ALBANO LAZIALE

 

Cenni Storici

Albano laziale sorge sulle pendici dei Colli Albani a circa 25 Km. da Roma, lungo il corso della Via Appia. Per la posizione ottimale, a 400 m. sul livello del mare e ad appena 20 Km. dalla costa tirrenica, ha un clima temperato, caratterizzato da estati miti ed inverni moderatamente freddi. Le bellezze storico archeologiche, il lago, i boschi, la cucina tipica, caratterizzata anche dal celebre “vino dei Castelli”, le botteghe artigiane del centro storico, fanno di Albano laziale la meta preferita per il turista in visita ai Colli Albani. Culla della stirpe dei Latini che sparse 30 colonie nel Lazio e alla fine fu distrutta dall'ultima di esse: Roma. Sullo stemma municipale appare infatti il più celebre dei miti sacri ai Latini e ad alla mitica Albalonga, fondata secondo la leggenda da Ascanio, la bianca scrofa (Alba) che allatta trenta porcellini simboleggianti le trenta città della Lega Latina.

 

 

 

Questi simboli, nello stemma, sono posti sotto un’antica quercia ai bordi del lago e del monte Albano, dove Giove laziale aveva la sua sede ed il suo tempio massimo.

Sull'area dove Domiziano si fece costruire una villa da sogno, e quella dove Settimio Severo pose un grande accampamento di legionari: i "Castra Albana", chiamati anche di Minerva, sorge l'at­tuale centro urbano. Tali accampamenti erano formati da una serie di torri collegate da murature in blocchi squadrati di peperino tuttora visibili. L’approvvigionamento dell’acqua era garantito dal “Cisternone” che conteneva diecimila metri cubi d’acqua, esso risulta essere l’unica cisterna di età romana che oggi, dopo duemila anni, funziona ancora perfettamente. Le acque che l’alimentano per mezzo di un cunicolo sotterraneo provengono dalle sorgenti poste nel cratere del lago Albano e s’immettono scroscianti nelle cinque maestose navate della cisterna, lunga cinquantotto metri, larga trentadue e ripartita da ben trentasei pilastri. La nascita della città di Albano coincide con la soppressione  dei Castra avvenuta nel 312 per ordine di Costantino, ma si deve ritenere che la città sia sorta,  perché le famiglie dei legionari, gli addetti alla villa imperiale, gli artigiani e i commercianti necessariamente presenti hanno già costituito un nucleo abitato. Tra il 334 ed il 336, per volere dell'imperatore Costantino il Grande, fu edificata la Basilica di San Giovanni Battista, distrutta nel IX secolo, e riedificata da Leone III e dedicata a S. Pancrazio, attuale patrono della città.

Fin dall'età della Repubblica, i ricchi patrizi romani amavano risiedere all'Ager Albanus; tra questi avevano ville P. Terenzio Afro, M. Giunio Bruto, A. Aurelio, Sesto Tedio e Pompeo, la cui villa, attuale Villa Do­ria proprietà del Comune, passò da suo figlio all'Impe­ro. Si ricorda la famosa Villa Domiziana, voluta da Domiziano che fece livellare e dividere il pendio del colle in quattro terrazze in cui dispose il palazzo, l’ippodromo, le cisterne ed il teatro, formando un nucleo che si può considerare il centro della sua villa di cui rimane ancora l'edificio, attualmente Chiesa, del Ninfeo della Rotonda.

 

Dai barbari di Alarico, Genserico, Belisario, fino ai Saraceni e agli antipapi Guisberto e Anacleto, e ai Romani nel 1168, Albano fu preda ambita dei vari condottieri e protagonisti della storia nel primo Medio­evo. Verso il 1178 compare a capo del Borgo Giovanni Savelli, la cui famiglia tenne il possesso della città per quattro secoli.

"La civitatem Albanensem cum burgo et terris " risulta da una Bolla del 1217 data da Onorio III, della famiglia Savelli, al locale Vescovo; Papa Onorio IV rimise Albano tra i possedimen­ti della famiglia. Nel 1436, a causa della lotta tra il Papato con Eugenio IV ed i Colonna alleati con i Savelli, Albano fu distrutta completamente. Solo il Borgo rimase e una volta ripresosi, fu tolto da Sisto IV ai Savel­li e dato ai parenti Rovere. Nel 1501 Alessandro VI lo donò ai Borgia.

