Del "più" e del "per": dal "far di conto" al "vedere in calcolo" ;
l'introduzione combinata di algebra e geometria
(ovvero: come la dinamizzazione computerizzata del disegno consente l'introduzione combinata dei concetti elementari dell'algebra e della geometria)
Gaetano Speranza
relazione al IX Corso ASIS
(Associazione Stampa Italiana Scolastica)
luglio 2010
Introduzione
Annose sono le multiformi riflessioni didattiche legate alla diffusa
percezione (non limitata ai soli studenti) dei concetti matematici
come alternanza di "mero conto numerico" e di "astrusità
astratta di calcolo elaborativo", percezione pregiudiziale in
larga parte dovuta alle stesse modalità di insegnamento
mnemonico-precettistiche in cui la tradizione scolastica ha
sclerotizzato la trasmissione di tale materia, modalità che
rischiano fortemente di permanere, o di essere ripercorse in nuove
vesti, in una visione comportamentistica, addestramentale, e in fin
dei conti vanamente utilitaristica, della trasmissione per
"moduli-oggetto" (ossia legati alle specifiche competenze
acquisite, alle singole "performance" topiche) anziché
secondo "moduli-processo" (ovvero legati alle fasi
olistiche della comprensione, e quindi dell'apprendimento, alla
"máthesis").
Gli acuti, e per certi versi necessariamente provocatorî, punti di
vista esposti, ad esempio, da Lucio Russo in "Segmenti e
bastoncini" e da Paul Lockhart in "Contro l'ora di
matematica" enucleano magistralmente la problematica dello
"avvilimento della cultura" tramite lo "svilimento
della formula".
Molti tra i nodi basilari di tali riflessioni che hanno persistito al
vaglio del tempo e della percorribilità curricolare effettiva
puntano alla posizione didattico-epistemologica secondo cui la
comprensione del linguaggio base della matematica, ossia il
formalismo algebrico, non trae beneficio, al livello necessariamente
elementare dell'itinerario scolastico, da una trattazione
contenutisticamente più generale e fondazionale (come quella
insiemistica), pur essa veicolata dallo stesso formalismo algebrico,
bensì richiede un lavoro di esplicitazione e analisi
esemplificativa, come pure di sintesi rappresentazionale, del
parallelismo tra la formulazione simbolica e alcune macrostrutture
linguistiche della lingua naturale del discente, nonché una
implementazione di tale formalizzazione in un modello concreto, quale
è quello grafico del piano.
Si presenta in questa esposizione, pertanto, una modalità di
introduzione dei concetti numerici e operazionali che può
fortemente far leva sull'utilizzo di un software di geometria
dinamica combinato con un software di mappatura gerarchica. Il
software di geometria dinamica è utilizzato per la
visualizzazione degli oggetti e dei processi del modello grafico,
nella mutevolezza delle loro possibili interrelazioni, e potrebbe
essere, ad esempio, GeoGebra o Cabri-Géomètre, per una
tipologia di input di tipo duplice algebrico e geometrico,
coadiuvato, a un livello di maggiore maturità e competenza
formale, da PGC (“Plane Graphic Calculator”, ovvero
“Calcolatrice Grafica Piana”, che è un'Applet Java
utilizzabile mediante browser) per una tipologia di input puramente
algebrico.
D'altro canto un software di mappatura gerarchica (come ad esempio Mind
Manager Smart) risulta utile per visualizzare in maniera ordinata
l'analisi sintattica, ovvero "organigrammica", delle formule.
In quest'ottica la matematica elementare diventa la scienza non dei
numeri bensì delle operazioni, non del risultato bensì
del processo, non tanto delle somme e dei prodotti formali, quanto
dell'addizionare e del moltiplicare, visti nel loro significato -
eidologico ma soprattutto archetipico - di traslare e di
proporzionare, "afferrando" (e verrebbe spontaneo dire
"prendendo a sé", "ad-prendendo") l'intima
natura di tali processi nelle relazioni simboliche cristallizzate in
formula, in simil guisa di come una distribuzione di forma e colore o
una stringa armonica di suoni sustanzia in oggetto d'arte
l'altrimenti inafferrabile tratto dell'anima del soggetto creatore.
L'introduzione
dei numeri con un approccio geometrico:
i punti salienti della
teoria relativa alla struttura (C,0,+,1,R+,·,i)
Si tratta di una impostazione assiomatica delle basi della teoria
elementare degli insiemi numerici che introduce assiomaticamente -
sulla base di un modello grafico costruibile a partire dai soli
concetti intuitivi di retta, intersezione di rette e perpendicolarità
- il campo dei numeri complessi C vedendo il campo dei numeri reali R
come parte "a par condicio" con il suo complemento a C.
