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Bruxelles
(13 Settembre - 16 settembre 2010) |
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Il mio
ventisettesimo e ultimo
viaggio nelle capitali dell'Unione Europea: Bruxelles.
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E con la capitale del Belgio sono ventisette. E’ fatta! Con quest’ultimo
viaggio termino il tour. Bruxelles (ovvero Brussels,
ovvero Brussel, ovvero Brüssel, ovvero Broucsella a seconda della lingua
e del tempo che determinano il modo di scrivere il nome della città) è
l’ultima tappa, la ventisettesima, con la quale concludo in bellezza il
mio progetto di visita alle ventisette capitali
dell’Unione Europea. Che dire come primo commento a caldo? Nonostante i
numerosi nomi diversi io, in questo blog, chiamerò la capitale belga, citata per la
prima volta nel 695 dall'Arcivescovo di Cambrai, semplicemente
Bruxelles. Non mi
vergogno di affermare che sono emozionato come uno scolaretto che ha
finito di fare la
sua prima gita fuori porta. |
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Con il mio arrivo nella città del fiume Senne interrato o, meglio, del
Manneken Pis, cioè della piccola statua in bronzo del 1619 di un
bambino che fa la pipì, che è il simbolo della città, sono colto da una
specie di turbamento, una sorta di miscela detonante di commozione e
orgoglio per essere riuscito nell’impresa che mi sono proposto di
realizzare nel lontano anno 2000, ben dieci anni fa, quando decisi
che un europeista convinto come me non poteva non visitare tutte,
ripeto, tutte le capitali dell'Unione Europea. A quel tempo le capitali
non erano ventisette ma molto meno, per cui la decisione di
visitarle tutte è stata facile da prendere. Il difficile è stato
confermare l'idea di visitarle tutte, compresa l'ultima "infornata" di
ben dieci capitali che hanno aderito tutte, in una sola volta.
Durante le ultime tappe, tuttavia, sono stato preso da
una specie di “sindrome da conclusione” e non vedevo l’ora di arrivare
alla fine del progetto. |
Una specie di Giro d’Italia o di Tour de
France se volete, in cui la tappa che più conta è l’ultima, ovvero
la cronometro individuale della municipalità belga che fa arrivare il
vincitore nella città organizzatrice della manifestazione. Allo stesso modo dopo dieci lunghi anni di
letture, di studi più o meno approfonditi, di consultazione di guide di
viaggio e di mappe geografiche (nel mio studio ho centinaia di guide e
mappe d’Europa), di tentativi malriusciti di studiare qualche grammatica
delle lingue, di spostamenti da una parte all’altra del continente
europeo, in aereo e in treno, sono arrivato finalmente all’ultima tappa di un "ciclismo" culturale che mi riempie di
gioia perché mi ha portato, oggi e alla fine dell'avventura, nella bellissima capitale dell’Unione
Europea. Adesso che ci sono arrivato e cammino nella
affollata Rue du
Marchè aux Herbes, sui ciottoli accidentati della
bella strada della Bruxelles antica che immette nelle viuzze laterali della straordinaria e
ineguagliabile Grand Place, definita da Victor Hugo la
piazza più bella d'Europa, sento di avere fatto qualche cosa di
veramente grande e speciale. In ogni caso considero il mio
progetto di visita alle città capitali dell'UE un’iniziativa di grande suggestione, ricca di fascino
culturale, forse anche un record, sicuramente una straordinaria
avventura, tutta vissuta tra le strade di ogni capitale dell’Unione.
Ribadisco, di tutte le capitali dell’UE, nessuna esclusa. Si tratta
della tipica sensazione di chi è consapevole di aver compiuto
un’impresa, ovvero qualcosa di grande, che arricchisce in
modo significativo, caratterizzando un altro ciclo della propria vita.
Sono, cioè, convinto che da domani non sarà più lo stesso. Così come
sono convinto che da domani comincerò a pensare al prossimo viaggio che,
anticipo sin da ora, sarà Belgrado. Aver concluso una sgobbata del
genere, anche se piacevole, da una parte è una liberazione, ma
dall’altra è autentica malinconia. E’ desiderio di voler fare ancora
altre tappe, è voglia di voler ancora continuare l’avventura.
Insomma, penso che sia necessario continuare e mi rifiuto di fermarmi
qui. Parodiando una celebre frase oso dire che “finire è come morire”.
Ed io non voglio finire perché non voglio ancora morire. E’ troppo
presto. Mi rimane la speranza che fra poco, forse un anno o più,
qualche altra nazione del continente europeo (in tutto sono 45) si
aggiunga alle ventisette e diventi la ventottesima o, ancora meglio, la
ventinovesima capitale della nuova UE. Islanda e Croazia sono in
dirittura d’arrivo per entrare nell’Unione e questo mi è di conforto,
perché se entreranno nell’UE le visiterò di sicuro, costi quel che
costi. Il progetto iniziale però, con questa tappa, si conclude
veramente qui, a Bruxelles, nella città del cioccolato, delle cozze e
delle birre. Questa ultima tappa è nella città capitale non solo del
Belgio ma dell'intera Unione Europea. Sì, il giro delle ventisette capitali
è stato bello e lo ricomincerei volentieri un’altra volta. Ma adesso
finisce, anche se in bellezza. Con l’esperienza di viaggio che ho
accumulato, forse se dovessi farlo di nuovo, lo farei in modo diverso, forse in modo più ragionato,
sicuramente non commetterei errori o inesattezze. Ricordo chiaramente che le prime tappe sono state effettuate con molta
superficialità, parecchia ingenuità e molta mancanza di consapevolezza. Tuttavia,
adesso mi sento bene. Mi sento soddisfatto di avere fatto questo
“giretto” tra il blu delle dodici stelle che costituiscono la bandiera
dell’Unione Europea. Certo, alcune città mi hanno emozionato più di
altre. Ed era scontato che fosse così. Ma la vera commozione, quella
interna a me stesso, che ho nascosto a tutti coloro che mi sono stati
vicini e lontani in questa avventura, l’ho provata quando sono
entrato nella sede dell'Unione Europea, nell’aula preposta ai lavori
comunitari. Commozione e felicità mi hanno avvolto in un unico afflato.
