|
 |
Mosca
(5 giugno - 10 giugno
2015) |
|
Il mio trentatreesimo
viaggio in Europa: Москва.
 |
Sono andato a
Москва (in italiano Mosca),
capitale della
Российская
Федерация,
cioè della
Rossijskaja
Federacija, ovvero della
Federazione Russa a visitare
l’antica città del primo Zar Ivan IV, detto il Terribile.
Mosca è chiamata anche la Terza Roma, dopo la Seconda Roma
che è Bisanzio-Costantinopoli, adesso chiamata Istanbul, e la Prima Roma che è
l'attuale capitale sia della Repubblica Italiana, sia dello Stato
del Vaticano. A quel tempo Mosca era un piccolo centro costituito da un
nucleo centrale cinto da mura. Oggi Mosca non è più quel piccolo
centro che fu a cavallo dei due potenti Zar, Ivan IV e
Pietro il Grande, ma una vera e propria metropoli moderna di dodici
milioni di abitanti. Pensate un po' che Mosca è più popolosa della
somma degli abitanti di Parigi e Londra. Non è un elemento
trascurabile e qualcosa vorrà pur dire. |
Su Mosca si possono leggere intere enciclopedie
piene zeppe di informazioni e di storia leggendaria. Io mi limiterò
a poche e insufficienti considerazioni personali in grado,
tuttavia, di fornire
notizie utili e interessanti relative alla mia piacevole visita
e
a chi volesse seguire il mio itinerario di viaggio.
D'altronde Čičikov, il protagonista del romanzo di Nicolaj Gogol |
|
Premessa.
"Ogni volta che inizio un
diario di viaggio non so mai come finirà e come si presenterà alla
conclusione". Lo ha scritto Guido
Piovene nel suo straordinario libro Viaggio in Italia che
aggiunge nella
Prefazione: "sono curioso dell'Italia, degli italiani e di me stesso.
Che cosa ne uscirà, non saprei anticiparlo". Ebbene, cambiate le parole
"Italia e italiani" in "Mosca e moscoviti" e sarà chiaro a tutti che
desidero prendere Piovene come mio maestro e guida di viaggio. Guido
Piovene in verità era curioso anche di se stesso e lo ha detto
esplicitamente. Questo particolare non
è inutile perché in fondo in fondo quando facciamo un viaggio sembra che
siamo interessati al solo luogo di visita ma spesso l'interesse maggiore
anche se non vogliamo riconoscerlo è per noi
stessi. Anche se non è stato esplicitato direttamente, un viaggio è
sempre un accadimento in cui al centro delle attenzioni ci siamo noi,
con i nostri sensi che scrutano, con i nostri interessi, le nostre
debolezze, le nostre ossessioni, i nostri valori, i nostri ideali, le nostre esigenze.
Ognuno di noi in un viaggio cerca qualcosa, si sforza di trovare la
ragione della partenza, il piacere della permanenza, la bellezza delle visioni, l'ascolto della
lingua, i sapori della cucina, l'odore dei cibi e delle bevande, i
colori dei palazzi, i disegni sulle banconote adoperate nelle compere, i mezzi di trasporto
per la città, insomma, in una sola parola, l'idea di un popolo che vi vive secondo
regole e abitudini proprie. Di tutto questo voglio parlare qui, con
semplicità e in tutta libertà. Bene.
Il viaggio l'ho effettuato dal 5
giugno al 10 giugno 2015 a Mosca, capitale della Federazione Russia. A
Mosca nonostante l'italianità sia vista con favore dalla cittadinanza
moscovita c'è pochissima Italia nella mappa della città. Tolta una
stazione della metro chiamata Rimskaja (Rim in russo
significa Roma) non rimane altro. Neanche
Garibaldi è riuscito a convincere le Autorità municipali di Mosca di
condividere il suo nome di italiano rivoluzionario e associarono a qualche via o piazza di Mosca.
Nessuno l'ha mai preteso. A Sofia in
Bulgaria c'è una piazza intitolata all'eroe dei due mondi, con questa
scritta: Джузеппе Гарибалди. |
 |
Per me che
vivo a Roma in una via che si chiama via Mosca, dove c'è un albergo
che si chiama Hotel De Russie, dove in Via Palestro 71 c'è la
Chiesa
ortodossa russa, dove in Via Sistina 116 c'è la casa in cui
visse per anni dal 1837 al 1843 il grande scrittore russo Nicolaj Gogol, autore del
capolavoro letterario Le Anime morte scritto nella stessa
casa, dove in Via San Nicola da Tolentino esiste una biblioteca
intitolata a Gogol "Библиотека-читальня имени Гоголя" ("Biblioteka-Čital'nja imeni Gogolja"),
a Mosca mi sarei
aspettato un po' più di italianità. L'attore alla finestra, nella
foto
accanto scattata da Elena Zucco, è un attore italiano che recita la parte di Gogol
che "rientra" a Roma dalla Russia affacciandosi dalla casa-museo
dedicata allo scrittore russo e inaugurata a Roma, il 20 marzo 2013. |
|
Eppure da una serie di indicatori più o
meno consapevoli sono dell'idea che fra italiani e russi ci sia
qualcosa di speciale nella relazione di amicizia intercorrente tra i
due popoli. In poche parole gli uni sono simpatici agli altri e
viceversa. Nella musica e in
genere nell'arte, per esempio, abbiamo molti tratti in comune che
appassionano molte persone di entrambe le due nazioni. Lo si conferma sistematicamente quando
si ha la possibilità di parlare in una lingua comune. In ogni caso si sa
che Roma e Mosca
sono molto più vicine sul piano dei rapporti affettivi, culturali e politici
che non su quello linguistico, con il quale, purtroppo, la distanza si misura non in
verste (1 верста = 1067 m, fu un'antica unità di distanza
usata durante il periodo imperiale russo) ma in anni
luce (per curiosità 1 anno luce = 9 460 730 472 580 800 m, cioè
novemila quattrocento sessantuno miliardi di chilometri circa).
Avere lo stato d'animo giusto è un grande investimento per il
successo della visita della città. Il segreto, in questi casi, è
"sentirsi parte della città" che si sta visitando. Dunque, una
fermata della metro o una piazza più o meno grande o qualunque altro
elemento caratteristico della città se viene "fatto parte" in modo
personale nel proprio io come parte del sistema di riferimento
allora si gettano le basi per una efficace e partecipata visita. In
caso contrario ci si sente estranei alla città, e si vede la stessa
come una entità distante, straniera, diversa e in alcuni casi limiti
come nemica. Nulla di più sbagliato. Stavo dicendo che ho studiato
molto per preparare questo viaggio. Quale studi?
Красная Площадь
senza indugioMosca sta aspettando.
|
Primo giorno Venerdì 5 giugno. E'
mattina presto quando esco da casa per prendere l'autobus e
successivamente il trenino alla stazione ferroviaria di Roma Ostiense
per l'aeroporto di Roma Fiumicino. A Roma il meteo informa che ci
sono 27 °C mentre a Mosca solo 17°C. In genere la differenza di
temperatura tra le due capitali si aggira sui 10°C che non sono pochi. Oggi è Venerdì, 5 giugno 2015 e
il programma prevede la partenza per la visita alla quinta capitale extra UE del nostro continente, per cinque notti.
Al terminal di Roma Fiumicino fervono i lavori per rimettere a posto il
Terminal 3 che un mese fa è andato a fuoco. Vedo il trambusto degli
operai e dei mezzi meccanici al lavoro mentre mi muovo nel tunnel di
collegamento tra la stazione ferroviaria di Roma Fiumicino e il terminal
di partenza. |
 |
Durante il percorso per arrivare al Terminal 1 incontro molti
operatori dell'aeroporto con la mascherina. Non è piacevole vederli.
Sembra che ci si trovi in un luogo dove c'è stata qualche infezione sanitaria
o peggio una epidemia di qualche virus pericoloso. Soffro ancora di dolori alle
articolazioni delle spalle per i quali sto facendo
della fisioterapia. Sono un po' preoccupato nel portare la valigia
perchè temo che nel terminal di accesso troverò qualche scala mobile bloccata
(come si verifica quasi sempre e ovunque a Roma) e dovrò sobbarcarmi il peso della valigia
con le braccia con conseguenze rischiose sulla mia capacità di
deambulazione. Fortunatamente l'ascensore funziona e il mio arrivo ai
banchi di accettazione avviene in buone condizioni fisiche. Il volo è Alitalia
AZ 548 da Roma Fiumicino (FCO) delle 10.20 per
Mosca Shemeretyevo (SVO) con arrivo previsto per le 15.10 ora
locale a Mosca.
La differenza di fuso orario tra le due città di Roma e Mosca
sarebbe in teoria di due ore, maper l'uso in Italia dell'ora legale
diminuisce a solo un'ora. Al desk di consegna dei documenti e della valigia apprendo
che per arrivare al gate H02 di partenza dovrò prima presentarmi al
lontanissimo
gate B27-B30 dal quale sarò portato con una navetta al gate di
imbarco.
Una procedura macchinosa, lunga e antipatica che conferma in me l'idea che
Roma Fiumicino è un aeroporto inaffidabile e male
organizzato. Il posto assegnatomi su mia richiesta è il 5C perchè, con un rapido conto, mi troverò
nella parte sinistra dell'aereo e dunque non avrò il sole in faccia.
|
|
Il ritorno avverrà mercoledì 10 giugno
da Mosca
Shemeretyevo (SVO) con volo Aeroflot SU 240, partenza alle 18.40 e arrivo a Roma
Fiumicino (FCO)
alle 21,35 posto 8F. Evidentemente le due compagnie aeree hanno
fatto a metà, decidendo che Alitalia mi porta all'andata da Roma a Mosca
e Aeroflot mi riporterà a Roma da Mosca al ritorno. Una
divisione fifty-fifty dei passeggeri e degli introiti che "non fa mai male" a nessuno. Così sono pronto a vedere il colore verde
del vestito di ordinanza delle hostess di Alitalia e quello rosso nel
volo di ritorno delle hostess russe. Alla scaletta dell'aereo
non ci sono problemi di sorta. Mi infilo nel corridoio e mi sistemo nella quinta
fila, vicino al corridoio, sul lato sinistro dell'aereo. Non c'è molta gente. Il tempo di volo scorre velocemente
perchè ho un quotidiano da leggere. Mi immergo nella lettura in attesa della colazione. Durante il volo sono
preoccupato per gli aspetti burocratici dell'arrivo a Mosca. Infatti ho sentito dire che al check
moscovita
di controllo dei passaporti si dovrà consegnare un modello articolato
pieno di domande scritte in russo per chi possiede delle banconote
estere. Fortunatamente una hostess mi informa che l'obbligo
sussiste solo per chi possiede più di diecimila dollari o euro. Non è il
mio caso. |
 |
Rasserenato da questa
notizia faccio colazione con un menù poco italiano negli ingredienti e
nei sapori. Meno male che mi è stato dato un bicchiere di buon vino
rosso. Il mio vicino di posto è un signore ligure che va a Mosca per
lavoro. Ci mettiamo a discutere dei nostri interessi turistici nella
capitale russa e il discorso scivola inevitabilmente su alcuni
personaggi dei vari romanzi della narrativa russa. L'atterraggio non si
può dire che sia stato
un atterraggio tranquillo. L'aereo, a pochi metri di
altezza dalla pista, sbanda a destra e a sinistra, come un'oca femmina
che starnazza allegramente (lei non io) nell'aia per mostrarsi al suo compagno
maschio. |
Un po' di brivido che il pilota avrebbe potuto evitarci. Arrivo all'aeroporto
di Mosca Shemeretyevo con un po' di ritardo sull'orario
previsto delle 15.10. La temperatura è più bassa di quella di Roma,
sebbene all'interno non si nota. Dopo una breve attesa al nastro trasportatore
5 ritiro la valigia.
Seguendo il flusso dei viaggiatori mi trasferisco al box di controllo
dei passaporti. La procedura, contrariamente a come mi aspettavo, è
velocissima e dopo alcuni minuti mi trovo nella sala uscita.
Meravigliato per la scorrevolezza della procedura di entrata sul suolo
russo esco nella sala
di uscita. Vedo subito molti cartelli in mano a persone interessate ai
viaggiatori. Mi attardo un po' seduto su una panchina per prendere
la guida di Mosca e subito mi trovo
letteralmente assediato da una decina di procacciatori di taxi che con
ostinazione mi vogliono appioppare una vettura a pagamento super
accessoriata per l'hotel. Il mio gentile ma netto rifiuto articolato da
un adeguato labiale mi permette una pronuncia comunque non scorretta del
tipo "maskovski niet spassiba" (no grazie). Vedo che il metodo
funziona e così faccio salva la mia riservatezza, senza essere più
disturbato. Nella sala ci sono alcuni totem ATM, uno dei quali è
della banca Alpha Bank che guardo con interesse. Col mio bancomat prelevo 5000 rubli, che
al cambio ufficiale di 61 rubli/euro equivalgono a 79 euro circa. Mi
serviranno per far fronte a un primo assaggio di vita moscovita che
riguarda l'acquisto dei biglietti dei mezzi di trasporto treno-metro per
arrivare in albergo.
Da alcune osservazioni empiriche rilevate a proposito dei movimenti di
alcuni passeggeri che come me sono arrivati all'uscita, capisco che per
raggiungere la stazione ferroviaria Aeroexpress è necessario
salire con un ascensore al 2° piano. In ogni caso ci sono le indicazione
dell'icona del treno che seguo agevolmente dopo aver percorso però molte
centinaia di metri nei lunghi corridoi che si susseguono e che mi portano al Terminal D
che è peraltro il terminal di partenza al ritorno. Proseguo lungo il corridoio
del Terminal D e individuo il box dei biglietti del treno. L'Aeroexpress
(in russo Аэроэкспресс) non fa fermate intermedie e mi porterà
direttamente al capolinea, cioè alla stazione ferroviaria Belarusky di
Mosca che è una delle sette stazioni ferroviarie di cui è dotata la
città in grado di coprire tutti i
viaggi ferroviari con l'Europa e l'Asia. Il primo impatto alla Kacca
(leggasi Cassa) con una operatrice indigena non è per niente traumatico.
Con un minimo di lessico russo articolo i suoni per chiedere "un
biglietto per favore", con le parole "Один билет, пожалуйста".
Vedo che il sistema funziona perchè la gentile "babuska" mi fa vedere il prezzo alla
calcolatrice, che risulta
essere 470 rubli, quasi otto euro. Non ci crederete ma è
lo stesso identico importo che ho pagato questa mattina presto,
alle 6.44 alla stazione di Roma Ostiense per andare a Fiumicino
Aeroporto. Coincidenze piacevoli che mi fanno sorridere.
|
 |
La circostanza mi obbliga
alla riflessione che l'aumento dell'entropia è ormai così elevato in
tutti i paesi d'Europa che le differenze di prezzo (come le
differenze di temperatura) si sono quasi
annullate tra paesi capitalistici vecchi e nuovi, così come in un mondo
termodinamico le differenze di temperatura in punti differenti
del sistema tendono sempre ad annullarsi all'equilibrio. In altre parole i prezzi
(e aggiungo i servizi e i prodotti turistici) ormai sono simili ovunque.
E' quasi certo che è uno dei principali effetti della globalizzazione. Tutto
questo conferma che il principio dell'aumento dell'entropia ormai ha
preso piede in tutto il mondo anche al di fuori della Termodinamica, prendendo anche le nostre vite e
livellandole a quelle degli altri. Davanti a me vedo pronto per
partire un treno
AeroExpress tutto colorato di un colore rosso vermiglio,
diverso dal solito colore delle tute degli atleti sovietici di una
volta. |
|
La carrozza nella quale
mi siedo è quasi piena. Ci sono alcuni italiani già seduti. In compenso c'è molta pulizia e un gradito
silenzio dei passeggeri. Esattamente tutto il
contrario del treno laziale che collega Roma Centro con Fiumicino
Aeroporto soprattutto con l'uso smodato, gridato e villano delle
conversazioni al cellulare. Io la chiamo con parole appropriate di
maleducazione rozza e primitiva. Sistemo la
valigia nell'alloggiamento collettivo dei bagagli e mi siedo per
osservare ciò che succede intorno a me, soprattutto osservando il
panorama esterno. In quel
momento passa il servizio ristoro con carrello che una gentile e giovane hostess
spinge tra i posti a sedere. Non
dimentichiamo che in questo momento mi trovo per la prima volta sul
suolo russo al di fuori dell'aeroporto. Il paesaggio non presenta
differenze rimarchevoli con quello di un'altra città europea. Il treno
scorre velocemente sui binari e quasi subito siamo al capolinea della
stazione Bieloruskij, in russo Белорусский. Notate per favore che
con lo stesso nome di individuano sia la stazione ferroviaria, sia
quella della metro. Pur tuttavia c'è un sistema per distinguerle. Basta
notare la desinenza della parola, cioè mentre le stazioni ferroviarie
terminano per «ij» le stazioni della metro terminano per «ia». Quindi
Bieloruskij, in russo Белорусский, è una stazione ferroviaria, mentre Bieloruskaya, in russo
Белору́сская, è una stazione della metropolitana. Semplice
e intelligente no? In realtà il suffisso ij (ий) dell'aggettivo si
riferisce semplicemente al sostantivo вокзал (stazione ferroviaria), che
è di genere maschile, mentre al contrario il suffisso ia (ия) si
riferisce a станция, stazione della metropolitana, di genere femminile.