Tale processo è di tipo "immersivo", ossia che,
invece di partire dai numeri reali per costruire (ampliando R) i
numeri complessi (quindi facendo “emergere” C da R, il
che comporta ovviamente una previa introduzione di R stesso), parte
da uno “spazio” C (che empiricamente, ossia nel modello
grafico della teoria, è un piano) in cui si introducono
gradualmente e incrementalmente varie strutturazioni, ritrovando
“immersi” in C i vari enti che di volta in volta entrano
nella scena degli oggetti costitutivi della teoria.
La prima fase di strutturazione è rappresentata dalla struttura
additiva di gruppo fornita a C da un'operazione di addizione e dal
suo elemento neutro 0 individuato come “origine” o
“centro” in C.
Tale “piano puntato", ossia un piano con un punto
privilegiato 0, permette di associare ad ogni punto P del piano
stesso il “raggio vettore” partente dall'origine e
terminante in P, visualizzato come freccia da 0 a P e definibile come
coppia ordinata (0,P).
Ciò consente un'introduzione ai vettori, pur se, a questo livello, ancora
senza nozioni moltiplicative. La regola grafica soggiacente
all'operazione simbolica di addizione è quella nota del
parallelogramma o della traslazione).
Gli assiomi introdotti a questo livello sono i quattro assiomi di
associatività, commutatività, neutralità dello
zero, simmetrizzabilità tramite opposti. Si perviene così
alla parte della struttura relativa alla terna (C,0,+) e
all'introduzione dell'operatore “unario”
(ossia a un solo ingresso) di opposizione, il “ – “,
definendo poi la sottrazione come “somma con l'opposto”.
Si possono già in questo ambiente provare alcuni risultati
interessanti, ad esempio:
a + b = c se e solo se a = c - b
- 0 = 0
- ( - a ) = a
- ( a + b ) = - a - b
- ( a - b ) = - a + b .
Di non poca istruttività è l'osservare come graficamente
la somma di due punti, realizzata tramite parallelogramma, scompare
quando i due punti vengono ad essere allineati con l'origine. Questo
fatto presenta a un livello molto elementare la pregnanza pratica del
concetto di limite, in quanto graficamente il punto somma, in questo
caso, può essere approssimato quanto si vuole tramite somme di
punti non allineati con l'origine. Così come è anche
molto significativo il processo di estrapolazione, tipico del
procedere scientifico, che conduce a mantenere valida la
considerazione degli assiomi come verità sussistenti anche per
i casi “limite” in cui l'esperienza grafica non conduce
alla rappresentazione “esatta” degli oggetti coinvolti;
estrapolazione che ripaga al momento in cui, utilizzando gli assiomi
stessi nella loro portata generale, si riesce ad “acchiappare”
graficamente i punti prima definibili solo come limiti mediante una
costruzione grafica che fa leva sugli assiomi stessi.
Si aggiunge poi una struttura moltiplicativa, osservando che
l'iterazione dell'addizione su uno stesso elemento a (a,
a+a, a+a+a, …) e su uno stesso elemento b (b, b+b, b+b+b, …)
porta graficamente ad avere che la retta congiungente a e b, quella
congiungente a+a e b+b, quella congiungente a+a+a e b+b+b sono
graficamente parallele, e quindi se si sceglie un secondo punto
“privilegiato”, 1, e si danno i nomi ai punti ottenuti
dalla somma iterata di 1, ovvero 2, 3, 4, … , si possono
ottenere a+a, a+a+a, … tramite un processo, quello che porta
alla regola grafica poi formalizzata nell'operazione di
moltiplicazione, che è quello, Taletiano, di tracciare la
retta(1,a) e poi condurre per un numero reale x, ossia un elemento
della retta(0,1), la parallela a tale retta, ritrovando x·a
come intersezione di tale ultima retta con la retta(0,a). In
particolare si ritrovano 2·a, 3·a, ecc… ,
potendo però adesso trattare graficamente anche un generico
x·a, con x reale.
Questo conduce alla struttura, arricchita rispetta a quella precedente e
formalizzata come (C,0,+,1,R+,·), in cui
R=retta(0,1) corrisponde all'unione della semiretta positiva (il
“verso positivo” del piano cartesiano tradizionale), che
è il nuovo ente primitivo che ritroviamo “immerso”
(nel senso di “contenuto”) in C, della sua opposta, la
semiretta negativa che nasce dal raccogliere tutti gli opposti dei
punti della semiretta positiva, e dell'origine.