Sarò banale e noioso ma è stato bello! Mi rimangono due ricchezze. La
prima è una quantità enorme di ricordi, tutti splendidi, che
costituiscono un patrimonio di fatti e di vissuti che porterò sempre con
me. Avrò tempo per rielaborarli e riviverli adeguatamente in vecchiaia. La seconda è un interminabile numero di
libri di viaggio acquistati uno a uno, nel tempo, che costituiscono,
nella mia biblioteca, una prova tangibile di essere riuscito
nell’impresa. In questo momento che scrivo questo diario di
viaggio li ho sott’occhio e li guardo con nostalgia. Sono tanti, sono belli, sono vivi, sono
avvincenti, sono appassionanti, sono colorati, sono culturalmente
significativi. In quest'ultimo viaggio ho scattato cento foto che
mi serviranno da traccia in questo report. Finisco qui la premessa al
ventisettesimo e ultimo viaggio. E adesso vediamo di affrontare i particolari
della visita alla bellissima e splendida Bruxelles. Dico subito che la
visita è stata piacevole e interessante. Fin troppo. Anzi avrei dovuto
allungarla di più. Bruxelles ha molto fascino e offre molte cose da
vedere; forse troppe per una visita di appena quattro giorni. Avrei
dovuto rimanervi almeno una settimane ma non è stato possibile. Dunque,
dobbiamo discutere su ciò che è stato e non su ciò che avrei voluto che
fosse. |
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Primo
giorno.
Iniziamo dal viaggio aereo che mi ha portato
da Roma a Bruxelles. Intanto, per la seconda volta, l'aeroporto
romano di
partenza non è Roma-Fiumicino ma Roma-Ciampino come quando ho
affrontato il viaggio per Bratislava. Alle 8.15, arrivo all'aeroporto. Al gate
mi aspetta un aereo della Ryan Air delle 09.55 per Bruxelles. Il
biglietto è un biglietto elettronico che ho prenotato in Internet col
codice C46T4L al prezzo di 83,94 € andata e ritorno. L'aeroporto di Roma
Ciampino è piccolo e serve esclusivamente voli low cost. Per me
che abito a Roma Sud questo aeroporto è l'ideale. In breve tempo sono in
grado di partire da casa ed arrivare all'aeroporto in non più di 15
minuti. |
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Rapide formalità al check-in e alle 9.50 sono seduto comodamente
sull’aereo.
L'aeroporto di Ciampino sembra l'aeroporto
di una piccola cittadina di provincia. L'aria che si respira è
provinciale e, a parte pochi turisti stranieri, sembra di essere nel Centro
commerciale di un piccolo paese. Nulla a che vedere con gli aeroporti stranieri
che sono un modello di pulizia e di ordine. Qui prevalgono gli
atteggiamenti paesani, quasi da fiera turistica. Non c'è dove andare da
nessuna parte. L'interno dell'aeroporto è un piccolo salone, c'è un bar e
poi nulla. Desolante. In attesa del check-in misuro ripetutamente
le dimensioni del mio bagaglio a mano con il "volumometro" della Ryan
Air. Entro ed esco più volte la piccola valigia preoccupato che non
rimanga incastrata nei tubi della struttura metallica. Guai a presentarsi all'imbarco con un
trolley avente una massa gravitazionale maggiore di 10 kg. Si
rischia una cattiva figura. Penso che ci sarebbe la sgridata più severa
del mondo da parte del personale preposto al controllo. |
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Meglio non rischiare e seguire le direttive
alla lettera. Nella sala partenze siamo ammucchiati sui pochi posti
liberi dell'aerostazione. Siamo in troppi penso. Sono un po' preoccupato per la ressa. Ho prenotato il posto senza il supplemento
relativo all'imbarco prioritario e, vista la fila, penso che sarò tra gli ultimi a salire sull'aereo. Il
volo è l'FR6106 con partenza prevista tra qualche decina di
minuti del 13 Settembre 2010. Speriamo bene. Eccomi
ripreso con la macchina fotografica a bordo del vettore tra il giallo
del colore della tappezzeria Ryan Air e il blu dei sedili. Penso a questo viaggio con
grande contentezza. E' l'ultimo dei 27 viaggi e, dunque, il più bello. Forse
è come il
primo, quando sono andato a Londra. Che emozione atterrare a London Heathrow.
Lo stesso adesso. Arrivare a Bruxelles sarà per me un vero piacere. In
fondo in fondo vado a casa mia, nella capitale dell'Unione Europea,
della mia Europa. La guida di viaggio che ho in borsello è piena di
indicazioni che ho studiato a tavolino. |
Sarà un piacere seguire le tracce del
percorso che ho costruito in molti mesi di preparazione con guide e
mappe varie. Non faccio in tempo a pensare ai percorsi di viaggio che
l'aereo sta rullando sulla pista. Si parte in perfetto orario. L'arrivo a
Bruxelles Clarleroi è all'insegna dell'ansia perchè all'orario stabilito
in aeroporto, ore 12.00, per il trasferimento a Bruxelles non trovo alcuna
indicazione per il maxitaxi prenotato in internet di andata e ritorno. Si tratta di uno
shuttle bus che ho prenotato
con una carta di credito virtuale nel sito web
charleroitransfer.com al prezzo di 48,00 euro
tondi tondi per andata e
ritorno. Il trasferimento si chiama
BRUSSELS DOOR TO DOOR SHUTTLE.