Niente di trascendentale, si tratta di semplice concordanza
grammaticale. |
 |
La stazione
ferroviaria Bieloruskij è molto bella soprattutto nella maestosità
della sua facciata esterna. Di un colore tra il verde pisello chiaro
e l'azzurro leggero presenta una unità architettonica di tipo
imperiale senza soluzione di continuità di
diversi elementi architettonici che fa impressione per la sua bellezza
e coerenza. La piazza è aperta e si
identifica quasi esclusivamente con la parte dell'edificio dei treni
che ha incastonato nei muri delle colonne bianche. E' necessario
adesso entrare nella metro che si trova in fondo, alla fine della
facciata principale dove campeggia il logo M. Entro e alla cassa una gentile signora
comprende che vengo da Shemeretyevo e cerca di spiegarmi che se
compro una tessera contenente 20 corse risparmio un bel po'. Avevo
letto in rete di questo fatto. Pertanto con 320 rubli compro
la tessera viaggi della metro. |
|
Dividendo 320 rubli per 20 corse ottengo 16 rubli/ corsa. Ciò vuol dire che una
corsa costa 0,16 euro. Ripeto
sedici centesimi di euro. Confrontate con i prezzi della metro di Milano e
Roma e vedrete la differenza. Non aggiungo alcuna considerazione di
natura etica e sociale su questa differenza. Non sono venuto a Mosca per
polemizzare con i vertici delle due municipalizzate lombarde e
laziali. Dico solo una cosa:
che i loro vertici aziendali dovrebbero come minimo vergognarsi. Mi sento di aggiungere un'osservazione non
proprio letteraria a proposito di Nicolaj Gogol. Nel suo memorabile
racconto dal titolo Il cappotto, Gogol a proposito del
protagonista Akakij Akakievič che non si concedeva alcun divertimento
per risparmiare scrive: «così trascorreva la quiete esistenza di un uomo che, con
quattrocento rubli di stipendio all'anno, sapeva di esser contento della
sorte[...]».
Immaginate quanto si sia svalutata la moneta russa dai tempi di Gogol ad
oggi. In pratica l'intero ammontare dello stipendio annuale di Akakij gli
sarebbe servito oggi solo per viaggiare in metro per meno di trenta
corse. Una gentile babuska (cioè un'impiegata
anziana che integra la pensione con il lavoro di sorvegliante nella
metro) controlla l'accesso ai binari al tornello di entrata della
stazione. Riconoscendomi immediatamente come straniero (operazione non
difficile) mi aiuta con gentilezza a usare la
tessera magnetica. Il minimo che posso dirle è spassiba, cioè grazie. Finalmente eccomi realmente
a contatto per la prima volta nel luogo che è una autentica meraviglia
della tecnologia ex sovietica, inaugurata addirittura da Lenin
prima e da Stalin poi.
Inutile ricordare le bellezze architettoniche delle pareti e delle
volte di tutte le linee. Un piccolo neo particolarmente sgradito è che è necessario dover salire molte decine di scalini lungo una
corrente di folla che si muove velocemente. La vera meraviglia è
invece un'altra e cioè la grande disponibilità dei moscoviti ad
aiutare chi è in difficoltà a portare pesi eccessivi. Una vera e
propria corsa alla generosità che non può non essere richiamata qui,
accanto all'altra nota di un signore seduto nel vagone della metro il quale
riconoscendomi come straniero si alza dal sedile facendomi cenno a
sedermi al posto suo. È la vera anima russa che si manifesta
concretamente in un gesto di altruismo a mio avviso da encomiare.
Mi ha colpito la descrizione di Giulietto Chiesa a proposito di un suo
viaggio nel metro di Mosca alla fermata Kropotkinskaia che consiglio a
tutti a leggere. Credetemi ne vale proprio la pena.
Ecco qui l'URL. La
metropolitana di Mosca è efficiente nonostante sia datata e rumorosa. Non ci sono
scale mobili nei tunnel di passaggio tra le varie linee. Trasportare una
valigia, anche la meno voluminosa, è pertanto faticosissimo per i
continui saliscendi delle scale. Visto il periodo storico in cui è stata
progettata e costruita forse, alla base della decisione, ci sono state
ragioni di politica interna di immagine del comunismo come sistema forte che combatte la
pigrizia tipica degli americanismi di facciata. |
 |
Dalla fermata Bieloruskaya
(in alto sulla sinistra nella mappa) esistono due percorsi alternativi
pressoché uguali in
numero di fermate, per arrivare sulla linea 3 di colore blu alla fermata
di riferimento dell'albergo, chiamata Партизанская, ovvero Partizanskaya
(in alto sulla destra).
Scelgo di prendere quello della Circolare (Koltsevaya) linea 5, di colore marrone.
Al ritorno proverò l'altro della linea 2 di colore verde che fa un
percorso verso il centro città per la fermata di scambio
Teatralnaya. Dunque, ci sono appena quattro fermate per arrivare alla
linea di scambio chiamata Kurskaya. Il fatto è che le fermate di scambio
qui a Mosca hanno nomi differenti, tutte tranne la Kurskaya. Così senza
pensarci su, scendo le scale e imbocco il tunnel ben illuminato della
stazione della metro per salire su una carrozza. |
Al contrario di come si
legge in internet o sui manuali di guida, sulle carrozze della
metro ci sono indicazioni molto efficaci per individuare la
posizione in cui si trova in ogni momento la vettura in cui si
viaggia nell'intera rete di trasporto. Vero è che raramente compaiono i nomi delle fermate
della linea sulle pareti dei tunnel come avviene per esempio nella metro
di Roma o di Milano, ma è altrettanto vero che ci sono due elementi di riconoscimento
efficaci durante il movimento del treno a bordo delle carrozze della linea su cui
si viaggia. In primo luogo una striscia luminosa lampeggiante sulla piantina che avvisa della prossima fermata
con delle tacchette luminose in corrispondenza dei nomi delle fermate.
In secondo luogo una striscia luminosa a scorrimento di colore giallo per le informazioni
di servizio e di colore verde per la localizzazione delle fermate.
In alcune carrozze ci sono addirittura entrambe. L'ultimo nome è il nome della prossima fermata.
Ebbene, dopo le quattro fermate
eccomi pronto allo scambio tra le due linee. E' necessario percorrere
due lunghi tunnel e seguire il percorso individuato dal nome della
fermata. E qui cade l'asino perchè ancora non conosco bene il
meccanismo di passaggio tra i vari tunnel. In più ci si mette anche
l'alfabeto cirillico che sembra essere, a una prima valutazione, il vero e
unico problema del disastro della comunicazione a Mosca tra indigeni e
turisti. Cerco di chiedere a un
pattuglia di polizia formata da tre militari giovanissimi con cappello
dalle falde enormi che sorvegliano la sala. Ma sembra che ne sappiano
meno di me come transitare dalla linea 5 alla 3.
Alla fine, con buona pace
di tutti, riesco a passare alla linea blu
in direzione Shchelkovskaya. |
 |
A Partizanskaya esco dalla metro e mi guardo
intorno. C'è da attraversare la strada e inoltrarsi nella grande
corte che fa da piazza dei vari alberghi. Per raggiungere il Best
Western Vega devo andare diritto e poi a sinistra. Da qui si
vede la sagoma del grattacielo con su scritto il nome ВЕГА in
russo. Intorno a me vedo molti sfaccendati che aspettano. Ci sono
anche dei taxi, quasi sicuramente "non ufficiali", e molti visi
dei tassisti abusivi sono asiatici. Probabilmente sono immigrati
russi che provengono dalle terre russe dell'estremo oriente. Questo
è il primo impatto con il cosmopolitismo russo che prevede la
coesistenza tra razze europee e asiatiche. Per me è una vera novità,
interessante e imprevista. |
Piuttosto, c'è da osservare che finora,
in ogni luogo nel quale mi sono trovato, ho visto sempre molti giovani
lavorare come impiegati di tutti i tipi. L'elenco delle mansioni è variegato.
Tra l'altro ho rilevato interesse e motivazione nel lavoro svolto.
In strada c'è un po' di
vento e alcune folate sono decisamente fredde. Non so se essere
soddisfatto o meno di questo clima autunnale più che tardo-primaverile
nel quale mi trovo immerso, in cui il vento mi sferza il
viso con fastidio. Sicuramente lo preferisco al caldo afoso e infernale che ho
trovato nel mese di agosto a Bucarest alcuni anni fa quando nelle ore centrali
della giornata, nel Centrul Vechi vicino all'Università, per
poco non mi prese un colpo di calore come quello avvertito da
Berlioz nel primo capitolo del libro Il Maestro e Margherita
di Michail Bulgakov, quando nelle prime pagine dice: "All'improvviso
smise di avere il singhiozzo, il suo cuore diede un ultimo battito e
precipitò nel nulla, poi si riaffacciò alla vita, ma come trafitto
da un ago spuntato". Dunque, ben vengano le folate di vento freddo
siberiane: almeno eviterò i rischi di un colpo di sole che qui con
questo clima è estremamente improbabile. Nonostante
siamo a giugno e tra due settimane circa inizierà formalmente
l'estate, avverto decisamente l'esigenza di indossare il
giaccone che ho portato da Roma sottobraccio. Con piacere lo
indosso. Tra l'altro, a proposito di clima e di Bulgakov, in questo
momento la temperatura è sicuramente diversa e più accettabile di
quella raccontata da Bulgakov a Mosca nell'incipit de Il
Maestro e Margherita nel primo capitolo, dal titolo "Non parlate
con gli sconosciuti", quando dice: "Nell'ora di un afoso tramonto
primaverile comparvero ai Patriaršie prudy due cittadini
[...] in quella terribile sera di maggio. Non solo al chiosco, ma
lungo tutto il viale parallelo alla Malaja Bronnaja, non si
vedeva una sola persona. In quell'ora, quando ormai sembrava di non
avere nemmeno la forza di respirare, quando il sole, dopo aver
bruciato Mosca, si inabissava lontano oltre l'anello dei giardini,
il Sadovoe Kol'co, in una caligine secca[...]". Mi rimbocco
il bavero del giaccone e guardo di nuovo all'insù verso l'Hotel
Vega. Ricordo
che il complesso dell'Izmailovo fu costruito dai sovietici in
occasione delle XXII Olimpiadi del 1980. E' costituito da ben cinque grandi
alberghi, con mille camere ciascuno. Ci sono l'Alpha, il Beta, Il
Gamma, il Delta e il Vega. A momenti si può imparare l'alfabeto
greco a elencarli tutti. Entro nello spiazzo interno del complesso e dopo pochi minuti
sono alla Reception dell'albergo. Un cameriere di colore, simpatico e
gentile, mi aiuta a portare la valigia. La camera affidatami è la
1710, posta al diciassettesimo piano, con vista panoramica verso est
dove si stende il Parco verdissimo dell'Izmailovo e dove sulla
destra per me che guardo dall'alto c'è un enorme
cantiere che sta costruendo ponti, strade ed edifici. Ricordo che
in russo albergo si scrive гостиница, e si pronuncia gostiniza.
Salgo con l'ascensore accompagnato dal giovane di colore al 17mo
piano ed entro in camera.
|
 |
Accendo il televisore per vedere alcune
immagini della televisione russa. E' in assoluto la prima volta che
sento parlare in una tv in russo. Mi stendo sul letto perchè la
stanchezza si fa sentire. E' da questa mattina alle cinque che sono
sveglio e in continuo movimento. Dal momento in cui sono uscito di
casa non ho fatto altro che cambiare mezzi di trasporto senza riposarmi un
momento. Autobus, treno, aereo, di nuovo treno e metropolitana sono
in sequenza i mezzi presi in successione. Adesso reclamo un po' di
riposo in camera prima di andare a cenare. Evidentemente non ho
alcuna intensione di prendere la metro e andare in centro per un
primo contatto con il centro storico. Se ne parlerà domani mattina. |
A proposito di domani mattina devo fare
attenzione alla toponomastica. Qui a Mosca i nomi delle strade, dopo
il primo smarrimento dovuto al carattere cirillico della lingua,
dovrebbero essere semplici. Cominciamo con naberezhnaja (набережная):
indica la strada vicino al mare o al fiume : è il nostro lungomare,
lungofiume ecc.; ulica (улица) è la strada per antonomasia, via
principe umberto p. es., ha anche, come in italiano, un significato
figurato, p. es. sulla "via del progresso" ecc.; pereulok (переулок)
vuol dire vicolo, cioè una via secondaria, anche se i vicoli a
Mosca, e in genere nelle città russe, hanno poco in comune con il
nostro concetto di vicolo; insomma, non assomigliano certo al
"vicoletto" di Napoli. Il bul'var (бульвар) è la strada di città
molto larga, arteria stradale di scorrimento (per esempio viale
Cristoforo Colombo a Roma). Ho lasciato per ultimo rjad (ряд) perché
non c'entra nulla con le vie. Ochotnyj Rjad (Охотный Ряд) è il
vecchio nome di un quartiere di Mosca e della vicina stazione del
metro. Un tempo era adibito a mercato (si vendeva specialmente la
selvaggina). Ряд indicava la piccola bancarella con tenda. Praticamente non ci si dovrebbe confondere come
invece accade in Italia, dove tra strade e viali il turista può
trovare parole incomprensibili come calle, salita, vicolo,
piazzetta, etc. Lo verificherò domani per le strade del centro
storico della capitale. Certo, parlare qui a Mosca di centro
storico mi sembra una forzatura. Con le strade larghe quasi
cinquanta metri, senza attraversamenti pedonali ma solo con
sottopassaggi, con piazze grandi quanto un intero stadio l'idea di un
centro storico così come è inteso in Italia in città storiche come
Roma, nei vicoli del Rione Monti o come Venezia nelle calli
venexiane (strade piuttosto lunghe e strette) non è
proprio il caso di parlarne. Dunque, per centro storico a Mosca si
devono intendere i luoghi più famosi e importanti della città che
hanno il loro baricentro geografico nel Cremlino e la Piazza Rossa, distribuendosi nei posti
viciniori con le due strade a raggiera della Arbat Antica e
Nuova (come a Roma dove c'è l'Appia Antica e Nuova) e della Tverskaja. Proprio queste due ultime strade hanno il
diritto di poter utilizzare l'aggettivo "storico" perchè proprio
nelle due zone della Arbatskaja e della Tverskaja è che si trovano
le stradine e i luoghi più interessanti. Naturalmente come si suol
dire in queste occasioni "in my opinion". Per l'esattezza basta calcare le
strade presenti nel settore circolare dell'anello dei giardini che a
mio parere c'è quel qualcosa che rende Mosca conosciutissima dal
mondo della letteratura. Totò avrebbe detto che in
quella zona della città "c'è del marcio in Danimarca". E il
"marcio" è
costituito proprio dal numeroso elenco di strade e di luoghi
bellissimi presenti nel romanzo di Michail Bulgakov, Il Maestro e
Margherita che in un certo senso definisce e dà senso all'idea
di un centro storico letterario a Mosca. D'altronde Joyce
a Dublino, Hamsun a Oslo, Gadda a Roma e altri scrittori famosi in altre capitali non hanno
fatto così? Ci sono moltissime strade
che sono rimaste come erano allora, con lo stesso nome, a più di 150 anni
di distanza temporale che
costituiscono un unicum moscovita a tutti gli effetti che
rimarrà nella memoria per sempre. Ecco un breve campionario delle vie elencate da Bulgakov
in ordine cronologico del romanzo:
Malaja Bronnaja, Sadovaja, vicolo Ermolaevskij, Spiridovna, Arbat,
Bolsaja Nikitiskaja, Krapotkin, il fiume Moscova, Tverskaja,
Prečistenka, Ploshad Kudrinskaja, Giardino Aleksandrovskij, Petrovka,
Smolenskij, Tverskoj Bulevard, vicolo Bolshoj Nicolopekovshij,
etc. Bulgakov ha nominato anche la Rimskij (tradotta in italiano
significa letteralmente Romana) ma si trova da tutt'altra
parte. Evidenziateli con un evidenziatore su una mappa e troverete
quello che a mio parere è il "centro storico letterario" di Mosca.
Sappiamo benissimo che la Piazza Rossa e Kitaj Gorod (quest'ultima
comprende la famosa Piazza Lubianka e il Palazzo dei Boiardi
Romanov) sono centro storico anch'essi. In più il quartiere di Zamoskvorechie
che contiene le piazzette
vicino alla Galleria Tret'jakov e tanto altro ancora meritano di essere
etichettate come centro, ma non storico. Dunque, questa sera niente
centro storico, col rischio addirittura di incontrare un
"novello Woland" con conseguenze pericolose dovute al
versamento di "olio di girasole" nella strada ma
una cenetta ristoratrice all'insegna della gastronomia tipicamente
russa, detta "del cucchiaio", con zuppe
e spezzatini vari spero alla Stroganoff. E poi un sonno ristoratore. Mi presento al primo
piano per cenare. La cena è a buffet. Costa 650 rubli (10 euro
circa) e si mangia quello che si vuole e quanto si vuole. In effetti ci sono almeno
una decina di teglie che "fumano", perchè contengono pietanze
calde di tutti i tipi. Da sinistra a destra
ci sono zuppe locali, secondi di carne e di pesce, contorni di varia
natura cucinate al vapore, fritte e al forno. Sul tavolo da buffet ci
sono gli antipasti,
gli stuzzichini tipicamente russi, come cetriolini e varietà simili,
pane francese e russo e altro.
