FRATTOCCHIE
E LA VITICOLTURA
La storia di Bovillae
prima, e di Frattocchie poi, si perde nei tempi mitici della preistoria
laziale. Distrutta Albalonga dalla nascente potenza di Roma, verso la metà del
VII sec .A.C Bovillae ne eredita i culti ne accoglie i collegi Sacerdotali .
Diviene importante crocevia di traffici e commerci
,trovandosi tra la via
Nettunense, la strada per il ”Mons Albanus ”, l’attuale Via Appia e
attraverso la Via Cavona, “Tusculum”. La decadenza dell’impero Romano, nel
5 secolo, la distruzione da parte delle orde barbariche, delle principali reti
di comunicazione con Roma, il
conseguente spopolamento, le acque del vicino lago “Turno” determinano
l’impaludamento della zona .Nel 1611, Pio V prosciuga il lago
Turno bonificando i territori con la coltivazione della vite. Nella
seconda metà del 600 il cardinale Girolamo Colonna costruisce una dimora detta
“Villa della Sirena” tra i ruderi di un edificio romano, proprio sulla
confluenza tra la via Cavona e la Via Appia. La villa ha ospitato molti Papi
durante gli spostamenti alla residenza di Castel Gandolfo. Nel 1789 viene
riattivata definitivamente la Via Appia, Frattocchie allora ricoperta a macchia
di rovi, detti “fratte”, diviene nuovamente un importante centro, nel quale
oggi sorge lo stabilimento della Cantina Sociale GOTTO D’ORO.
Le origini della viticoltura romana
hanno radici etrusche e in misura minore greche. La coltura della vite, alberata
etrusca, venne sostituita dal filare con intrecciata di canne, fino ad arrivare
agli impianti a cordone e guyot. Il vino veniva fatto fermentare nei dogli, una
sorta di vasi di terracotta panciuti della capacità di mille litri, e da qui
travasato in anfore da 20 litri, nel periodo compreso fra Marzo e Aprile, dove
veniva lasciato a invecchiare anche fino a venti anni. Queste informazioni ci
sono state tramandaste da Columella, che nel I secolo D.C scrisse il Dere
rustica, un vero e proprio manuale di viticoltura e tecnica della vinificazione.
I vini migliori, più strutturati, non venivano trattati, ma piuttosto
arricchiti con l’aggiunta di defrutum, un mosto concentrato che alzava la
gradazione di uno o due gradi alcolici. La maggior parte dei vini, proveniente
da vigneti meno pregiati, o da vigneti troppo giovani, venivano addizionati con
sale, acqua marina concentrata, resina e gesso. Insomma una vera e propria
sofisticazione! Fra gli scambi commerciali del Urbe, ricchissimo era il
commercio del vino, come testimonia il Testaccio, una collina alta 35m e con un
perimetro di 850m alla base, poco distante dal Tevere; la cui origine deriva
dallo scarico dei cocci (in latino: testa)delle anfore vinarie e olearie gettati
via dai mercati del vicino emporium. Nonostante siano trascorsi millenni e il
mondo si sia completamente trasformato, Roma rimane circondata da vigneti e
caratterizzata da una produzione di vini che continuano a essere richiesti e
apprezzati soprattutto dai romani.
Il Lazio ha una produzione
annua di circa quattro milioni di ettolitri di vino, di cui 560.000 sono D.O.C,
cioè a Denominazione di Origine Controllata. Oltre il 90% dei vini prodotti
nella regione sono bianchi. I Castelli Romani producono più dell’80% del vino
D.O.C del Lazio. I terreni della zona sono perlopiù di tipo basaltico, o di
argilla tufacea originati dai crateri del complesso vulcanico Albano Tuscolano.
Dalla natura geologica del suolo deriva la ricchezza di potassio e di fosforo,
nonché’ la carenza di azoto e di calcare che contribuiscono a
contraddistinguere la qualità del vino dei Castelli Romani.
I vigneti del Frascati ,che si
elevano tra i 200 e i 400 metri, si differenziano dalla restante zona per
l’esposizione più’ settentrionale per la maggiore lontananza dal mare, che
tipicizzano il pronunciato fruttato dei suoi vini. I vigneti del Marino esposti
a ovest e con altitudini comprese fra i 150 e i 250 metri ,danno origine a vini
più strutturati.
