I DUE FRATELLI

 

Il regista, Jean-Jaques Ammand ha scritto la sceneggiatura di questo film insieme ad Alain Godard. Le vicende sono ambientate in Cambogia e vi sono alcuni particolari che ci fanno capire che esse si sono svolte nel 1920, come gli abiti, le automobili, l’arredamento,

Questo film è di genere avventuroso ed ha per protagonisti due tigri di nome Kuman e Sangha.

I due fratelli, ancora cuccioli, vengono divisi dagli uomini: Kuman finisce in un circo, mentre Sangha scopre che non tutti gli uomini sono cattivi, infatti, fa conoscenza con Roul, un bambino che si prende cura di lui. La mamma di Raoul, però, lo caccia via in seguito ad un brutto episodio in cui la tigre uccide il cagnolino che fino ad allora era stato suo compagno di gioco; così viene condotto nel serraglio dell’imperatore che, alla fine del film, farà scontrare le due tigri. Durante la lotta i due avversari si osservano e si riconoscono; così, dopo aver creato il panico nell’arena, fuggono e ritornano nella foresta.

Il regista, in questo film, vuole farci capire che non bisogna maltrattare gli animali né allontanarli dal loro ambiente naturale. Il mio personaggio preferito è Kuman perché non è aggressivo come il fratello ed è molto affettuoso. La mia scena preferita è quando le due piccole tigri giocano a pallone.

Questo film è stato il più bello che ho visto. Il mio voto da 1 a 10 è 10!

                                                                                                                                                                            Monica Valeriano I M

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OCEAN’S TWELVE

 

È proprio vero…come dice il proverbio?...Non c’è due senza tre, in questo caso, però, non c’è undici senza dodici e a confermarlo ritroviamo, più in forma che mai, George Clooney, Brad Pitt, Matt Damon, Julia Roberts, Catherine Zeta Jones e Andy Garcia.

Nel film ritroviamo altri personaggi come per esempio il piccolo acrobata cinese che trascorrerà gran parte del film chiuso in una valigia all’aeroporto.

Rinfreschiamoci la memoria: Danny Ocean (George Clooney) è la mente della banda, organizza i colpi e si occupa della “contabilità” del suo omonimo gruppo; Rusty (Brad Pitt) è il braccio destro di Danny e naturalmente suo complice; lui, però, questa volta, deve stare molto attento alla sua ex girl. C’è anche Linus, il timido borseggiatore e genio dei furti, che dal precedente film ne ha combinate delle belle e ovviamente l’interprete non poteva che essere Matt Damon.

Bruce Willis per circa dieci minuti fa parte del cast dei super-famosi interpretando se stesso, una buffa sequenza in cui, pensate un po’, Julia Roberts interpreta proprio Julia Roberts. Infine, due giovanissimi artisti italiani interpretano un piccolo ruolo di pochi secondi che sono: Martina Stella e il figlio del grande Giancarlo Giannini, Adriano.

Questa volta l’impresa degli “eroi” sarà restituire il denaro “preso in prestito” dal perfido personaggio di Andy Garcia nel precedente “Ocean’s eleven” e, per farlo, useranno le loro doti magiche miscelate a un pizzico di fascino…

Ma la domanda è spontanea: chi è il/la dodicesimo/a? E’ proprio lei, la bellissima, brava e affascinante Catherine che nel ruolo di Tess è l’unica a mettere un po’ di “paura” ai bellissimi. Si presenta nel film come una detective, fidanzata di Rusty che sta indagando proprio sul crimine del suo bello spasimante.

Vi ho già svelato troppo, quindi, direi che se vi interessa vedere i fantastici dodici la sala è tutta vostra. L’importante è ricordare che non c’è undici senza dodici e magari anche un tredici, quattordici…

BUONA VISIONE!!

                                                                                                                                                                                                   Silvia Orchi, III M

 

 

Steven Spielberg

 

Regista e produttore americano, nato a Cincinnati, Ohio (Usa), è figlio dell’ingegnere elettrico Arnold Spielberg e della pianista concertista Leah Adler.

La sua famiglia visse per qualche tempo nel New Jersey poi si trasferì a Scottsdale, in Arizona, dove Steven crebbe; destinato a diventare uno dei più grandi registi del suo tempo, Spielberg, rimane uno dei più grandi cineasti  della sua generazione a non avere studi universitari di cinematografia.