Nel 1503, anno della morte del Papa, ritornò proprietà dei Savelli. Paolo III, nel 1607 conferì a Paolo Savelli, già Signore di Castel Gan­dolfo, il titolo di Principe di Albano. Nel 1697 fu estinto ad un'asta della Camera Apostolica. Nel secolo XVIII Albano fu nuovamente sede di residenza: ville delle famiglie Altieri, Corsini, Doria-Pamphili. Con la Repubblica Romana gli Albanensi si ribellarono e insorsero contro i Francesi, ma furono sedati da Murat. Fece parte del Dipartimento del Tevere e fu capoluogo di Cantone. Fu inclusa nella Comarca quando ci fu la divisione in provincie dello Stato Pontificio. Dal 1870 Albano entrò nella geografia del Regno d'Italia e nel 1872 ha assunto il nome di Albano Laziale. Nel 1894 viene inaugurata la ferrovia Roma-Albano. Gli anni successivi vedono Albano assumere il ruolo di città castellana con il suo patrimonio culturale, tradizioni e manifestazioni, ma le vicende belliche del 1943-44 le impongono un duro tributo prima con i bombardamenti aerei e poi con le battaglie e i cannoneggiamenti determinando la distruzione di una parte della città e il  sacrificio di numerose vite umane.

Tra il XVII e XVIII secolo la città vede emergere e poi maturare quello che diverrà il segno urbano più caratteristico: la sua struttura innovante. Il realizzarsi nella sua parte alta del nuovo Tridente, determina il convergere sul complesso di San Paolo e l’innervarsi sul sistema urbano preesistente in connessione col tracciato della Via Appia. Un telaio urbanistico, che guiderà e reggerà lo sviluppo della città fino al nostro secolo, appoggiato al declivio alto del fronte verso il mare.

Esso si attesta verso Nord, attraverso la via del "Borgo di San Paolo" (ora Via Murialdo) sul preesistente sistema, confluendo nella piazza laterale al Duomo; mentre è congiunto verso Sud attraverso l'attuale via Saffi direttamente sul tracciato della via Appia. Il grande triangolo di strade dell’Albano barocca diviene così il contesto portante della crescita edilizia per oltre due secoli. In questo periodo sorgono la Chiesa di S. Paolo, la Chiesa della Immacolata Concezione, la nuova Sacrestia della Cattedrale e il palazzetto al numero 91 di Via Saffi.

La vera fioritura edilizia si svilupperà all'inizio del XVIII secolo con il passaggio di Albano dagli antichi proprietari Savelli alla Camera Apostolica. Sorsero, infatti, la Porta Romana, la Chiesa di S. Rocco, la Villa Altieri, Palazzo Doria, Palazzo Pamphili, il Palazzo Camerale. Tutto questo fiorire di opere portò la città di Albano ad un significativo livello architettonico ed urbanistico, tale da diventare in breve tempo, più di altri centri urbani dei Castelli Romani, meta importante del "Gran Tour" che scrittori e pittori intraprenderanno in Italia ed a Roma nell’800. Tra questi ricordiamo Goethe, Stendhal, D’Annunzio, Ivanov, Turgenev, Gogol, Piranesi, Kestner, Kuchler, Overback. Oggetto d’interesse furono soprattutto le chiese e le ville di questo importante centro urbano. Albano conserva ancora resti romani di Terme, tombe e di un anfiteatro, accanto a chiese rinascimentali e campanili duecenteschì.

Le chiese trovano la loro principale collocazione nel periodo tra il 600 e il 700 inoltrato, in cui il risveglio dell’attività edilizia nei territori della Diocesi posti sui Colli Albani portò alla costruzione di una nuova chiesa madre, in sostituzione di vecchie chiese o la radicale ristrutturazione di quelle esistenti. Si tratterà di una vistosa produzione che si ispirerà principalmente al tipo romano di Santa Maria del Monserrato, soprattutto nella sua variante a presbiterio non absidato. Chiese riferibili a questo impianto sono Santa Maria delle Grazie, San Francesco d’Assisi, Immacolata Concezione, la facciata della Cattedrale di S. Pancrazio.

 

PARCHI E GIARDINI:
 

Villa Comunale ( ex Villa Doria) 

Villa del Vescovo ( Cecchina)

Bosco Comunale 

Villa Contarini ( Pavona)

Parco della Rimembranza

Villa Adda

Villa Ferraioli


 

CHIESE E ISTITUZIONI RELIGIOSE
 

Curia Vescovile 

Via Alcide De Gasperi

tel. 06/93210068

Caritas Diocesana 

Piazza della Rotonda

tel. 06/ 9320100

Azione Cattolica

Via A. De Gasperi

tel. 06/ 9324078

Cattedrale di San Pancrazio

Piazza L.A.Sabatini

tel. 06/ 9324113

Santa Maria della Stella

Via della Stella 5 

tel. 06/ 9320819

Cuore Immacolato di Maria

Via Risorgimento 11

tel. 06/ 9321910

Parrocchia di San Pietro

Via Cellomaio 86

tel. 06/ 9321841

Sacro Cuore di Gesù

Via Mole

tel. 06/ 9360673

San Filippo Neri

Via Nettunense

tel. 06/ 9340172

S.Giuseppe Sposo di Maria

Via Palermo

tel. 06/ 9312325

Gesù di Nazareth

Via Pantanelle

 