Sulla mail di conferma si fa cenno ad un altro sito web,
www.airportways.com, nella quale trovo scritto che "In order to be able to provide
you the maximum comfort and quality, please read carefully the travel
conditions and useful hints below. We wish you a nice trip!". Visto
che il trasferimento dall'aeroporto al centro città è
tuttosommato andato bene, dimentico facilmente qualche piccolo disappunto
accadutomi
e per ora taccio sul resto. Avremo modo di parlarne in seguito. Anticipo
solo che il ritorno sarà molto diverso e più drammatico dell'andata. C'è
sempre qualche cosa fuori posto in questi viaggi. Noto altre persone che
aspettano insieme a me al meeting point, probabilmente perchè
devono prendere il mio stesso mezzo di locomozione. Alla fine non so
come, mi ritrovo che seguo un signore che senza farsi riconoscere mi indica di
seguirlo fuori. In un'area di parcheggio dell'aeroporto trovo uno shuttle
collettivo il cui conducente mi fa segno di salire. Ci sono altre due
persone che viaggeranno con me. Per l'intero viaggio nessuno parla con
un silenzio quasi tombale. La
loquacità non è il forte dei belgi, penso. Noto che il viaggio dura circa 50 minuti, correndo
sempre a velocità sostenuta. Segno che la distanza da Bruxelles
dell'aeroporto Charleroi non è come da casa mia a Ciampino ma
molto di più. Mi viene il desiderio di
memorizzare alcuni luoghi di transito sul percorso ma dopo un po' ci
rinuncio. Alla fine mi trovo depositato davanti
all'hotel, senza una sola parola di circostanza. Meglio non pensarci e
dico tra me "speriamo che al ritorno ci sia maggiore disponibilità e precisione da
parte della compagnia". Ho pagato ben 24 euro per fare 55 km. Un po'
troppi per i miei gusti. Ma questa volta non potevo fare diversamente. Per non diventare pessimista il primo giorno di
vacanza mi dico che essendo l'ultimo viaggio del mio tour si può anche
accettare. |
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L'albergo in cui ho pernottato durante i
quattro giorni è l'Hotel
Ibis Brussels off Gran Place (N50° 50' 48,36" E4° 21' 18,29"). Si
trova in posizione ideale, nel centro storico di Bruxelles, a circa 50
metri dalla Grand Place in Grasmarkt 100, Rue du Marché aux Herbes
100 e a poche decine di metri dalle Galeries St-Hubert. A destra la hall. |
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Piùprecisamente l'hotel si trova nella Place D'Espagne. A sinistra al secondo piano la camera 209
dell'Hotel Ibis Gran Place dove ho abitato con piacere e a
destra, nel centro della piazza sul retro, la statua di don Quixote
de la Mancha con Sancio Panza. Questa piazza sul retro è una
bella e piacevole piazzetta piena di alberi. |
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Sono le 13.30 quando dopo avere sistemato la
valigia in camera e sistemati i vestiti nell'armadio esco per andare a
pranzare. La destinazione è
Rue des Bouchers,1A. In questa
via si trova uno dei ristoranti più famosi di Bruxelles:
chez Leon.
Probabilmente è uno dei nomi più conosciuti di Bruxelles in fatto di
ristorazione. Pietanze
ottime e di grande qualità. Non aggiungo nulla su cosa rappresenta
nell'immaginario collettivo del turista pranzare qui in questo locale, con un menu a base di moules
frites,
ovvero di cozze stufate con sughetto alle erbe aromatiche servite
con patatine fritte croccanti. La via "dei Buccieri", cioè dei macellai,
vista su una foto rimpicciolita, come quella qui presente, può sembrare
una delle tantissime vie turistiche che si incontrano nei centri storici
delle mille città europee. Potrebbe. In realtà non lo è. Perchè? Per il
semplice motivo che nelle viuzze strette di questa parte della città si
respira un'atmosfera particolare, tutta improntata su caratteristiche
che potrebbero essere francesi ma che a una più attenta riflessione
francesi non sembrano. Si respira un'aria di perduta atmosfera
aristocratica che caratterizza la visione delle strade, l'odore
dell'aria, i rumori della strada. Si notano segni particolari dovuti
alla presenza di una equilibrata e multiforme composizione antropologica
della popolazione che la rendono unica. |
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Sono affamato. Il pranzo consiste in
un piatto speciale di moules con patatine fritte e poi salmone
grigliato. Non potevo
farne a meno dopo una intera mattinata trascorsa su mezzi di trasporto
di tutti i tipi e sballottato da un posto all'altro con un freddo che si
fa sentire. Le cozze con le patatine fritte sono la specialità del
luogo. |
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Per certi aspetti l'enfasi del menù, questa
specie di esaltazione della caratteristica locale di un prodotto, mi
ricorda certe trattorie romane.
In questi ristorantini dell'Urbe, delizia dei turisti e dei buongustai, si
trovano ancora pietanze della cucina locale con piatti veramente
caratteristici come la trippa alla romana tanto decantati che c'è
una vasta pubblicizzazione sulle pareti del successo di questo genere di
pietanze. Ecco: le moules mi ricordano la trippa.