Le bevande sono variegate ma tutte rigorosamente analcoliche. Non
ci sono birre, nè vini, nè superalcoolici e neanche vodka che, com'è
noto, è la bevanda alcolica per eccellenza.
Evidentemente negli alberghi è la prassi, per evitare ubriacature
moleste di turisti poco attenti ai loro comportamenti e poco
coerenti con i
modelli russi che favoriscono la sobrietà. Già, la sobrietà. Sembra
che in Italia nelle città importanti la sobrietà sia diventata una
virtù inesistente. Al contrario abbiamo "movide" di tutti i generi:
agli alcolici pesanti, alle droghe leggere e pesanti, al porno e
dulcis in fundo alla violenza con contorno di stupri. E questi sarebbero i cosiddetti
valori occidentali. Ma "mi faccia il piacere" avrebbe detto
Totò chiudendosi un lato della giacchetta! Mi adeguo pertanto ai
"disvalori russi" e bevo solo
acqua minerale naturale. Ricapitolando, prendo consommé di
pollo, riso in bianco, filetto di pesce al vapore, patate al forno
con la buccia, pomodori freschi in insalata e acqua minerale con una
fettina di pane scuro. Anche qui i camerieri sono
giovanissimi e hanno visi caucasici e comunque asiatici. Non parlano l'inglese,
non sorridono mai e
soprattutto "non parlano". Sono muti come i pesci. Pertanto la comunicazione è
ridotta al minimo.
|
|
Secondo giorno
Sabato 6 giugno. Oggi è la prima mattina che trascorro a Mosca. Vista la carica di
adrenalina che mi ritrovo addosso fin dall'alba, penso che sarà la giornata più
importante di tutto il viaggio sia perchè è il primo giorno di
visita vero e proprio, senza valigie da trasportare in metro, sia per il denso
programma di visite che ho in calendario e sia infine per la carica di curiosità
da soddisfare che mi ritrovo dentro. Di
solito, dopo un sonno ristoratore in albergo e una buona colazione sono
sempre nelle condizioni fisiche e di spirito ideali per visitare un numero
elevato di obiettivi. "Sono pronto" dissi fra me. Per quanto riguarda la colazione il
voucher che ho consegnato ieri sera alla reception parla chiaro e dice che
nel prezzo pattuito non è
prevista alcuna colazione. La faccio comunque,
giù nella hall, al bar dell'albergo. Un bicchiere di latte
caldo (молоко 200мд) 50 ryb, un espresso (эспрессо) 140 ryb e una specie
di brioche con uvetta (улитка с изюмом)
65 rubli. Totale 255 rubli che, al cambio attuale, fanno 4€ circa. Una
buonissima colazione, con un latte veramente squisito, piacevole al
palato e caldo come lo desidero io. Adesso sono di nuovo in strada a
godere la mia prima passeggiata da turista nella città. Parliamo di
dove mi trovo. Sono con precisione a 55.79 gradi di latitudine nord e a
37.75 gradi di longitudine est. I valori 'notevoli' della latitudine e
della longitudine mi informano che sono molto lontano da Roma, che invece
propone questi valori: +41.89 e +12.49. Per quanto riguarda la
longitudine della capitale russa, Mosca costituisce il mio record
personale. |
 |
Una differenza di ben
25.26° mi convince che mi sono allontanato molto dalla Città
eterna. Mai mi sono trovato in vita mia a una longitudine così elevata. Praticamente finora il massimo
è stato a Nicosia e a Bucarest. Mosca costituisce la massima distanza
intercorrente tra Roma e il meridiano passante per Mosca lungo il
parallelo verso Oriente che è individuato dal segno (+). La latitudine, invece, è
pressappoco come quella di Vilnius o di Copenhagen. Oslo, Stoccolma,
Helsinki, Tallin e Riga, per esempio, sono a latitudine maggiore, sebbene di poco, di Mosca. Strano a
dirsi, se non fosse per un venticello freddo che fa sentire i suoi
effetti sul mio collo all'uscita
dell'albergo potrei dire che si sta perfettamente bene. Non c'è per
niente caldo. Qui le temperature africane che ho lasciato a
Roma ieri mattina sono lontane mille miglia nello spazio e anni luce nel tempo. La
temperatura è 16 °C. Il sole la innalzerà ancora di qualche grado ancora,
non di più.
Entro nella metro, alla fermata Partizanskaya, facendo uso
della tessera magnetica acquistata ieri
pomeriggio. Questa fermata della metro non è presidiata da alcuna babuska
(nonnetta) e i controlli sono molto blandi. Scendo le scale. Un
enorme gruppo marmoreo scuro si erge in cima alle scale. Rappresenta la figura
simbolica dei partigiani. C'è un uomo col fucile, una donna e un
bambino, cioè tutte le categorie di persone che uniti e determinati
più che mai combatterono l'invasore
tedesco impedendogli di arrivare a Mosca. Per la verità gli
invasori furono due: i tedeschi e gli italiani. |
E qui si ritorna sul
vecchio ritornello: gli invasori tedeschi furono i cattivi mentre
gli invasori italiani furono i buoni. La conferma avrebbe dovuto
venire dal famoso detto : "italiani brava gente". In realtà la
faccenda andò in altro modo. Sia i tedeschi, sia gli italiani
tentarono il colpaccio di invadere l'URSS per prendersi "il pollo"
sovietico, ma la Resistenza indigena, quella Resistenza con
la R maiuscola, rappresentata da molte statue nelle diverse linee
della metropolitana di
Mosca, ributtò indietro nazisti e fascisti, vera e propria vergogna
europea. Non mi soffermo su questi eventi tragici, luttuosi e
soprattutto vergognosi da parte dei miei concittadini di allora, di
cui la mia generazione non ha alcuna responsabilità (io non ero
ancora nato). Una sola cosa la devo dire perchè fu detta da un
grande italiano, Elio Toaff, che disse: «lo squallore delle leggi
razziali fecero scendere una cappa di vergogna sulla mia nazione».
La storia ci ricorda il tragico errore degli
italiani di farsi guidare da un lucido e spregiudicato individuo che
commise peccati vergognosi. Ne hanno avuta una
dimostrazione (forse sarebbe il caso di dire "una lezione")
anche i
francesi di Napoleone oltre che i tedeschi di Hitler e gli italiani di
Mussolini. Il nome Partizanskaya si riferisce
più propriamente all'evento storico del Novecento. Pensando a queste cose mi viene in mente a Berlino
la foto del soldato russo che issò per primo la bandiera rossa
dell'ex URSS sul tetto del Reichstag. Questa foto famosa l'ho
pubblicata nella parte finale del mio resoconto di viaggio di
Berlino. Scendo le scale di sinistra e prendo la metro. Uno
sferragliare di rotaie mi avverte che le carrozze sono in arrivo.
Entro e osservo la piantina delle fermate sulla porta. In effetti, in
corrispondenza dei nomi delle fermate, ci sono delle luccioline che
si accendono e spengono alternativamente per informare i viaggiatori
che quella sarà la prossima fermata. Dunque, in ogni momento si è a
conoscenza della posizione del treno alle varie fermate. La carrozza
non è nuova, ma è pulita. Non si vedono tracce di graffiti, né di
cartacce non raccolte. Ci sono molti giovani con i loro
smartphone in rete col wi-fi della Metro e molte persone anziane che leggono
libri e giornali. Nel complesso si
nota un grande senso di educazione, di riservatezza e di compostezza
che fa bene a tutti. |
|
Dopo quattro fermate
(in verità sarebbero cinque, ma la fermata di Baumanskaya è
sospesa per tutto il 2015 per manutenzione) eccomi a Ploshchad Revolyutsii. In ogni angolo dei passaggi da un
treno a quello in senso inverso lungo il corridoio centrale ci sono statue di bronzo che simboleggiano militari e
partigiani con il fucile. Una di queste statue sembra incontrare la
simpatia dei moscoviti, i quali sfregano con la mano il muso della
statua di un cane di bronzo, accucciato ai piedi di un militare
inginocchiato che imbraccia un moschetto. Naturalmente con tutti gli
sfregamenti giornalieri il muso del cane si è un po' "consumato", ha
cambiato colore ed è diventato grigio metallico piuttosto che bronzo
scuro. Dicono
che sfregare il muso del cane porti fortuna. Non ci credo e non lo sfioro neppure. I
lampadari sono circolari a forma di plafoniera piatta circondata da un
anello di ottone che ricordano un passato "imperiale", luminosi quanto
basta, che pendono dal soffitto. Nel centro c'è una balaustra d'altri
tempi, che delimita una tromba di scala che scende verso dei
tunnel di collegamento tra le linee. Ricordo che questa fermata è
triplice perchè si intersecano tre linee differenti: la verde, la rossa
e la blu e prende tre nomi differenti: Площадь Революции (Ploshchad Revolyutsii),
Театральная (Teatralnaya) e Охотный Ряд (Okhotny ryad). La cosa che mi colpisce di più è la pulizia dei pavimenti e dei muri.
Non c'è nessun graffito e il pavimento è lindo senza una sola cartaccia.
Delle due l'una, o i russi sono civili (e lo sono) e non buttano
cartacce a terra o, se le buttano, il personale addetto alle pulizie
svolge egregiamente il compito. Personalmente sono dell'avviso che si
verificano entrambe le situazioni. Sconsiglio vivamente di fare il
confronto con la metro di Roma: uscirebbero giudizi pesantissimi contro
l'inadeguatezza e l'inaffidabilità del sistema romano dei trasporti. Ma
torniamo a noi. Esco dalla fermata di Площадь Революции
(Ploshchad' Revolyutsii, ovvero Piazza della Rivoluzione) e la prima cosa che
vedo di fronte a me, in fondo alla piazza, è il Большой театр, ovvero il
famoso Teatro Bolshoj. |
 |
Inutile dire che è uno degli obiettivi più
importanti della mia visita qui a Mosca. La facciata principale del
Teatro Bolshoj, con le sue otto bellissime colonne, mi ricorda il
Teatro della Scala di Milano. Sono dell'avviso che l'accostamento non è originale perchè
entrambi, rappresentano nel mondo due dei teatri più prestigiosi. L'unica
rappresentazione lirica alla quale ho partecipato al Teatro della Scala
di Milano da spettatore interessato è stata nel lontano dicembre del 1985, con una bella ragazza
al mio fianco, poi diventata mia moglie, da un palco per vedere e ascoltare l'opera
lirica Madame Butterfly di Puccini. Nello stesso palco (quattro
posti) mi trovai a sedere davanti alla moglie del Console giapponese di Milano e di un gentile
signore australiano di Sidney che era venuto apposta dall'Australia per
vedere di persona nel paese di Puccini l'opera lirica. |
La cosa
più strana che mi sia successa a questo proposito è che ventisei anni
dopo, nel 2011, questa volta non più a Milano ma a Roma, al Teatro dell'Opera, mi
sono ritrovato ad avere
vicino di posto lo stesso signore di Sidney del 1995 a vedere
ballare la bravissima danzatrice russa Evgenia Obraztsova in Giselle, con
la coreografia di Carla Fracci. Curioso re-incontro con lo stesso
signore col quale scoprii a Roma di avere in comune oltre che il piacere dell'opera
lirica e del balletto anche la passione del rugby, in particolare per la brillante nazionale del suo paese. Coincidenze
che hanno dell'incredibile. Ho sperato di trovare la possibilità di
vedere almeno una rappresentazione artistica nel teatro Bolshoj.
Purtroppo in hotel mi
hanno gelato, perchè i biglietti, mi è stato detto, sono veramente
difficili da reperire. Mi avvicino al teatro che diventa sempre più
bello nelle sue linee architettoniche perfette ed equilibrate. C'è da attraversare la Театральный проезд, cioè
Teatralniy proezd ovvero il "passaggio del teatro". Si tratta di
un gigantesco viale largo quasi cinquanta metri che ha disegnate sull'asfalto qualcosa come otto-dieci corsie, a senso unico. Non ci sono strisce pedonali. Per
attraversarlo è necessario trovare il sottopassaggio. Vuol dire che
toccherò con mano una delle otto colonne centrali del teatro in un altro
momento. Adesso
mi preme andare a vedere subito la Piazza Rossa, in russo Красная Площадь. Non
posso più attendere. Ritorno indietro verso la metro da dove sono uscito
pochi minuti fa e mi avvio per la Nikolskaya ulitsa che mi fa arrivare
all'entrata dalla Porta della Resurrezione. La salto perchè desidero
entrare nella piazza dal Kremlevskiy proyezd, Кремлевский проезд,
che è il Passaggio del Cremlino da dove entrano ed escono per la
sfilata militare i carri armati durante
la mattina rigorosamente alle dieci del mattino di ogni 9 maggio. La Porta della Resurrezione può
aspettare. La visiterò dopo. Lungo il marciapiede
di questo passaggio, dal lato delle mura del Cremlino, vedo una lunga fila di gente. Non ne
capisco la ragione ma la tengo sotto controllo, non si sa mai, ed entro nella piazza. Uno spettacolo indimenticabile.
Raramente ho visto una piazza così grande e bella in una capitale europea. E' semplicemente colossale,
nel pieno senso dell'aggettivo. In realtà in questa piazza di colossei ce ne
entrerebbero facilmente almeno tre, messi in fila l'uno vicino
all'altro. Certo la Piazza Rossa a confronto col Colosseo è come un
bottiglione di vino rosso comune Sangiovese del 2014 al confronto
con una rara bottiglia di vino rosso "invecchiato" Bolgheri Sassicaia 2009.
"A buon intenditor poche parole", dice un proverbio che in
questi casi calza alla
perfezione. Dal centro della piazza si vede uno spettacolo unico. Lungo
il perimetro rettangolare della piazza, guardando a 360°, c'è di tutto. Dal mausoleo di Lenin, alle mura del
Cremlino, da S. Basilio ai Magazzini Gum, dalla Cattedrale di Kazan (in russo Казанский собор на Красной площади)
alla Porta della Resurrezione, dal Museo Storico (Исторический музей) al monumento
equestre del maresciallo Георгий Жуков (Georgy Zhukov) che è per la
verità leggermente fuori. Non mi staccherei più da questo
posto. Penso che sarebbe stato molto comodo avere uno di quegli aggeggi
che usano i pittori di quadri che consiste in un piccolo sedile
portatile a mo' di ombrello. Mi viene il desiderio di correre da
una parte all'altra della piazza per vedere da vicino tutti i luoghi che
ho testé elencati. Lo faccio comunque, ma senza correre, lentamente, per godermi
lo spettacolo. Alla fine comincio ad avere sete e mi sento di essere pronto per
entrare nei Magazzini GUM (ГУМ) per bere un bicchiere di kvas. La curiosità è
massima. Entro e mi rendo conto che la struttura dell'intero stabile è
organizzata su due piani in due lunghissimi corridoi che mettono in luce senza soluzione di continuità negozi, bar e servizi
di tutti i generi. All'entrata, a pianterreno nel centro
dell'edificio, c'è un chiosco che vende bicchieri di квас (Kvas)
di diverso volume da 300 o 500 ml. Ne approfitto
immediatamente perchè è la prima volta che ho l'occasione di assaggiarne
un bicchiere e provare
il gusto e l'odore. Il colore è scuro. La bevanda è leggermente
frizzante e il suo gusto si avvicina molto a quello di una bevanda al tamarindo.
In ogni caso ha un buon sapore, dolce quanto basta e soprattutto
originale che mi richiama alla mente quando da ragazzo compravo una
bottiglietta di spuma leggermente frizzante quasi uguale a questa che
sto assaggiando in questo momento. Tutti i libri di narrativa russa parlano di questa bevanda
prodotta dal grano saraceno fermentato e bevuta in modo interclassista sia da contadini,
sia da nobili aristocratici. Non c'è posto dove sedersi a meno che non ci si
sposti in una delle due lunghe gallerie a mo' di corridoio di cui è fatto il centro
commerciale dove si trovano delle panchine. Si avvicinano al chiosco molti turisti
orientali, cinesi e indiani soprattutto. La ragione non è che vogliono
assaggiare il kvas. Probabilmente non conoscono nemmeno cosa sia questa bevanda. Piuttosto, sono
interessati a farsi immortalare seduti sotto un albero di ciliegio
finto, ma uguale in tutto e per tutto a uno vero per farsi la classica foto di
famiglia. Devo riconoscere che chi ha costruito questo albero è stato
bravissimo. Sembra veramente un ciliegio. Mi ricorda il bellissimo
lavoro teatrale di Anton Cechov, Il giardino dei ciliegi, in
russo
Вишнёвый сад,
traslitterato in
Višnëvyj sad, in cui si narrano le vicende di
un'aristocratica russa e della sua famiglia al ritorno nella loro
proprietà nella quale si trova un grande giardino di ciliegi.