Quindi R = R+ U (-R+) U {0}.
L'operazione di moltiplicazione è qui un'operazione definita su RxC e a
valori in C, che porta (x,a) nel multiplo x·a ed è
realizzata graficamente tramite la costruzione taletiana, mediante
rette e parallelismo, dei triangoli “proporzionali”
(0,1,a) e (0,x,x·a). Questo diventa il primo esempio pregnante
di “similitudine” tra due figure.
Gli assiomi, da verificare graficamente, sono, anche qui, quattro: la
associatività
Su una figura esplorabile dinamicamente è possibile far vedere
come, avvicinando x allo 0 sull'asse R, in corrispondenza a/x si
allontana sempre di più “verso infinito” sull'asse
Ra.
In effetti la commutatività e la invertibilità sarebbero
deducibili dalle ipotesi che succesivamente verranno fatte per
caratterizzare “topologicamente” R come insieme ordinato
continuo, ma per la loro pregnanza grafica (nonché per la
difficoltà della loro deduzione dalla struttura topologica di
R) è consigliabile introdurle come assiomi ulteriori.
Inoltre due assiomi, sempre da verificare graficamente, interrelazionano le
operazioni di addizione e di moltiplicazione; si tratta delle due
proprietà distributive:
a sinistra: x·(a+b) =
x·a + x·b (distributività del moltiplicatore)
a destra: (x+y)·a = x·a + y·a
(distributività del moltiplicando),
notando come, nonostante la loro analogia formale, esse portino a due
rappresentazioni grafiche notevolmente diverse.
La distributività della moltiplicazione rispetto all'addizione è
il “cuore” semantico della moltiplicazione stessa, in
quanto comporta che la moltiplicazione agisce come reiterazione
dell'addizione
Successivamente si arricchisce la struttura di un punto i (unità immaginaria,
in contrapposizione all'unità reale 1) non appartenente
ad R, per costruire la retta I=Ri (asse immaginario). Il modello
empirico-grafico che si prende a semantica della teoria è
quello ortonormale e si formalizzano così i concetti di
"verso" (semivarietà lineare), “verso di
rotazione antiorario o orario”, e, introducendo opportuni
assiomi di ordinamento in R (oppure sulla semiretta R+),
quelli di "densità", di "continuità"
(assenza di "buchi"). La dimensionalità (esistenza
di due versi indipendenti), è semplicemente asserita
dall'indipendenza di i da 1, nonché dal fatto che la coppia
(1,i) genera tutto C, delegando alla terna (0,1,i) i criteri empirici
di “ortogonalità” e di “equidistanza”.
C'è da precisare che mentre nelle usuali trattazioni degli insiemi
numerici è il numero ad esser posto a fondamento di modelli
analitici di teorie sintetiche (la cosiddetta "geometria
analitica", che poggia sulla geometria sintetica Euclidea), qui
una teoria di tipo sintetico-vettoriale (o meglio, di "spazio
vettoriale su un campo di scalari costituito da un proprio
sottospazio unidimensionale e continuo") è alla base
dell'introduzione stessa dei numeri, quindi si porrebbe essa stessa a
modello geometrico di una eventuale preesistente teoria costruttiva
dei numeri, così come si fa quando si introducono i monoidi di
grandezze).
Introducendo le combinazioni lineari x+yi, che costituiscono il piano C=R+Ri=R+I,
nascono le isometrie scaturenti dal cambiare il segno o scambiare le
coordinate, ad esempio la coniugazione conj( x+yi):=x-yi e
l'ortogonalità (o meglio “ortonormalità”)
ort(x+yi):=-y+xi, trasformazioni facilmente interpretabili e
giustificabili dal punto di vista grafico.
Le composizioni di tali due isometrie di base conducono a otto isometrie
fondamentali, quattro delle quali sono simmetrie assiali - rispetto
agli assi R e I e rispetto alle due bisettrici di tali assi, che sono
R(1+i) e R(1-i) – le altre quattro essendo, invece, rotazioni
– quelle di 0, 1, 2, 3 quadranti, ovvero l'identità, la
rotazione di un angolo retto in senso antiorario, l'opposizione e la
rotazione di un angolo retto in senso orario.
Queste otto simmetrie fondamentali, che tengono fissa l'origine o una intera
retta passante per l'origine, consentono di svolgere delle
sperimentazioni “caleidoscopiche”, mostrando come una
qualunque configurazione, unita alle sue sette isometriche che
scaturiscono da quelle di queste isometrie che non sono banali (ossia
che non sono l'identità), viene a formare una figura armoniosa
del tipo di un “mandala”.