Sostituì, però, la scuola con una pratica autodidatta cominciata fin da ragazzo, quando i genitori gli affidarono una cinepresa da 8mm per riprendere le gite di famiglia; ma, in realtà, oltre alle gite, il giovane Steven prende l’abitudine di girare filmetti in cui dava già prova della sua propensione per il fantastico.

Da giovane cominciò a frequentare gli studi della Universal e la leggenda vuole che vi si sia introdotto allestendo clandestinamente un ufficio nei locali vuoti di una portineria, e che i custodi, ai quali si presentò sempre in giacca e cravatta, lo lasciarono passare credendolo di casa.

In America il suo primo film è considerato “The Sugarland Express” che lanciò nel 1974; un anno più tardi con “Lo squalo” mette a segno il suo primo grande colpo. Nel ’77 ottiene un altro clamoroso successo con “Incontri ravvicinati del terzo tipo”.

Nel 1982 torna alla fantascienza con un film che meglio di altri rappresenta la sua idea di cinema come strumento per accendere sogni, stupori, fantasie: “E.T. L’extra terrestre”.

Dopo il romantico “Always - Per sempre” (1988), gli anni ’90 si aprono con il ritorno di Spielberg al genere fantasy, con “Hook – Capitan Uncino” (1991). Nel 1993 lancia “Jurassik Park”.

Non ancora terminata la post-produzione di quel film Spielberg si lancia nell’avventura di “Schindler’s List” (1994), in cui racconta la tragedia dell’olocausto.

Nel 1997 realizza “Amistad” e nel 1998 “Salvate il soldato Ryan”.

Nel 2004 l’Ente David di Donatello gli ha consegnato un David speciale per la sua carriera cinematografica.

                                         Alex Bruno, III M

 

“Tu la conosci Claudia?”

Uno degli ultimi film comici usciti in Italia è “Tu la conosci Claudia?”, realizzato da Aldo, Giovanni e Giacomo con la collaborazione di Paola Cortellesi.

Il film parla di tre uomini che non si conoscono, ma hanno una cosa in comune: tutti conoscono Claudia.

Giacomo è sposato con Claudia, vivono un momento di riflessione, ma, in fin dei conti, sono felici. Aldo pensa di essersi innamorato di Claudia, invece Giovanni ha una forte attrazione per lei.

I tre amici si mettono in cerca di Claudia, che, nel frattempo, è partita per svagarsi.

Ma, alla fine, si scopre che era tutto un malinteso e che la Claudia che stanno cercando non è la stessa.

La mia opinione su questo film è che molto carino, ma non più degli altri del trio comico. La collaborazione con Paola Cortellesi ha contribuito a rendere il film più divertente.

 

                          Giorgia Marini III V

 

Tre metri sopra il cielo

“Tre metri sopra il cielo” è un libro emozionante e coinvolgente, da cui è stato tratto anche un film, diretto da Luca Lucini, con Riccardo Scamarcio e Katie Lousie Sandiers.

Questo libro racconta la magnifica storia d’amore che vivono due ragazzi: Babi ha diciotto anni, è un’ottima studentessa che passa i pomeriggi a studiare con l’amica del cuore Pallina; Step ha diciannove anni, è un ragazzo violento che passa le giornate per strada con un gruppo di teppisti, finendo sempre per fare a botte, o in palestra. I due si incontrano, litigano e si innamorano perdutamente.

Non è un rapporto facile, nessuno dei due vuole crederci, vengono da due mondi troppo diversi. Ma finiscono per vivere una storia d’amore bellissima, magica e intensa come solo l’adolescenza può essere. La loro relazione procede tra alti e bassi; Babi giorno dopo giorno si accorge di quante differenze ci siano tra loro e, alla fine, decide di troncare la loro storia.

Ma entrambi sanno che non torneranno mai più lassù, tre metri sopra il cielo, dove vivono gli innamorati…

 

                                                                  Giulia Zibellini III V

 

Relazione sulla testimonianza della prof. Gambino

Il giorno 17/02/2005 alla quarta e quinta ora siamo andati in sala teatro per ascoltare la prof. Gambino, un’insegnante della nostra scuola che all’età di 14 anni ha conosciuto Don Pino Puglisi. Frequentava il liceo classico e dopo è diventata professoressa. Per lei non era solo un professore, ma anche un amico di famiglia, perché la sorella si è fidanzata con un amico di Don Puglisi.