I turisti, quasi tutti asiatici, sono scatenati. Una volta impossessatisi della posizione
sotto il ciliegio non la mollano più. Fanno centinaia di foto: da soli,
in gruppo, con il partner, con la partner, in gruppo familiare, in
gruppo di amici. Ma più efficace di Cechov per descrivere la
scena che vedo davanti ai miei occhi con il bicchiere di kvas in mano è la descrizione nel capitolo terzo
delle Anime morte di Nikolaj Vasil'evič Gogol quando
Vasilij Platonov invitò Čičikov (il protagonista del
romanzo gogoliano) a sedersi. |
 |
Scrive Gogol: «Lillà e ciliegi in
fiore, come una collana di perle di vetro, circondavano il cortile
insieme a uno steccato, che era completamente nascosto dai loro fiori e
dalle loro foglie. La casa padronale ne era completamente coperta, solo
le porte e le finestre guardavano con grazia attraverso i rami.[...] Un
ragazzo portò e posò di fronte a loro delle caraffe con kvas alla frutta
di diversi colori e di tutti i tipi, alcuni densi come l'olio, altri
effervescenti, come limonate gassate.[...] Questi sono kvas per i
quali, da tempo, la nostra casa è celebre", disse Vasilij. Čičikov si
riempì un bicchiere dalla prima caraffa, un vero e proprio lipec
(bevanda al miele di tiglio) che egli un tempo aveva bevuto anche in
Polonia: le bollicine erano come quelle dello champagne, e, attraverso
la bocca, il gas gli produceva un piacevole pizzicorìo al naso. "Un
nettare!" disse. Bevve un bicchiere da un'altra caraffa: ancora meglio. "La bevanda delle bevande!" disse Čičikov». |
Straordinario il ciliegio dei magazzini Gum ma più straordinario di
tutti è Gogol con le sue descrizioni incredibili ed ed eccezionali.
Faccio un rapido giro al piano superiore. Sono le 11.15 quando scopro
seminascosta una piccola banca che si chiama SPRAVKA al n. 3 di Красная Площадь che propone
un cambio, a mio parere favorevole, di 1 euro=61,4 rubli. Cambio così 50
euro incassando 3070 rubli. Mi serviranno sicuramente a pranzo. |
All'uscita mi avvio verso la
Воскресенские ворота (Porta della
Resurrezione). Mi guardo in giro e con la coda dell'occhio vedo di
nuovo la fila di persone in coda che avevo visto in precedenza nella salita
del Kremlevskiy proyezd. Noto però che adesso è decisamente meno
lunga di
prima. Incuriosito mi metto in coda e dopo pochi minuti sono al
posto di controllo della polizia che come in aeroporto verifica il
contenuto di borse e borsette. Oltre il posto di polizia la fila si muove lentamente sul lato
del muro del Cremlino e alle spalle del mausoleo di Lenin. Ai
bordi del curatissimo passaggio si vedono targhe e busti in
pietra dei diversi dirigenti del Partito e dello Stato sovietici messe in bella mostra.
|
 |
Le targhe si riferiscono alle grandi
figure del comunismo sovietico artefici della Октябрьская
Революция (Rivoluzione d'Ottobre) e del suo consolidamento, mentre
c'è una sola statua che rappresenta Stalin con decine di rose rosse ai
suoi piedi. Subito dopo si
entra nel mausoleo di Lenin, che si vede
dalla Красная Площадь (Piazza Rossa). Si è costretti a seguire la fila a velocità
controllata nè troppo veloce, nè troppo lenta ed è assolutamente vietato fotografare.
All'interno l'ambiente è molto scuro e in alcuni tratti è buio
pesto. Ci sono alcune torce elettriche che fanno riflettere la luce sul viso di Lenin mummificato.
La salma imbalsamata di Lenin è molto delicata tanto che viene
protetta dalla luce e addirittura ogni anno e mezzo viene immersa in
un bagno liquido di una sostanza chimica segreta in grado di
rigenerarla. Le guardie sono molto
severe e non è consentito nè parlare, nè fermarsi per ragioni di
sicurezza.
|
|
Esco dal mausoleo con un senso di
liberazione per l'inconsueta visita al protagonista principale della
Rivoluzione d'Ottobre e mai come in questo caso sono d'accordo con
Dante Alighieri quando nel verso 139 dell'Inferno, nella Divina
Commedia, scrive : "E quindi uscimmo a riveder le stelle". Credo tuttavia di essere stato fortunato
perchè entrare nel mausoleo di Lenin e vedere la salma imbalsamata può ben dirsi un vero
"avvenimento". Non mi rimane allora che andare a vedere da
vicino S. Basilio.
|
|
 |
Su S. Basilio esiste
un'intera enciclopedia di studi, di fatti di storia, di arte e di
vicissitudini di tutti coloro che l'hanno costruita e fatta costruire. Si dice che lo Zar
del tempo fece strappare gli occhi all'architetto che la progettò per
evitare che lo stesso avesse potuto farne costruire una copia in futuro, tanto è
risultata bella e perfetta. Per entrare è necessario pagare il
biglietto. Ci rinuncio perchè c'è la fila e il tempo stringe. Più che
una chiesa o cattedrale, che dir si voglia, S. Basilio sembra essere un
museo a cielo aperto all'esterno. All'interno dicono che sia piccolina e
che non ci sia nulla di interessante perchè l'esasperazione della
bellezza architettonica sta fuori, nelle cupole, nei colori e in tutto il resto.
Penso proprio che sia così. Vedo uno strano movimento di operai che
stanno transennando un'area vicino S. Basilio. Non ci faccio caso e
passo oltre. |
Ma cambiamo discorso perchè è giunta
l'ora del pranzo. Il nome del ristorante l'ho già deciso da tempo. Ho
deciso di pranzare al "Кафе Пушкинъ", in italiano Caffè Puskin,
che si trova in ул. Тверской бульвар, дом 26-А, Москва, ovvero in
Tverskoy Boulevard, 26-A. In breve si tratta probabilmente del ristorante turistico più
conosciuto e famoso di Mosca Si trova a circa cento metri dalla fermata
della metro Tverskaia. Mi rifiuto però di prendere la metro e siccome la
distanza è breve mi muovo in direzione del viale Tverskaia partendo
dalla statua del maresciallo Zhukov. Nella grande piazza vedo a destra
l'edificio della Duma e a sinistra una parte del Parco di Alessandro con
le tre cupole verdi che emergono dal verde dell'erba. L'architettura è
tipicamente real-socialista e gli edifici splendono sotto una forte luce
solare che li rendono bellissimi. Mi piace. Decisamente questa Mosca mi piace
molto. Devo attraversare prima la Moxovaia Uliza. Non ci sono
strisce pedonali e l'unica maniera per attraversarla è il sottopassaggio
della metro alla fermata Okhotnyy Ryad. Il viale è molto bello e
per un lungo tratto si presenta leggermente in salita.
 |
Ci sono molti negozi di marca per lo
shopping. Spiccano per eleganza e fastosità molte case di moda
francesi e italiane. Un esempio di maisons italiane sono : Falconeri,
Intimissimi, Tezenis, Stefano Ricci, Massimo Dutti, Baldinini,
Braccialini, Bosco. C'è comunque da rilevare che la vera vetrina
dell'abbigliamento della città non è la Tverskaia ma sono i magazzini
Gum. Mi colpisce un fatto e cioè che c'è un solo numero
civico per ogni palazzo. Questo significa che non si vedranno mai a
Mosca indirizzi di abitazioni o di negozi del tipo «uliza
Tverskaia, 750»
perchè ciò equivarrebbe a considerare la Tverskaia una lunga via
costituita da 750 edifici. Considerato che un edificio è lungo circa
cinquanta metri avremmo una via lunga circa trentasette chilometri. Solo
le vie cosiddette consolari che partono da Roma sono lunghe centinaia di
chilometri a condizione che la numerazione civica ritorna ad azzerarsi
tutte le volte che cambia il comune. |
A Roma invece è normale trovare via Appia
1230, oppure via Tuscolana 1450, etc. Gli edifici presenti sono in larga parte
edifici pubblici, con i loro maestosi cancelli su uno dei quali spicca
la data di installazione del 1946. Curiosa data che mi riguarda da
vicino. La vera novità è che la Tverskaia ogni centinaio di metri circa
presenta delle enormi entrate ad arco che introducono in una via laterale. Uno di
questi elementi architettonici lo si può vedere nella foto alla mia
sinistra alle spalle. Non sono portoni o arcate di entrata di un palazzo
ma autentici capolavori di costruzione edilizia che immettono in strade
che si snodano perpendicolarmente alla Tverskaia. Prima di raggiungere
l'anello dei giardini sulla sinistra imbocco il Bolshoy Gnezdnikovskiy
pereulok nella quale c'è una filiale di Banca Intesa S. Paolo con un suo
bancomat. Lo uso per prelevare dei rubli che mi serviranno nei giorni a
venire senza pagare alcuna commissione. A proposito della zona verde qui
vicino al ristorante Puskin, v'è da puntualizzare che a Mosca ci sono
diversi tipi di anelli geografici che marcano il territorio moscovita in
superfici circolari più o meno grandi. I due più conosciuti sono quello
"dei giardini" e quello "dei boulevard". Entrambi circondano il centro
del cerchio geografico, nella parte nord oltre la moscova, che
coincide con il Cremlino. L'anello dei giardini è quello più interno di
tutti, con raggio approssimativamente la metà dell'altro, più esterno.
Bulgakov, per esempio, nel Maestro e Margherita all'inizio del
capitolo cinque dal titolo Nel frattempo al Gridoedov, a
proposito del luogo dove lavorava Berlioz, scrive: "L'antica casa a un
piano, color crema, si trovava sull'anello dei boulevard, il Bul'varnoe
kol'co[...]". Se avessi più tempo organizzerei a Mosca un tour dei
luoghi letterari più famosi di Mosca riportati nelle opere dei grandi
scrittori della letteratura russa. Sei giorni purtroppo sono pochi. Sarà un
successo se potrò visitare il 50% dei luoghi desiderati. L'ultimo tratto della Tverskaia
lo percorro a velocità sostenuta perchè comincio ad avere fame. |
 |
Il Caffè Puskin è "dietro l'angolo" e
una ciotola di borsč sta attendendo il mio arrivo. Tuttavia non mi è
facile orientarmi e il
Tverskoy Boulevard, 26 si ostina a "nascondersi" mentre le
difficoltà per localizzarlo aumentano a causa dell'ansia da prestazione.
Chiedo a una gentile ragazza dove si trovi il n. 26. Perchè il problema
non è individuare la via ma il numero civico. E dire che il
Tverskoy boulevard è una via famosa non solo perchè fa parte
dell'anello dei giardini ma anche perchè è citata da Michail Bulgakov ne
i Racconti Fantastici. Le avventure di Čičikov della BUR
quando nel paragrafo 4 scrive: «Sul Tverskoj bul'var,
proprio di fronte al Monastero della Passione, attraversata la strada, e
si chiama Monpuš del Tverbul».
Col suo smartphone e con Google Maps la ragazza mi indica la
direzione giusta. Aggiungiamo il fatto che ci sono due entrate: la
prima è una pasticceria e la seconda è il ristorante vero e proprio. Dopo pochi minuti sono seduto comodamente a un tavolo del
ristorante. Guardo il menu facendo finta di orientarmi alla meglio.
In verità in internet lo avevo studiato nei minimi particolari. Ordino
pertanto per primo, in una tazza di porcellana, una zuppa di borsč alla barbabietola con filetto
d'oca, di colore rosso che più rosso non si può, con una ciotolina di
panna acida. Per secondo un piatto misto chiamato "degustazione russa"
costituito da manzo allo Strogoff coperto da una salsina
bianca di panna; per contorno dei funghetti, delle patatine al forno, un
assaggio di pochi pelmieni con ripieno di manzo, una frittellina con
ripieno dolce e da bere un bicchiere da 500 ml di kvas scuro, più forte
di quello bevuto in mattinata ai magazzini Gum. |
|
In russo l'elenco delle pietanze sulla
ricevuta fiscale è molto più sintetico: Борщ300 570руб,
квас 135руб, Русская дегустация 935руб, в том
числе НдС 250руб, per un totale di 1890 руб l'equivalente
di circa trenta euro. Al termine esco dal ristorante e rientro nella
pasticceria del Puskin, situata subito dopo l'entrata del ristorante a
fianco. Nella vetrina espositrice ci sono delle vere e proprie leccornie
che meritano una piccola sosta. |
 |
Il cameriere mi informa che oltre ai
prodotti esposti al banco c'è una vera e propria specialità della casa
che merita di essere assaggiata. Curioso fino in fondo mi lascio
convincere, sedendomi a un tavolo nel centro della saletta. Un espresso
210руб e un dessert tipico della casa, molto simile a un
semifreddo alla mandorla, 450руб mi permettono a conclusione di
un lungo pasto una più adeguata e completa riflessione sulla proposta di
ristorazione del Puskin. Non c'è che dire si mangia bene. Se si ha poi
l'accortezza di non esagerare con il numero delle portate il pranzo è
più digeribile e consente di apprezzare fino in fondo la cucina russa.
Si dice da più parti che la gastronomia russa è una gastronomia "da cucchiaio" piuttosto che "da forchetta". Non ritengo utile una eccessiva
semplificazione perchè se è vero che i russi sono autentici maestri
nelle zuppe non scherzano neanche nei piatti da forchetta siano essi di
carne o di pesce. |
Subito dopo sono in strada in una giornata
semplicemente splendida, con un cielo che sprizza azzurro a volontà.
Avverto la necessità di camminare e mi avvio lungo l'anello dei giardini
nel Tverskoy Boulevard sotto gli alberi protetti da una
cancellata artistica molto bella tra le due carreggiate del viale.
Proseguo nel Nikitskiy bulvar fino a intersecare la ulitsa
Novy Arbat, lunga e larga come la Tverskaya. Sto praticamente
"scendendo" da nord a sud lungo l'asse viario ortogonale alla ulitsa
Novy Arbat. |
 |
Tra le tante cose il
mio obiettivo è tra poco di imboccare l'Arbat, ovvero la
pedonalizzata Arbatskaya che chiamerei "Antica", così come a
Roma si chiamano Appia "Nuova" la prima e Appia "Antica" l'altra,
pedonalizzata però solo durante le festività e per una parte della
giornata. Ebbene, poco prima di arrivare a Casa Gogol vedo il primo
e unico graffito moscovita su un muro. Uno scarabocchio con molte
frecce nere a mo' di sfregio scritto sulla facciata della casa.
Immediatamente dopo c'è la targa commemorativa a Gogol sulla quale
c'è scritto che dal 1848 al 1852 Gogol visse in questa casa. Subito
dopo si può entrare nel giardino della "casa museo" gogoliana, nel
centro del quale c'è la statua di Gogol. |
|
Pochi minuti di meditazione ai piedi della
statua mi bastano per onorare la memoria dell'autore delle Anime
morte. La passeggiata continua e volendo si potrebbe continuare a
camminare diritto fino al fiume Moscova. Dopo alcune decine di metri
svolto a destra e inizio a percorrere la Arbatskaya, gioia e felicità
dei turisti di tutto il mondo che visitano Mosca perchè trovano qui una
strada come la parigina Montmartre, piena di artisti, suonatori,
giocolieri, disegnatori e pittori che disegnano volti di tutti i tipi.
Qui non ci sono auto per tutta la sua lunghezza e si può passeggiare a
piacere osservando vetrine e negozietti. C'è molta gente che passeggia.
Io sono un po' a disagio perchè sono l'unico fra tutti che si muove
nella strada indossando un giaccone invernale. Giovani e meno
giovani sono viceversa in maniche corte. Ho dunque validi motivi per
essere in imbarazzo. Tuttavia il giaccone l'ho portato a Mosca perchè ero
convinto di trovare molto freddo come quando anni fa andai a Stoccolma e
mi ammalai per l'insufficiente abbigliamento indossato e inadatto a
fronteggiare il freddo vento polare svedese. D'altronde Gogol stesso fa
dire a Čičikov quando parla con Vasilij, a proposito della
vendita di un terreno incolto: «Ognuno al mondo tira l'acqua al suo
mulino. "Se a uno una pera gli serve davvero, poi va a finire che
sradica il pero" dice il proverbio». Ebbene, non mi pento per niente di
avere portato questo giaccone da Roma. L'Arbatskaya non sembra ma è una
strada abbastanza lunga da gustare lentamente e sempre piena di gente.
C'è una doppia lunga fila di
lampioni classici a tre luci ai bordi della strada e molte panchine pulite. Edifici dalle
belle e ristrutturate facciate e nessuna cartaccia per terra.
Passeggiando si provano diverse sensazioni: per un verso fastidio per la confusione e
i rumori tipici di una strada di divertimento e dall'altra allegria e interesse per gli eventi che si vedono.
Quale delle due sensazioni è prevalente dipende poi da molti parametri
personali. In questo momento io non sono stanco e quindi provo piacere a
vedere giovani che vestono da orsi e fanno ridere i bambini. |
 |
All'improvviso però, da una stradina laterale,
compare una specie di processione di belle ragazze russe vestite
con un sari indiano, con colori sgargianti, che sfilano sorridendo a passo di danza.