L'accostamento è irrituale ma non mi sbaglierò molto se dico che spesso
è così. Cambia
la lingua, cambiano i luoghi di produzione degli ingredienti della cucina, cambiano i valori della latitudine
e della longitudine ma le pareti dei
ristoranti a nord come a sud, a est come a ovest, sono quasi tutte
uguali. In gran parte hanno
appese su di esse le foto di
personalità dell'arte, del cinema o della cultura che hanno mangiato lì,
lasciando come testimonianza del loro passaggio un viso o una dedica. "Tutto il mondo è paese"
si dice dalle mie parti e i ristoratori europei confermano questo detto
popolare. Il cameriere ha riconosciuto subito che sono italiano e mi
dice alcune parole con una leggera inflessione milanese. Sto al gioco e gli vanto la
pietanza che ho ordinato esaltandone il gusto per la presenza di abbondante sedano a
pezzetti. In verità, nel Bel Paese, il sedano non viene mai messo
nelle cozze. Il pomodoro si, ma il sedano no. |
Paese che vai pietanze che trovi. Vero? Ma
la pietanza è gustosa lo stesso, anche con questo vegetale che fra
l'altro io apprezzo molto, soprattutto mangiato crudo a insalatina,
condito con sale e olio. A volte, in questi viaggi tra le capitali
europee, in molte pietanze trovo ingredienti un po' originali, spesso
bizzarri ma quasi sempre tutti piacevoli. L'esperienza e la maestria dei cuochi non ha
avuto e non ha limiti a tutte le latitudini. |
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Conoscere questi elementi della
enogastronomia è sempre gradevole perchè è facile e piacevole effettuare
confronti, similitudini, argomentare in termini di nomi di piatti e di
pietanze linguisticamente equivalenti, effettuare paragoni, ricordare
storia, geografia, ecc. Insomma, in una sola parola ciò significa tirar
fuori cultura anche in una questione di basso ventre. Non è poco. |
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All'uscita dal ristorante e con la pancia
piena (non per nulla Rue des Bouchers è chiamata la "pancia di
Bruxelles", per i numerosi ristoranti che si trovano in questa via) non
c'è nulla di più piacevole che passeggiare al riparo
di una galleria. E le
Galeries St-Hubert fanno al caso mio. Ho letto da qualche parte
che questa parte della città bassa è stata dichiarata dalla
municipalità: Ilot Sacré, cioè immodificabile in tutti i suoi
tratti architettonici e artistici perchè si è cercato di salvaguardare l'intera struttura
delle strade e delle facciate degli edifici per conservare la memoria
storica di questa zona a grande vocazione turistica. La galleria è bellissima,
ancorché antica.
Risale almeno a centosessant'anni fa, ed è tale e quale com'era a quel
tempo, un po' invecchiata e con qualche angolino da rimettere a nuovo,
ma per il resto è stupenda. E' stata la prima galleria commerciale
d'Europa, e come tale ha la sua importanza storica. Fare da apripista in
Europa è garanzia di pubblicità eterna. Il tetto è di vetro ed io mi
immagino le passeggiate fatte in questo lungo pavimento qualche secolo
fa da intellettuali e nobili del tempo. |
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La percorro diverse volte in su e in giù e,
lo confesso candidamente, rimango affascinato dall'atmosfera d'altri tempi che si
respira. Invece sono rimasto praticamente indifferente alle vetrine e ai
pasticcini di cioccolato che sono stati messi in bella mostra dietro i
vetri, probabilmente perchè il pranzo
è stato abbondante. Ogni città ha la sua "Galerie St-Hubert".
Roma ha la Galleria Alberto Sordi, che prende il nome dal
noto attore romano deceduto qualche decennio fa. Milano ha anche la sua
galleria vicino al Duomo e quasi tutte le città italiane hanno la loro galleria. Anche a
Roma, mi diverto a
passeggiare in su e in giù in questa sorta di vetrina commerciale. Ma la galleria romana è a pianta quadrata
mentre questa è a forma di un lungo rettangolo. E' piacevole rimanere a passeggiare. Se
dipendesse da me non me ne andrei più. Ma l'ansia di vedere la Grand
Place mi prende. Prima però ho voluto dare uno sguardo alla libreria
antica che fa bella mostra di sè nella parte centrale. Incantevole è il
minimo che posso dire. |
Ho sempre saputo che la vista a Bruxelles
sarebbe stata piacevole e piena di emozioni. Questo è uno dei veri
motivi che mi hanno indotto a fare questo viaggio. Devo confessare
altresì che sono poche le situazioni che mi fanno provare sensazioni
piacevoli. Una è l'oziare su una spiaggia, sotto un ombrellone, in
estate al mare, soprattutto in posti dove ci sono poche persone che
fanno il bagno. L'altra è
passeggiare in luoghi famosi ma in condizioni di anonimato assoluto e
osservare ciò che mi succede intorno. Dico tra me che la visita è
iniziata nel migliore dei modi se penso che alcune ore fa ero ancora
nella solita confusione e nell'assordante rumore delle strade romane
mentre adesso mi trovo in una specie di paradisiaca città, piacevole, pulita e ordinata. Non mi
stancherò mai di criticare l'incapacità degli italiani, specie quelli del
sud, a risolvere i problemi delicati e importanti che riguardano tutta
una serie di inquinamenti
(acustico, rifiuti, traffico, trasporti, ecc.) delle proprie città. Qui
è tutto un altro mondo. E ancora non è niente penso perchè vado
immediatamente a vedere il cuore geografico e storico della città,
ovvero la piazza in cui ha sede il Municipio di Bruxelles, chiamata
Grand
Place. Il nome lascia presagire qualcosa di grande, di prezioso,
di straordinario e in effetti si rimane a bocca aperta nel vedere tutto
questo gran "ben di Dio". Non è possibile rimanere indifferenti a tanta
grazia. Architettura, storia, geografia, cultura, armonia, bellezza è come se si
fossero dati appuntamento in questa piazza - nello spazio e nel tempo -
e avessero deciso di stupire i turisti. E' possibile provare ancora
stupore nell'osservare una piazza? Io credo di si, soprattutto se non
si avesse mai avuto la possibilità di vedere prima la Gran Place. L'Hôtel de Ville,
ovvero il Municipio di Bruxelles, è il vero gioiello architettonico di
questa piazza, piena di fiori e di rare bellezze. C'è freddo, la
colonnina di mercurio dei termometri, nonostante ci troviamo nelle ore
più calde della giornata, si trova nella parte bassa della scala: 10
gradi celsius alle 4 del pomeriggio lasciano presagire ancora più freddo
la mattina e la sera. Sarà perchè ho mangiato bene e molto, sarà perchè
le bellezze della piazza mi hanno entusiasmato, fatto sta che non sento
molto freddo e sfido la tramontana nel farmi una foto senza giaccone e
cappello. |
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Le tre foto individuano
tre scorci bellissimi della piazza a ciottoli. Le due lingue
ufficiali di Bruxelles, il vallone e il fiammingo, chiamano questa
meraviglia Grand Place e Grote Markt. Certo non deve
essere facile vivere a Bruxelles con la presenza severa di due lingue
ufficiali molto diverse tra di loro.