Santa Maria della Rotonda

Via della Rotonda

tel. 06/ 9320100

San Gaspare del Bufalo

Piazza san Paolo

tel. 06/ 9322178

Sant'Eugenio 

Via Nettunense 50

 


 

ARTI E CULTURA
 

Museo Civico

Via Risorgimento

tel. 06/ 9323490

Biblioteca Com.le Albano

Via Risorgimento 2

tel. 06/ 9320534

Biblioteca Com.le Cecchina

Villa del Vescovo

tel. 06/ 9340205

Biblioteca Com.le Pavona

Via Roma

tel. 06/ 9313044

Teatro Comunale Alba Radians ( in corso di ristrutturazione)

Borgo Garibaldi 8-10

tel. 06/9320126

Centrale

Corso Matteotti 144

tel. 06/9320202

Comunale

Via A. De Gasperi

tel. 06/9323956 -              06/93295226  

Marini

Via Nettunense 156 (Cecchina)

tel.06/9340095  

Moderno

Corso Matteotti

tel. 06/ 9320232  

Marconi

Via Risorgimento 125

tel. 06/ 9321809

           

   

Le ville

   

IL PARCO COMUNALE DEI CAPPUCCINI

   

Si trova tra il parco Vannutelli (nei pressi del Ristorante Miralago) e il Monastero dei Cappuccini. Ha una superficie di 15 ettari, presenta caratteristiche di bosco di latifoglie, con molte piante ad alto fusto che risalgono al bosco originario di quest'area dei Castelli. Il parco pubblico naturale all'interno presenta sentieri che diventano sempre più stretti per la vegetazione fino a diventare impercorribili. Il parco è attraversato da un viale con ai lati grossi esemplari di lecci. Nel parco si incontrano terreni di roccia vulcanica di tipo peperino intensamente alterato e disgregato. In fondo al viale principale c'è l'ingresso “Belvedere”, una specie di tempietto o cappella.

   

VILLA DORIA PAMPHILI

 

Ha una superficie di 10 ettari. Nato come parco privato è divenuto poi Parco Comunale pubblico. Parco con una zona a giardino, una parte a bosco con ruderi romani della villa di Pompeo e uno spiazzo belvedere che guarda verso il mare. Vi si accede da più parti, ma 1'ingresso principale è quello di Piazza Garibaldi. Parte del parco è di taglio moderno, con siepi sagomate, aiuole fiorite e prato frequentemente tagliato, ma oggi non lo vediamo nella sua originale estensione.

Lungo uno dei viali crescono annosi pini; un largo viale è percorso da una galleria formata da grossi esemplari di lecci. Nella parte bassa si sono rilevati molti alberi e cespugli che risalgono al bosco originario. La zona circostante, i ruderi della villa dì Pompeo, è quella in cui si è maggiormente mantenuta la fisionomia antica. La vegetazione spontanea ha invaso i resti archeologici dell'originaria casa di Pompeo; tra questi antichi sarcofagi, due leoni in pietra peperina e una vasca con coppa centrale.

Similitudini sono state riscontrate tra la villa in oggetto e Villa Venosa Boncompagni per il taglio triangolare e 1’analoga pendenza, per i viali sinuosi, i boschetti, le radure, i piccoli specchi d'acqua. Il palazzo nel quale aveva sede la famiglia Doria è stato demolito nel 1951 in seguito ai danneggiamenti causati dai bombardamenti del 1944. Un tempo sotto il Palazzo si trovavano due fontane. Sono stati rinvenuti resti archeologici della Villa Romana di Pompeo del I sec. A. C. I ruderi della villa romana presentano parti suggestive come criptoportici e terrazze, specie dal lato del belvedere.

Interessante, inoltre, la passeggiata che nelle direzioni SWE collega la zona del belvedere, estremo limite del parco, con la parte adiacente al centro urbano. Fanno parte del giardino anche una fontana moderna e una lapide ai caduti della Divisione Firenze (09.09.43).

 

VILLA VENOSA BONCOMPAGNI

 

La villa privata ha una superficie di due ettari; diversi ettari sono occupati da un’area lottizzata a villini. Il resto è destinato a parco pubblico Comunale. L’area privata adibita a giardino è purtroppo circondata da piccoli villini moderni; essa comprende gruppi di vecchi alberi sparsi e di vari cespugli, oltre che ampi spazi a prato. La villa è situata ai limiti del centro storico, con ingresso dalla Via Appia (Borgo Garibaldi) in direzione Ariccia. Una parte della villa è parco pubblico comunale "Armando Carliseppe" e, ospita, nella zona esterna verso il cancello d’entrata, l'Istituto Professionale per il Commercio e Turismo "Nicola Garrone".

