorrei che le stravaganze culinarie norvegesi, dopo aver mangiato
una zuppa di pesce di color pisello, mi proponessero un'altra zuppa di
pesce magari color indaco o giallo canarino. Sarebbe troppo. E poi le
cozze mi piacciono. Sono curioso di come le cucineranno. A Madrid ho
mangiato delle ottime cozze. Fuori, fa un po'
freddo per i miei gusti. Tutti i clienti, dico tutti, sono seduti ai
tavoli all'aperto, molti sono con le maniche corte. Io non me la sento
di cenare a contatto con l'aria fredda, non vorrei prendere una
infreddatura. |
 |
Così scelgo di mangiare dentro. Faccio capolino all'interno,
vicino alla zona cucina e vedo in un angolo una
saletta interna. Mi rivolgo a un giovane indaffarato, che deve essere il
capo dei camerieri, e gli chiedo che desidero mangiare all'interno. Mi siedo e guardo l'ambiente.
Le pareti sono piene di gigantografie in bianco e nero, contenenti per
soggetto giovani dei movimenti
giovanili di qualche decennio fa. Passano una decina di minuti e non si
presenta nessuno in sala. Sono solo e così mi sbraccio facendomi
notare dal giovane il quale mi dà la lista ed io decido subito per le cozze
(Hvitvinsdampete blåskjell tilsatt fløte, urter og chili) e una piccola birra
Heineken. Dopo cinque minuti arriva con un
piatto gigantesco di cozze. Devo dire che è stato gentile perchè dopo
pochi minuti è tornato per avere notizie se erano state di mio
gradimento. Prezzo 38,12 euro. |
Ho la pancia piena e mi sposto alla fermata
di autobus e tram della Fredolsens gate. C'è tanta gente che
rientra dal lavoro e io voglio osservare il via vai della gente. Ci sono
molti giovani che si muovono velocemente senza darlo a vedere. Noto
nella componente femminile una elevata percentuale di donne sovrappeso e
mi meraviglio un po' perchè questa alta percentuale non l'ho notata nè a
Copenhagen, nè a Stoccolma, né ad Helsinki. Sarà perchè i norvegesi sono
un popolo ricco, mi dico e ingurgitare calorie alla lunga produce
obesità. Questa è l'ultima sera che sto a Oslo. E' improbabile che io
ritorni e dunque desidero riempire ancora un po' i miei occhi di
piacevoli immagini della città e della gente che vi abita. Una piccola
passeggiata per il
Bussterminalen per avere un riscontro dei
tempi di percorrenza la ritengo una valida alternativa a smaltire il
peso di molti molluschi ingeriti nel Caffè Celsius. Devo
preparare la valigia perchè domani mattina presto si parte per Roma ed
io desidero fare il check out dell'albergo in serata così domani
potrò essere libero da vincoli formali. |
Quarto e ultimo giorno. Oggi si ritorna a casa. La vacanza è terminata.
Forse è meglio dire che è Quasi terminata.
Perchè manca ancora il rientro che fa parte a tutti gli effetti del
viaggio. Parto con molta malinconia e un pizzico di invidia per dover
abbandonare una città che è simbolo di perfezione; per essere una bella
città e perchè i suoi abitanti sono altrettanto da elogiare. Mi rendo conto
che avrei potuto vedere di più rispetto a quanto abbia visto. Ma non è correndo da un posto all'altro della città
che una visita diventa sufficientemente interessante. Il vecchio adagio
che non è il numero ma la qualità delle cose possedute che rendono
interessanti le collezioni mi rende ragione. Da questo punto di vista oserei
dire che i momenti più rilassanti sono stati quelli che mi hanno visto
osservare, a qualche fermata dei mezzi di trasporto, i cittadini che si muovevano. Ho sempre avuto contezza del
fatto che i giovani che si siedono sui gradini di una fontana, di un
marciapiede o per terra a oziare osservando il mondo circostante siano
degli osservatori privilegiati. Anch'io mi sono sentito così tutte le
volte che ho guardato gli oslensi camminare. Adesso tutto è
finito, purtroppo. La partenza da Oslo per Roma è in mattinata. L'aereo parte dall'aeroporto di
Rygge-Moss
alle ore 10.20. Il gate chiude alle 9.50. Per sicurezza dovrò essere là
per il controllo in entrata non più tardi delle 9.00 . Oslo è famosa per
avere una rete di trasporti efficiente e precisa. Il bus dedicato ai
viaggiatori che fanno un volo Ryanair chiamato "Rygge-Ekspressen" è
l'unico bus personalizzato che trasporta i passeggeri direttamente da
Oslo a Rygge. Parte dal bussterminalen alle ore 7.50 dalle piattaforme 4
e 5 e si chiama Unibuss Expressen. In rete al link
rygge ekspressen
si trovano tutti i dettagli del viaggio, compresi gli orari di arrivo e
partenza per i voli per/da Rygge. Il fatto che ci siano due autobus la
dice lunga sulle cautele della società dei trasporti a prevedere un
numero di passeggeri che è superiore alla capacità di un solo autobus.