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Quasi sempre il
bilinguismo nasconde due modi differenti di intendere politica e società. Personalmente sono sempre
rattristato quando vedo che una città e un popolo sono costretti a
schierarsi a favore di una delle due lingue presenti nel loro paese. Si
dice che il Belgio è da molto tempo senza governo per la nota
contrapposizione esistente tra Fiamminghi e Valloni. Sono città
tristi quelle dove si è costretti a far convivere due mondi linguistici
quasi sempre diametralmente contrapposti in cui ciascuno è sordo nei confronti
dell'altro. Prendete in Italia la città di Bolzano o Bozen, che ha ufficialmente
il bilinguismo, e toccherete con mano cosa significa vivere col
bilancino delle etnie rappresentative. Non ho ricette per risolvere il problema, ma
un'idea a proposito della convivenza di più lingue nello stesso Stato ce l'ho sempre avuta
e voglio qui esplicitarla, non foss'altro che per la sua carica
provocatoria che essa propone e per la lezione educativa che essa porta
con se. |
Partendo dal presupposto
storico che la babele delle lingue è nata dalla punizione biblica voluta
da Dio in persona nei confronti dell'intera umanità (decisione che non
ho mai compreso, se è vero ciò che si dice a proposito del fatto che la
decisione è venuta dallo stesso Dio che è definito dai cristiani il Dio
"Buono") allora è necessario andare fino in fondo alle conseguenze della
punizione. Se si vogliono due lingue con l'intenzione di separare e non
di unire gli uni dagli altri, allora i fatti sono due: o se ne adoperano più di due, al
limite anche cinquanta, e chiunque può esprimersi in cinquanta idiomi
differenti, oppure si accettano solo due lingue ma in questo caso a una
condizione ben precisa. Quale? Per il principio educativo dell'inversione,
ci si scambia le lingue. Per esempio a Bruxelles la condizione
obbligherebbe i cittadini fiamminghi a parlare il francese e solo il
francese e ai cittadini valloni di parlare il fiammingo e solo il
fiammingo. Così il bilinguismo funzionerebbe alla perfezione
proprio perchè sarebbe una scarpa strettissima calzata ai piedi di entrambe le fazioni.
Vogliamo provare? Sai che male! Alla stessa maniera si dovrebbe fare a Bolzano-Bozen con
l'italiano e il tedesco, a Cipro con i greco-ciprioti e i
turco-ciprioti, in Palestina e in Israele con i palestinesi costretti a
parlare in ebraico e gli israeliani a parlare in arabo, e via
discorrendo. Credo che dopo qualche anno di esperienza diretta il rapporto
sociale e politico tra le due comunità si appianerebbe di molto. Invece,
la stupidità dei governi e dei cittadini più oltranzisti si appiattisce
in uno stupido e idiota tifo da stadio di calcio, in cui è più acclamato
colui che incita di più alla violenza e all'estremismo. Vai a capire gli uomini e le
donne del nostro mondo. Ritorniamo a noi. Il Palazzo comunale è superbo.
In francese si dice superbe. L'aggettivo calza alla perfezione. Si tratta di un
edificio raffinato ed eccezionalmente decorato da sculture e arcate che
ne fanno un unicum. Non ci sono parole per descrivere il campanile e
dentro è ancora meglio. Mi fermo qui perchè non vorrei esagerare.
