chiudi |
Se
gli alieni, in qualche parte dell’universo esistono, questo che vi sto per
raccontare potrebbe accadere…
Lola,
una ragazza di tredici anni, stava tornando da scuola, sul pianeta Giove, con la
sua navicella. In quel momento intercettò i piani degli alieni.
“Dobbiamo realizzare il nostro compito!” continuava il capo.
“Tu
Tango - disse indicando un alieno molto robusto - fabbrica una sostanza che non
venga fusa dal sole e che non ne percepisca lo splendore!”
Lola
pensò: “li devo fermare prima che attuino il loro piano! Ma devo agire con
delle attrezzature adatte…me le costruirò!”
Intanto
il discorso del capo alieno continuava:
“Tu Caho” indicò questa volta un alieno molto alto e magro “Dovrai accendere il Raggio per ghiacciare il sole e ti farai aiutare da tutta la banda!”
Lola,
sentito tutto, corse a casa e cominciò a preparare le attrezzature per sventare
il malefico piano.
La
nostra eroica amica aveva una sorella di nome Lara e le raccontò la storia.
Lara decise di aiutarla nella pericolosa impresa.
Intanto,
Tango aveva finito “l’antifusosplendore”
e si stava preparando per farlo indossare alla banda. Le due ragazze grazie al “rilevatore
alieni” si prepararono all’attacco.
Lara
aveva progettato un piano: mentre lei avrebbe distratto gli alieni, Lola aveva
il compito di metter dentro al “raggio
ghiacciasole” una specie di bomba che avrebbe fatto esplodere la
superficie del sole ghiacciato.
La
banda di alieni fu distratta con un’intervista e con una foto. Così, quando
tutti indossarono “l’antifusosplendore”,
Caho lanciò il raggio per ghiacciare il sole; lo raggiunse e se ne impossessò.
Ma la bomba esplose e così gli alieni si sciolsero e il sole fu salvo!
La
gente si era recata sul posto e stava acclamando Lola e Lara che divennero, così,
due figure fondamentali nella storia della Terra.
Diventai invisibile per la prima volta nel giorno
del mio compleanno.
C’è da dire che fu tutta colpa di Schizzo, il
mio cane. È un bastardino, un incrocio tra un chihuahua e un qualcosa di
indefinibile.
Se Schizzo non fosse andato a ficcare il naso in
soffitta…
Ma lasciate che vi racconti la mia storia
dall’inizio.
Il giorno del mio compleanno non faceva che
piovere. Mancavano solo pochi minuti all’arrivo dei miei amici che avevo
invitato alla mia festa e stavo finendo di prepararmi.
- Ilir, guarda che in cortile c’è una
confusione indescrivibile - disse mio fratello Mancino.
In realtà, mio fratello si chiama Alex, ma io lo
chiamo Mancino, perché scrive con la mano sinistra.
Mancino stava palleggiando con la palla da
baseball. La lanciava in aria e la prendeva con la mano sinistra.
Mancino ha due anni meno di me. È un bravo
ragazzo, solo che ha l’argento vivo addosso.
Non può fare a meno di giocare con quella palla e
di combinare qualcosa, correre, di battibeccare con me.
Papà dice che ha i grilli nei calzoni.
Mi voltai e guardai fuori.
- Sei un gran bugiardo, Mancino - risposi - Sul
retro non c’è confusione -
Stava per lanciarmi la palla addosso, quando
suonarono alla porta.
Mi precipitai ad aprire.
Luca aprì la porta a vetri e piombò in casa,
seguito da Manuel e Danny.
- Spiacente, ma avete sbagliato giorno. La festa
di compleanno è domani - disse Mancino.
- Cosa?! - gridarono i ragazzi, visibilmente
sorpresi.
- No, no, entrate pure – dissi, costringendo
Mancino a farsi da parte.
- Saliamo in camera mia - suggerii - voglio
mostrarvi il mio nuovo computer, è fantastico.
Schizzo cominciò ad annusare la porta al centro
del corridoio.
- Dove conduce quella porta, Ilir? - chiese
Manuel.
- In soffitta - risposi.
- Hai una soffitta? - esultarono tutti e tre in
coro - Perché non andiamo a dare un’occhiata?
Aprii la porta, e premetti l’interruttore della
luce. Salii il primo gradino, e lo sentii cigolare sotto le mie scarpe da
tennis.
Schizzo trotterellava davanti a noi mentre
salivamo, scodinzolando per l’eccitazione.
- Ehi, Schizzo, si può sapere cosa stai facendo?
- chiese Mancino.
Seguii lo sguardo di mio fratello e vidi Schizzo
dietro una pila di vecchi fumetti che grattava contro una porta.
- Ehi, venite a vedere - dissi agli altri -
Schizzo ha scoperto una porta nascosta!
- Grande! - esclamò Luca, il primo a
raggiungermi, seguito da Mancino, Danny e Manuel.
Fu allora che cominciarono i guai.
Se non fosse stato per quello stupido cane, non
avremmo mai scoperto il terribile segreto che si nascondeva dietro a quella
porta.
La porta era chiusa con un chiavistello
arrugginito, aprirlo fu un gioco da ragazzi.
Mancino piombò alle mie spalle e fu il primo ad
aver l’onore di mettere piede nella misteriosa stanza.
- Oh! Un cadavere! - gridò terrorizzato.