La professoressa ci ha raccontato che Don Puglisi, nelle sue lezioni di religione, parlava delle problematiche politiche, delle paure, dei dubbi e delle scelte universitarie degli studenti. Era una persona molto tranquilla: quando entrava in classe, siccome gli studenti facevano chiasso, lui sbatteva il registro o altri libri sulla cattedra. Quando non funzionava si sedeva e li fissava fino a quando i ragazzi lo notavano.

La prof. Gambino ha apprezzato molto il film, perché rispecchia la realtà e i fatti accaduti; ad esempio quella festa nel bosco di notte, che nella realtà Don Puglisi organizzava ogni estate e durava una settimana.

Durante il dibattito abbiamo fatto alcuni interventi che avevano formulato il giorno prima, in classe. Una mia compagna Silvia Orchi ha chiesto se la prof. Gambino ricordava qualche frase qualche frase che gli aveva detto Don Puglisi e lei ha raccontato che è stato proprio Don Puglisi a consigliarle di diventare professoressa.

La III N ha chiesto anche se è successo veramente il suicidio di Domenico e se lo conosceva. Ha risposto di no e pensa che il film ha inventato questo fatto.

La prof. Iannotta ha chiesto se, invece, conosceva Rosario, quel ragazzo che è partito con la sorellina. Ha risposto che lo conosceva ed è un fatto realmente accaduto.

Per la prof. Gambino, Don Pino Puglisi è stato un uomo pieno di coraggio che ha lottato contro la mafia fino in fondo.

Da lui ho imparato molto e non lo scorderò per questo.

 

                                                                                                                                                                                          Jessica Ciullo III M

 

RECENSIONE

ALLA LUCE DEL SOLE

 

Sotto l'attenta regia di Roberto Faenza, regista e scrittore, nasce il film “Alla luce del sole”, uno straordinario capolavoro sulla vita di un parroco che insegue un ideale.

Don Pino Puglisi aveva un obiettivo: portare via i ragazzi di strada dalla criminalità ed evitare che entrassero nel giro della malavita; evitare che diventassero strumenti della mafia.

Era un uomo che “sparava dritto”, che non si è fermato di fronte alle minacce della mafia, al tentativo di essere corrotto dalla stessa e davanti alla paura di morire. Aveva una grande forza di volontà ma sapeva che questa non bastava, così chiese l'aiuto dal vescovo di Palermo. Vennero in soccorso tre suore, tra cui spicca suor Carolina, interpretata da Alessia Goria e l'amico Gregorio, che lo aiuta facendo da vice-parroco.

Gli attentati a Falcone e Borsellino sono, però, un campanello d'allarme e quando le minacce della mafia si fanno insistenti, il parroco capisce che le cose si fanno pericolose e che non stanno andando per il verso giusto. Il giorno del suo compleanno riceve una telefonata anonima che lo porterà a capire, insieme ad altri segnali, che quello è il suo ultimo giorno.

Inevitabile il confronto con "I Cento Passi" di Marco Tullio, anche quello un film non sulla mafia, ma che parla di ideali e del raggiungimento di una meta prefissata.

La bravura degli interpreti tra cui spicca Luca Zingaretti, il realismo della scenografia che ritrae il quartiere Brancaccio nella sua povertà e nel degrado, la scelta delle musiche affidata ad Andrea Guerra, egregie in alcune parti del film, rendono la pellicola ricca di spunti su cui riflettere, che narra di un eroe che “colorava i sogni”.

 

Anthony Cacciotti III M

 

 

 

 

 

 

 

“ALLA LUCE DEL SOLE”

 

DURATA: 100 minuti

GENERE: denuncia sociale

REGISTA: Roberto Faenza

ATTORI PRICIPALI: Luca Zingaretti, Alessia Gloria, Corrado Fortuna

TEMPO: 1991-1993

LUOGO: Brancaccio (Sicilia)

PROTAGONISTA: Don Puglisi

ALTRI PERSONAGGI: Suor Anna, Suor Carolina, Suor Elena, tutti i bambini, la mafia, Gregorio, Domenico, Rosario

 

TRAMA: Un prete, Don Pugliesi, ritorna dopo molti anni nel suo quartiere natale, Brancaccio. Qui trova violenza, fame, miseria e mafia tra la gente, disperata.

Ciò che lo colpisce di più è l’innocenza dei bambini che nei loro occhi avevano tanta voglia di giocare, ma erano costretti ad essere complici mafiosi. E’ proprio da loro che incomincia la sua opera di recupero sociale: infatti vedendo quei bambini giocare e stare abbandonati nelle strade, li prende e li porta semplicemente in parrocchia, dove vengono veramente amati. Ma alla mafia, a quanto pare, “il sorriso di un bambino faceva paura”. Inoltre temeva di perdere il ruolo dominante a Brancaccio. Per questo Don Pugliesi, il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno, venne ucciso, sotto gli occhi indifferenti di chi della mafia ha paura.