Chiarisco subito con ironia che la municipalità non mi ha dato neanche 1
€ affinché io parlassi bene di Bruxelles in questo report. Dunque, non
sono stato pagato da nessuno per dire il falso. Il fatto è che Bruxelles non ha
bisogno di pagare nessuno per descrivere le sue bellezze. Come si suol
dire in questi casi: "carta canta"! Si è fatto tardi ed è ora di andare
ad "assaggiare" le lenzuola del letto dell'albergo per un riposino
ristoratore. La giornata è ancora lunga. |
Secondo giorno. Il mio secondo giorno a Bruxelles inizia
con l'idea persistente da giorni di visitare al più presto il quartiere
del Parlamento europeo e la sede dell'Unione Europea. Confesso
candidamente che questo è uno dei principali obiettivi della mia visita
nella città. Inizierò questo resoconto partendo da una premessa che è
rappresentata da uno scambio epistolare che ho avuto con i Palazzi
dell'Unione. Ecco di cosa si tratta. Circa due mesi fa ho inviato al
Referente dell'Unione europea una lettera. Ecco il testo. |
Roma, 24 luglio 2010 Gent.mo Referente,
sono un cittadino europeo di nazionalità
italiana. Risiedo a Roma e sono un insegnante liceale di fisica in
pensione. Ho 64 anni e sono un europeo che crede profondamente nei
valori costitutivi dell’Unione Europea. In breve, scrivo questa lettera
perché ho il desiderio di visitare il Palazzo della Commissione Europea
di Bruxelles. Naturalmente ho delle ragioni ben precise che mi hanno
indotto a chiederle di soddisfare questo mio desiderio. La principale
ragione di questa mia richiesta sta nel fatto che circa dieci anni fa,
in relazione al mio entusiasmo per i grandi successi ottenuti
dall’Unione Europea nel concretizzare l’idea di cittadinanza europea, e
subito dopo quella di moneta comune, decisi di visitare tutte le
capitali dell’Unione in omaggio all’avventura europea dei padri
fondatori dell’Europa per lasciare nella mia mente di cittadino ormai
non più ventenne il ricordo e la memoria dei miei viaggi culturali nei
luoghi più rappresentativi dei vari paesi che sono le capitali
dell’Unione. In poche parole ho il desiderio di vedere direttamente da
testimone ciò che è l’UE e lasciare in me i ricordi di un’esperienza di
vita vissuta, anche se breve, in tutti i paesi dell’Unione. In queste
mie appassionate e appassionanti visite nelle capitali dell’Unione ho
fatto il turista, ma non solo. Ho speso del denaro in euro in tutti i
paesi che l’hanno adottato, ho attraversato frontiere che non esistono
più, ho provato l’emozione di vedere in tutte le capitali sventolare la
stessa bandiera blu con le 12 stelle dell’Unione, ho fatto i check-in
e i check-out negli aeroporti di tutte le capitali europee passando
sempre dal box dei cittadini UE, ho visto direttamente in tutte le
capitali lo stesso modello di targa europea con il medesimo logo
dell’Unione, sono stato accolto in tutti i posti in cui mi sono trovato
con simpatia e interesse, ho visitato musei, teatri, chiese, sinagoghe,
moschee, palazzi pubblici, tesori artistici e mille altre cose con
propensione altruistica, generosità e attrazione reciproca, ho gustato
le mille pietanze caratteristiche della cucina europea, ho assaggiato la
straordinaria vitalità e varietà eno-gastronomica del continente
che caratterizzano la civiltà europea, ho pernottato in tanti posti
delle città visitate e mi sono trovato sempre bene; non sono mai stato
oggetto di discriminazioni in nessun paese e, per ultimo ma non di meno,
ho conosciuto mille e mille europei con i quali ho appreso l’arte del
saper stare bene insieme, indipendentemente dalla diversità delle
lingue, della nazionalità e delle religioni, rispettando sempre le
tradizioni e i valori dei cittadini dei vari luoghi visitati. Insomma,
ho effettuato un percorso di vita e di civiltà che meritava il mio
interesse e la mia partecipazione. Adesso che sono arrivato alla meta
delle ventisette visite,
concludo con l’ultima capitale, che è Bruxelles. Questa bellissima città
l’ho lasciata volontariamente per ultima perché essa è la sede ufficiale
dell’UE che conclude, meglio di come avrei potuto pensare, questo mio
progetto di conoscenza che, sono sicuro, rimarrà indelebile nella mia
memoria. A conclusione del lungo ed esaltante giro che, ripeto, non è
stato solo turistico ma soprattutto è stato culturale, storico,
politico, artistico e altro, chiedo una semplice cortesia.
Egregio Referente, con la presente le
chiedo il permesso di poter visitare, anche se di sfuggita una piccola
porzione della sede dell’UE. Intendiamoci, con questo non voglio dire
che adesso non viaggerò più in Europa. Al contrario, penso che il nostro
continente, senza togliere nulla agli altri, sia il più straordinario e
vitale continente del nostro pianeta. Non sembra, ma è enorme, vasto,
diversissimo e ricco di cultura millenaria, tradizioni, arte e, in
generale, di tutti quei tesori che la civiltà europea è riuscita a
creare nei millenni della sua storia. Sta alle nuove generazioni passare
il testimone del nostro entusiasmo nei confronti dell’avventura più
esaltante e straordinaria che i padri dell’Europa vollero creare sulle
macerie della seconda guerra mondiale. Possa il loro ricordo essere di
stimolo ai giovani di tutti i ventisette paesi per continuare la sfida di
realizzare un mondo di pace, di collaborazione e di reciproca fiducia
con tutti i popoli del pianeta. E poi, chissà, che le 27 capitali non
diventino 28, o 30 o di più. Vorrebbe dire che avrò ancora una volta il
piacere di completare questa straordinaria avventura che è la
costruzione dell’Unione Europea, pietra miliare di una storia ricca di
grandi traguardi. Ad maiora.
Con stima.
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Ed ecco la risposta ottenuta a stretto giro
di posta. Ringrazio qui il Referente che mi ha risposto. |
Bruxelles, 26 luglio 2010
Oggetto:
Egregio Signore,
Il Parlamento europeo (PE) ha ricevuto la Sua corrispondenza con la
quale Lei auspica ricevere ragguagli sulle modalità di visita presso la
nostra istituzione.
In risposta alla Sua lettera, posso informarLa che il PE accoglie
visitatori sia in gruppo che singolarmente, nelle sue tre sedi di
lavoro, ovverosia Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo.
Per conoscere le relative formalità di visita, La invito a consultare le
pagine del nostro sito che corrispondono alle diverse visite proposte in
ciascuna sede di lavoro del PE, all'indirizzo
qui di seguito indicato:
http://www.europarl.eu/parliament
Mi é gradita l'occasione per porgerLe i miei più cordiali saluti.