All'ingresso della villa si notano una siepe di lauceraso, alloro e bosso, e un prato all'inglese con splendidi antichi esemplari di conifere. Più avanti vi è una zona del parco in stato d’abbandono con rami e alberi che ostruiscono il passaggio di una via interna. La lottizzazione ha ridotto a poca cosa il giardino, un tempo splendido della Villa Boncompagni. Cedri e tigli sono ora situati in giardinetti privati, palme nel sentiero tra la villa privata e le villette. Nel 1855 I. Boncompagni si dedicò alla coltivazione di piante esotiche arricchendo il parco di una rara vegetazione e costruendo ben nove serre. Oggi restano solo piante ad alto fusto e in parte la planimetria del giardino.

 

  Villa Armando Carliseppe (già Adda)A destra si apre l’ingresso di Villa Adda, ora dedicata alla memoria del Sindaco A. Carliseppe; tra i sentieri si mostreranno pini secolari e cedri deodori. 

  

   

 La Villa di Pompeo sorge sul territorio della Villa nota come ALBANUM POMPEI; Pompeo l’amava molto e vi dimorava a lungo. I ruderi della Villa si sviluppano su circa nove ettari di superficie, su terrazze digradanti da tutti e quattro i lati in modo da regolarizzare la pendenza. Proseguendo lungo il viale, a destra del piazzale, si osserverà il lato Nord-Ovest che era costituito da un lungo muro continuo decorato da lesene; dietro questo muro c’erano due corridoi: il primo allo stesso piano del giardino, il secondo ad un livello più alto e contiguo ad un portico. Sopra l’avancorpo venne alla luce, dopo gli scavi del1923-1924, un quadriportico ai lati del quale vi erano due ambienti absidali.

Tutto questo oggi non è più visibile: il piano è del tutto interrotto, tranne alcuni brani murari recentemente messi in luce e restaurati. Nella costruzione sono state distinte quattro principali fasi cronologiche: nella prima fase esisteva una Villa piuttosto modesta; nella seconda fase viene ricostruita, per opera di Pompeo, tra il 61 ed il 58 a . C. e in una terza fase furono costruiti il portico con le due stanze e l’emiciclo; l’ultima e quarta fase da ascrivere agli ultimi anni del I sec. d. C. nella quale furono operati restauri in opera mista di reticolati e mattoni.  

  Le chiese

CATTEDRALE DI S.  PANCRAZIO

 

Originariamente dedicata a S. Giovanni Battista, la basilica cattedrale fu fatta edificare dall'imperatore Costantino sui resti di un antichissimo edificio che ospitava gli uffici della seconda legione Partica. Il primitivo impianto basilicale, a tre navate con abside di fondo, andò distrutto, assieme al vicino episcopio, in uno spaventoso incendio agli inizi del IX secolo sotto il pontificato di Leone III, che ne curò la pronta ricostruzione e la fece intitolare a S. Pancrazio Martire. Restaurata nel 1100, fu arricchita di opere ornamentali nel 1433 col Vescovo Pietro di Foix.

Nel 1562 Ottone Truchsess provvedeva a rinnovare la pavimentazione, mentre nel 1570 il cardinale Giulio della Rovere ricostruiva l’altare maggiore e la sacrestia. Alla fine del secolo XVI l'antica chiesa a tre navate era ridotta alle fattezze di una sola navata coperta a doppio spiovente. Con i restauri del 1688 furono costruiti un cimitero e una sagrestia, dei quali non v'è traccia, perché in luogo del primo c'è la navata di destra, mentre al posto della sagrestia sorge la cappella di testata della medesima navata dedicata al Santissimo Sacramento.

Il cardinale di Albano Fabrizio Paolucci nel XVIII secolo provvide alla sostituzione della vecchia facciata con quella attuale. Nel 1826 fu possibile riaprire al culto la navata occupata dal cimitero, quest'ultimo trasferito nei pressi della chiesa della Stella. Nel 1854 un ulteriore ed esteso intervento di restauro consentì di riaprire anche la navata di sinistra, sino ad allora occupata dalla canonica e dalla cancelleria vescovile. La cripta posta sotto il presbiterio fu costruita assieme alla Basilica per potervi traslare le reliquie dei martiri della Catacomba di San Senatore.

L’interno, allo stato attuale, è a tre navate con presbiterio, abside, cappelle laterali, tre per lato, più due cappelle di testata poste in corrispondenza delle navate laterali. All’esterno la facciata che si deve all'opera del Buratti è scandita in tre campate; al centro il portale d’ingresso e, in asse con questo, il finestrone, ora murato, d'illuminazione della navata principale.

Con gli imponenti lavori di restauro del 1910/1913 si procedette a porre ai lati della gloria di S. Pancrazio, che troneggia sull'altare maggiore, due tele raffiguranti il rinvenimento della Croce ad opera di S. Elena imperatrice e la miracolosa visione che Costantino ebbe a Roma, in prossimità di ponte Milvio, alla vigilia dello scontro con Massenzio.