Devono appartenere a qualche setta di tipo orientale. Non me
l'aspettavo. Pensare che qui, appena un ventennio fa, vigeva la più
forte ortodossia comunista del mondo e adesso vedere a Mosca una specie di
pubblicità alla Jesus Christ Superstar che organizza una sfilata psudo-orientale mi fa sorridere e
mi fa capire che i tempi sono
veramente cambiati a Mosca e nel mondo intero. La
globalizzazione presenta il conto e permette ciò che prima era proibito. Sullo sfondo della foto si vede
una costruzione da castello fatato. Si tratta di un ristorante
orientale caucasico che pubblicizza un menù georgiano o qualcosa di
simile. Dopo il borsč e lo Stroganoff di oggi penso che me la farò
alla larga da pietanze pesantucce. |
|
A metà percorso, sul lato destro della
strada vedo due
statue di un uomo e una donna in abbigliamento ottocentesco. Sono del poeta Puskin e di sua moglie
Natal'ja Gongarova. Di
fronte alle statue c'è la "casa museo" Puškin (Memorialnaya Kvartira
A.S.Pushkina Na Arbate) dove vissero entrambi
per un certo periodo. |
 |
Le due rose rosse in mano alla Gončarova sono la testimonianza
concreta di quanto valore ha nella cultura russa il nome Aleksandr
Sergeevic Puskin. Piuttosto, c'è da rilevare che la bella moglie è stata
per lui fonte di tanti problemi, debiti e gelosie. Puskin, infatti, morì nel 1837
a seguito di ferite da taglio riportate in duello contro il barone Georges-Charles
de Heeckeren d'Anthès, sfidato per gelosia nei confronti della moglie.
Anche Puskin come tanti poeti e letterati russi amò l'Italia. Famosi
furono i versi scritti in nome di una bella donna veneziana di cui
Puskin si innamorò. Ecco cosa scrisse a questo proposito: «Delle notti
dell'Italia dorata io godrò la voluttà, in libertà, con una giovane
veneziana, ora loquace ora muta, vagando nella gondola misteriosa, da
lei apprenderanno le mie labbra la lingua del Petrarca e dell'amore.
(Aleksandr Puskin, Eugenii Onegin, I, XLIX)».
|
Lungo quasi tutto il percorso troneggia
sullo sfondo della ulitsa Arbat la sagoma severa del Ministero degli
Esteri russo, uno dei sette edifici che definiscono il panorama della
cosiddetta "linea
del cielo" di Mosca. La parte più alta del Ministero guardata con
attenzione e sfumata in alcuni suoi dettagli rassomiglia molto alla
sagoma del famoso Mont Saint-Michel in Francia. Rifletto
con particolare piacere a quante cose ho visto oggi. Tuttavia è da questa
mattina che mi muovo per le strade moscovite e ho notato una stranezza
che fa capolino nella mia mente:
non ho visto un solo cane per le vie di Mosca. Né al guinzaglio, né
peggio libero. Delle due l'una: o ai
moscoviti non piacciono i cani e non li possono soffrire a tal punto da
non portarli mai a passeggio per le strade della capitale russa oppure è a loro
severamente vietato portare i cani nelle strade del centro storico. Credo
che la seconda ipotesi sia la più probabile ma non ne sono certo. Rimane
il fatto che cani qui non se ne vedono. Alla fine della Arbatskaya arrivo in una piazza, chiamata
Smolenskaya ploshchad'. In realtà è un pezzo del viale Smolenskiy che viene chiamato così.
Guardo con interesse Smolenskiy
bulvar. Tra l'altro sono costretto a percorrerne un breve tratto e
noto che è enorme.
Ha 12 corsie ed è praticamente impossibile attraversarlo in superficie. E'
necessario prendere un sottopassaggio. Cerco la fermata della metro ma
non la trovo. Evidentemente deve "essersi nascosta" da qualche parte. Devo
fare il giro dell'edificio per trovarla seminascosta in una piazzetta
interna.
Questa fermata si trova sulla linea 3 che è poi la linea metro del mio
albergo. Riprendo il percorso inverso e ritorno a
Partizanskaia. All'uscita entro nell'emporio presente a fianco
dell'entrata della metro e compro una piccola bottiglia di 250 cc di
vodka russa dal nome curioso Пять озер che significa "cinque
laghi". Un bel bicchierino di vodka potenzierà il sonnifero della
stanchezza per dormire bene e profondamente. A cena vado nel ristorante
al primo piano del'Hotel Vega.
Consommé
di pesce, patate bollite, riso con carote, aringa e acqua è il menù che
mi sono costruito dopo un'attenta visione delle pietanze presenti. E per dessert
una mezz'oretta di televisione russa. Garantisco che funziona meglio di
un potente sonnifero.
|
Terzo giorno domenica 7 giugno. Non
vedevo l'ora di venire a Mosca per respirare un po' d'aria fresca. E
fresca l'ho trovata perchè nella corte dell'Izmailovo devo mettermi al collo una sciarpa
leggera di lana per evitare di prendere la stessa tracheite che ho preso a Stoccolma sette
anni fa. "Questa volta" mi sono detto "non mi faccio fregare. A costo di
sfiorare il ridicolo, il giaccone (e in casi di ostinato e gelido vento
che qui non manca anche la sciarpa che mi si vede indossare) non li tolgo in nessun
caso". E se il vento freddo soffiasse contro la mia gola in modo
pericoloso chiuderò anche il colletto del giaccone per proteggermi
meglio. Non si
sa mai. Ho giurato a me stesso che mai più soffrirò come a Stoccolma.
Qui c'è il diario di viaggio di quei
cinque giorni
svedesi spiacevoli e
insopportabili. |
Oggi è domenica. Sto andando alla Galleria Trietkof
situata nella parte sud della città, oltre la Moscova. E' la prima
volta che varco il fiume. Ci sono centinaia di opere d’arte famose da
vedere che "mi stanno aspettando" per una visita desiderata da
decenni. Dunque, l'orario e l'importanza dell’evento è palpabile fin
dalla mattina appena sveglio. Ore 9.00 prendo la metro a Partizanskaya
la metro per
Ploschad Revolyutsii. Ormai i nomi delle fermate della metro non
mi preoccupano più. Anzi mi caricano come se stessi facendo un viaggio
esploratore in una zona "selvaggia e sconosciuta". |
 |
Con la linea verde arrivo non a Третьяковская, cioè Tretyakovskaya ma a Новокузнецкая, cioè Novokuznetskaya. Evidentemente un pasticcio
cromatico tra colore verde e giallo mi fa ritardare un po' l'arrivo alla
galleria,
segno che il carattere cirillico non è stato ancora digerito
adeguatamente. Meno male che non se ne è accorto nessuno del mio errore. Tra le tante cose da dire su questa vicenda dei tunnel di
collegamento la più difficile mi sembra essere proprio quella del passaggio da
Ploshchad' Revolyutsii linea blu a Teatralnaya linea verde.
Devo fare attenzione perchè questo passaggio, da linea blu a verde,
è cruciale nel percorso per ritornare all'aeroporto. Tuttavia devo
dire che su questo
cambio la chiarezza delle informazioni fa un po' difetto. Purtroppo, la
fermata Tretyakovskaya si trova lungo la linea gialla che non ha linee
di scambio con quella blu che proviene da Partizanskaya.
|
|
Alla fine
arrivo a Tretyakovskaya a piedi dalla Novokuznetskaya passando di lato
alla Chiesa ortodossa di San Clemente, in russo chiamata Tserkov Klimentie Papy.
La chiesa mostra quattro cupole blu stellate, una
centrale dorata e due storie. La chiesa è carina, piccola, con una linea di
architettura classica ortodossa che mi sarebbe piaciuto visitare. Come molti altri
edifici storici durante l'era sovietica le autorità comuniste l'avevano destinata alla demolizione
ma poi l'hanno trasformata prima in una scuola materna e successivamente per
catalogare i libri per la Biblioteca di
Stato "Lenin". Solo nel 2008 ha fatto ritorno alla Chiesa ortodossa. Proseguendo diritto dopo la fermata metro della Tretyakovskaya e
svoltando a destra si arriva in una piazzetta nel verde in cui al centro
c'è una specie di monumento formato da tre cornici vuote dorate.
Il segnale è chiaro: siamo prossimi alla galleria. |
 |
Infatti svoltato l'angolo vedo l'edificio
con il cancello d'entrata. La Galleria Tretjakof in russo
Государственная Третьяковская Галерея è un autentico oggetto
delle meraviglie nonché massima aspirazione dei curiosi dell'arte
pittorica russa. Quante volte sulle foto o le immagini in internet ho
visto questa entrata. Si vede in tutte le salse. In estate, in inverno,
con la pioggia, con la neve, col sole, di mattina o di sera. Insomma
in mille modi ed è fotografata dai turisti in modo esagerato. Al centro della
foto la facciata della porta d'ingresso. Dopo aver superato il controllo magnetico
all'entrata
scendo al piano inferiore dove ci sono le casse. Compro il biglietto pagando 450 rubli, cioè quasi 9 euro. Il
percorso si snoda per tutte le 62 stanze del museo situate sui due piani
dell'edificio. Tropinin, Vrubel, Repin, Ivanov, Perov, Polenov, Surikov,
Veresčagin, Levitskij, Kiprensky ed altri mi impongono la visione dei dettagli delle loro
opere, autentici capolavori dell'arte russa dell’ottocento. |
|
Emozioni e gradevoli visioni caratterizzano una osservazione unica al
mondo. Si va dal Demone seduto di Vrubel a La processione nel
governatorato di Kursk di Repin, da Il mattino dell’esecuzione
delle guardie imperiali in Piazza Rossa di Surikov a Matrimonio ineguale
di Pukirev, da Ivan il Terribile e suo figlio
morto di Repin alla Trinità di Rublev, da I
cosacchi dello Zaporozhtsev scrivono una lettera al Sultano di
Turchia di Ilya Repin
al commovente
dipinto intitolato Troika, cruda rappresentazione del lavoro minorile,
da La traversata delle Alpi di Suvorov alla Meditazione
del Cristo di
Kramskoy,
mentre Bojarynja Morozova è stata
tolta dalla parete per restauro. Il
contrasto sociale tra le due classi dei nobili e ricchi possidenti e la
dura esistenza del mondo contadino mi colpisce molto per la capacità
degli artisti di evidenziate il leit motiv della differenza di condizione di vita tra i due soggetti. |
 |
Le sale pullulano di
visitatori. Ci sono giovani e anziani ma ci sono anche insegnanti con i loro allievi e, fatto più importante, molte delle classi in visita sono
ragazzi di
scuola elementare, tutti in religioso silenzio che ascoltano i loro
insegnanti. Strano a dirsi è permesso a tutti di fare foto. Non me
lo sarei mai aspettato. Alle mie
spalle c'è il famoso quadro di Aleksandr Andreevič Ivanov dal
nome Apparizione di Cristo al popolo. L'Autore impiegò ventanni
prima di
finirlo. Ricordo che Ivanov, dopo aver visitato la Germania e l'Austria, si stabilì in Italia lavorando soprattutto a Roma e vi
rimase dal 1831 al 1858, come dire che rimase nella Città Eterna per
ventisette anni! Alla fine era più "romano de Roma" lui che alcuni
romani di Borgo S. Pio. |
|
Tra letterati, artisti, nobili ed esuli russi
vissuti a Roma nell’800, oltre a Ivanov che, ripeto, battè il record di permanenza, si registrano le presenze dello scrittore
Turgenev, nonché di
altri pittori come Kiprenskij e Brjullov. Tutti frequentavano l’Antico Caffè Greco di via Condotti, posto di ritrovo
abituale dell’intellighenzia russa ma anche del romanziere Nikolaj Gogol,
che tra il 1838 e il 1842 prese alloggio come abbiamo detto in
precedenza nell’odierna via Sistina. Tra le tante tele viste mi
colpiscono anche una decina di quadri che rappresentano panorami e scene
di vita italiani. Roma spesso ma frequentemente anche Napoli e altre
città campane sul mare furono i soggetti protagonisti di queste opere
diciamo così "minori". Di Kiprensky per esempio è la tela che
riprende la città di Napoli, dal titolo "Lettori di giornali a Napoli. "Vita da osteria"
è un altro esempio significativo. Ci sono altresì rappresentazioni di
panorami e scene di vita dell'antica
Roma che fanno capolino in diverse sale.
|
 |
Tante sono le opere
interessanti che potrei commentare. Un solo esempio tra tutti: il
cosiddetto Matrimonio ineguale (1862). Di solito si parla non di
ineguaglianza ma di disuguaglianza. In effetti i prefissi dis- e in-
introducono il contrario di una parola. Nel nostro caso invitano a
pensare a due sfumature differenti nel significato della parola. Fatto sta che il matrimonio di
cui si parla qui è l'opera dello straordinario pittore russo Vasilij
Vladimirovič Pukirev che lo ha titolato proprio così неравный
брак, traslitterato in Neravnij brak, cioè
Sposalizio ineguale. A
questo link ci si è sbizzarriti a giocare tra vignette
irriverenti alla Simpsons e arte pittorica russa. Rimane
il fatto che lo sguardo dello sposo e quello della sposa ci
convincono che alla base di quel matrimonio sicuramente non c'è
l'amore. Anzi. |
|
Nella famosissima tela di Pukirev si vede
uno sposalizio (matrimonio) effettuato secondo il rito ortodosso tra un
vecchio agiato e danaroso signore, dall’espressione incuriosita e severa, e
una giovanissima ragazza (oggi diremmo minorenne), dallo sguardo triste
e arrendevole, che guarda in basso. Vedere da vicino quest'opera è una
vera sofferenza perchè i tratti del dipinto, gli sguardi degli altri
protagonisti, compreso quello non certo indenne del pope ortodosso che
qui mi ricorda il Don Abbondio dei Promessi Sposi, ci invitano a
ricordare la triste realtà della coartazione della volontà dovuta
all'obbligo di dover costringere la giovane a soddisfare la potenza del
ruolo sociale delle classi dominanti e in fin dei conti del potere del
denaro. Non meravigliamoci. Era così ovunque. Manzoni con il caso "Don
Rodrigo-Mondella" ha toccato il tasto nel settentrione d'Italia. Nel
meridione poi fin dopo l'inizio della Repubblica esistevano
ancora lo jus primae noctis e il pluritutelato delitto d'onore. Sui capolavori presenti nella galleria potremmo parlare per ore.
In ogni caso si tratta di gustare l’evoluzione della pittura russa, di
pari passo con la storia, nella prospettiva di uno sfondo fatto dalla
narrativa russa con i grandi come Lev Nikolaevič Tolstoj, Nikolaj Vasil'evič
Gogol', Michail A. Bulgakov, Fëdor Michajlovič Dostoevskij, Aleksandr
Sergeevič Puškin, Ivan Turgenev ed altri. Almeno in "my opinion". Tuttavia c'è da dire che anche le visite più interessanti prima o poi
finiscono e così alle 13 circa esco dalla Galleria
per trovare un posticino dove mangiare e sgranocchiare qualcosa. Non ho
molta fame. Dunque, mi basterà un pasto frugale a un self
service qui vicino, purché il cibo sia rigorosamente di matrice russa.
Nei precedenti viaggi mai ho mangiato un piatto di spagnetti o di
lasagne all'estero. |
 |
Sono quasi le 13.15 quando al n. 27 di
ulitza Piatnizkaia (in russo
Пятницкая ул. 27) in una bella palazzina liberty a un piano, di colore
rosa pastello, mi presento al "Restoran Grabli". In
russo Грабли significa "il rastrello".Non mi faccio
troppe domande. In verità è un self service di una catena
commerciale russa e questo mi dà più
sicurezza nella scelta dei piatti perchè la vista mi permette di vedere
come sono i cibi presenti al banco davanti a me. Non ho molta fame
perchè ho ancora davanti a me la visione delle centinaia di tele del museo
che mi appaiono alla mente e mi distraggono dagl iaspetti materiali
del cibo. Prendo un piatto di patatine al forno con funghetti,
un panino integrale, un bliny al formaggio e una bottiglia da mezzo
litro di kvas scuro. Il locale è affollato e qui dentro fa caldo. Al
termine del pasto mi sposto ai tavoli fuori in un'oasi di piantine
verdi sotto un tendone. |
|
Osservo i clienti. Scene identiche a quelle
che si vedono in qualunque capitale dell'Unione Europea. Se non fosse
per una convinta e naturale riservatezza, aggiunta a un abbigliamento
decisamente sobrio e senza tatuaggi non avrei avvertito differenze nel
vedere davanti a me giovani e anziani. |
Quarto giorno
Lunedì 8 giugno. Prendo la metro a Partizanskaya per Арбатская, cioè
Arbatskaya. Questa fermata della metro di Mosca è una delle poche che ha
il nome scritto sul muro del tunnel di scorrimento dei treni. La
giornata di oggi prevede la visita all'altro importante museo di Mosca, che è il Museo
delle belle arti Puskin. Questo museo è importante perchè, al
contrario della Galleria Tretjakof, qui non sono presenti opere
indigene ma straniere, non russe, provenienti dai paesi occidentali di
larga consuetudine con l'Arte, come
Italia, Francia, Olanda, Spagna, etc. Il museo Puskin è il secondo museo di arte
straniera più importante della Russia dopo l'Hermitage di S.