Cesare LONGO
European Parliament
Directorate General for Presidency
Unité du Courrier du Citoyen |
Effettivamente il link proposto dalla
Direzione Generale conduce a una pagina intitolata Servizio
Informazioni per i cittadini dove si danno le informazioni circa le
visite al Palazzo dell'Unione. Ed è qui che sono arrivato dopo un
tragitto piacevole e interessante attraverso le belle strade della
capitale belga. |
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Il complesso di vetro dei Palazzi della
Commissione Europea si trova dietro la stazione del Quartiere Léopold.
Per arrivarci prendo il Metro verso il Quartiere Europeo (fermata Schuman). Incontro strade moderne e un viale abbastanza
futuristico che offre un'immagine della città molto moderna e che
finisce al Parc du Cinquantenaire, con il famoso Arco. |
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All'interno si deve fare il check-in
come in aeroporto. Stesso controllo, stessa severità, stesso
comportamento ai varchi da parte del personale di controllo. Eccomi
sopra sorridente al varco d'entrata del Palazzo di vetro insieme a una
coorte di giovani visitatori delle meraviglie dell'Unione Europea. |
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Ho osservato la gente che come me ha
effettuato la visita. Eravamo di tante nazionalità. Tedeschi, svedesi,
spagnoli, italiani, estoni e tanti altri di altri Paesi. Un mare di
lingue e una sola identità: quella europea. E' impossibile individuare
tutte le nazionalità delle centinaia di visitatori che con gaiezza
e spensieratezza hanno camminato per le sale del palazzo. Giuro che mi
sono commosso nel vedere tanta gente diversa che ha assistito alle
spiegazioni della guida con lo stesso e identico approccio di serietà,
di interesse e di curiosità. Uno spagnolo mi ha scattato la foto che mi
vede davanti a tutte le ventisette bandiere dei paesi dell'Unione. Non
ho visto un solo visitatore che non abbia partecipato attentamente alle
spiegazioni date. Sul mio maglioncino a righe grigie spicca l'adesivo di
visitatore europeo. Lo stesso giovane spagnolo mi ha fotografato di
nuovo sullo sfondo dell'immensa aula dei lavori parlamentari. |
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L'ultima foto, ci è stato spiegato,
rappresenta una enorme intreccio di fili di acciaio che metaforicamente
rappresentano le migliaia di relazioni storiche e culturali e di
intrecci socio-politici esistenti tra tutti i paesi dell'Unione. Una
scultura originale e carica di profondo significato. Ho trascorso almeno
due ore pieno di gioia e di letizia a seguire nei dettagli la lezione
delle guide. Molte emozioni, tante sorprese nel concretizzare la mia
visita all'unione Europea. All'uscita dal palazzo di vetro ho incontrato
una manifestazione di dissenso con centinaia di manifestanti che
portavano cartelli di protesta. Mi è sembrato di essere di nuovo a Roma
dove non passa giorno che non ci sia una manifestazione del genere. Qui
però la sfilata è meno colorata e più di routine. A Roma è sempre
disordinata, con grida feroci e contorno di militari schierati in tanti
modi. A Bruxelles ho visto pochi poliziotti seguire con discrezione la
sfilata. Sono sempre stato contrario alla violenza e ai toni alti. Ho
sempre preferito la logica del confronto e delle discussioni alle grida
senza interlocuzione. |
Probabilmente perchè non sono mai stato
toccato nel profondo di decisioni che possono cambiare la vita a chi
subisce un'ingiustizia. Mi allontano dalla manifestazione con
pensieri poco allegri su come funziona in pratica il mondo. Alle 13,30 ho pranzato all'Achepot ,Place
Sainte-Catherine,1 piccolo ma noto ristorante della zona i cui
proprietari Antoine e Halinka Renoux hanno lasciato a desiderare sul
piano dell'accoglienza. Il menù per due persone è
consistito in sogliola di Dover, insalata mista, birra e vino
bianco. |
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In serata al ristorante libanese
Al Barmaki
in rue des Éperonniers 67.
Anche questo ristorante, come l'Achepot, si trova poco
distante dalla Gran Place. Ecco il classico menù arabo per tre persone
che non prevede piatti singoli ma una specie di meze, cioè un
assortimento di piccole
portate:
tabbule, hummus, falafel e altro.
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Terzo giorno.
La mattinata inizia con il tour della città su un
bus dell'onnipresente "Sightseeing Excursions". A Roma l'autobus ha il
numero 101. Qui si chiama Visit Brussels Line.
Lo prendo in Grasmarkt 82, vicino alla Cathédrale di Saint-Michel et Sainte Gudule.