 

MESSAGGI: se tutti ogni giorno lottassero per la giustizia il mondo sarebbe migliore; la mafia oltre ad esistere, in molte zone, per disperazione, resiste anche per la complicità dello stato; per conoscere bisogna saper “rompere le scatole”; la verità si conosce solo pensando con la propria testa; i veri uomini devono agire alla luce del sole; i sogni colorano il mondo; il sorriso di un bambino non deve mai fare paura.

PERSONAGGIO PREFERITO: Don Puglisi, perché, secondo me, lui ha fatto una piccola ma importante parte per la giustizia nel mondo; inoltre i messaggi che dà nel film li condivido tutti.

SCENA PREFERITA: mi è piaciuta la scena in cui il bimbo-ribelle, Carmelo, vede in chiesa, alla morte di Don Puglisi, il suo fantasma, perché quel bimbo, nonostante cercasse di fare il ribelle, era tenerissimo. In quell’occasione, mentre rideva e piangeva insieme, si vedeva la sua fragilità,(come tutti i bambini sono in realtà).

GIUDIZIO PERSONALE: 10, è stato un film che mi è piaciuto molto, perché “sparava dritto” come Don Puglisi, e ciò che voleva trasmettere lo faceva “alla luce del sole” senza troppe ombre, perché la mafia è quella che è, senza giri di parole.           

ENRIDA MITRO III N

 

 

 

 

Dibattito sul film "alla luce del sole"        

                                                                                                          L’incontro, fatto giovedì 17/02/2005, è stato molto interessante, perché poter discutere e chiarire alcune cose viste in un film con una persona che ha avuto la fortuna di conoscere il protagonista è un’esperienza unica. La professoressa Gambino, con la quale è avvenuto il dibattito, ci ha parlato di come lei ha vissuto l’esperienza di aver conosciuto Don Puglisi, di come era. Di lui ci ha detto che era una persona aperta, che parlava molto con i giovani dei problemi che si hanno a quell’età, dei dubbi, delle paure. Aveva chiesto anche alcuni aiuti a questi ragazzi per portare qualcosa al quartiere Brancaccio, anche se, in un primo momento, ciò sembrò un’impresa campata per aria, secondo questi giovani che, andando lì, non trovavano niente. Don Puglisi era una persona molto calma, che cercava di sconfiggere come prima cosa il silenzio, il suo fu un duello fra scelte di vita:tra chi si era messo dalla parte della mafia, senza fare niente per ostacolarla, e un’altra parte che cercava di farsi sentire, non protestando con violenza, ma richiedendo un qualcosa che è il diritto ad avere pensieri propri e anche ad essere istruiti, per poi un giorno essere in grado di saper scegliere. Don Puglisi era un uomo che credeva in quello che faceva e ciò deve essere d’esempio:infatti lui non diede ai suoi assassini modo di ucciderlo guardandolo in faccia, ma si girò di spalle, così offendendo chi lo ha ucciso, e chi uccide una persona di spalle è un vigliacco.

La prof. ci ha raccontato di come era vero che lì i bambini venivano educati alla violenza, lasciati vivere per strada, e quei bambini e ragazzi non avevano bisogno, come prima necessità, di imparare l’Italiano, ma di essere istruiti alla verità, così che potessero saper scegliere e essere in grado di ribellarsi. Abbiamo anche discusso su come lì l’istruzione statale non c’è, mentre lascia spazio di operare ad organizzazioni come la mafia, come se lo stato avesse paura, perché tanto non è in grado di portare niente lì; quindi dà in un certo senso via libera alla mafia che invece porta lavoro e cibo, e ciò alle persone, più o meno, sta bene. Delle donne poi si è detto che avevano un ruolo inferiore, erano trattate come oggetti, non considerate e neanche capaci di parlare perché costrette al silenzio. Tutte coloro che tacevano  avevano, però, una forza incredibile.

Questo dibattito è stato molto interessante e bello e spero che ce ne siano altri in futuro.