Pietroburgo. Il tema è arte europea, impressionista e
post-impressionista con salti antecedenti nel periodo rinascimentale
europeo.
Un esempio? Nudo di Renoir,
Mont Sainte Victoire di Cézanne, Pesci rossi di Matisse,
Assuero Amar ed Ester di Rembrand, Annunciazione di Botticelli, Ritratto del Fayoum
addirittura del I secolo. E poi ancora il Perugino, Pieter Brueghel il
Giovane, van Dyke, van Gogh, Rubens, Murillo, Monet, Gauguin, Canaletto,
Degas, Rodin, etc. Come succede spesso in queste circostanze ecco che il
diavolo ci mette lo zampino e, complice una mia certa disattenzione,
quando arrivo al museo scopro che il lunedì è chiuso. Faccio buon viso a
cattiva sorte, azzero il programma di visita e riparto invertendo
l'ordine di oggi con domani. Dunque, prima la Cattedrale del Cristo
Salvatore, poi la Biblioteka imeni Lenina, la Torre della
Trinità, i monumenti alle città eroiche dell'Unione Sovietica, la Tomba
del milite ignoto e di nuovo nella Piazza Rossa alla cattedrale di Kazan,
per andare infine alla Lubianka. Ho a disposizione l'intera mattinata.
Vedrò il museo Puskin domani mattina ristabilendo un ordine naturale,
oggi purtroppo stravolto. La
Cattedrale si trova a due passi dalla fermata metro di Боровицкая,
cioè Borovitskaya. La base su cui poggia è elevata al di sopra del piano dell'area che la circonda,
nella quale c'è un'area perimetrale di verde con panchine e un chioschetto mobile che vende gelati. Il marchio
impresso è quello della Algida,
nota azienda produttrice di gelati ormai non più in mani italiane,
che in russo si chiama Инмарко, cioè Inmarko.
Nelle Uova Fatali, al paragrafo 2,
Bulgakov nomina la Cattedrale del Cristo Salvatore a proposito
del fatto che due ubriachi lo apostrofarono in tono ironico chiedendogli
se era aperto il bar notturno in via Volchonka. In verità la
cattedrale è disegnata nella pianta di Mosca proprio in ulitsa
Volkhonka, 15. Scrive a questo proposito Bulgakov: "il Professore li
guardò severamente al di sopra degli occhiali, lasciò cadere di bocca la
sigaretta e subito dopo si dimenticò della loro esistenza. Sul viale
Precistenskij si stava aprendo uno squarcio di sole, e l'elmo della
chiesa del Cristo cominciò a fiammeggiare. S'era levato il sole". E' una
descrizione fedele di come possa apparire la bella e splendente
cattedrale a chi la vede per la prima volta. In verità il viale
Precistenskij non esiste perchè Bulgakov ha scritto il nome come era
Mosca nel 1925. Oggi esiste Precistenskaya nab. e Plochad
Prechistenskiye a due passi dalla cattedrale. La stessa sensazione
la provo io quando esco dalla fermata della metro di Kropotkinskaya.
Un venticello freddo sferza l'aria. Il cielo mostra qualche nuvola e la
temperatura non è quella che normalmente si ha in una giornata della
tarda primavera romana. Di fronte alla cattedrale c'è la statua bronzea dell'Imperatore
Alessandro II, lo stesso al quale la città di Helsinki, in Piazza del
Senato (Senaatintori) davanti alla maestosa e bianca cattedrale Tuomiokirkko, fece
erigere un monumento simile a questo che sto vedendo in questo momento. La
cattedrale del Cristo Salvatore è bella ma ha un piccolo difetto. Come per tante altre chiese
ortodosse russe il precedente regime che governò il paese per settantanni
circa la distrusse (nella maggior parte) e in minor quantità le trasformò
degradandole a qualche servizio laico
del regime. Ebbene il difetto è che è nuovissima perchè è stata
ricostruita per intero, identica alla precedente, nella stessa area in cui c'era la
versione originale pochi lustri fa. Lasciata alle mie spalle
la Cattedrale del Cristo Salvatore affronto due viali enormi in grado di
farmi avvicinare ai giardini di Alessandro. |
 |
Sono la ulitsa Volkhonka
dove si trova il museo Puskin che visiterò domani e la ulitsa Mokhovaya a metà della quale si trova
la Библиотека имени Ленина, cioè la Biblioteca di Stato russa.
L'edificio è enorme e per molti versi mi ricorda l'architettura dei
palazzi all'EUR di Roma. Travertino bianco, colonne quadrate,
obelischi e statue sono il piatto forte di questa architettura. "A
questo punto", mi dico "sono a casa". Pensate che è la stessa considerazione che
ho fatto nel mio precedente viaggio l'anno scorso durante la visita a
Tirana quando nella parte centrale della città ho visto un viale, il
Bulevardi Dëshmorët e Kombit, e dei palazzi identici, in tutto e per
tutto, a quelli dell'EUR di Roma. Ma a Tirana c'è una
giustificazione storica precisa, perchè l'Albania fu un paese
dominato dal fascismo e quindi subì le conseguenze culturali
(lingua, architettura, organizzazione socio-economica) del paese
invasore. |
|
Qui le cose sono
diverse, profondamente diverse. La rassomiglianza non è completa come
nel caso di Tirana. Davanti alla facciata d'entrata della Biblioteca c'è
la statua di Dostoievski che sembra invitare i visitatori a riflettere
sulla maestosità della costruzione presente alle sue spalle e forse
meglio anche sull'importanza che questi sacri luoghi della cultura hanno
nella vita delle nazioni. Spesso lo dimentichiamo. Mi trovo a poche
decine di metri dai Александровский Сад, cioè dai
Giardini di Alessandro
che sono sull'altro lato della strada. Questa parte dei giardini è la
parte più bella. Ci sono aiuole molto curate. Fiori rossi e prati verdi
e panchine pulitissime offrono un panorama di rilassatezza e di gioia
veramente piacevole. Sulla destra, vicino alle mura del Cremlino, ci sono
cippi e targhe commemorative delle città eroiche dell'ex URSS. Chi
volesse approfondire questo aspetto storico, politico e ideologico a mio
parere dovrebbe fare una visita mirata perchè la Russia in generale e
Mosca in particolare è ricchissima di
ricordi e memorie storiche. Mi sto avvicinando all'uscita dei giardini
dal lato della Porta della Risurrezione. Il solo pensiero di rivedere la
Piazza Rossa mi dà ulteriore forza alle gambe. La statua equestre del Maresciallo Zuchov è sempre lì e "ricorda di non dimenticare"
chi fu questo eroe nazionale. Attraverso la Porta
ed eccomi all'inizio della piazza, vicino al Museo storico. Appena superata la Porta della Resurrezione sul lato destro
dell'inizio della piazza sono colpito dall'abbigliamento di due
uomini vestiti con tuniche colorate rosso e giallo e stivali. Hanno una
fascia intorno al corpo e indossano una cintura di cuoio dalla quale
pende una spada curva alla orientale. Hanno anche una specie di
lancia che termina come una ghigliottina arrotondata. Capisco subito che si tratta di
abbigliamento storico che vuole ricordare come vestivano i Boiardi.
Turisticamente sono un bell'esempio di personaggi che lavorano per
farsi fare delle foto
dai turisti come quei centurioni romani che si vedono al Colosseo. Più giù,
verso i giardini alessandrini si vede un'altra coppia questa volta "più
moderna", vestiti e truccati
in modo esemplare per essere i sosia di Lenin e di Stalin. Stazionano vicino alla statua
equestre del Maresciallo Zukov. Altra passeggiata nella piazza e altra sosta
nel centro di quest'ultima. Il tempo è bellissimo. C'è un cielo azzurro,
terso,
in una giornata di sole come poche e la temperatura è ideale.
Niente afa, niente sudore, clima mite e sole che non brucia. Aggiungiamo
il mio stato d'animo che, a dir poco, sfiora la felicità e tutto è più
chiaro. D'altronde il mio benessere, dovuto al fatto che da italiano mi
trovo a Mosca, mi ricorda quello di due russi che si sono trovati a Roma
per anni che hanno provato la mia stessa sensazione. Il primo fu uno
scrittore e storico dell'arte di nome Pavel Pavlovič Muratov che visse
in Italia e a Roma in particolare per molti anni. Ebbene ebbe a dire che
«l’Italia è un ricchissimo museo, dove tutto gli è noto e vicino e mi
sento letteralmente innamorato di tutto ciò che i miei occhi possono
vedere». Il secondo fu Boris Zajcev che disse testualmente «l’Italia è
tutto: un glorioso passato e un piacevole presente, e addirittura un
ammaliante futuro. E’ quasi una seconda patria, un paese vivace, la cui
bellezza lo “ubriaca” (“Novaja russkaja kniga”, 1923, 3/4)». |
 |
Decido adesso di vedere l'interno
della Cattedrale di Kazan che si trova vicino alla Porta della
Resurrezione. La cattedrale di Kazan nella Piazza Rossa) è l'essenza della russità credente e religiosa. L'interno è bellissimo e ogni volta
che entro in una chiesa ortodossa mi sorprendo a ricordare che il segno della croce
che fanno i fedeli ortodossi è al contrario di quello cattolico.
Naturalmente "incontrario" deve essere inteso qui in senso relativo,
nel senso che non esiste un segno della croce giusto e uno sbagliato. Descrivere la cattedrale di Kazan è impossibile. Ci sono tante di
quelle sfumature, di dettagli che sarebbe necessario un team di
architetti di edifici religiosi, di un pope ortodosso e di uno
storico dell'arte.
|
|
Troppi sono gli elementi da descrivere e la
competenza non è che si trovi al supermercato a prezzi stracciati. Dico una sola cosa per tutte: la porta
d'entrata nella cattedrale ha qualcosa come sette livelli di profondità con sette
disegni differenti.
|
Sono le 12.30 e il richiamo del mio
status di turista mi impone un obbligo: fra una ventina di minuti c'è il cambio
della guardia che è un avvenimento che esiste com'è noto in tutte le capitali del mondo. Prima
però ho il tempo per osservare attentamente la statua del Maresciallo Georgij Konstantinovič Žukov,
comandante in capo delle forze sovietiche dell'Armata Rossa ovvero
l'eroe che permise la liberazione del territorio dell'Unione Sovietica
occupato dalla Wehrmacht tedesca, oltre che conquistatore della
capitale tedesca, Berlino e la fine del Terzo Reich di Hitler.
Mica bruscolini. Questo Signore fu uno dei pezzi da Novanta dell'ex URSS (CCCP).
Pochi minuti dopo mi trasferisco presso l'«Altare della Patria» russo.
Ci sono due sentinelle in piedi vicino alle loro garitte che aspettano il cambio.
Alle 13 in punto arrivano, dal fondo dei Giardini di Alessandro, due militari
scortati da un ufficiale. I turisti sono scatenati. Sono in fibrillazione perchè
non vogliono assolutamente perdere l'istante della foto e si accalcano davanti al
gradino della piazzetta. Rifletto sulla scena che i miei occhi
vedono davanti a me. Mi convinco sempre più dell'enorme valore che
svolge il turismo in relazione alla pace nel mondo. Quasi certamente è
il massimo antitodo e deterrente dei movimenti pro-guerra. |
 |
Lo slancio della folla a cogliere l'attimo
di un evento locale come è quello del cambio della guardia è uno dei
momenti più belli che caratterizza il vedere per le strade della propria
città persone di cultura e lingua diversa accalcarsi e disperdersi nelle
strade. I gesti del turista sono il massimo distillato dei portatori di
pace, di coloro che vivono un'esperienza basata sull'assenza di
conflitti, di serenità, di comportamenti di sobrietà, armonia,
concordia, tutti portatori di pace, addirittura di amore, che superano
le barriere delle lingue, delle razze e delle religioni. Penso che basterebbero solo
queste poche e banali osservazioni per dichiarare il "turista" persona
grata anzi gratissima ovunque, sacra, inviolabile, intoccabile e in ultima
istanza da difendere. |
|
Tutto il contrario dell'idea che il turista
deve essere considerato il bersaglio del terrorismo e il principale
obiettivo delle cause terroristiche. Tunisi docet. E poi ai
governi non
costa nulla e permette di introitare denaro dai pagamenti dei
turisti negli alberghi, ristoranti e nello shopping. Cosa si vuole di
più? Persino la tetragona Russia e la rigorosa Mosca hanno accettato
questo business che funziona nell'interesse di tutti.
Difficilmente si potrà ritornare alla situazione di prima, quando
entrare in Russia era veramente difficile e complicato. Ormai il "dado è
tratto", l'irreversibilità garantita e il turismo moscovita è diventato inarrestabile per la gioia di
tutti. L'ho subito notato da come all'aeroporto di Shemeretyevo mi hanno
licenziato al check di controllo dei passaporti. Decenni fa, a
sentire altri viaggiatori, era una
processione infinita, con attese snervanti e controlli eccessivi. Ieri
pomeriggio al mio arrivo invece procedura velocissima. Qualcosa è
cambiato e mi rallegro in meglio. Il prossimo obiettivo è la piazza del
teatro Bolshoj e subito dopo la Lubianka con una visita alla libreria
internazionale. |
 |
La fine della ulitsa Mokhovaya
coincide con l'innesto nel Teatral'nyj proezd, che avevo
visitato superficialmente due giorni fa. In Teatralnaya ploshchad'
c'è una bellissima piazza, molto spaziosa in cui c'è il Monumento a
Karl Marx. Solo un turista sprovveduto può far finta di niente e
sottovalutare questo blocco di pietra che fece rinascere la Russia
dopo l'era degli Zar con l'avvento del Regime sovietico. Alla base
del monumento c'è scritto Пролетарии всех стран
соединяйтесь, cioè
proletari di tutti i paesi unitevi. Niente male come sintesi.
Purtroppo, sappiamo come andò a finire la storia. Da notare sullo
sfondo della foto l'Hotel Metropole con il suo logo di due
spighe di grano e con la H dorata al centro. |
|
Avevo ipotizzato di prendere di pomeriggio
il the all'interno dell'ottima sala da the che l'albergo propone ai
visitatori. Non so se riuscirò a mantenere l'impegno. Qui il tempo vola
con una rapidità sorprendente e i sei giorni di visita turistica stanno
volatilizzandosi ad una velocità che mi ricorda il processo di
evaporazione della vodka contenuta in una bottiglia lasciata col tappo
aperto. Il Большой театр è sempre lì che mi guarda con severità
attraverso le sue maestose colonne chiare per ricordarmi che esiste e mi
aspetta. Percorro la Teatralnaya per intero. Piazza Teatral'naja
mi ricorda un passo dei Racconti Fantastici di Michail Bulgakov nel
racconto Uova fatali che desidero proporre per verificare alcune
coincidenze. Il passo è all'inizio del paragrafo 6 intitolato Mosca
nel giugno del 1928. «Sfolgorava di luci che danzavano, si
spegnavano e si riaccendevano. In piazza Teatral'naja vorticavano i
fanali bianchi degli autobus, le luci verdi dei tram;[...] Nel
giardinetto di fronte al teatro Bol'šoj, dove di notte zampillava una
variopinta fontana, girellava una folla chiassosa. E sopra il
teatro Bol'šoj un gigantesco megafono urlava: "le vaccinazioni delle
galline all'istituto di veterinaria Lefort hanno dato brillanti
risultati. Il numero .... delle morti di galline con oggi è diminuito
della metà ...[...] Le vie Teatral'naja e la Lubjanka rilucevano di
strisce bianche e viola, sprizzavano raggi, erano invase da ululati di
segnali e da turbini di polvere». In primo luogo la descrizione di Mosca
di Bulgakov si riferisce al mese di giugno, lo stesso di quello in cui
attualmente io sto visitando Mosca. In secondo luogo la descrizione dei
luoghi è praticamente la stessa di quella che sto vedendo io in questo
momento. L'unica differenza è che nel 1928 era di sera mentre adesso è
giorno pieno. I luoghi sono gli stessi. Nei racconti sono descritti
praticamente quasi tutte le strade che ho percorso a Mosca finora. Via Tverskaia,
via Mochovaja, Ochotnyi rjad,
Volchonka, piazza Teatral'naja, Neglinnaya , Lubjanka, Galleria Tret'jakov
e tante altre che è faticoso riportare. Quando arrivo nella
piazza della Лубянка (Lubianka) mi sposto dalla parte
dell'edificio dell'ex КГБ per due ragioni. La prima è che voglio
toccare con mano questo edificio. E in secondo luogo perchè voglio
vedere la figura di Andropov sul muro. Chi conosce un po' di storia
dell'ex Urss capirà. C'è anche un terzo motivo perchè da quella parte
della piazza si trova una delle più famose librerie russe: la
Библио-Глобус, cioè la Biblio-Globus, che si trova in ул.