Il tour dura un'ora circa. Sul bus è disponibile una cuffia con
registrazione dei commenti in lingua italiana. Permette di vedere i
luoghi e i palazzi
più importanti di Bruxelles e di seguire la storia dei principali
avvenimenti che interessano la storia di Bruxelles. Si va dalla Stazione
Centrale all'Atomium, dal Palazzo Reale alla Borsa
e al Manneken Pis, dal Parlamento Europeo al Parco del
Cinquantenario, da Piazza Reale di nuovo alla Stazione
Centrale. Insomma, una bella full immersion e un interessante
ripasso di cultura, arte, storia e politica belga. |
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Non ho alcuna intenzione di commentare
questi straordinari luoghi e monumenti di grande interesse. Sono bellissimi e qualunque
guida turistica contiene le informazioni adeguate sulla loro storia. Sull'Atomium
invece ho qualcosa da dire. L'Atomium è una struttura architettonica che
riguarda la struttura atomica della materia a livello
microscopico. Simbolo di Bruxelles e del Belgio, è una realizzazione
unica nella storia dell'architettura e testimone emblematico
dell'Esposizione universale di Bruxelles del 1958. Fin da bambino ne ho
sentito parlare come di un esempio unico di architettura. |
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Ne sono rimasto
affascinato ed ho sempre desiderato di visitarlo. So che ogni sfera ha
un suo nome ed esse costituiscono un esempio raro di divulgazione
scientifica, di concerti, seminari e persino banchetti. Ho avuto poco
tempo per visitarlo e ne sono rimasto affascinato. |
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La giornata è scivolata via per le strade di
Bruxelles e per negozi. Immancabili la visita al Manneken Pis. Il resto
sono state ironiche e provocatorie raffigurazioni che sono andate dai
fumetti della Banda Dessinée alla morte con scheletro seduto su divanetto
in posizione di riposo. |
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Dopo aver assaggiato la cucina vallone
decido di passare a quella fiamminga. Dunque, cena al ristorante Bij
den Boer al Quai aux Briques,
60. Questo ristorante si trova nella bella piazza del mercato
del pesce e propone una cucina di pesce di tipo fiammingo al cento per
cento. Il menù per due persone è consistito di: potage du jour, saumon fume, salade mixte, verre de
vin blanc. La serata è stata molto rumorosa perchè rallegrata da
una comitiva fiamminga che si è divertita a mangiare e bere con
intensità fuori dal comune. |
Quarto e ultimo
giorno. E' il giorno della partenza. O meglio, del ritorno a Roma.
Fin dalle prime ore del mattino scopro in me un po' in ansia. In genere
è normale che ci sia un po' di apprensione quando c'è di mezzo una
partenza. Ma questa volta è diverso perchè il mezzo di trasporto scelto
per l'aeroporto non è pubblico e, quindi, gli orari non sono
prestabiliti con la relativa certezza che le compagnie dei trasporti
pubblici garantiscono. Il fatto è che il ritorno a Roma avviene con
altre due gentili ospiti e questo mi procura uno stato di inquietudine
aggiuntivo per gli eventuali contrattempi che in genere in questi casi
possono avvenire senza la doverosa e necessaria elasticità che posso
garantire quando viaggio da solo. Ma cerco di rincuorarmi perchè, mi
dico, qui siamo a Bruxelles e non a Roma dove è più probabile che gli
orari non siano rispettati. E, poi, penso che a Bruxelles il traffico
sia diverso, più fluido, più ordinato; gli automobilisti nella guida
sono più corretti e, infine, l'orario concordato della partenza per
Charleroi dal mio albergo con lo shuttle
è per le 14.30 a fronte di un orario limite del check in in
aeroporto delle 18.05. Il margine di 3 ore e 35 minuti è
abbastanza adeguato per non correre rischi. Ma ho fatto i conti senza
... l'oste. |
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Qui il sostantivo "oste" ha un duplice
significato: di "nemico della puntualità" perchè carico di significato
simbolico e metaforico da terzo incomodo e di "lavoratore autonomo"
che vende alcool agli autisti degli shuttle. Si, perchè
nonostante i miei accorati e ripetuti richiami telefonici al numero
di assistenza fornitomi dalla società per sollecitare la puntualità del
mezzo di trasporto, l'autista era diventato irreperibile anche alla stessa
società e non rispondeva al telefono. La ragione? L'ho scoperta
all'arrivo davanti all'hotel Ibis: aveva fatto
convivio in qualche osteria con Bacco. Insomma, era avvinazzato.
Alle 16.15, preoccupatissimo del ritardo e al limite del ricovero in un
ospedale per infarto, lo vedo arrivare davanti all'albergo come se non
fosse successo nulla. Rotondetto (non era quello dell'andata),
biondiccio, con l'occhio lucido e completamente sbracciato a 9 °C, mi fa
cenno di salire prendendomi la valigia dalla mano. Non una sola parola
per l'intero viaggio. Velocità da gran premio automobilistico, molti
sorpassi a zig zag, mancato rispetto dei segnali stradali, al limite
del ritiro della patente, mi ha fatto passare l'ora più nervosa e
agitata della mia vita.
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Ho detto a me stesso che mai più avrei
deciso un uso così stupido e "delinquenziale" del denaro e guai a coloro i
quali mi parleranno di shuttle come meraviglia di comodità.
L'arrivo a Charleroi è stato a dir poco traumatico. Nervi
tesissimi, muscoli paralizzati per la tensione accumulata nell'ora di
viaggio, dita arrossate per essermi tenuto avvinghiato alla maniglia di
sicurezza del finestrino con gli occhi sbarrati per l'intera durata del tragitto, corsa contro
il tempo per il check in e, alla fine, ma solo alla fine, una
entrata rapida nei locali del piccolo aeroporto di
Bruxelles Sud. Una bibita rinfrescante ma, soprattutto, rilassante bevuta
nei pochi minuti di attesa prima dell'imbarco sull'aereo ha
caratterizzato la sola cosa piacevole dell'intero viaggio di ritorno. Un triller alla Alfred Hitchcock. Non trovo altra definizione più calzante
di questa.
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E dire che esisteva un
mezzo economico e molto più sicuro degli shuttles per
arrivare alla Gare du Nord di Bruxelles, vicinissimo al mio
albergo, con il comodissimo treno chiamato Airport City Express
al prezzo di 2,50 € per biglietto! Cose da pazzi. Ho trascorso a
Bruxelles quattro giorni straordinari, rovinati in parte da
un'esperienza da dimenticare al più presto. Arrivederci a Belgrado. Senza shuttle,
of course! |
Manuali
e guide di viaggio adoperate.
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