                                                                                                  Giusy Visciano III N

 

 

RECENSIONE del FILM

“UNA GIORNATA PARTICOLARE”

 

 

Roma 1938. In un grande palazzo vive Antonietta, una casalinga chiusa in casa anche il giorno, stanca della sua vita monotona e faticosa; Gabriele, annunciatore dell’EIAR e suo dirimpettaio, è in attesa di essere mandato al confino perché omosessuale. Lei ha sei figli e un marito volgare e non rispettoso nei suoi confronti; lui prova un dolore enorme, perché deve lasciare il suo lavoro, la sua casa e la sua città a causa della propria diversità.

Sullo sfondo la città mobilitata per la parata in onore al Fuhrer in visita.

I due, incontrandosi casualmente, capiscono qualcosa di se stessi in poche ore (con questo si capisce il titolo del film) più di quanto non abbiano fatto in una vita intera.

Il regista Ettore Scola regala allo spettatore la sensazione di sentirsi all’interno delle vicende del film. L’unico colore forte della pellicola si può notare all’inizio, quando la portiera del palazzo sventola e appende la bandiera rossa con la svastica al centro. Esclusa questa immagine tutto il film tende al bianco e nero pur se a colori, come le vite scolorite dei due personaggi interpretati dalla bellissima Sophia Loren e da Marcello Mastroianni. Questo film è pieno di drammaticità e si concentra sull’incontro di due personaggi e delle loro solitudini.

Jessica Ciullo, III M

 

 

                                   Recensione del film“I 100 passi”

 

“Questo non è solo un film sulla mafia. È piuttosto un film sull’energia, sulla voglia di costruire, sull’immaginazione e la felicità di u gruppo di ragazzi che hanno osato guardare il cielo e sfidare il mondo nell’illusione di cambiarlo. È un film sul conflitto familiare, sull’amore e la disillusione , sulla vergogna di appartenere a uno stesso sangue. È un film su ciò che di buono i ragazzi del 1968 sono riusciti a fare sulle loro utopie e sul loro coraggio”.

È questo ciò che ha scritto Marco Tullio Giordana sul suo bellissimo film “I 100 passi”.

È una storia vera ambientata negli anni ’60 precisamente nel 1967-1968 a Cinisi, un piccolo paese della Sicilia. È proprio l’energia, la decisione e il coraggio di un ragazzo di nome Peppino Impastato a fare di questo film un vero capolavoro.

Il protagonista è,appunto, Peppino, figlio di un membro della mafia. Questo ragazzo, insieme ai suoi amici, fa di tutto per andare contro questa organizzazione malavitosa.

La mafia lo lascia fare finchè non decide di fermarlo: uccide questo giovane che ha avuto l’illusione di cambiare il mondo. Il suo nome rimarrà nella storia per l’enorme coraggio da lui manifestato.

Secondo me, questo film è molto bello e profondo e fa riflettere su come alcune persone si siano ribellate a questa terribile organizzazione: la mafia.

                                                                                              Diletta Dell’Oglio III M

 

 

 

Dibattito: Don Pino Puglisi l’uomo che colorava i sogni

Il 17 febbraio scorso si è tenuto un dibattito, nella sala teatro, con la professoressa Gambino che ci ha parlato della sua esperienza diretta con Don Pino Puglisi. Ha dichiarato di averlo conosciuto quando frequentava il liceo: è stato il suo insegnante di religione. Ha confermato vicende e iniziative riportate nel film, il Centro di Accoglienza dove lei è stata personalmente.

La prof.ssa Gambino ci ha parlato della filosofia di insegnamento di Don Puglisi, che invitava sempre gli alunni a pensare con la propria testa. Ha descritto le sue opere, l’aiuto che forniva ai ragazzi di strada, fin da piccoli abituati alla violenza, sottraendoli alla criminalità per aiutarli ad avere un futuro migliore. Prendendo spunto da uno dei titoli alternativi del film, “l’uomo che colorava i sogni”, Puglisi  voleva far pensare con la propria testa i cittadini e non farli vivere nell’omertà e nella paura, per dare vita e colore al sogno di una vita diversa.

La professoressa Gambino ha elogiato Luca Zingaretti per l’interpretazione di Don Puglisi, che nel film confida al diacono Gregorio di non voler rimanere solo dopo la sua morte.

Nel dibattito si è parlato dei vari simboli presenti nel film. Quando, dopo essere stato aggredito, Don Puglisi si aggiusta le scarpe, ma queste non entrano più sta a significare che le cose non stanno andando per il verso giusto; il pianto conferma che lui aveva paura, ma sente di dover continuare a “sparare dritto”, a non arrendersi. Anche nella scena in cui Domenico accerchia il prete con il motorino e gli restituisce la catenina c’è un significato più profondo. Forse il giovane fa ciò per proteggerlo, per fargli capire che sta per succedere qualcosa di spiacevole o che sta per cambiare qualcosa.