In pratica si parte da Oslo per Rygge, due ore prima della chiusura del gate, con un tempo di percorrenza di un'ora in modo tale da arrivare
all'aeroporto abbondantemente prima della chiusura del cancello
d'ingresso. Eccellente
organizzazione. Alle 6.30 sono alla reception per consegnare la
chiave della camera. C'è poca gente che fa il check out. Rapide formalità e vado a fare colazione. C'è poca
gente e ne approfitto per velocizzare i tempi. Alle sette in punto
prendo la scala mobile del centro commerciale By Porten e mi incammino
per il busterminalen. Il tratto da percorrere è breve, quasi tutto
all'interno di corridoi e tunnel di vetro posti al di sopra della
Biskop Gunnerus' gate tra i due centri commerciali di By Porten e
Oslo
City. Si oltrepassa il Ring1 e si arriva al Terminale degli autobus.
Alle 7.30 alla piattaforma 4 arriva il primo dei due bus che comincia ad
imbarcare i viaggiatori. Fuori piove e il cielo è scuro. Dopo cinque
minuti arriva anche il secondo autobus e alle 7.50 in punto partiamo con
una precisione tipicamente scandinava. Il viaggio è sotto la pioggia e
risulta piacevole perchè l'autista, che si era distinto in precedenza
nelle operazioni di biglietteria è generoso con tutti e dispensa
preziosi suggerimenti e consigli, guida con prudenza. Il viaggio dura 55 minuti. Scorrono
come all'andata i classici panorami scandinavi che si possono vedere
dall'autostrada. Boschi pieni di alberi tutti allineati e diritti,
segnaletica chiara ed efficace, traffico scorrevole e silenzioso,
insomma un vero e proprio bagno di visioni da favola di Andersen. Che
dire di tutto questo piacevole rilassante menage di perfezione? Li
ammiro. Ammiro e stimo moltissimo i popoli dell'intera Scandinavia. Vedo
nelle loro prassi quotidiane il massimo delle qualità positive degli
esseri umani e la vita, per niente noiosa, scorre diligentemente in modo
armonioso e piacevole. Sull'autobus nessuno parla, molti sonnecchiano e
il viaggio vola via per la sua conclusione. L'aereo arriva in anticipo e
si parte dalla pista con cinque minuti di anticipo sui tempi di
percorrenza. Trovo un posto vicino al finestrino e accanto a me si siedono
nei due posti liberi, una coppia di giovani norvegesi, un uomo e
una donna. Parlano poco tra di loro e per ragioni di educazione e di
rispetto della privacy non abbiamo occasione di scambiarci alcuna
informazione se non quasi all'arrivo, prima dell'atterraggio. La ragazza
vicino a me tira fuori una mappa di Roma e li vedo confabulare tra di
loro. Mi rivolgo loro dicendo in inglese se posso aiutarli in qualcosa
che riguarda gli spostamenti a Roma. Spiego loro che a Roma ci sono solo
due linee metropolitane al contrario di Oslo che con una popolazione sei
volte minore ha sei linee della T-Bane. Sorridono piacevolmente e
durante le operazioni di sbarco auguro loro una piacevole vacanza,
subito ricambiato per l'educato saluto. Trovo Roma sotto una pioggia
fastidiosa a tratti con intensità variabile. Mi seggo nella sala
partenze su un sedile che mi offre davanti il panorama del piazzale
degli autobus. Vedo i due giovani che non riescono a prendere l'unico
autobus disponibile. Con la pioggia che aumenta in intensità li vedo
mettersi sotto la pensilina in attesa del prossimo
autobus. Trascorre una buona mezz'ora e all'arrivo di un mio familiare
che è venuto a prendermi rivedo i due ancora in attesa di un mezzo
pubblico. Impietosito dalla scena mi avvicino loro e vedo che fanno
fatica per non bagnarsi. Mi riconoscono e non hanno tempo di mostrare la
loro meraviglia che mi offro di accompagnarli alla prima fermata della
metro a Colli Albani. Leggo nei loro occhi la gratitudine per il
favore che sto facendo loro e dopo pochi
minuti siamo in macchina. Mi dicono che sono venuti in Italia per
visitare prima Roma e successivamente Firenze e Venezia. E a Firenze si
sposeranno in Comune. Sono giovani e innamorati dell'Italia. Auguri
giovane coppia. E' stato un piacere darvi un passaggio. A voi invece a risentirci al prossimo viaggio a Zagabria.
|
|
Manuali
e guide di viaggio adoperate. |
|
Torna alla pagina
viaggi |