STORIA DELLA VITE E DEL VINO NELL’ANTICHITA’ E NEL MEDIOEVO NEI CASTELLI ROMANI.

Non si può stabilire con certezza quando si sia iniziato a coltivare la vite e a produrre vino. Sappiamo invece che sui Colli Albani il vino era già conosciuto 600 anni prima della nascita  di Cristo. Ce lo conferma il ritrovamento di anfore per la conservazione del vino in alcune tombe laziali. Il geografo Strabone  (64 a.C - 20 d.C) parla di vigneti intorno al Tuscolo e nel territorio dei Colli Albani che producevano ottimi vini. Per quanto riguarda  la vite, sappiamo che c’erano due sistemi di coltivazione: il sistema greco e il sistema etrusco. Nel sistema greco la vite veniva lavorata ad alberello basso, tenendo sempre i tralci molto corti, oppure a palo secco cioè facendola arrampicare lungo un palo conficcato nel terreno.

Nel sistema etrusco invece, la vite era “allevata alta” ed eventualmente maritata al pioppo, all’acero o all’olivo. Perciò  i tralci venivano lasciati lunghi (come si usa ancora nelle nostre vigne) e la vite veniva fatta attorcigliare (maritare) al tronco dell’albero. Lo storico romano Plinio, vissuto circa 200 anni prima di Cristo, ci parla del sistema di “allevamento della vite maritata a tralci lunghi” in uso nelle vigne dell’antica Aricia. Sistema diffuso in tutta l’Italia centro-settentrionale.

Nel medioevo la coltivazione delle vite non fu mai del tutto abbandonata.

Gli appezzamenti di terreno coltivati a vigna erano di piccole dimensioni e sempre molto vicini alla città, se non addirittura dentro la cinta muraria. A differenza dell’epoca romana, nel medioevo la vite viene coltivata bassa, ad alberello, oppure a palo secco. Si adottarono questi sistemi perché c’era l’esigenza di sfruttare al massimo i piccoli vigneti.

Molte vigne sorsero intorno ai  monasteri, nei quali, oltre alla preghiera, si da molta importanza al perfezionamento dell’agricoltura.    

Col tempo il vino divenne uno dei mezzi principali attraverso il quale i monasteri potevano guadagnare il denaro per le proprie spese. Si cominciò così a porre il problema della conservazione e del miglioramento del vino. I romani conservavano il vino dentro orci di terracotta. Quando però erano lontani da Roma, in Gallia oppure in Britannia, impararono a fare uso delle botti di legno utilizzate da quei popoli per conservare le loro bevande.

La caratteristica della botte è che essa “respira” e trasmette il “sapore” del legno al vino, perciò oltre a conservarlo arricchisce anche il suo invecchiamento.

Nelle cantine dei monasteri, dotate di botti di quercia, si producevano e si conservavano i migliori vini del medioevo, perciò ne esistevano tantissime qualità. C’era il vino bevuto dal popolo, che era di qualità scadente e quindi più economico. Aveva una gradazione alcolica molto bassa e allora se ne poteva bere molto durante la giornata, anche perché era più sicuro dell’acqua dei pozzi, che spesso era infetta.

In genere il vino del popolo era il bianco, che va bevuto “giovane” e non ha bisogno delle cure che richiede l’invecchiamento.

Il vino bevuto dai ricchi invece, era quello rosso, invecchiato con cura nelle migliori cantine, oppure il vino prodotto in particolari zone, come il vino della Corsica, quello liquoroso di Cipro, oppure il vino fatto con le uve di malvasia di Creta.

Solo ai più giovani non era permesso bere vino. Un medico medievale diceva di non dare vino ai bambini al di sotto dei cinque anni, perché esso avrebbe fatto inacidire il latte che bevevano e aggiungeva che finché il bambino non avesse quattordici anni doveva bere solo vino molto annacquato. Nel medioevo si bevevano anche vini  particolari, chiamati vini speziati, preparati mettendo in infusione nel vino erbe aromatiche. Essi venivano  serviti anche caldi e usati dai ricchi come aperitivi o digestivi. Alcuni di questi vini venivano usati anche come medicinali. Vini speziati erano il vino salviaticum (con salvia), il vino rosatum (con rose) il vino gariofilatum  (con chiodi di garofano) Chiudiamo questa breve storia della vite e del vino con una ricetta medievale che utilizza come ingredienti sia l’uva che il vino. Si tratta di una sala chiamata sala camellina,  riportata in un libro di cucina medievale.     

  SAPORE GAMELINO

 (RACCOLTA NAPOLETANA, RICETTA 105)

Piglia uva passa he pistala quanto se po; poi piglia tre ho quattro onze de amandole he pista cum  la uva passa he due ho tre fette de pane brusculado posto a moglio in vino rosso, he pista insieme; poi pigliarai uno poco de bono vino rosso, sabba he agresto, facendolo dolce ho brusco come te pare et passerai tute queste cose per la stamegna, giongendoli poi canella assai he garofali he noce moscate.