La storia

 

Rocca di Papa sorse originariamente con il nome di Rocca di Monte Cavo; nel 1181 è ricordata per la prima volta con il nome attuale, derivante da una rocca eretta dai papi nel suo territorio. Fu signoria della Chiesa, poi dei conti Tuscolani, quindi del comune di Roma; al principio del XIV secolo passò agli Annibaldi, che nel 1425 la vendettero ai Colonna. Nel 1328 il paese accolse milizie bavaresi dell’imperatore Ludovico il Bavaro, dopo che questi aveva espugnato il sottostante castello della Molara, dove erano assediate le parti dell’esercito napoletano di Roberto D’Angiò. Terminato l’assedio, i bavaresi rimasero nell’Arce. Di questa loro presenza restano ancora oggi diverse testimonianze, come, ad esempio, certe caratteristiche somatiche ancora riscontrabili negli abitanti, i colori del gonfalone municipale (bianco e azzurro, come i colori della Baviera), l’uso del pane di segale che veniva coltivata nei Campi di Annibale, nonché il nome del rione da loro abitato che tutt’oggi si chiama i “Bavaresi”. Essi, peraltro, si aggiunsero e si mescolarono, imparentandosi, alle famiglie dei primi “Arcenses”, poi detti “roccheggiani” o “rocchiciani”, ed una di queste famiglie originarie quasi sicuramente fu quella dei Castri” (cioè “del castello”), insediatasi attorno all’antica “Arx” romana (nelle intestazioni degli antichi atti del Comune di Rocca di Papa era riportata la sigla S.P.Q.A. = Senatus Populusque Arcensis Albanus).

Rocca di Papa fu distrutta successivamente nel 1541 durante la lotta di dì Pier Luigi Farnese, capitano del Papa, contro Ascanio Sforza, e nel 1556 dai Velletrani, che si vendicarono di un razzia di bestiame da loro subita in seguito ad ordine di Pompeo Colonna. Rimase quindi ai Colonna, salvo brevi interruzioni fino al 1816, quando passò sotto la giurisdizione diretta dello Stato Pontificio. Nel 1855 un’epidemia di colera causò molte vittime. In questo stesso anno, in seguito ad alcune vessazioni subite dagli abitanti di Rocca di Papa, vi fu una ribellione che sfociò nella proclamazione di una Repubblica popolare. La ribellione tuttavia fu repressa ed alcuni cittadini furono arrestati.                                                  

 LA PARTE ANTICA DI ROCCA

 Il paese si formò all’inizio del Medioevo con capanne e case dai muri a secco in direzione nord, sotto i resti della parte più alta ed impervia dell’antica fortezza romana, detta “Orcatura” (secondo alcuni dalla deformazione dialettale di “Rocca dura”) che proteggeva anche dal freddo ed dall’umido vento invernale di sud-est (vento ai cui si deve l’origine del nome “Prata Trieste, dato ai campi sovrastanti, battuti dal vento medesimo). Il paese arrivava allora fino all’attuale Via della Cava (da una cava di pietra sperone ivi esistente). Sul finire del 1600 il paese si estese ad ovest con la piazzetta delle Erbe e la fontana detta “La Barcaccia”. Nello stesso periodo fu iniziata la costruzione del Duomo con l’antistante fontana.

Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’’800 furono costruite le case dell’attuale via Gramsci e fu sistemata la zona del Belvedere. All’inizio del ‘900 furono realizzati palazzi e villini intorno al Convento dei Frati e al Cimitero, in quella piazza che poi sarebbe stata dedicata alla Regina Margherita e successivamente alla Repubblica.

Dopo il terremoto di casa Picciola del 1883, il governo fece costruire sotto la fortezza il primo Osservatorio Geofisico d’Italia a cura del professor Michele Stefano de Rossi. In esso compì alcuni studi il giovane Guglielmo Marconi. Infatti Marconi nel 1922 scoprì cooperando nell’Osservatorio, le radio onde elettromagnetiche che proiettate a fascio contro corpi ed ostacoli da individuare.

Nel 1933 Marconi si spostò fino a Civitavecchia ed oltre, arrivando a ricevere, nell’agosto dello stesso anno a Capo Figari in Sardegna. Nel 1935 lo scienziato effettuò dalla Rocca, la prima intercettazione di aerei in volo. Dopo la morte di Marconi (20 luglio 1937) fu realizzato il ponte radio con la Sardegna (11 maggio 1948), la cui grossa struttura portante domina sull’antico Monte Albano.

Nel 1909 fu realizzato il collegamento tranviario con Roma. La linea partiva dall’Esquilino per le varie zone dei Castelli. Dalla linea Roma- Marino a Valle Vergine e Valle Scura arrivava alle pendici di Rocca di Papa.