Мясницкая, ovvero in Myasnitskaya ulitsa. Entro e trascorro circa un
quarto d'ora a perdermi nei vari piani, tra i vari settori del sapere
che la libreria propone. Una particolare attenzione la riservo al
settore arabo che mi interessa perchè lo sto studiando. Bella questa
libreria. Capisco cosa voglia dire questo luogo nello spazio moscovita
per chi è interessato alla lingua russa. Comincia ad essere tardi e il
desiderio di mangiare un'altra zuppa di Borsch si fa sempre più intenso.
So che da queste parti c'è un ristorante chiamato Yolki Palki. Sveltisco
il passo. Chiedo a una gentile passante dove si trovi e vengo a sapere
che ha chiuso l'attività da più di sei mesi. Rapido
cambiamento di destinazione e mi muovo per un altro ristorante che fa
parte di un'altra catena di locali sparsi ovunque qui a Mosca. Si chiama Mu Mu
e il simbolo è una mucca. |
 |
Il ristorante è in
realtà un self service. Prima si vedono gli antipasti freddi.
Successivamente si passa alle zuppe calde, subito dopo ai secondi di
carne e di pesce e infine i dessert e frutta. La mia scelta va
a una zuppa di Borsh, funghetti, purè di patate e insalata di fagioli misti;
da bere birra locale. Per quanto riguarda il borsch più di una volta
ho sostenuto l'idea che la gastronomia russa è di cucchiaio
piuttosto che di forchetta. Ciò significa che i russi (e me) non
possiamo fare a meno di questa portata di origini contadine ma di
estremo gusto che sazia e fornisce una considerevole quantità di
sostanze nutrienti. |
|
L'aspetto che maggiormente mi colpisce è che
è molto gustosa, è di un rosso che più rosso non può essere e che nel
gusto è diverso di quello che ho mangiato al ristorante Puskin. Come
mai? Chi sa cucinare sa che basta poco per cambiare sapore a una
pietanza. Un poì di sale in più, un po' di farina aggiunta, un tipo di
carne differente, un concentrato di pomodoro di meno possono cambiare
profondamente il sapore e il gusto. Tanto per essere chiari prima di
partire per Mosca a Roma ho voluto fare una indagine nei pochi
ristoranti russi o ucraini presenti nella capitale italiana sugli
ingredienti adoperati. Anzi in un solo caso sono andato di persona per
parlare con lo chef della pietanza russa, dei suoi ingredienti e delle
modalità di cucinarlo. Notata la diffidenza a parlare dei loro segreti
ho detto chiaramente che volevo assaggiare la pietanza nella versione
russa. Ho notato un netto rifiuto probabilmente perchè il cuoco era
ucraino. Così il Borsč l'ho preparato io, personalmente con le mie mani. Il
risultato non mi ha soddisfatto, sia perchè le modalità di cottura sono
variegate nelle ricette lette, sia perchè non si ha nessun protocollo
chiaro sugli ingredienti. Ho letto che per la visita a Mosca della
Regina Elisabetta c'è stato un parapiglia per decidere quale chef russo
avrebbe dovuto preparare la pietanza da far assaggiare al palato regale di Sua
Maestà Britannica la Regina Elisabetta di Inghilterra. A momenti stavano
per sfidarsi a duello alcuni dei più famosi cuochi moscoviti.
Concretamente ecco la ricetta che ho seguito io. |
 |
Ingredienti: carne di manzo, di vitella e di
maiale, carote, patate, cavolo bianco, cipolla, pomodoro e
concentrato di pomodoro, barbabietola rossa, aceto, prezzemolo,
foglie di alloro, aglio e sale q.b. e dulcis in fundo panna
acida. Preparazione: lavare tutti gli ortaggi e tagliarli a listarelle
sottili. In
padella mettere l'olio e friggere la cipolla per farla imbiondire;
aggiungere carote e barbabietola a pezzetti, friggere per 10 min a
fuoco medio; aggiungere i pomodori, il concentrato se c'è e friggere
per altri 5 min. |
Preparazione. In una pentola mettere la carne e le foglie
di alloro con 1 litro acqua. Quando bolle tenerla per circa 30-40 min; mettere il
cavolo e bollire per altri 10 min, poi le patate e bollire per altri
5 min. Infine, aggiungere tutti i vegetali fritti e bollire il tutto
per altri 10 min; aggiungere l'aglio sminuzzato a sottili fettine e
il prezzemolo. Spegnere il fuoco e far riposare il tutto per 10 min.
Servirlo con panna acida. Il risultato è nella foto di destra che risale al 22 aprile
scorso. Quella di sinistra con il cucchiaio di legno classico russo, l'ho trovata in rete su un sito russo. A
prima vista quello russo colpisce di più perchè è decisamente rosso. Sicuramente dipende
dall'uso del concentrato di pomodoro che io non avevo. Per il resto
si può associare alla ricetta russa un più marcato sapore di zuppa,
mentre alla ricetta romana si può associare l'idea di qualcosa di
più insipido, di sapore meno marcato e più tendente allo spezzatino
che a una zuppa vera e propria. |
 |
Concludo che il borsch di MuMu è
veramente squisito, tanto che ho deciso di ritornare domani qui
nello stesso posto e fare il bis. E non solo per la zuppa. Anzi,
volendo essere più precisi le motivazioni di un ritorno domani sono
dovute più per il piatto di funghi che del borsch. Un pentolino pieno, colmo oltre l'orlo, di
funghetti cotti al forno. Una vera e propria leccornia. Sapevo che i
funghi in Russia sono un elemento centrale della gastronomia russa. Ma
non credevo che fossero così gustosi fino a questo punto. Come non
pensare al solito Gogol che, nelle Anime morte, descrive
questa pietanza come una vera e propria prelibatezza. |
Nel mentre Čičikov, nel
secondo capitolo del primo volume, scriveva sotto dettatura di Natas'ja
Petrovna i nomi dei contadini morti negli anni successivi all'ultimo
censimento: «[...] sentì un allettante profumo di qualcosa di caldo col
burro. "Prego umilmente di mangiare qualcosa" disse la padrona di
casa. Čičikov gettò un'occhiata e vide che sul tavolo c'erano già dei
funghetti, dei pasticcini, delle tortine, dei pasticcetti, delle
frittate, delle frittelle, delle focacce con tutti i tipi di ripieni
[...]».
Mentre nel capitolo primo del secondo volume, scrive: «Da una parte
metti le guance dello storione e la schiena, dall'altra della polentina
di grano saraceno con i funghetti e la cipolla, e del latte dolce, e il
cervello [...] e come contorno allo storione mettici delle stelline di
barbabietola, e degli argentini, e dei funghetti prugnoli, e poi, sai,
qualche rapa, e carotine, e fagiolini, e ancora un po' di questo e un
po' di quello, perchè il contorno sia vario, e abbondante[...]».
Come si nota Gogol nomina i funghetti per ben tre volte in posti diversi
del suo romanzo,
segno questo che forse li apprezzava molto. In particolare chiarisce
anche che i funghetti erano "prugnoli". Questo tipo di fungo è uno dei
più prelibati e si coglie già in primavera fino alla tarda estate. In
Italia abbonda in Toscana col l'avvertenza di prepararli come condimento di
tagliatelle o fettuccine e non come contorno.
La pietanza di funghi che ho
mangiato io ha
come ingredienti formaggio, panna acida, olio di girasole e salsa
besciamella, zuppa di funghi, cipolla e latte. Viene servita come dicevo
prima in un pentolino
col manico lungo
che è stato messo nel forno e presenta in superficie una appetitosa
crosta dorata, composta dalla salsa di formaggio fuso con besciamella
mentre all'interno i funghetti sono stati tagliati in sottili strisce in
modo da amalgamare il tutto perfettamente con tutti gli ingredienti.
Però, questi moscoviti. Chi l'avrebbe mai detto che sono degli
specialisti in questo settore. Il ristorante si trova di fronte alla
Banca di Mosca, in Рождественка ул., д. 5/7 стр. 2, Москва. Prima
di chiudere queste considerazioni relative al pranzo, nel paragrafo 3 del
racconto Cuore di cane, Bulgakov fa dire a Filipp Filippovič:
«Quello del mangiare, Ivan Arnoldovič, è un'arte sopraffina. Si deve
saper mangiare e invece pensate un po', la maggior parte degli uomini
non lo sa fare affatto. E non si deve soltanto sapere che cosa mangiare,
ma quando e come. Filipp
Filippovič agitò il cucchiaio con aria significativa: E si deve anche
sapere di che cosa parlare mentre si mangia. Proprio così. Se avete cara
la vostra digestione, eccovi un buon consiglio: durante il pranzo
non parlate nè di bolscevismo, nè di medicina».
Capito? Non mi rimane che fare una
passeggiata digestiva è veramente necessaria.
Decido come ultimo target di prendere la
metro e andare a vedere la fermata Kievskaya. Perchè? Dicono che
sia se non la migliore artisticamente parlando, sicuramente una
delle meglio arredate dell'intera metropolitana di Mosca e vale pertanto
la pena di andare a vederla. Tutto sommato si tratta di allungare
di una fermata il tragitto del ritorno. |
 |
Bene eccomi a Киевская. Questa
fermata è una stazione della linea color marrone, chiamata Kol'cevaja, la
famosa linea circolare della Metropolitana di Mosca. Mi ricordo di averla presa
il pomeriggio del giorno dell'arrivo a Mosca quando dalla fermata Bieloruskaia sono andato alla
Kurskaya. Prende il nome dalla vicina stazione ferroviaria Kievskij
esattamente come Bieloruskaia prende il nome dalla vicina stazione
ferroviaria Bieloruskij. Nel lungo androne della fermata, intitolata
alla ex-capitale russa del medioevo Kiev, in effetti tutto è
spettacolare. Dai mosaici ai piloni di marmo bianco, dagli archi tra i
piloni alla originale e unica greca in porcellana e persino il ritratto
di Lenin in alto nella foto alle mie spalle è meno arcigno del solito.
La gente è numerosa e ci sono molti gruppi di turisti di tutte le
parti del mondo. Vedo una guida con la bandierina cinese. |
E' difficile vedere turisti orientali che
viaggiano da soli. In genere sono in gruppo. Qui poi di gruppi se ne vedono tanti. Quello
che mi colpisce è che tanta gente che affolla la metro non fa
chiasso. A Roma a quest'ora gli schiamazzi sarebbero stati
all'ordine del giorno. Non si sentono grida, urla, esibizionismi,
trasgressioni. Tutto è ordinato. Un'altra lezione di grande
civiltà che a Roma non conoscono. Valeva la pena fare questa
deviazione. La metro moscovita meritava attenzione. Si ritorna a Partizanskaya.
La stanchezza si fa sentire e a cena di nuovo borsch con panna acida
(meno buono dei precedenti), cetriolini, rafano, pesce al forno,
snitzel alla viennese (non me la sento di chiamarla
cotoletta alla milanese perchè c'è molto poco di italiano e assai di
orientale) e il solito bicchiere di acqua.
Domani è un altro giorno. |
Quinto giorno
Martedì 9 giugno. Sono le 9.30 del mattino quando arrivo alla
fermata della metro Kropotkinskaya. A due passi ritrovo per la seconda
volta la Cattedrale del Cristo Salvatore. Le 4+1 cupole dorate della
cattedrale splendono sotto un cielo di un azzurro esagerato. Penso che
mai come questa volta sono stato fortunato col tempo meteorologico.
C'è un pullman di turisti fermo al bordo della strada, segno che questa
volta ci siamo. C'è da attendere perchè apre alle 10. Ci sono
altri turisti ma non siamo in molti. Durante l'attesa mi guardo
intorno e vedo la via Volkhonka nella quale mi trovo in questo momento e
mi viene in mente quello che successe qui, proprio dove mi trovo io, nel
1898. Simonetta Pelusi scrive a questo proposito: «Mosca agosto 1898. E’
il 17 del mese e […] vicino alla chiesa di Cristo Salvatore sulla
Volkhonka, si nota quel giorno un’insolita animazione. Professori e
studenti dell’università moscovita, artisti, giovani signore
dell’Istituto Marinsky, ufficiali dell’esercito, membri della Duma,
aristocratici e borghesi […] in attesa che arrivi la famiglia imperiale.
Che cosa ci faceva lì riunito a metà agosto il fior fiore dell’intellighenzia
moscovita? Stava aspettando che lo zar Alessandro III Romanov giungesse
a presiedere la cerimonia di fondazione di un museo nuovo di zecca
destinato a portare il suo nome : il Museo di belle Arti Alessandro
III. […] Scoppia la Rivoluzione d’Ottobre, si chiudono le frontiere,
i patrimoni privati vengono nazionalizzati e… il Museo Alessandro III
cambia nome : d’ora in poi sarà il Museo Puškin di Mosca, in
onore del poeta ucciso in duello cent’anni prima». Spiegazione asettica
ma accurata e completa. Questo passo è presente nella prefazione del
libro «I grandi musei. Mosca Puškin, della casa editrice
Mondadori Electa, Milano, 2005 ». Lo riporto brevemente perché se non
fossi andato a Mosca sarei rimasto con un’immagine distorta della città,
dei musei e soprattutto della sua storia. Il motivo è che da giovane
ascoltai il racconto fattomi da uno studioso della lingua russa che mi
ripeté più volte la storiella del ministro della pubblica istruzione
russa che va dallo Zar a chiedere di dare, nella formazione liceale, più
importanza allo studio della geometria razionale. Lo Zar ci pensò su un
poco e poi sentenziò: “si, aumentiamo il numero delle ore di
insegnamento della geometria … purché i teoremi siano studiati senza
dimostrazione”. Questa storiella mi diede la falsa convinzione dello
studio superficiale delle scienze nell’età della Russia imperiale. Le
cose non sono andate così e ne prendo atto a maggior ragione adesso dal
convincimento che l’episodio è in realtà un aneddoto e che la verità sta
nella grande tradizione culturale di questo grande paese che è riuscito
tra l'altro a fornire all’umanità splendidi esempi di cultura museale. Entro nel museo, supero il check
in e faccio il biglietto pagando 300 rubli. L'addetta al controllo
mi richiama perchè vuole che io depositi il mio giaccone al
guardaroba. Mi oppongo perchè posso raffreddarmi e ottengo il
permesso di portarlo con me. Anche in questo museo è permesso
fare fotografie. Le prime sale presentano una miscellanea di
artisti europei di tutte le nazioni. Ci sono quadri dipinti da
svizzeri, tedeschi e persino polacchi. Al centro della loro
attenzione ci sono pochi ma importanti motivi che riguardano la
vita quotidiana dei soggetti, notoriamente persone benestanti.
Si va da una esagerata abbondanza di carne (selvaggina, cigni,
galline, conigli, cinghiali, e addirittura di agnelli e
caprioli appesi a ganci) a una altrettanto copiosità di pesci di
molte specie sparsi su un tavolo da cucina; da un tavolo
imbandito per la colazione con pane, pera, mela, limone e calici
di vino a un tripudio di frutta fresca di tutti i tipi.
L'altro grande tema della rassegna artistica tocca due temi
centrali: ritratti di padroni in abito da cerimonia, donne di
casa e familiari in posa con vestiti di alto livello a nudità di
donne formose che mostrano seni e corpi opulenti e ritratti di
vicende poco piacevoli della vita. Questo ultimo aspetto mi interessa
molto e seguo alcuni percorsi che mettono in risalto il pensiero e le
idee degli artisti. Si va dalla morte in rigoroso abbigliamento
scheletrico, senza falce e mantello, che si presenta a signorotti
malconci in fin di vita a due scaltri e libertini vecchi in atto di
convincere una giovane donna a spogliarsi; dall'età che incalza
irreversibilmente una donna anziana
davanti allo specchio che accentua l'avvicinarsi del fine vita a
raffigurazioni religiose e mistiche di molteplici vicende storiche. Sulla tela raffigurante una
vecchia che si specchia desidererei dire
qualcosa perchè l'Autore è un italiano: si chiama Bernardo Strozzi,
genovese, e il
titolo dell'opera è Vanitas, cioè La vanità, in russo
Аллегория Бренности. |
 |
Il tema è la fugacità e
l'inconsistenza della vita. L'idea dell'opera ha probabilmente cause
letterarie. Infatti, nella città di Venezia nel '600 il tema
della vanità costituiva motivo di interesse nel mondo
letterario. Esiste un poema, di un anonimo del 1620, che
descrive una donna seduta allo specchio della toeletta con
questi versi: "Misera donna hor come puoi mirare / Delle
bellezze tue l'altre rovine. / Fuggi fuggi gli specchi, e
non curare / Rendere al volto tuo porpore, e brine". Lascio parlare di nuovo Simonetta Pelusi, che
giustifica i tratti di quest'opera con le seguenti parole. «La vanità
di Bernardo Strozzi si incarna nelle vesti di una donna vecchia e brutta
che si specchia nella toeletta: il riflesso evanescente nello specchio è
una metafora della vana apparenza e della caducità dei beni terreni.