Un'osservazione teorica è d'obbligo: dire che ort
costruisce "l'ortogonale isometrico (ossia ortonormale)
antiorario" non è meno convenzionale che dire che due
vettori u e v sono ortogonali e congruenti rispetto ad un prodotto
scalare fra gli infiniti possibili che possono essere introdotti nel
piano, equivalenti a meno di trasformazioni lineari non degeneri.
Si può anche rilevare come la costruzione dell'ortonormale
antiorario eseguita in questo modo ricalchi la maniera secondo cui
istintivamente ricostruiamo il riconoscimento della perpendicolarità
riferendoci ad una coppia di base costituita sostanzialmente
dall'orizzontale del terreno e dalla nostra posizione verticale
rispetto ad esso (oppure, per fare un'altra analogia,
ortogonalizzando la diagonale di un rettangolo ruotando tutto il
rettangolo, così come si ruota un quadro).
Partendo dalla rotazione di un angolo retto antioraria – quella che
associa ad 1 il punto i – rotazione che indicheremo con il
simbolo operatoriale ort, resta facile ora estendere la
moltiplicazione a coefficiente reale ad una operazione di
moltiplicazione definita su tutti i fattori che il piano fornisce,
ossia definita su CxC. Il criterio è sempre quello della
similitudine fra i triangoli (0,1,a) e (0,x,x·a), solo che
adesso ad x si sostituisce un generico punto del piano z, per cui i
triangoli “proporzionali” diventano (0,1,a) e (0,z,z·a).
Il terzo vertice z·a del secondo triangolo è facilemte
determinabile in base all'osservazione che esso deve avere, rispetto
alla coppia di riferimento (z, ort(z)) le stesse coordinate che ha il
punto a riapetto alla coppia di riferimento (1,i), per cui si ha
z·a = ax z + ay ort(z).
Svolgendo tale espressione in termini anche delle coordinate di z vien fuori
che tale moltiplicazione è commutativa e che quindi, indicando
con x e y le componenti di z (ossia z=x+yi) si ha anche z·a
= x a + y ort(a), il che permette di osservare che moltiplicare z per
a significa determinare un punto che ha rispetto ad a (e al suo
ortogonale) le componenti che z ha rispetto ad 1 (e al suo ortogonale
i). Questo fatto riconduce all'idea “archetipica” di
moltiplicazione come ad una “proporzionalizzazione” dal
riferirsi all'unità al riferirsi ad un altro oggetto
differente dall'unità che prenda le veci di “nuovo
riferimento”. Del resto anche nel caso della moltiplicazione
elementare il 3 “per” 2, ossia il “tre volte due”
non è altro che ciò che si ricava da 3=1+1+1
sostituendo ad ogni 1 un 2, per avere 3·2=2+2+2, quindi è
quel numero che è “costituito” dal 2 così
come il 3 è costituito da 1, e pertanto diventa un 3
costruito “per mezzo” di 2.
La trasformzione che associa ad ogni z il punto z·a ottenuto
esprimendo rispetto ad a le componenti di z è detta
“roto-omotetia”; “omo-tetia” perché z
si “pone” (in greco tìthemi) rispetto a 1
così come z·a si pone rispetto ad a; e “roto-”
in quanto il fatto che a non sia necessariamente un numero reale
(quindi non necessariamente sull'asse dell'uno) comporta nella
posizione di z e di z·a un'angolatura rispetto all'asse
reale e all'asse Rz congiungente 0 e z, angolatura che è la
stessa passando da R a Ra e da Rz a R(z·a).
A questo punto, dal piano e dalla moltiplicazione in C, introdotta come
cambiamento di sistema di riferimento e alla base delle roto-omotetie
(e in particolare delle omotetie e delle rotazioni), si possono far
scaturire le problematiche di tipo isometrico, pitagorico, metrico e numerico-irrazionale; ad esempio le seguenti:
- una roto-omotetia z → z·a è detta rotazione quando, così come porta 1 in a, porta il coniugato di a in 1, ossia se conj(a)·a=1; in tal caso il punto a è detto "unitario" e l'insieme dei numeri unitari è detto
"circonferenza goniometrica" ;
- l'uguaglianza conj(a)·a=1 esprime il teorema di Pitagora per i punti unitari, in quanto significa:
ax2 + ay2 = 1 ;
- ogni punto a non nullo ha un “versore”
unitario
- il fattore positivo k tale che k·vers(a)=a
è quel che vien detto il “modulo” di a
- la distanza fra due punti z e w è
il modulo |z-w| ;
- il modulo |1+i| è la "famigerata" radice di 2, che è il primo esempio che solitamente si presenta di "numero irrazionale" .