 

S. Pietro Apostolo

 

La chiesa è ricavata all'interno di un'aula appartenente, un tempo, al complesso termale fatto costruire da Caracalla per i legionari romani della Legione Partica accampati nel vicino castrum. Durante il periodo in cui appartenne alla famiglia Savelli, all’originario impianto termale furono aggiunti portici e forse un nartece d'ingresso, che ai primi del 1500 fu fatto spostare dal Cardinale Savelli per collocarlo sulla parete dov'era l'abside, demolita per far posto al portale tuttora visibile sul fronte di Via Cellomaio. In tale occasione fu costruito un nuovo altare posto ad occupare 1'intera parete di testata del nuovo presbiterio. Nel 1946, durante i lavori di restauro, furono rimossi l'altare, per ripristinare l'originario ingresso, le abitazioni e la cappella dei Savelli addossate alla Chiesa e al campanile  sul lato verso l'Appia.

Nel 1954 fu decretata la Parrocchia della Chiesa di S. Pietro Apostolo, svincolandola dal Capitolo della Cattedrale di S. Pancrazio, e dal 1981 la cura pastorale è stata affidata all’opera della Chiesa della Madre Trinidad della Santa Madre Chiesa. L'interno è un’area rettangolare coperte da travature lignee e, in fondo su di un'ampia piattaforma, è il presbiterio sulla cui parete di testata, al centro, un arco inquadra il Tabernacolo. All'esterno il blocco dell’aula è coronato da una copertura a doppio spiovente ed è cinto, in alto, da un cornicione romanico in beccatelli marmorei.

Attiguo al fianco destro è il campanile frutto dei lavori condotti nel corso del XII secolo. Il fronte opposto a quello principale, mostra ancora quello che doveva essere l'ingresso aperto dopo i lavori promossi dal Cardinale Giacomo Savelli, assieme a consistenti tracce della demolita abside e dell'apparecchio murario appartenuto all'originario impianto romano.

Stratificazioni murarie romane e medioevali caratterizzano il fronte lungo adiacente quello che fu il quartiere del Cellomaio. Sul lato prospiciente l’Appia s'apre un ingresso i cui due stipiti sono frammenti marmorei, adornati in basso rilievo, databili all'età di Traiano (53 - 117 d.c.). Sulla parete di destra è raffigurato Sant'Onofrio Anacoreta e Santa Margherita; più in basso la Flagellazione di Cristo con la Vergine e Maria Maddalena. Sulla parete di sinistra vi è un altare collocato sopra un sarcofago romano; sopra l’altare una tela raffigurante la Crocifissione. La pala dell’altare maggiore raffigura la Consegna delle Chiavi.

   

SANTA MARIA DELLA ROTONDA

L’edificio consacrato al culto della Vergine Maria sin dal 1060, in origine era il ninfeo della villa di Domiziano posta ad occupare i territori degli insediamenti storici di Albano e Castel Gandolfo; successivamente riadattato ad impianto termale ad uso dei soldati della Legione II Partica stanziati da Settimio Severo nei luoghi della citata villa. La Chiesa d’Albano fu costruita sul ninfeo poiché questo era compreso all’interno del castrum, le cui strutture vennero a costituire una parte delle donazioni di Costantino alla nascente diocesi suburbicaria.

Al suo interno l'edificio si presenta in una circonferenza su cui, quando era un ninfeo, si aprivano quattro porte di piccola altezza, ognuna sormontata da una finestra ad arco a tutto sesto. Tali quattro entrate si alternavano con quattro grandi nicchie ciascuna con una vasca. Il tetto è una cupola costruita a strati orizzontali con foro nel mezzo, poggiante su un grande cornicione, sorretto da otto lesene che scandivano l'alternarsi delle porte con le nicchie. Quando S. Severo costituì la seconda Legione Partica il ninfeo fu adibito a terme per i militi, ci furono varie ristrutturazioni: fu chiusa la Porta innanzi e vi fu alzata una piccola ara in peperino; furono tolte le vasche nelle sue absidi a fianco dell'altare.

La consacrazione alla Madonna del ninfeo romano risalirebbe al secolo XI ma non si può escludere ch'esso fosse già prima aperto al culto cristiano. Nel 1316 le grandi nicchie furono dedicate a S. Giovanni Battista, S. Nicola, S. Bartolomeo e S. Agostino, mentre l'aula dell'abside fu dedicata alla Beata Vergine. Nel 1616 tra due grandi nicchie fu posto l'altare dedicato a S. Carlo Borromeo. Dal 1801 la chiesa fu affidata al clero diocesano e nell’ambito dei festeggiamenti per l'incoronazione di Maria, fu rifatta la facciata con un timpano sorretto da quattro lesene. Negli anni trenta l'edificio fu ricondotto al suo originario aspetto, smantellando del tutto la parte seicentesca ritenuta snaturante.