I vitigni coltivati sono
prevalentemente cloni delle famiglie del Trebbiano
E in atto la rivalorizzazione
dei vitigni autoctoni e la sensibilizzazione
PRODUZIONE DEL VINO DAL MEDIOEVO A
OGGI
Dopo la caduta dell’impero romano
e la dominazione di popolazioni germaniche, nei territori precedentemente
occupati dai romani la produzione di vino diminuì. Divenne,
in alcuni
casi, un’attività riservata ai monasteri,
in quanto il vino era
considerato indispensabile per la celebrazione eucaristica. Fra
il XII e il XVI secolo,
tuttavia,
la produzione di vino tornò nuovamente a diffondersi e per tutto questo periodo
il vino fu il principale prodotto da esportazione della Francia.
Durante il XVII
secolo si sviluppo la produzione di bottiglie e ritorno in auge l’uso del
tappo di sughero
(dimenticato dal tempo dei romani)
che rese possibile una
migliore conservazione del vino Molti
fra i migliori vitigni della regione di Bordeaux furono sviluppati tra la fine
del XVII e l’inizio del XVIII secolo dai signori locali; fu allora che si
incominciò a produrre lo Champagne, mentre commercianti inglesi parallelamente
svilupparono la coltura delle viti nella valle del Douro in Portogallo. Per
quanto riguarda i territori extra europei, in Cile si incominciò nel XVI
secolo, in Sudafrica nel XVII,
in America nel XVIII e in Australia nel XIX. Dal
1863 in poi, la viticoltura europea subì la devastazione della
fillossera, un insetto che provoca il disseccamento delle foglie e attacca le
radici della vie. La fillossera proveniva dall’America e fu proprio da lì che
giunse anche la soluzione del problema: dal 1880 in poi si innestarono vitigni
americani resi stenti alla fillossera sulla
VITIS VINIFERA europea.
Durante la prima metà del XX
secolo, la coltivazione della vite e la produzione di vino subirono un
crollo, a causa dei conflitti politici e delle guerre, contrassegnato
anche da problemi di adulterazioni, frodi e sovrapproduzione.
La
sovrapproduzione rimane ancora oggi un grave problema, fondamentalmente
irrisolto per tutta l’Europa, anche se, specie per i prodotti DOC (a denominazione
di origine controllata) e DOCG (a denominazione di origine controllata e
garantita ),
vengono stabilite quantità massime di produzione per ettaro. La
seconda metà del XX secolo ha, invece, segnato importanti progressi tecnici sia
nella viticoltura,
sia nella vinificazione e ha visto una crescente diffusione
di queste attività in tutto il mondo.
PRODUZIONE INDUSTRIALE DEL VINO
Il processo produttivo del vino
prevede sei passaggi fondamentali.
Nel caso dei vini rossi, i grappoli delle uve
selezionate vengono immessi in una pigiadiraspatrice che stacca gli acini
dai graspi; mediante pressatura, si ottiene un fluido denso, il mosto,
che viene fatto macerare(2). Si passa quindi a una fase di illimpidimento
(3) che
può avvenire con metodi
diversi(anidride solforosa, enzimi pectolitici, gelatina in scaglie,
decantazione, e altri); quindi, il mosto viene immesso in botti in cui avviene
la fermentazione: per azione di lieviti presenti naturalmente nel mosto o
derivanti da colture selezionate, gli zuccheri vengono convertiti in alcol
etilico
(4). Il vino che si ottiene viene filtrato
(5) e imbottigliato(6). Nella
produzione dei vini bianchi, dopo l’asportazione dei graspi, il mosto viene
immediatamente pressato, in modo da separare le bucce degli acini dal
succo d’uva; si procede quindi con un processo analogo a quello
impiegato per i vini rossi.