Ma noi conoscevamo bene il penoso senso
dell’umorismo di mio fratello, e così non ci preoccupammo più di tanto.
C’era uno specchio davanti a noi, grande, di
forma rettangolare, più alto di me di almeno un metro.
- Secondo voi, chi può aver messo qui uno
specchio? - chiese Danny.
- Forse è antico, e vale un sacco di soldi -
dissi - Guardate qui!
Assicurata alla cima dello specchio c’era una
specie di lampada.
Luca cercò di afferrare la catenella, ma non ci
riuscì. Provò di nuovo, e finalmente si accese.
- Adesso sì che va meglio! - disse.
Nessuno disse una parola. Luca si voltò e vide
che avevano il terrore stampato in faccia.
- Luca, dove sei? Non ti vediamo! - gridai.
- Ehi ragazzi, sono qui. Non mi sono mai mosso -
rispose Luca, ma noi non lo vedevamo.
- Sei diventato invisibile - disse Mancino.
- Ma che dite? - disse Luca - Non sono mica così
stupido!
- Ma Luca… stiamo dicendo sul serio - dissi -
Luca? Ehi, Luca!
Nessuna risposta.
- Luca! Spegnete la luce, presto!
Manuel corse subito e tirò la catenella.
Subito dopo riapparve Luca davanti ai nostri
occhi.
- Luca! Ci hai fatto prendere una paura! Ma come
è possibile tutto ciò? Ho acceso la luce… e sei scomparso!
- Forse è uno specchio magico. - ipotizzò
Manuel.
Comunque Luca era diverso. Forse il sorriso oppure
i capelli, pensai, senza riuscire a capire cosa avesse colpito la mia
attenzione.
Dopo questo fatto, uno dopo l’altro, Mancino,
Danny e Manuel, provarono a loro volta a diventare invisibili, ma anche loro
dopo qualche minuto non rispondevano più, ed io ero costretto a tirare la
catenella e a farli ritornare.
Comunque, anche loro sembravano diversi.
C’era qualcosa di insolito in loro. Già, ma che
cosa?
- Hai deciso di provare anche tu? - mi dissero.
- No, grazie, non me la sento, - dissi - e poi non
sappiamo con che cosa abbiamo a che fare, potrebbe essere pericoloso.
- Avanti, Ilir - insistette Danny - puoi farcela.
- Vi prego, io non voglio.
Luca e Danny mi portarono praticamente di peso
davanti allo specchio.
- Su, non fare storie - disse Manuel.
- No, io…
Con la mano libera Manuel afferrò la catenella, e
la tirò.
La luce sullo specchio si accese, il bagliore era
così intenso che mi ferì gli occhi.
Guardai dentro lo specchio, ma non vedevo la mia
immagine riflessa.
- Mancino, riportami indietro, mi sento…
strano.
La luce era sempre più forte.
Mi sentivo leggero, come se stessi volando.
C’era una figura scura che si muoveva dietro al muro di luce.
- Ciao, Ilir - disse una voce a me familiare.
Lanciai un grido disumano.
La figura che aveva chiamato il mio nome si fermò
a pochi centimetri da me.
- Non avere paura - mi disse - io sono il tuo
riflesso.
- No!
- Tu non te ne andrai, di noi due sarò io a
lasciare lo specchio. È stato facile con i tuoi amici. Lo scambio è avvenuto
senza difficoltà. Perché temi l’altra faccia del tuo io? Io sono il tuo
doppio, gelido, freddo e privo di sentimenti.
Riuscii a sfuggirgli, correndo fra i colori e le
forme che si muovevano; venni scaraventato fuori dallo specchio.
Ero tornato nel mio mondo.
- Hai già fatto il cambio? - chiese Danny.
- Sei uno di noi?
- No! - risposi.
All’ improvviso Mancino mi afferrò per le
gambe, facendomi cadere, ma io riuscii a divincolarmi e gli sferrai un calcio
alla testa facendolo svenire.
Presi la sua palla da baseball e con tutte le mie
forze la tirai contro lo specchio, che si frantumò e cadde a terra in mille
pezzi.
Vidi sollevarsi i miei amici (o meglio, le loro
copie) e finire nello specchio rotto, come risucchiati, e dai frammenti uscire
quelli veri, che tornarono nel mondo reale insieme a me.
- Siete tornati! - gridai.
- Sì! - disse Luca. Si alzò da terra e aiutò
Mancino a fare altrettanto.
Luca, Manuel, Danny e Mancino mi aiutarono a
raccogliere i vetri, dopodiché chiudemmo la porta della stanza misteriosa con
la chiave e la nascondemmo dietro un pila di scatole, giurando di non metterci
mai più piede.
Infine, i miei amici andarono a casa.
Più tardi, io e Mancino andammo a giocare in
cortile.
- Non puoi immaginarti che spavento mi sono preso
- dissi a Mancino.
- Me lo immagino - rispose - Comunque, ti va di
fare qualche tiro?
- Sì - risposi.
Ci trasferimmo in garage, il nostro posto
preferito per giocare a baseball.
Mancino mi lanciò la palla, ma…
Rimasi di sasso.
No! Non era possibile! Era uno scherzo!
Mancino lanciò, ma non cercai di prendere la
palla.
Ero incapace di muovermi, paralizzato dal terrore.
Mio fratello Mancino aveva lanciato con la mano
destra!
I. Deda – M. Sasso – L. Renzo IIIV