 

 

SAN FRANCESCO D’ASSISI

 

Posta al termine di uno scenografico canale prospettico rappresentato da una ripida scalinata con ai lati quinte di querce secolari, è la facciata della Chiesa dei cappuccini che, insieme all'annesso convento, si devono alla volontà di Flaminia Colonna Gonzaga. La consacrazione dell’altare maggiore a S. Francesco e San Bonaventura avvenne nel 1625. La chiesa è posta all'interno di un canonico impianto chiostrale occupandone uno dei quattro bracci. L'interno è ad aula rettangolare con cappelle laterali, una per lato e presbiterio di fondo; i fianchi dell'aula sono scanditi in tre arcate, di cui la prima e l'ultima sono cieche, mentre quella centrale inquadra il vano rettangolare della cappella coperta da volta a crociera.

Il vano rettangolare del presbiterio è inquadrato da un arcone impostato su prominenti spalle murarie. Sulla parete di testata del presbiterio è l'edicola lignea dell'altare maggiore sotto cui è stato collocato un nuovo tabernacolo. All’esterno l'attuale facciata è frutto di un rifacimento ottocentesco; la quinta a capanna con lesene ai lati è caratterizzata dalla tessitura a finto bugnato liscio e dall'inserto del portale d'ingresso di foggia classicheggiante.

Sull’altare maggiore è una tela raffigurante Flaminia Gonzaga con la Vergine e i Santi Francesco e Bonaventura. Nella cappella laterale destra è il Presepe con la Vergine, San Giuseppe, il Bambino, il bue e asinello. All’interno del coro è una tela raffigurante Cristo e la Samaritana; nel vestibolo contiguo la cappella di sinistra è un affresco raffigurante la Vergine, il Bambino e i Santi Pietro e Paolo.

   

SANTA MARIA DELLA STELLA

 

La quinta chiesa, posta fuori della città nei pressi del cimitero ipogeo di San Senatore, sulla via per Ariccia, è una chiesa con Convento annesso, donata dai Signori di Albano Cristoforo e Ludovico Savelli ai frati dell'ordine dei Carmelitani Scalzi. La dedica alla Vergine della Stella si deve alla presenza dell'immagine della Madonna databile al XVI secolo, sul cui manto brilla una stella polare. I frati ricostruirono il convento nel 1621, ma nel 1673 quanto dì ciò che era stato costruito rovinò a terra ad eccezione della cappella dove era stata custodita l'immagine della Vergine. La comunità vide del miracoloso nell'evento e assieme al Comune si prodigò nella raccolta d'offerte per la ricostruzione della chiesa i cui lavori terminarono nel 1687.

All'interno l'aula rettangolare è scandita, alle pareti, in due campate dalla successione di due telai trilitici: i quattro angoli dell'aula sono articolati da corpose partiture plastiche costituite da paraste ripiegate poste a raggiungere in alto la fascia concava e modanata del cornicione. I vani rettangolari del presbiterio e del retrostante coro sono inquadrati dalla successione di sei prominenti pilastri murari mentre i due ambienti sono separati dalla monumentale edicola dell'altare maggiore. L'edicola si erge in altezza sino a raggiungere la quota del soffino ligneo configurandosi come una presenza nettamente separabile dal resto del complesso.

Nella specchiatura centrale sono quattro angeli, in stucco, posti a sostenere l’edicoletta della Madonna della Stella; sopra i due accessi laterali al coro sono le sculture raffiguranti Santa Maria Maddalena e Santa Teresa poste a sinistra e a destra dell'altare. Il soffitto ligneo a cassettoni è articolato in tre riquadri al cui centro sono il Monogramma della Vergine, lo stemma dei Carmelitani e al centro quello del Cardinal Ottoboni.

Accanto alla chiesa è il recinto quadrangolare del cimitero costruito dal comune nel 1883 con il quale si ricorda la grave epidemia di colera del 1867  in cui morirono la regina di Napoli Teresa d’Austria e lo stesso Cardinale Vescovo d'Albano Ludovico Altieri. All'esterno la facciata è su due ordini sovrapposti di lesene, separate da un cornicione; sul portale d'ingresso c'è una nicchia in stucco nella quale è la raffigurazione della Vergine col Bambino.

Una leggenda popolare riporta come il sasso incastonato nella parete vicino l'edicola della Vergine, fu scagliato da un carrettiere in un momento d'ira contro la Sacra immagine. La Madonna della Stella è situata nell’altare maggiore, mentre nel primo altare di destra c'è una tela raffigurante la Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Severa.Nel secondo altare di destra è la Vergine, Sant’Anna e San Gioacchino.

 

 

SAN PAOLO

 

La storia dell'abbazia di San Paolo ha inizio nel 1282 quando il Cardinale Giacomo Savelli donava terreni di sua proprietà all'Ordine Benedettino dei monaci di San Guglielmo. Contestualmente alla donazione ebbero inizio i lavori di costruzione della chiesa ed annesso convento. Ai Guglielmini fu affidato anche il romitorio, con annessa chiesa di Sant'Angelo, posto sulle falde del lago nei pressi di Palazzola, fino al 1492 quando l’intero complesso passò nelle mani dei monaci Girolamini.