GOTTO D’ORO
La cantina sociale di Frattocchie
(Marino), fondata nel 1945, è stata la prima azienda vinicola dei Castelli
Romani. Di questa generosa terra che si estende a sud di Roma conserva proprio
l’antica tradizione vitivinicola radicata
fin dall’Epoca Romana, dalla
quale ha inspirato anche il proprio nome Gotto ,derivata dalla definizione
latina di guttus, un bicchiere di vetro di buona capacità, e che per variante
indica anche il suo contenuto in vino .lo stabilimento di Frattocchie
centralizza tutte le operazioni di trasformazione, di lavorazione e di
imbottigliamento dei vini DOC
Frascati ,Marino e Castelli Romani, conferiti da oltre 400 viticoltori
associati. Le linee di produzione, completamente automatizzate ,dispongono
d’impianti moderni funzionali e tecnologicamente avanzati, con una potenzialità
di oltre 200.000 ettolitri di vino, che assicurano l’ottimizzazione delle fasi
operative e garantiscono i l
rispetto delle caratteristiche organolettiche e qualitative del vino.
Nell’area Castelli Romani, che dalle porte della Capitale si estende con i
suoi rigogliosi vigneti fino alla pianura pontina, si produce
più del l’80% del vino
DOC del Lazio . Questa zona è, da sempre geologicamente e culturalmente incline alla produzione dei vini di
qualità terreni collinosi di origine vulcanica, l’esposizione geografica e la
presenza di un clima particolarmente favorevole ne determinano la
tipicità e ne esaltano i pregi che la caratterizzano .Fra i vini DOC
prodotti dalla cantina si annoverano il MARINO; il FRASCATI ed il CASTELLI ROMANI. Questi vini sono divenuti tanto
celebri quanto più apprezzati perché, sebbene lavorati con tecnologie fra le
più avanzate, si mantengono fedeli ad una tradizione plurisecolare che si può
far risalire alla prima viticoltura dei popoli latini e quindi dell’antica
Roma. le uve, che provengono dai vigneti situati nel territorio di Marino,
Ciampino,
Frascati, Grottaferrata,
Monte Porzio Catone ed alcune zone di Montecompatri e
Castel Gandolfo, sono ottenuti da vitigni a bacca bianca
autoctoni come la Malvasia del Lazio o
puntinata, Bellone, Bombino, Cacchione e Greco; affiancati da vitigni di:
MARINO
D.O.C
“La più bella terrazza sul
mare”. Così esclamò ammirato il re Vittorio Emanuele III dopo aver fatto
fermare la sua automobile a metà della salita delle Frattocchie proprio per
ammirare il panorama. Questa espressione di ammirazione sintetizza il
particolare ambiente in cui sono impiantati i vigneti, quasi tutti con giacitura
in pendio più o meno accentuato ma rivolti verso il mare ed inclinati proprio a
ponente, così da godere della più lunga esposizione al sole.L’esposizione
verso mare assicura, anche nei periodi di più elevata temperatura, una
piacevole brezza marina rinforzata dalle correnti ascensionali del lago
d’Albano, abbassa la temperatura nei periodi estivi e consente il prolungarsi
della vita delle foglie del vigneto e, quindi un’abbondante elaborazione degli
zuccheri che nella fermentazione si trasformeranno in alcool.
I terreni sono
caratterizzati dalla presenza di “terrinelle” originate dalle ceneri
vulcaniche che conferiscono alle uve ed al vino caratteri di delicatezza; la
ricchezza del potassio, prezioso per la elaborazione degli zuccheri, è
testimoniata dalle inclusioni bianche di leucite che caratterizzano il peperino
di Marino, roccia vulcanica tipica di molte zone. I fattori ambientali
caratterizzano nettamente il vino “Marino” particolarmente sapido, con fondo
di salmastro e con una struttura robusta. Questo vino già noto agli antichi
popoli latini, è ottenuto con vitigni di Malvasia rossa, oppure Bianca di
Candia, e Trebbiano Toscano, con una percentuale variabile di Malvasia del Lazio
e minima di Bonvino e Cacchione. La gradazione è compresa fra gli 11 gradi e
mezzo e i 12 e mezzo, e quando li oltrepassa si può chiamare superiore. Il
colore va dal giallo paglierino intenso fino al giallo oro. Il profumo è
vinoso, tipico della malvasia, ampio e asciutto; mentre il sapore presenta una
persistenza aromatica buona e un retrogusto amarognolo. Il vino di Marino è da
tutto pasto, da consumarsi giovane e si accompagna con i piatti tipici
regionali, ma in particolare con il pesce, con gli antipasti magri e con la
pastasciutta.