La prof.ssa Gambino ha parlato di chi ha sparato al Parroco di Brancaccio, Salvatore Grigoli, abbiamo discusso della sua vigliaccheria, perché solo un codardo può sparare alle spalle.

Infine, ha commentato una delle scene finali, quando i passanti vedono Don Puglisi steso a terra e cambiano strada; spiacevole e davvero terribile vedere cittadini vivere nell’omertà e nella paura.

La professoressa ha concluso parlando della scena che chiude il film: il bambino che immagina Don Puglisi vivo che sorride. Questo finale ci dà l’idea che quest’eroe abbia lasciato qualcosa a tutti noi.

                                                                                         Anthony Cacciotti III M

 

Recensione

del libro:

Occhio al professore

 

Il libro “ Occhio al professore” di Cristine Nostlinger, è stato pubblicato dalla Casa Editrice Giunti nel 1994 a Firenze. Il genere letterario è avventuroso ed è la storia di Lele che con la sua banda di amici vuole salvare il mondo dalla terribile invenzione del dottor Uranek: una macchina per insegnare capace di scrutare la mente di ogni scolaro. Lele con i suoi amici organizza un piano incastrando il professor Uranek. Così il povero professore è costretto a scappare dalla città.

La protagonista è Lele, aiutato dai componenti del club; l’antagonista è il dottor Uranek. La vicenda si svolge in Austria e siamo nell’anno 1995.

Lo stile usato dall’autore è molto simpatico, ricco di particolari e di digressioni                      interessanti. In questa storia si parla di amicizie, conquiste, intrighi e battaglie.

Vi consiglio di leggere questo libro perché fa ridere molto e perché parla della scuola, dei buffi professori di cui Lele racconta, e delle vicende nell’ambito scolastico e famigliare.

                                                                                                        Morena Ancora II B

                                                                                                            17-3-2005

 

Recensione del film

“Neverland - Un sogno per la vita”

 

Una storia drammatica, profonda e straordinariamente commovente. Una storia ispirata da una vicenda realmente accaduta, incentrata sul rapporto realtà-fantasia.

Parliamo del film “ Neverland –Un sogno per la vita”, un vero capolavoro con la regia di Marc Forster.

Siamo a Londra nel 1904. La vicenda parla di James Barrie (Johnny Depp), un noto commediografo. Dopo il suo ultimo lavoro teatrale non accolto in maniera positiva, ha bisogno di una nuova fonte di ispirazione che trova casualmente in una delle sue tante passeggiate pomeridiane. Infatti, nel giardino di Kensington, incontra la nota e nobile famiglia Llewelyn Davies: quattro ragazzi senza padre e Sylvia (Kate Winslet), la loro bellissima madre di cui rimase immediatamente affascinato. Barrie diventa amico di tutta la famiglia coinvolgendo i ragazzi in una serie di giochi.

E sono proprio l’eccitazione e l’avventura dei quattro fratelli a dare vita al capolavoro più noto di Barrie: “Peter Pan”.  Dopo lo straordinario successo di questa opera teatrale, Sylvia muore di cancro. Così Barrie si prende cura dei quattro fratelli Llewelyn Davies, rimasti ormai orfani, che considerava già da molto tempo suoi figli.

Il regista vuole sottolineare che Barrie è un uomo normale, come noi, triste e con alle spalle successi, ma allo stesso tempo, fallimenti. Comunque, lo scittore possiede alcune preziose qualità: quella di saper sognare, ignorando i pregiudizi delle altre persone, ed essere in grado di fantasticare, perché è, in fondo, ancora bambino.

Questo film sottolinea il potere dell’immaginazione e della fantasia; ogni persona ha il diritto di sognare e fantasticare.

La scenografia, prodotta da Gemma Jackson, è fantastica e ben realizzata, in particolare quando i ragazzi giocano con James Barrie immaginando di essere re, cowboy, indiani, naufraghi e addirittura pirati.

Gli altri attori che compaiono nel film sono: Dustin Hoffman (Charles Frohman), Julie Christie (Emma du Maurier), Freddie  Highmore (Peter), Joe Prospero (Jack), Nick Roud (George) e Luke Spill (Michael).

 

                                                         Diletta Dell’Oglio   Jessica Ciullo IIIM

 

 

 

Galleria di disegni ispirati al libro : Il giro del mondo in 80 giorni

                                               

  

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