Più volte restaurata, la chiesa però mantenne fino al 1769 la forma dell’impianto tardo medioevale caratterizzato da un'austera facciata a Capanna con un oculo sotto il colmo ed all'interno, copertura lignea a capriate stesa sul vano presbiteriale, portico esterno di fronte la facciata. I Girolamini abbandonarono il monastero d'Albano che passò alla proprietà della Reverenda Camera Apostolica sino al 1821, quando fu assegnato alla Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue di Gesù fondata da San Gaspare del Bufalo.

L’attuale aspetto della chiesa si deve ai lavori di trasformazione promossi dal Cardinale Marco Antonio Colonna nel 1769. Alla primitiva aula furono aggiunte ai lati una sequenza di cappelle e vestiboli mentre la copertura lignea fu sostituita con altra a volta dal profilo ellittico. Ai due lati dell'aula sono ricavate due profonde cappelle coperte a vela alternate, all'inizio e al centro da vestiboli.

 

    SANTA MARIA DELLE GRAZIE

 

L'attuale chiesa di Santa Maria delle Grazie è stata officiata dai Frati Minori Conventuali della Provincia Romana, ai quali apparteneva assieme all'attiguo convento dal 1560, sino al 1999, data nella quale è affidata alla cura pastorale del clero diocesano. Nel 1560 l’allora Vescovo di Albano Girolamo Moroni, decise il trasferimento dei frati assegnando loro la nuova sede per garantire l'assistenza religiosa ai pellegrini che si recavano in venerazione di una miracolosa immagine della Madonna, scolpita in bassorilievo su una lastra di marmo, ritrovata all'interno della preesistente chiesa, forse Santa Maria Minore, che in occasione del ritrovamento prese il nome di Santa Maria delle Grazie.

La chiesa è descritta a “foggia di capanna, con un altare solo dedicato alla Madonna Santissima delle Grazie, bassa ed a tetto senza cornicione e senza pilastri”. Nel XIX secolo fu ricostruito il chiostro, agli interventi seicenteschi deve farsi corrispondere l'attuale aspetto della chiesa, in particolare all'originaria aula si aggiunsero le attuali cinque cappelle, tre sulla destra e due sulla sinistra, la sagrestia, il coro, posto dietro l’altare maggiore ed il campanile. L’attuale facciata fu eretta tra il secondo e il terzo decennio del XIX secolo in occasione d'un esteso intervento di restauro portato a compimento nel 1832.

 

   

IMMACOLATA CONCEZIONE

 

Il monastero delle Clarisse d'Albano è fondato nel 1631 dalla principessa Caterina Savelli, che con 1'intenzione d'introdurre nella città qualche regola di stretta osservanza propose ai Superiori quale fondatrice Sr. M. Francesca Farnese Clarissa. La giustapposizione, per mezzo del prominente arcone di separazione, dell'aula e del vano del presbiterio, la modestia dei partiti architettonici e decorativi sono caratteri riscontrabili nelle chiese dedicate a San Francesco in Albano e Genzano. Le precarie condizioni di conservazione ed i notevoli problemi statici alle coperture resero necessario un consistente intervento, condotto tra il 1998 e il 1999, di restauro e consolidamento delle superfici e delle strutture della chiesa occasione, anche, per adeguare il presbiterio alla liturgia del Concilio Vaticano II.

L'intervento voluto dal Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, ha comportato un esteso consolidamento delle coperture con introduzione di strutture in cemento armato. La chiesa, comunque, non ha subito consistenti variazioni di forma rispetto le origini: l'aula rettangolare è articolata, ai fianchi, in tre specchiature intonacate da una successione di quattro disadorni telai posti agli spigoli. Un arcone impostato tra due prominenti spalle murarie inquadra il vano rettangolare del presbiterio coperto, come l'aula, da una volta a botte la cui imposta è segnata, per tutto il perimetro della chiesa, da una cornice modanata collocata in lieve aggetto. Ai lati del presbiterio due vestiboli divengono un'appendice dell’aula a costituire le forme di una croce latina. L'adeguamento liturgico si è tradotto nello spostamento in avanti della Mensa Eucaristica appoggiata alla parete di testata del presbiterio di separazione tra il coro monastico e la chiesa. L'apertura ricavata sul coro delle religiose è stata chiusa con una lastra di cristallo dissimulata dalla raffigurazione in ottone brunito dell'Albero della Vita. Posta sulla parete di testata del presbiterio, in alto, è una tela raffigurante l'Immacolata Concezione. In una nicchia, al di sopra del portale d'ingresso, vi è una raffigurazione scultorea della Vergine.

    Chiesa della Madonna del Buon Consiglio 

  Dopo palazzo Corsini , proseguendo sull’Appia c’è la Chiesa della Madonna del Buon Consiglio: fu costruita dai Boncompagni – Ludovisi. La chiesa fu consacrata nel 1792, come dice l’ epigrafe sulla facciata.