IL VINO ED UN MESTIERE SCOMPARSO
Una figura di questo antico
commercio del vino, ancora viva nell’immaginario collettivo e –oserei dire-
perfino romantica, tanto nella mente della gente, quanto nella fantasia di
artisti italiani e stranieri, che lo ritrassero in innumerevoli incisioni, e che
lo immortalarono fin dalla fine del secolo scorso in caratteristiche fotografie
d’epoca è indubbiamente il carrettiere, accompagnato dal suo rutilante
carretto a vino.Era costui assai spesso un vignaiolo che aveva eletto come sua
attività principale, o secondaria ,il trasporto del vino.
Un mestiere piuttosto
pesante,
tanto da richiedere particolari doti fisiche di robustezza e di
resistenza, sia alle fatiche ,sia alle intemperie, cui si era esposti d’estate
e d’inverno nel corso di ogni viaggio che iniziava nottetempo dalla cantina
dove veniva effettuato il carico in barili e si concludeva alle trattorie della
cintura urbana, fino alle osterie del centro di Roma.
Se era caratteristico
l’abito del carrettiere nella versione pinelliana,
con tanto di gilet,
bombetta e fascia rossa o nera alla vita,
ancor di più lo era il carretto che,
a differenza della vignarola (carretta di campagna), o della barozza (biroccio),
si presentava ostentatamente pittoresco per gli ornamenti e
caratteristico per la forma, oltre che funzionale nella struttura. Un
piano privo di sponde laterali, montato su due ruote piuttosto alte, con
due stanghe adatte indifferentemente per il dorso di un mulo o di un cavallo.
Alle spalle del conducente,
sopra la cassetta, una cappottina a soffietto scura
(nella versione più antica la copertura era costituita da una forcina
d’albero rivestita di pelli) offriva riparo al carrettiere,
proteggendolo dal
freddo, dalla pioggia dal sole nelle ore calde del ritorno ai Castelli.
Ogni
parte del carretto era decorata con fregi, fiori e arabeschi dipinti con
vivacissimi colori; mentre il cavallo, coperta la groppa da una rete a maglie
larghe provvista di sonagli, di nastri
e fiocchi cangianti con un pennacchio multicolore sulla testa, sembrava sempre
sul punto di partecipare a una grande parata.
Dieci barili da 50 litri ciascuno
formavano il carico utile ed erano
montati a piramide sul pianale del carretto con alla sommità la cupella
(barilotto)
a disposizione del carrettiere, e un immancabile cagnolino. Personalizzato con
il marchio di famiglia del trasportatore il barilame, caratterizzato da una
peculiare decorazione tutto il resto,
il carretto procedeva sull’Appia insieme
ad altri, provenienti dai vari Castelli Romani, formando una chiassosa e allegra
processione. Questo di Marino, quello di Frascati di Albano o di Ariccia quell'altro ancora di Genzano o di Velletri. Ognuno di quei carretti si
caratterizzava, per una nappa o per un sonaglio diverso, come ambasciatore del
paese di provenienza.
UNA CANTINA
PER UN TERRITORIO DI VINO TUTTO “D’OK“
Il territorio dove opera la Cantina
sociale di Marino è geologicamente
e culturalmente incline da secoli alla produzione di vini di qualità.
Fra i vini a Denominazione di Origine
Controllata ( D.O.C ) prodotti dalla “GOTTO D’ORO “ si annoverano
il Marino,
il Frascati, il Castelli Romani
E PER FINIRE UNA POESIA DI TRILUSSA
POESIA VINO BONO
Mentre bevo mezzo litro
De Frascati abboccatello,
Guardo er muro der tinello
Co’ le macchie del salnitro.
Guardo e penso quant’è buffa
Certe vorte la natura
Che combina una figura
Cor salnitro e co’ la
muffa
Scopro infatti in una macchia
Una specie d’animale:
Pare un’aquila reale
Co’ la coda de cornacchia.
La c’è un orso, qui c’è un gallo,
Lupi, pecore, montoni,
E su un mucchio de cannoni
Passa un diavolo a cavallo.
Ma ner fonno s’intrevede
Una donna ne la posa
De chi aspetta quarche cosa
Da l’Amore e da la Fede…
Bevo er vino e guardo er muro
Con un bon presentimento;
Sarò sbronzo, ma me sento
Più tranquillo e più sicuro.
(TRILUSSA)