Esisteva a Rocca di Papa una funicolare funzionante a contrappeso d’acqua che portava alle estremità dei giardini di Piazza Margherita. Le stazioni inferiore e superiore della funicolare avevano un caratteristico stile alpino. Dalla stazione sottostante si comunicava il numero dei passeggeri a quella sovrastante ed in base a tale numero si regolava la quantità d’acqua occorrente al contrappeso. Poi nel 1932 fu costruita la nuova funicolare vicino al paese a trazione elettrica. Oggi è rimasta soltanto la vecchia stazione che viene utilizzata per i mezzi Cotral.

Oggi Rocca di Papa è costituita da: Vigne, Campi d’Annibale, Centro Storico, Bavarese, Ribelli, Colle delle Fate, Vivaro, la zona delle Cooperative, Faete, Maschio delle Faete.

 OGGI A ROCCA DI PAPA

 La popolazione totale è di 12.756 abitanti di cui 6.506 femmine e 6.250 maschi. La maggior parte della popolazione lavora fuori dal paese. Molte persone si dedicano all’artigianato. Mentre in passato Rocca di Papa era abitata esclusivamente da persone originarie del luogo, attualmente si è registrato un discreto flusso immigratorio e molti immigrati hanno cominciato a popolare la zona delle “Casette”. Alcune persone inoltre che hanno il proprio lavoro a Roma, hanno scelto di risiedere a Rocca di Papa, per la bellezza e la tranquillità del posto.

I pozzi della neve ai Campi di Annibale

 Quando non c’era il sistema moderno per produrre il ghiaccio, il commercio di questo prodotto era alimentato dai pozzi della neve di Rocca di Papa. Nei Campi di Annibale i pozzi erano numerosi: c’era quello della Lupa, della Fortuna, de “a Castagnà”, quello di “Giggi u papa”, quello de “u speziale”. Quest’ultimo sorgeva nei pressi dell’antica “Trattoria della Neve”, detta così per la vicinanza del pozzo. Il pozzo de “u principe” ha lasciato il nome a una via. Dopo la nevicata i “riazzi” si mettevano a “luccà”: “Ha fiaccatu” e tutti di corsa verso i Campi di Annibale. Lassù li raggiungevano gli uomini e le donne chiamati dalla campana del Duomo e subito iniziava la raccolta della neve nei pozzi. Sopra veniva posta paglia, terra e fogliame: la neve pigiata diventava ghiaccio. Veniva l’estate, il ghiaccio veniva tagliato in blocchi, caricato sulle bestie e trasportato per il rifornimento delle ghiacciaie. Con la neve ghiacciata non si confezionavano ancora i gelati, ma appunto i sorbetti o le granatine: le “Grattachecche” insomma.

“’E arrivato er rocchiciano!” era il grido festoso dei ragazzi romani. La gestione della raccolta della neve e della vendita dei sorbetti era affidata all’ufficio di un monsignore che curava la riscossione dei diritti davanti allo Stato Pontificio.

Il dialetto di Rocca di Papa

 Il dialetto di Rocca di Papa deriva dal latino e ne è dimostrazione la sua caratteristica principale, vale a dire la “u” finale così frequentemente usata nella parte finale delle parole. Il permanere di tale caratteristica è da attribuirsi agli scarsi contatti ed alle sporadiche comunicazioni nel tempo con gli altri insediamenti umani. Altra caratteristica del linguaggio roccheggiano sta nell’uso di molti dittonghi. Gli articoli impiegati sono: “u” al posto di “il”, “o” al posto di “lo” ed infine “a” al posto di “la”.

Per capire l’uso della “u” come articolo andiamo a vedere una frase classica latina : “Da mihi illum panem” (dammi il pane). Nella lingua di città “illum” divenne “il”. Invece a Rocca di Papa esso divenne “gliu”. Gli articoli al plurale sono “i” ed “e” (le). Come aggettivi dimostrativi troviamo “llu”, “lla”, forme sincopate di “chillu” e “chella”, derivate dal latino del IV secolo. Per “chissu” e “chessa” la derivazione è sempre dal tardo latino “eccuti istuti” ed “eccuti istati”. Dal pronome latino “ipse” e “ipsa” derivano invece i roccheggiani “issu” e “essa”. Poi si usa “essolu” ed “essola” per indicare una cosa vicina ed “ello lu” ed “ello la” per indicare cose lontane. I pronomi personali sono: issu, noa, ‘oa, issi. Nel dativo: “a mi”, “a ti”, “a issu”, “a noa”, “a ‘oa”, “a voi”, “a issi”, “a mi” che derivano appunto dal latino. 

I verbi

A Rocca di Papa molte volte il verbo “stare” sostituisce “essere” (Es.: Chi sta? – che significa “chi c’è”).

Spesso anche il verbo “essere” sostituisce “avere”.