 

     Conservatorio di Gesù e Maria

    Il Conservatorio di Gesù e Maria era la Casa Madre delle Oblate di Gesù e Maria: è la sede di scuole materne ed elementari parificate, l’ istituto sorse nel primo trentennio del XVIII sec. per opera di un albanense con duplice intento. Grazie alle generose donazioni di Pietro Mavilio, l’ordine potè disporre  di messi necessari all’erezione della casa e della Chiesa annessa, consacrata nel 1736. La piccola Chiesa è caratterizzata da una gradevole decorazione architettonica  squisitamente settecentesca. Alle fiancate dei pilastri si sviluppa una volta a crociera che serve a coprire la navata. L’Altare Maggiore ospita i resti di S. Aurea, Vergine martire protettrice di Ostia. All’interno della Chiesa ci sono le sepolture, segnate da lapidi, della fondatrice Suor Maria Anna Teresa Maggiore. Nell’ambiente adiacente alla Chiesa c’è il “Comunichino” piccola nicchia affrescata che permetteva di ricevere l’Eucarestia senza entrare in Chiesa. Nel vano la superficie è tripartita: al centro c’è il Tabernacolo, in alto c’è la figura del Creatore. Sulla parete una cornice ad arco delimita la nicchia; ai lati sono pitturati Angeli e Sacre Figure. Di fronte al dipinto c’è un ostensorio con una Crocifissione; il piccolo gruppo scultoreo sorprende il forte dinamismo. L’abbigliamento di alcune figure farebbe pensare ad un lavoro della prima età del 700. La zona tergale dell’istituto si affaccia su numerosi cortili delimitati dai resti delle terme.

 

     Convento dei Cappuccini

  Il Convento dei Cappuccini è stato voluto da Flaminia Colonna Gonzaga; nel 1617 i Cappuccini mandarono Fra Michele da Albano Paolo Savelli, che propose diversi luoghi per la costruzione del complesso monastico. Il Convento e la Chiesa vennero costruiti nel 1619, nel 1625 fu fatta la consacrazione dell’Altare Maggiore. Il Cardinale Giulio Savelli clonò le reliquie dei Quattro Coronati. Il Convento e la Chiesa hanno mantenuto sino ad oggi il loro aspetto, tranne che nella facciata, dove sono state apportate modifiche. Il Convento e la Chiesa ci mostrano le forme essenziali di una architettura conventuale e cappuccina; Fra Michele progettò i precisi dettami codificati della Costituzione di Albano.

 

L’ interno

Il disegno architettonico  compone una Chiesa ad aula con delle piccole cappelle laterali. Caratteristica, sono le aperture nel muro tra coro e presbiterio e nel muro sinistro che permettevano ai frati di seguire la Messa senza entrare in Chiesa. La Chiesa possiede tutti requisiti diversi; elemento decorativo è una fascia che corre lungo il muro, sotto a cui si aprono archi; le cappelle laterali hanno volte a crociera ribassata. Il nostro sguardo può godere della semplicità dei piaceri, attribuendo significati ultra - estetici alle forme, ai colori e alle luci. Sull’Altare è posta una tela, un’opera firmata e datata nel 1618, ed è incassata in una severa cornice lignea. Nel quadro è rappresentata la principessa Flaminia Gonzaga, rivolta in preghiera verso la Vergine. Nella tela si nota che la luce illumina le figure e si sorprende la sapienza tecnica dell’artista. I personaggi si dispongono in modo da creare una sorta di vortice. Nella Cappella laterale c’è un gruppo scultoreo con la Vergine, il presepe in travertino e in marmo è opera di due artisti; il gruppo a linee e volumi barocchi. Sulla parete c’è una tela seicentesca con San Bartolomeo e affacciato sul chiostro c’è un affresco con la Vergine e il Bambino.

 

L’esterno

La facciata della Chiesa conclude un iter che si era preparato già da via San Francesco; conclusa la salita c’è una grande scalinata che prepara fisicamente e spiritualmente all’incontro con l’edificio Sacro. Un problema tecnico viene risolto con la consueta maestria dell’architetto dell’ordine: con la creazione di strutture con linee convergenti tutte al culmine del Timpano, strutture che costituiscono un insieme scenografico. A questo prospetto del Convento si oppone quello interno che si affaccia su un piazzale erboso: a destra c’è il Convento e di fronte un oratorio dalle purissime linee seicentesche.

  Nella Piazza Luigi Sabatini si affaccia la facciata del Convento delle Clarisse fondato dalla principessa Savelli nel 1631. Spicca sulla facciata il bel portone ornato da una cornice in peperino, che intorno alla finestra superiore, forma aggraziate volute. In alto, sotto lo stemma pontificio, una lapide commemorativa in marmo bianco è cinta da una elegantissima cornice.