LA
VENDEMMIA E LE OTTOBRATE
Alla
fine della giornata la “festa” della vendemmia finiva sempre tra danze e
canti, quasi per rinfrancarsi del lavoro appena compiuto sotto il sole e all’aria aperta nei ricchi vigneti dei castelli. Nel mese di ottobre queste
danze si possono anche vedere nelle osterie e nei campi, perché durante il
tempo della vendemmia, gruppi di ragazze e giovanotti escono dalle porte della
città, specialmente da porta Angelica, ed in un prato, sotto monte Mario, si
pongono a ballare per la strada, o davanti alle osterie, suonando il tamburello.Verso sera poi queste ragazze tornano a casa cantando su carri e vetture, che
attraversano la città, oppure tornano a piedi portando una verga ricoperta di
fiori, cantando una canzone vivace ed assordante (gli stornelli) ed alcune recano
delle torce; si ha l’impressione di veder passare davanti ai propri occhi un
corteo di Menadi o di Baccanti.
Le
ottobrate, le tradizionali scampagnate del popolino fuori porta, quasi
certamente derivano dalle feste dionisiache che si celebravano nell’antica
Roma il 23 ottobre in onore di Bacco. Uomini adorni di corazze, giovani in toga
e donne pavesate da ninfe si abbandonavano fino a tarda notte a balli sfrenati e
a libagioni ancora più incontrollate tanto che nel 186 A.C. venne emanato il De
Baccanalibus che proibiva i
misteri dionisiaci.
Sotto
Nerone migliaia di persone tornavano a riunirsi lungo le rive del Tevere e, al
suono di cembali, le baccanti, guidate da Dionisio, il dio del vino, ballavano
sino all’alba vestite di foglie di edera e con i lunghi capelli adorni di
pampini.
Ancora
a metà 800 le ottobrate romane conservavano una loro particolare caratteristica
e costituivano un appuntamento a cui era molto difficile rinunciare. Si usciva
dalla città sulle carrozze stracariche: tre a cassetta, sei nell’interno e
tre sul mantice. I cocchieri gareggiavano nel superarsi ed i canti ed i
ritornelli si fondevano, al suolo dei cembali, dei tamburelli e dei rozzi flauti
fatti con le comuni canne.
Sia
gli uomini che le donne erano molto ricercati nel vestire: ”Le une col pettine
alto a trafori, con spilloni d’argento e ghirlanda
fitta nelle
trecce, con la vellutata veste corta, da cui uscivano scarpette basse dalle
fibbie d’argento. Un fazzoletto di seta di colore vivace copriva loro le
spalle, avevano tre o quattro collane d’oro, orecchini e anelli. Gli uomini
avevano un corpetto scarlatto, calzoni corti e chiusi sotto il ginocchio con una
fibbia, una fascia di seta alla vita, calze celesti, scarpe basse con fibbioni e
cappello con la tesa sinistra tenuta ferma dalla penna di cappone.