La teoria ( S , 0 , + , P , P' , 1 , i ) Si tratta di una impostazione assiomatica delle basi della teoria elementare degli insiemi numerici che giunge fino (volendo si potrebbe andare oltre, con Frobenius fino a quaternioni e ottetti) a introdurre il campo C (vedendo R come parte a "par condicio" con il suo complemento a C), di tipo "immersivo-additivo", fortemente motivata geometricamente e a espansione graduale, ossia che parte da uno spazio S (che empiricamente può essere visto come bi- o tridimensionale, o a più dimensioni) in cui si introducono gruadualmente prima una struttura additiva di gruppo (il che, tramite un'interpretazione di spazio "puntato" e l'usuale associazione intuitiva di punti e raggi vettori, consente un'introduzione ai vettori, pur se, a questo livello ancora senza nozioni moltiplicative), poi una struttura di ordine su due dimensioni indipendenti R := P U (-P) U {0} (asse reale) e I := P' U (-P') U {0} (asse immaginario,con l'indipendenza definita senza ricorso alle combinazioni lineari; il modello empirico che si prende a semantica della teoria è quello ortonormale e si formalizzano così i concetti di "verso" (semivarietà lineare), di "densità", di "continuità" (assenza di "buchi"), di dimensionalità (esistenza di versi indipendenti), delegando alla terna (0, 1, i) il criterio di ortogonalità ed equidistanza; c'è da precisare che mentre nelle usuali trattazioni degli spazi numerici il numero è posto a fondamento di modelli analitici di teorie sintetiche, qui una teoria di tipo sintetico-vettoriale, o meglio gruppale, è alla base dell'introduzione stessa dei numeri, quindi si porrebbe essa stessa a modello geometrico di una eventuale preesistente teoria costruttiva dei numeri, così come si fa quando si introducono le grandezze). In un secondo momento si introducono le unità 1 e i, vincolate agli ordini in modo opportuno ed evidente, e gli insiemi N e Z, nonché le moltiplicazioni a coefficienti in Z e gli insiemi immaginari Ni e Zi e il piano intero Z+Zi (dove già si può introdurre l'operatore di ortogonalità ort(m+ni):=-n+mi, giustificabile facilmente dal punto di vista grafico; da osservare che dire che ort costruisce "l'ortogonale isometrico antiorario" non è meno convenzionale che dire che due vettori u e v sono ortogonali e congruenti rispetto ad un prodotto scalare fra gli infiniti che possono essere introdotti in RxR). Le caratteristiche dell'ordinamento intervengono per stabilire l'infinità di N. Inoltre, tramite la continuità si stabilisce la divisibilità in un numero naturale non nullo di parti uguali (se si vuole si può anche postularla per non usare la continuità subito, il che didatticamente risulta ostico) e si introducono Q, la moltiplicazione a coefficienti razionali, Qi e il piano razionale Q+Qi. A questo punto dal piano razionale e dalla moltiplicazione in Q+Qi, introdotta come cambiamento di sistema di riferimento e alla base delle rotoomotetie (e in particolare delle omotetie e delle rotazioni) , si possono far scaturire le problematiche di tipo isometrico (una rotoomotetia w ->zw è detta rotazione quando porta il coniugato di w in 1; in tal caso w è detto "unitario") e quelle pitagoriche (con(w)*w=1 è il teorema di Pitagora per i w unitari), sulla valutazione metrica (ogni z non nullo ha un versore unitario vers(z) e si determina il fattore positivo k ( ossia |z| ) tale che k*vers(z)=z; la distanza fra z e w è |z-w|, ecc.) e sugli irrazionali ( ad esempio il classico |1+i| ). Mi pare un modo (e un ulteriore passo verso la semplificazione intuitiva nella catena ... -> Dieudonné -> Choquet -> ... ) per: a) evitare di introdurre l'ampliamento di R a C come una "uscita cervellotica" e puramente algebrica (per cui i viene ad essere una radice quadrata "strana" di -1); a') evitare di creare (in barba ai monomorfismi immersivi) nei neuroni degli studenti una disparità di trattamento fra R e C, per cui R stesso è diverso se visto da solo o come asse reale; b) usare subito nozioni geometriche intuitive ma subito formalizzate lavorando nel contempo su numeri in modo grafico (ad esempio con Cabri), fra l'altro permettendo di esplicitare i ruoli di sintassi e semantica, teoria formale e interpretazione; c) viceversa rispetto al punto (b), interpretare ogni volta geometricamente il frutto di calcolo algebrico (senza delegare tutto alla geometria analitica procrastinata, magari al triennio); d) dare all'addizione ciò che è dello zero e alla moltiplicazione ciò che è dell'uno. d') associare addizione e traslazioni da una parte e moltiplicazione e rotoomotetie (in particolare le omotetie e le rotazioni) dall'altra, facendo assumere a rette e circonferenze ruolo di figura fondamentale per i due tipi di isometria, magari con riflessioni sul concetto di curvatura e di punto all'infinito; d'') vedere 0 come il punto a "potenziale additivo nullo" (origine del piano) e 1 come quello a "potenziale moltiplicativo nullo" (origine degli angoli, definiti come rotazioni intorno a 0), polarizzando la struttura di C in vettori (frecce "dritte") da una parte e "rotatori" (numeri complessi unitari, alias frecce "ad arco") dall'altra; d''') vedere la moltiplicazione come operazione introdotta gradualmente sulla base dell'addizione (proporzionalità diretta naturale e frazionaria) e poi della continuità e dell'ortogonalità (e non come operazione asetticamente distributiva come si fa nella usuale introduzione assiomatica di R); e inoltre non degradare al rango di "moltiplicazione di binomi" la moltiplicazione in C; e) svincolare il concetto di distanza da un'ambigua e non integrata oscillazione fra nozioni sintetiche (raramente formalizzate a livello scolastico) e norma pitagorica su numeri o coppie numeriche; e') preparare "eulerianamente" la strada alla misura in radianti (altro ponto di "glissaggio") e alle funzioni goniometriche tramite la visualizzazione della spirale (1+i/n)^k con k=0,...,n ed n intero positivo e sempre più grande; lo stesso con la "archificazione" di t e (1+it/n)^k con k=0,...,n (per cui exp(pigreco*i)=-1 perde le "esotericità" presunte. e''') evitare di introdurre ("alla Dieudonné") un prodotto scalare predefinito (cosa che fra l'altro richiede la definizione di spazio vettoriale e la precedente introduzione "asettica" dei numeri reali) e preparare la strada al prodotto vettoriale nello spazio tridimensionale riguardandolo come passaggio da ort, visto come prodotto vettoriale unario, ad un operazione binaria, laddove non c'è un unico ortogonale "privilegiato" per un vettore.