* * *
Tale sviluppo della teoria - ulteriore passo verso la “semplificazione
assiomatico-intuitiva” nella catena di assiomatizzazioni della
geometria elementare che passa, per citare gli esempi più
noti, per i nodi legati ai nomi di Dieudonné, Choquet e Papy
- pare pertanto essere un modo per:
a1) evitare di introdurre l'ampliamento di R a C come una "uscita
cervellotica" e puramente algebrica (per cui i viene ad essere
una radice quadrata "strana" di -1);
a2) evitare di creare (in barba ai monomorfismi immersivi) nei neuroni
degli studenti una disparità di trattamento fra R e C, per cui
R stesso è diverso se visto da solo o come asse reale;
b1) usare subito nozioni geometriche intuitive ma subito formalizzate
lavorando nel contempo su numeri in modo grafico ( ad esempio con
un software di geometria dinamica ), fra l'altro permettendo di esplicitare i ruoli di sintassi e semantica, teoria formale e interpretazione;
b2) viceversa rispetto al punto (b), interpretare ogni volta
geometricamente il frutto di calcolo algebrico (senza delegare tutto
alla geometria analitica procrastinata, magari al triennio);
c) trovare subito un'esemplificazione semplice, e a livello intuitivo ed
elementare, del concetto di “limite” nell'addizionare
punti allineati con l'origine (scompaiono i parallelogrammi) o
nel moltiplicare un numero reale per un altro numero reale
(scompaiono i triangoli simili);
d1) “dare” all'addizione “ciò che è dello
zero” e alla moltiplicazione “ciò che è
dell'uno”.
d2) associare addizione e traslazioni da una parte e moltiplicazione e
roto-omotetie (in particolare le omotetie e le rotazioni) dall'altra,
facendo assumere a rette e circonferenze ruolo di figura fondamentale
per i due tipi di isometria, magari con riflessioni sul concetto di
curvatura e di punto all'infinito;
d3) vedere 0 come il punto
a "potenziale additivo nullo" (origine del piano) e 1 come
quello a "potenziale moltiplicativo nullo" (origine degli
angoli, definiti come rotazioni intorno a 0), polarizzando la
struttura di C in vettori (frecce "dritte") da una parte e
"rotatori" (numeri complessi unitari, alias frecce
"arcuate") dall'altra;
d4) vedere la moltiplicazione come operazione introdotta gradualmente
sulla base dell'addizione (proporzionalità diretta naturale e
frazionaria) e poi della continuità e dell'ortogonalità
(e non come operazione asetticamente distributiva come si fa nella
usuale introduzione assiomatica di R); e inoltre non degradare al
rango di "moltiplicazione di binomi" la moltiplicazione in
C;
e1) svincolare il concetto di distanza da un'ambigua e non integrata
oscillazione fra nozioni di geometria “sintetica” (sempre
più raramente formalizzate a livello scolastico) e norma
pitagorica su numeri o coppie numeriche;
e2) preparare
"eulerianamente" la strada alla misura in radianti (altro
punto di glissement nelle trattazioni elementari della
goniometria) e alle funzioni goniometriche tramite la visualizzazione
della spirale (1+i/n)k con k=0,...,n ed n intero positivo e sempre
più grande; lo stesso con la "archificazione" di t e
(1+it/n)k con k=0,...,n (per cui exp(π·i)=-1 perde le
"esotericità" presunte).
e3) evitare di introdurre ("alla Dieudonné") un prodotto
scalare predefinito (cosa che fra l'altro richiede la definizione di
spazio vettoriale e, fatto di non ultimo momento, la precedente
introduzione "asettica" dei numeri reali) e preparare la
strada al prodotto vettoriale nello spazio tridimensionale
riguardandolo come passaggio da ort, operatore lineare visto come
prodotto vettoriale unario nel piano, ad un'operazione binaria (nello
spazio tridimensionale), laddove non c'è un unico ortogonale
"privilegiato" per un vettore, ma dove è possibile
determinarne uno a partire da una coppia di vettori definendo così
un'operazione (binaria) “bilineare”.
Mappa
(I link portano a pagine corredate di applet Java - visibili attualmente su pochissimi browser - prodotte nel 2008 nel quadro del Progetto EdA - Educazione degli Adulti - di INDIRE; il corrispondente materiale in Javascript, disponibile per ogni browser, è qui)