L'ambivalenza dello specchio e la molteplicità dei suoi significati,
strettamente connessi a quelli della piuma, dei gioielli, delle ampolle
di profumo e dei fiori recisi, trova qui una dimostrazione
nell'atteggiamento patetico della donna, molto in avanti con gli anni,
eppure tutta dedita all'acconciatura e alla cura di sè. Lo sguardo
rivolto al riflesso sembra fissare per un istante l'immagine
di un tempo che non c'è più, del quale resta soltanto un
lontano ricordo». |
|
|
|
E' incredibile quante siano le possibilità
di riflettere sulle vicende della vita e della morte frequentando musei
e gallerie pieni di eccellenti quadri di artisti di alto livello. Si
passa successivamente alla prossima sezione che riguarda copie di
sculture greche e romane, per finire con l'arte rinascimentale italiana.
Praticamente quasi tutte le più importanti sculture prodotte dagli
artisti europei sono state qui riprodotte fedelmente. Ci sono anche
quadri che rappresentano luoghi famosi della pittura italiana come la
laguna veneziana, la fontana di Trevi, etc. I pezzi forti sono comunque
artisti di grande fama e bravura. |
 |
Si va da Èdouard Manet,
“Ritratto di Antonin Proust” a George Braque “Il castello di La
Roche-Guyon”, da Pablo Picasso “Casa nel giardino” , “Arlecchino e la
sua amica”, “La spagnola di Maiorca”, “Acrobata e giovane equilibrista”
, “Regina Isabeau”, “Dama col ventaglio“ al Perugino “Madonna con
bambino”, dal Botticelli “Angelo annunciante” a Pieter Paul Rubens
“Baccanale”, da Bernardo Strozzi “Vanitas” a Rembrandt “Assuero e Aman
al banchetto di Ester”, da Giandomenico Tiepolo “Il ritorno del figliuol
prodigo” a Jacques-Louis David “Il dolore di Andromaca”, da Claude Monet
“Colazione sull’erba”, “Boulevard des Capucines” , “La cattedrale di
Rouen al tramonto” , “Ninfee, armonia bianca” , “Veduta di Vétheuil” e
“Gabbiani. Il Tamigi il Parlamento” a Edgar Degas “Ballerina dal
fotografo” , “Ballerine blu”, da Auguste Renoir “Nuda” , “Sotto gli
alberi al Moulin de la Galette” e “Ritratto di Jeanne Samarya”, da Paul
Cézanne “Autoritratto” , “Mardi gras” , “Mont Saint-Victoire” , “Il
fumatore di pipa” e “Pesche e pere”, a Claude Monet “Scogli a belle-Île”
e “La scogliera di Etretat”, da Vincent van Gogh “Vigna rossa ad Arles”
, “Ritratto del dottor Felix Rey” e “La ronda dei carcerati” a Paul
Gauguin “Autoritratto”, da Camille Pissarro “Avenue de l’Opera” a Jean
François Raffaëlli “Boulevard Saint-Michel”, da Vasilij kandiskij
“Improvvisazione” a Henri Matisse “Atelier rose”, “Pesci rossi” e
“Nasturzi e La danza”, da Maurice Utrillo “Rue de Mont-Cenis” a Carlo
Carrà “Composizione con testa”, e altri. |
|
Esco dal Museo un po'
disorientato perchè mi ci vorrebbe almeno un'altra giornata per vederli
tutti. Ci rinuncio
perchè desidero camminare e rifare il solito percorso Piazza Rossa,
Teatro Bolshoj e viceversa. Nella Piazza Rossa, vicino a S. Basilio,
compare un enorme palco metallico montato vuol dire in fretta e furia
che deturpa in modo inaccettabile la piazza. Ora capisco lo strano
movimento di operai di sabato scorso. Stanno costruendo un padiglione
che produrrà la festa del libro, una rassegna culturale in favore delle
biblioteche pubbliche. Non mi sazierei mai di queste passeggiate
anche se sono le stesse. In verità a me sembra di vederle per la
prima volta nello splendore delle loro bellezze architettoniche. Il regista
italiano Paolo Sorrentino nel 2013 ha prodotto il film La grande
bellezza perchè ha messo al centro del suo interesse cinematografico
la città di Roma. A mio parere anche Mosca con un regista in gamba
potrebbe ambire a vedere realizzato un film relativo alla bellezza della
città. Con una differenza non piccola: che qui a Mosca la città è
pulita, i servizi funzionano alla grande e in più non si temono
fregature come invece è possibile subirle a Roma tanto che il regista
per fare il film lo ha girato interamente di notte. All'ora di pranzo
ritorno nello stesso ristorante di ieri della mucca Mu Mu. Prendo di
nuovo borsč con panna acida, pentolino di funghetti al forno, vegetali
cotti al vapore e un boccale di kvas scuro. Cose da non credere quanto è
gustoso mangiare in questo self service. Nonostante la presenza di
alcune nuvole c'è caldo e il cibo mi ha fatto venire sete. Uscito dal
ristorante entro in un
locale, che scimmiotta un pub irlandese, per bere una dissetante birra
olandese Heinecken. A questo punto ritorno nella Piazza Rossa per un
ultimo saluto. Ho in mente di fare una visitina dall'altra parte del
fiume. Il ponte sulla Moscova mi attende. Il passaggio dal ponte Москва, sul fiume
Moscova, nella Bolotnaya ulitsa che poi, proseguendo oltre il canale
Vodootvodny, diventa ulitsa Bolshaya Ordynka, mi ricorda un passo di un
racconto di Tolstoj, dal titolo La morte di Ivan Il'ič (in russo
Смерть Ивана Ильича e traslitterato in Smert' Ivana Il'iča). Si trova
all'inizio, nella seconda pagina del racconto, nell'edizione Oscar
Mondadori quando Fedor Vasil'evic parlando con Petr Ivanovic dice che
abita tremendamente lontano per andare al funerale. «Lontano da dove
state voi, vorrete dire. Da dove state voi è tutto lontano».
«Non si può proprio perdonare di abitare di là dal fiume disse Petr
Ivanovic, sorridendo. E cominciarono a parlare di grandi distanze della
città e tornarono all'udienza».
Dunque, quando Tolstoj pubblicò questo straordinario e prezioso racconto era il
1886 e abitare "al di là" del fiume era considerato vivere lontano dal
centro città. Sembra che il fiume Moscova fungesse da spartitraffico
divisorio: da una parte si è in centro, dall'altra si è in
periferia. In verità, camminando in direzione della Galleria Tretjakof come sto facendo io in questo momento, e quindi allontanandomi da S.
Basilio e dal Cremlino, si ha la sensazione di allontanarsi dal centro
per godere di maggiore tranquillità. Almeno io provo questa sensazione.
In un certo senso è come se a Roma oltrepassassi il Tevere
allontanandomi dal centro (Via del Corso, Via Veneto, Colosseo, Piazza
di Spagna, e andassi verso il quartiere Trastevere ad ovest nella
capitale. Queste similitudini tra strade e quartieri di Mosca e di Roma
mi attraversano spesso il cervello quando mi trovo in una città
straniera. Oggi, quinto e penultimo giorno a Mosca provo la
sensazione che camminare per le strade della capitale russa è come se
fossi a casa mia, nella mia città. Tutto è diventato facile:
l'orientamento, la localizzazione dei quartieri, le direzioni dei posti turistici più
importanti, etc. Mi dispiace che domani debba partire. Mi sarebbe piaciuto
prolungare la visita anche perchè molti obiettivi che mi ero proposto di
vedere non li ho potuti realizzare.
|
 |
Il tempo stringe e
aumento il passo per la fermata della metro Tretyakovskaya. Ho intenzione di sedermi in qualche
piazzetta tranquilla lì vicino e godermi il silenzio di questa parte della città.
Mentre sono sul ponte sotto di me passa lungo il fiume un vaporetto.
Saluto con la mano i viaggiatori sul ponte che mi rispondono
immediatamente agitando il braccio. Che belle sensazioni. Vicino alla
fermata della metro Tretyakovskaya c'è una piccola piazza che mi
invita a sedermi. La piazzetta non ha nulla di speciale. È anonima,
semplice ma autentica. Alcune panchine sono al sole, altre
all'ombra. Quelle all'ombra sono tutte occupate da una varietà
eterogenea di gente di tutti i tipi. |
|
Ci sono pensionati, giovani, impiegati di
qualche ufficio in zona, mamme con i loro bambini e anche un barbone. Decido
di rimanere qui per un po' a distendermi e rilassarmi. Dopo una giornata
intensa come quella di oggi avverto la necessità di fermarmi e
riflettere. Osservo la gente che va e che viene uno ad uno. Guardo il
loro abbigliamento, i loro visi e penso a cosa stiano pensando in questo
momento. Nel centro della piazzetta c'è un giovane con una chitarra. Non
suona. Forse è ancora presto per iniziare la sua performance. Da
una parte della piazza c'è un locale McDonald's con l'insegna gialla in
cui entrano ed escono clienti interessati. Di fronte alla mia panchina,
ancora assolata ma con un po' d'ombra che comincia a ingrandirsi, c'è un
signore anziano che è intento con una lente di ingrandimento a leggere il
display del suo vecchio cellulare. Più in là un altro signore legge un
quotidiano. Un altro è assorto nei suoi pensieri. Più lontano su
un'altra panchina sono seduti un giovane e una ragazza. Lui deve essere
un impiegato perchè ha il pantalone nero e la camicia bianca da ufficio.
Lei è rotondetta e vestita di nero. Porta le ballerine ma con le sue
rotondità fa perdere l'effetto che le sue scarpette avrebbero dovuto darle e
le stonano parecchio. Dopo poco tempo lei estrae dalla borsa un panino e lo
addenta con decisione. Si guardano negli occhi con intensità e
complicità. Si vede bene che sono innamorati. E a proposito di
innamoramento, quello mio nei confronti della capitale russa, mi viene
in mente un brevissimo passo della novella di Aleksandr Sergeevič Puškin
dal titolo La tormenta (Метель). Ebbene, in questo brevissimo
capolavoro di realismo Puškin presenta semplici figure dai sentimenti
autentici attribuendo al protagonista - colonnello ferito degli Ussari
Burmin alias Vladimir Nikolaevič - in italiano nel testo la seguente
frase: «Se amor non è che è dunque»?
Si tratta della citazione di un verso dell'ottantottesimo sonetto del
Canzoniere di Petrarca. Evidentemente il periodo romantico fa
sentire i suoi effetti sia sulla coppia protagonista puskiniana Mar'ja
Gavrilovna-Burmin, sia sulla coppia di giovani nella piazzetta e
sia, infine, su di me che associo piacevolmente il verso
petrarchesco con la realtà circostante. Più in là si vede un
giardiniere che pulisce le aiuole mentre un impiegato della nettezza
urbana vuota i cestini dei rifiuti. Scene di normalità che ai miei occhi assumono
il senso di una dimensione di grande civiltà. Osservo altre persone e
noto in tutto l'ambiente circostante una grande semplicità di stile e di
vita. Nonostante la presenza di molte persone variegate di tutte le età
c'è molta discrezione e in certi momenti anche silenzio. Non mi alzerei
dalla panchina neanche per tutto l'oro del mondo. Mi piace osservare
tutto ciò che mi circonda. So perfettamente che tra qualche giorno
rientrando nel solito tran tran quotidiano romano perderò la magia
di questi momenti. Proprio per questo voglio
gustarmeli per intero. |
L'idea che esce fuori dai cinque giorni di permanenza finora trascorsi a Mosca è che la
capitale russa è una metropoli efficiente, moralmente integra, laboriosa, sicura
per turisti e cittadini, e fatto importante, presenta una offerta turistica
culturalmente valida fatta di
eccellente arte e ottimi percorsi cittadini. Il fatto poi che io insista nell'accoppiare offerta di
arte e cibo posso spiegarlo semplicemente affermando che da sempre
"pietanze e opere d'arte", nel senso più completo del termine, vanno a
braccetto. Potrei giocare con le parole e dire che le pietanze russe che
ho gustato finora sono opere d'arte. In verità, la cucina di un paese e
di una città ha sempre un forte legame con la tradizione e la cultura
del paese stesso. L'Italia ha molti difetti ma nel campo del cibo e
dell'arte è maestra. Qualcosa questo binomio di eccellenza vorrà pur
dire. Una delle trasmissioni più fortunate che ho visto in questi ultimi
anni in televisione si chiama proprio "I buongustai e l'arte", fortunato
legame tra il buongusto della tavola e l'arte pittorica e
architetturale. Un primo bilancio che posso stilare prima ancora di
tornare a Roma è che Mosca e i moscoviti mi piacciono molto. Mi piace la città e mi piacciono i suoi abitanti. Mi piace la
gente. Le persone sono discrete, composte, educate, pazienti, altruiste,
generose, pulite, civili. Mi piace la città così come si presenta nella
normalità. È accogliente, efficiente nei servizi e nei trasporti. I
poliziotti dono discreti ma ci sono e controllano anche se non danno
nell'occhio. Danno sicurezza. Non
ci sono nè cani nè ubriachi in giro. Almeno nel centro. Nelle strade e nelle piazze non ci
sono cartacce, cicche di sigarette o altro. I moscoviti altresì parlano
poco e sotto voce. Non gridano, né fanno confusione. In una parola sono
ammirevoli. |
 |
Rientro in albergo. La metro mi porta alla fermata Partizanskaya.
All'uscita osservo il solito panorama con i cinque grattacieli
altissimi che svettano nella tenuta dell'Izmailovo. Questa volta
però avverto una sensazione di
smobilitazione, segno che la partenza comincia a produrre il senso
dell'abbandono di un luogo piacevole. Il supermercato dove ho
comperato la vodka mi attira per comperare un po' di banane e delle
pesche. La cena incombe. Ecco il menù di questa sera: antipasto di aringhe marinate con cetriolini, costolette di maiale
con contorno di riso pilaf e mais, insalata russa, acqua minerale e
due fettine di pane bianco. La sera è arrivata e le luci di
Izmailovo danno un tocco di magia al panorama. |
|
|
|
Sesto
e ultimo giorno Mercoledì 10 giugno. Oggi si ritorna a casa a
Roma. La visita è terminata. Non c'è
la solita ansia del rientro per il semplice motivo che conosco
abbastanza bene il percorso da effettuare dall'albergo all'aeroporto Sheremetyevo:
è identico a quello dell'andata.
Partirò dall'hotel con abbondante anticipo. Il check out è
previsto per mezzogiorno. In più l'affidabilità del sistema dei
trasporti moscoviti non teme concorrenti al mondo. Strano viaggio questo
a Mosca. Invece di trovare confusione e incertezze nell'uso dei servizi
di trasporto come invece avviene a Roma, nella quale non c'è alcuna
garanzia di rispetto dei tempi di percorrenza mi convinco sempre di più
che Mosca costituisce un modello di organizzazione da invidiare. Ci sono
anche altre città in Europa che sono altrettanto ben organizzate? Si. Ci
sono senz'altro. Non l'ho mai escluso. Fatto sta che qui le cose
funzionano egregiamente e di scioperi più o meno selvaggi non se ne vede
nemmeno l'ombra. Per gente come me che prima di pretendere dagli altri
serietà e correttezza di comportamenti la pretende senza sconti da me stesso, osservare nei
servizi comportamenti a "misura di turista " nonché certezze di
spostamenti e rispetto dei tempi è fondamentale. Dunque, niente ansia da trasporto
ma consapevolezza di potersi spostare a Mosca adeguatamente sul piano
del rispetto degli orari. Non è poco per chi vive nella Città Eterna,
dove di eterno ci sono solo le "certezze delle incertezze". Non è uno
slogan ma la pura verità.
|
 |
Pertanto la strategia di viaggio prevede di
prendere la metro linea 3 colore blu fino a Piazza della Rivoluzione. Da
qui connessione con la linea 2 colore verde nella Arbatskva per
Bieloruskaya. Uscita dalla metro e girato l'angolo ecco il palazzo della
ferrovia dove c'è il terminal dell'Aeroexpress che mi porterà
direttamente senza fermate intermedie al Terminal D dell'aeroporto. Fin
dalla mattina cominciano a frullarmi in testa tante idee. Un primo
bilancio di questo viaggio; un attacco di nostalgia per ciò che sto per
lasciare; un giudizio interlocutorio pieno di mistero sui moscoviti,
impenetrabili nei loro comportamenti; insomma i normali pensieri di un
viaggiatore soddisfatto di avere avuto la possibilità di conoscere anche
se superficialmente un universo di vita che francamente mi ha sorpreso
positivamente. Controllo il mio
portafoglio per avere contezza della gestione finanziaria delle banconote
in rubli rimasti. Vediamo: ho 1500 rubli. Tolti 470 rub per il trenino
(per la metro ho ancora qualche corsa) mi rimangono 1000 rub in
contanti, cioè circa 20 euro con i quali potrò pranzare comodamente
all'aeroporto. In ogni
caso, in alternativa, avrò a disposizione la carta di credito o il
bancomat. Bene non mi rimane altro che fare la valigia ed effettuate il
check out
alle ore 12. Una piccola passeggiata nel complesso di Izmailovo può essere un interessante svago mattutino.
|
Ritorno a Roma consapevole più che mai della
bontà del mio progetto di "vedere e toccare con mano" la realtà di
questa grande città che è Mosca. Arrivederci e al prossimo viaggio a
Berna. |
Manuali
e guide di viaggio adoperate. |
Torna alla pagina
viaggi |